Determinazione 26/07/2006, n. 4
 
Sicurezza nei cantieri temporanei o mobili relativamente agli appalti di lavori pubblici. Decreto del Presidente della Repubblica n. 222/2003, articolo 131 del decreto legislativo n. 163 del 12 aprile 2006

Pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 185 del 10 agosto 2006

 


IL CONSIGLIO

Premessa

Da parte di stazioni appaltanti ed associazioni di categoria sono stati chiesti chiarimenti in ordine all'applicazione del decreto del Presidente della Repubblica n. 222/2003. Diversi dubbi interpretativi sono stati evidenziati soprattutto in riferimento all'art. 7 di detto decreto del Presidente della Repubblica n. 222, riguardante la stima dei costi della sicurezza.

I quesiti sono stati posti in particolare su:

- l'attualità del metodo di calcolo dei costi della sicurezza già proposto dall'Autorità nella determinazione n. 2/2001;

- l'ascrivibilità del costo delle opere provvisionali (e in particolare dei ponteggi) ai costi della sicurezza.

Alla luce del mutato quadro normativo, della rilevanza degli argomenti relativi alla sicurezza dei lavoratori nei cantieri, l'Autorità ha ravvisato l'esigenza di un nuovo pronunciamento sulla materia, già oggetto di numerose determinazioni (determinazioni numeri 12/1999, 37/2000, 2/2001, 11/2001, 2/2003).

Allo scopo di pervenire ad una interpretazione condivisa sui temi sollevati nei quesiti e sulle altre problematiche derivanti dall'entrata in vigore del decreto del Presidente della Repubblica n. 222/2003, il consiglio dell'Autorità ha deciso di procedere a una audizione delle rappresentanze delle categorie e degli organi istituzionali interessati alla tematica.

All'audizione, tenutasi nei giorni 22 e 23 marzo 2006, hanno preso parte i rappresentanti delle seguenti amministrazioni ed associazioni: i Ministeri della salute, del lavoro e delle politiche sociali, delle infrastrutture e trasporti, la Commissione salute delle regioni e province autonome, i Consigli nazionali degli architetti, degli ingegneri, dei geometri e dei periti edili e industriali, l'ANCE, le associazioni sindacali FENEAL-UIL, FILCA-CISL, FILLEA-CGIL.

In sede di audizione, i soggetti cointeressati hanno espresso il proprio avviso sulle questioni in argomento, anche attraverso la produzione di memorie scritte; tra gli altri, il rappresentante della Conferenza delle regioni e delle province autonome ha presentato un documento contenente le "Linee guida per l'applicazione del decreto del Presidente della Repubblica n. 222/2003" redatte di concerto dal "Coordinamento tecnico delle regioni e delle province autonome della prevenzione nei luoghi di lavoro" della Commissione salute e dal gruppo di lavoro "Sicurezza appalti pubblici" di ITACA, organi di coordinamento della suddetta Conferenza. Tale documento ha già avuto ampia diffusione tramite le riviste specializzate ed è stato accolto favorevolmente dagli operatori del settore.

Inquadramento normativo

Sulla sicurezza nei cantieri - materia al centro dell'attenzione dell'opinione pubblica anche a seguito dei tragici incidenti che frequentemente si ripetono - le disposizioni contenute nel decreto del Presidente della Repubblica n. 222/2003 costituiscono l'attuazione della previsione dell'art. 31, comma 1 della legge n. 109/1994, e successive modificazioni, e rappresentano lo snodo attuale di una lunga evoluzione normativa, nella quale il concetto di costo della sicurezza ha assunto diverse configurazioni e si è prestato a molteplici interpretazioni.

Si è passati, infatti, da un regime in cui si ponevano a carico dell'impresa le incombenze concernenti la sicurezza dei lavoratori sul cantiere (v. l'art. 18, comma 8 della legge n. 55/1990) al diverso sistema, nel quale i costi della sicurezza sono stati esclusi dal ribasso d'asta e gli stessi margini di sicurezza sono stati ampliati, allo scopo di garantire in cantiere il massimo grado di protezione possibile, in conformità ai principi fondamentali del nostro ordinamento.

La sicurezza dei lavoratori è infatti materia di elevata rilevanza sociale che trova fondamento nella Costituzione (art. 32 e art. 41, comma 2) e nel diritto comunitario. Come significativo fattore di garanzia del diritto alla salute, costituisce bene inderogabile a rilevanza pubblicistica e in quanto tale sottratto alla disponibilità di chiunque ne debba determinare i suoi contenuti in applicazione delle disposizioni di legge e regolamenti.

Coerentemente a tali principi, la legge n. 415/1998, modificativa della n. 109/1994, per quanto riguarda i lavori pubblici, e il decreto legislativo n. 528/1999, di modifica del decreto legislativo n. 494/1996, per tutte le tipologie di lavori, hanno introdotto nella normativa nazionale la regola secondo cui, a garanzia della sicurezza e della salute dei lavoratori impegnati nei cantieri, il costo delle misure di sicurezza, degli apprestamenti, dei dispositivi di protezione collettiva ed individuale, previsti nei piani, deve essere determinato nel dettaglio, è sottratto alla competizione del mercato e va riconosciuto integralmente agli appaltatori, mediante esclusione dallo sconto o ribasso d'asta.

Pertanto, i costi della sicurezza, nel caso di lavori pubblici, debbono essere preventivamente quantificati già nella fase progettuale, evidenziati in modo distinto nei bandi di gara (cfr. art. 31 della legge n. 109/1994, e successive modificazioni) ed esclusi dal ribasso, come ricordato.

L'art. 12 del decreto legislativo n. 494/1996 e l'art. 41 del decreto del Presidente della Repubblica n. 554/1999 hanno indicato la stima dei costi della sicurezza come uno degli elementi essenziali del piano di sicurezza e coordinamento (PSC), che, come è noto, è di competenza del coordinatore della progettazione nominato dalla S.A. e fa parte dei documenti contrattuali.

Anche il piano operativo di sicurezza (POS) ovvero il piano sostitutivo (PSS), nei casi in cui è richiesto, fanno parte dei documenti contrattuali. In assenza dei piani di sicurezza previsti dalla norma i contratti di appalto o concessione sono nulli.

La definizione dei costi della sicurezza previsti nei piani, quindi, in base alle norme citate e alla luce dell'art. 31, comma 2 della legge n. 109/1994, ha valenza contrattuale.

Occorre inoltre evidenziare che l'art. 31 prevede che vadano "evidenziati nei bandi di gara" per l'esclusione dal ribasso anche i costi derivanti dal POS e dal PSS, nonostante tali documenti vengano redatti dopo l'aggiudicazione a cura dell'impresa aggiudicataria.

I contenuti di detto art. 31 della legge n. 109/1994 sono stati riprodotti integralmente nell'art. 131 del nuovo codice dei contratti pubblici approvato con il decreto legislativo n. 163 del 12 aprile 2006 (in vigore dal 1° luglio 2006), che, "in parte qua", ha sostituito l'art. 31.

Tuttavia il comma 1 dell'art. 131 prevede, come sostanziale diversità rispetto all'art. 31, l'autorizzazione al Governo di introdurre le modifiche "... necessarie al testo del decreto del Presidente della Repubblica n. 222/2003".

Sulla base delle norme sopra richiamate, sono state elaborate in ambito tecnico e giuridico interpretazioni non univoche su cosa debba intendersi nello specifico per "costo della sicurezza" e, soprattutto, sui relativi criteri di computo.

La riflessione a riguardo, in ogni modo, non poteva nè può prescindere da alcune disposizioni della normativa dei lavori pubblici.

In primis, l'art. 34 del decreto del Presidente della Repubblica n. 554/1999, in base al quale la composizione del prezzo unitario di ogni lavorazione comprende una aliquota "percentuale per le spese relative alla sicurezza" (comma 2, lettera b).

Anche nella redazione dei prezziari ufficiali tradizionalmente la spesa per eseguire in sicurezza ogni singola lavorazione è stata inclusa nel prezzo unitario della lavorazione stessa.

L'art. 34 del regolamento n. 554/1999 andava letto in collegamento con l'art. 5 del capitolato generale sui lavori pubblici di cui al decreto ministeriale n. 145/2000.

Quest'ultimo elenca le voci comprese nel prezzo dei lavori e perciò a carico dell'appaltatore: tra queste sono riferibili in senso lato alla sicurezza quelle di cui alle lettere "a", "c" ed "i".

Dall'art. 5 discende(va) dunque che le spese per opere provvisionali e per quant'altro sia direttamente strumentale all'esecuzione dei lavori, così come quelle per l'impianto e la manutenzione del cantiere e il suo adeguamento al decreto legislativo n. 626/1994, erano da corrispondere all'appaltatore col prezzo contrattuale, mediante le spese generali e, quindi, soggette a ribasso.

Le due norme succitate delineavano pertanto una distinzione: da un lato, i costi imputabili alla sicurezza in senso stretto, inclusi nei prezzi unitari delle varie lavorazioni, da evidenziare nei bandi ed esclusi dal ribasso; dall'altro, altre voci di spesa riferibili alla sicurezza (ponteggi, allestimento cantiere, etc.), che per il nesso di strumentalità con l'esecuzione dei lavori, erano tuttavia inclusi nelle spese generali e dunque assoggettati a ribasso d'asta.

Un contributo su tali aspetti è stato offerto dall'Autorità con le determinazioni numeri 37/2000 e 2/2001 con le quali è stato proposto un metodo di calcolo dei costi della sicurezza applicabile sino all'entrata in vigore del regolamento di cui all'art. 31, comma 1 della legge n. 109/1994, e successive modificazioni e dunque da intendersi come metodo interlocutorio.

L'Autorità aveva indicato come le spese complessive della sicurezza (Scs) derivino dalla somma dei costi "diretti" (SRPi) - relativi alle misure e procedure di sicurezza obbligatoriamente previste per ogni singola lavorazione e pertanto già valutati nella determinazione dei prezzi unitari compresi nei relativi elenchi - e dei costi "speciali" (SSS) - riferiti alle misure di sicurezza relative allo specifico cantiere non comprese nei costi diretti di cui sopra.

Per la stima dei costi diretti, l'Autorità aveva quindi previsto che dai prezzi unitari relativi alle varie lavorazioni venisse scorporata una quota afferente alla sicurezza, in una misura percentuale variabile da determinarsi analiticamente.

Per il calcolo dei costi speciali, invece, il progettista della sicurezza era tenuto ad effettuare un computo metrico estimativo.

Il metodo di calcolo dei costi della sicurezza nel decreto del Presidente della Repubblica n. 222 del 3 luglio 2003

Il contesto normativo prima brevemente descritto è stato innovato ad opera del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 222/2003 - riguardante i "contenuti minimi dei piani di sicurezza nei cantieri temporanei e mobili" - con cui è stato approvato il regolamento di attuazione, in virtù della doppia delega ex art. 31, comma 1, legge n. 109/1994 ed ex art. 22 del decreto legislativo n. 528/1999.

Il suo ambito di applicazione comprende sia i lavori privati, sia i lavori pubblici ed è volto a disciplinare i contenuti minimi dei piani di sicurezza.

Esso dunque rappresenta un livello minimo inderogabile di regolamentazione, applicabile a qualunque tipologia lavorativa, dall'opera pubblica complessa al modesto intervento di manutenzione, naturalmente sempre nel rispetto dei criteri della ragionevolezza e della proporzionalità ed adeguatezza.

In particolare il tema della stima dei costi derivanti dai piani di sicurezza è affrontato nell'art. 7 del regolamento in questione.

Questa norma contiene al comma 1 una elencazione dei costi che "vanno stimati nei costi della sicurezza" nei casi in cui vige l'obbligo di redigere il PSC ai sensi del decreto legislativo n. 494/1996.

Tale elenco comprende: gli apprestamenti previsti nel PSC; le misure preventive e protettive e i dispositivi di protezione individuale previsti nel PSC per le sole lavorazioni interferenti; i mezzi e servizi di protezione collettiva; le eventuali procedure "speciali" per la sicurezza; i sovraccosti connessi al coordinamento temporale tra le diverse fasi esecutive e le diverse imprese e all'uso comune di apprestamenti, infrastrutture mezzi e servizi di protezione collettiva, nonchè gli impianti tecnici per la sicurezza del cantiere (impianti di terra, antincendio, evacuazione fumi).

Si tratta di voci connesse tutte alla specificità del singolo cantiere, e non alle modalità ordinarie di esecuzione dei lavori.

La formulazione della norma non consente interpretazioni che lascino margini per integrare o ridurre detto elenco, in sede applicativa.

Esso deve quindi considerarsi tassativo.

Nel comma 3, inoltre, il predetto art. 7 stabilisce che "la stima dovrà essere congrua, analitica per voci singole, a corpo o a misura, riferita ad elenchi prezzi standard o specializzati, oppure basata su prezziari o listini ufficiali vigenti nell'area interessata, o sull'elenco prezzi delle misure di sicurezza del committente; nel caso in cui un elenco prezzi non sia applicabile o non disponibile, si farà riferimento ad analisi costi complete e desunte da indagini di mercato".

Non trova più spazio, quindi, la prassi - praticata in passato - di stimare i costi della sicurezza mediante l'applicazione di percentuali sull'importo complessivo dei lavori. E' richiesto invece al coordinatore per la progettazione l'impegno di calcolare i costi della sicurezza mediante un accurato computo metrico estimativo fondato sulle proprie scelte progettuali.

Il metodo di calcolo dei costi della sicurezza da escludere dal ribasso si può ricavare dal decreto del Presidente della Repubblica n. 222 attraverso una lettura esegetica delle disposizioni contenute nell'art. 7.

Sotto questo profilo l'interpretazione fornita dalla Conferenza delle regioni, assunta peraltro in conformità al parere dell'UOC Unità operativa di coordinamento presso il Ministero delle infrastrutture e trasporti, costituisce un valido contributo.

L'impostazione contenuta nel predetto documento (per brevità, documento ITACA) è fondata sui seguenti assunti:

- in base a una lettura combinata dell'art. 12, comma 1 del decreto legislativo n. 494/1996 e dell'art. 7, comma 1 del decreto del Presidente della Repubblica n. 222/2003 non tutti i costi della sicurezza devono essere stimati nel PSC, ma solo quelli elencati nel citato art. 7;

- in base all'art. 7, comma 4 dello stesso regolamento e alle altre disposizioni succitate, sono esclusi dal ribasso in sede di gara solo i costi della sicurezza preventivamente stimati nel PSC;

- a norma dell'art. 5 del decreto ministeriale n. 145/2000, rientrano tra le spese generali una parte delle spese "di sicurezza" necessarie all'assolvimento degli obblighi del decreto legislativo n. 626/1994, in particolare quelle legate all'adeguamento del cantiere (vd. parere UOC Ministero infrastrutture).

Partendo da tali assunti, il documento ITACA opera una distinzione tra i costi della sicurezza a cui l'impresa è vincolata contrattualmente in quanto previsti nel PSC per lo specifico cantiere (per brevità, costi della sicurezza "contrattuali") e costi della sicurezza che il datore di lavoro è comunque obbligato a sostenere a norma del titolo IV del decreto legislativo n. 626/1994 per l'esecuzione in sicurezza di ogni singola lavorazione compresa nell'appalto (costi della sicurezza "ex lege").

I costi della sicurezza "contrattuali" vanno riconosciuti integralmente all'appaltatore, in quanto derivanti dall'ingerenza del committente nelle scelte esecutive dell'impresa, che deve conformarsi alle indicazioni del PSC.

Secondo il documento ITACA, quindi, il PSC in base al disposto dell'art. 7, comma 1 deve comprendere soltanto le spese connesse al coordinamento delle attività nel cantiere, alla gestione delle interferenze o sovrapposizioni, nonchè quelle degli apprestamenti, dei servizi e delle procedure necessari per la sicurezza dello specifico cantiere secondo le scelte di discrezionalità tecnica del coordinatore della sicurezza in fase di progettazione.

Non sono oggetto del PSC, in quanto costi della sicurezza "ex lege", quelli intrinsecamente connessi alle varie lavorazioni e compresi nei relativi prezzi unitari, come le spese per i dispositivi di protezione individuale (DPI), nonchè i cosiddetti "costi generali" per l'adeguamento dell'impresa al decreto legislativo n. 626/1994, ossia la formazione, l'informazione, la sorveglianza sanitaria, etc.

E' chiaro, altresì, che per la stima dei costi di sicurezza contrattuali il progettista della sicurezza dovrà procedere mediante computo metrico.

Il documento si sofferma anche sui costi derivanti dal Piano operativo di sicurezza redatto dall'impresa. Come piano complementare e di dettaglio del PSC, il POS non dà luogo a costi aggiuntivi rispetto a quelli stimati nel PSC.

Essendo anche equiparato al documento di valutazione dei rischi della singola impresa previsto dall'art. 4 del decreto legislativo n. 626/1994, esso contiene le scelte relative a misure e a procedure di prevenzione (DPI, formazione, sorveglianza sanitaria, etc.) i cui costi sono indipendenti dal rapporto contrattuale e quindi non sono a carico del committente.

L'interpretazione proposta dal documento ITACA appare per larga parte aderente al nuovo quadro normativo, così come innovato dal regolamento n. 222/2003.

Difatti, nel nuovo assetto introdotto dal decreto del Presidente della Repubblica n. 222 vige l'obbligo di evidenziare nel PSC e conseguentemente escludere dal ribasso di gara soltanto i costi della sicurezza contrattuali.

Nell'elenco tassativo di cui all'art. 7, comma 1, infatti, non sono comprese le voci riconducibili ai cd. costi "ex lege", quali, ad esempio, i DPI necessari all'esecuzione ordinaria delle varie lavorazioni, la formazione dei lavoratori, ecc.

Lo stesso documento ITACA pone poi la questione se, in base al disposto dell'art. 31, comma 2 della legge n. 109/1994 (oggi art. 131 del decreto legislativo n. 163/2006), tutti i costi della sicurezza debbano essere esclusi dal ribasso.

Il problema riguarda in particolare il POS, per il quale il comma 2 dell'art. 31 (riprodotto nell'art. 131) prevede che - al pari che per il PSC e il PSS - "i relativi oneri vanno evidenziati nei bandi di gara e non sono soggetti a ribasso d'asta".

Tale norma viene interpretata nel senso che la stazione appaltante deve stimare ed evidenziare nel bando per l'esclusione dal ribasso di gara unicamente i costi della sicurezza individuati nel PSC ossia quelli contrattuali, mentre i restanti costi della sicurezza - ossia quelli relativi alla tutela fisica dei lavoratori nell'esecuzione delle singole lavorazioni e quelli relativi all'organizzazione dell'impresa, connessi alla mera osservanza delle norme in materia di sicurezza - che non sono compresi nell'elenco di cui all'art. 7, comma 1 del decreto del Presidente della Repubblica n. 222, dovrebbero anch'essi essere esclusi dal ribasso.

Tuttavia secondo questa tesi non compete alla S.A. stimarne analiticamente l'importo, ma solo "evidenziarli nei bandi di gara". Spetterebbe invece alle singole imprese concorrenti effettuarne la stima analitica estrapolandoli dal costo delle singole lavorazioni (con l'utilizzo dei prezziari specialistici per la sicurezza già predisposti dalle regioni) ed escluderli dal ribasso in sede d'offerta.

Le stazioni appaltanti dovranno verificare la congruità delle offerte delle imprese con riguardo ai costi di sicurezza evidenziati da queste, per accertare che sia stata correttamente valutata la quota relativa alla sicurezza e che non sia assoggettata al ribasso.

In riferimento a questi ultimi assunti, il rimedio proposto da ITACA non trova piena copertura normativa e potrebbe tra l'altro comportare un aggravio del procedimento di gara.

Quanto alla verifica della congruità, l'art. 87 del codice n. 163/2006 espressamente prevede (comma 2, lettera e) che le giustificazioni possono riguardare, tra l'altro, il rispetto delle norme in tema di sicurezza e condizioni di lavoro.

Questa Autorità ritiene dunque che la verifica sulla circostanza che il ribasso offerto lasci inalterata la sicurezza "ex lege" potrà essere effettuata dalla stazione appaltante nei confronti dell'offerta dell'aggiudicatario, ovvero nei confronti della successiva offerta, nel caso in cui l'offerente primo classificato non riuscisse a dimostrare la congruità del suo ribasso, e così via.

Tale metodo è inoltre applicabile anche nei casi in cui il committente optasse per l'esclusione automatica delle offerte, ai sensi dell'art. 122, comma 9 del codice n. 163: infatti, anche per gli appalti sotto soglia, ogni stazione appaltante (cfr. art. 86, comma 3 e art. 87, comma 1) esercita la discrezionalità di valutare la congruità dell'offerta, compresa quella che presenti il ribasso che per difetto più si avvicina alla soglia di anomalia individuata ai sensi dell'art. 86 di detto codice.

Inoltre, secondo il principio di effettività, sul coordinatore della sicurezza per la fase dell'esecuzione (CSE) grava l'obbligo di verificare, da un lato, la costante corrispondenza dei contenuti del PSC alla specificità del cantiere e dall'altro, il rispetto da parte dell'esecutore di tutti gli altri obblighi generali della sicurezza ("ex lege") che, in quanto a carico dell'esecutore stesso, non fanno parte del PSC.

Quanto poi alla estrapolazione dal costo delle singole lavorazioni, nel vigente ordinamento vanno esclusi dal ribasso i costi per la sicurezza riferiti alle esigenze dello specifico cantiere ex art. 7 del decreto del Presidente della Repubblica n. 222/2003, con la conseguenza che non vi sarebbe per le SS.AA. l'obbligo di individuare una componente di costo riferibile alla sicurezza nel prezzo unitario di ciascuna lavorazione e di escluderla dal ribasso (Sotto questo profilo, è significativo il raffronto tra l'art. 34 del regolamento e la nuova disciplina dell'allegato XXI del codice - valida, però, per i soli lavori relativi a infrastrutture strategiche e insediamenti produttivi "ex legge" n. 443/2001 - che, all'art. 15, non menziona tra le componenti del prezzo unitario delle lavorazioni la quota riferita alla sicurezza).

E' evidente, altresì, che l'individuazione e la stima dei costi della sicurezza è adempimento che attiene alla competenza esclusiva della S.A., nel quadro della predeterminazione del corrispettivo della prestazione che è propria del contratto d'appalto.

L'impresa quindi non può provvedere o comunque partecipare alla definizione della parte del prezzo da escludere dal ribasso d'asta (ad esempio, con l'individuazione dei costi derivanti dal POS o dal PSS). Tanto è vero che il decreto del Presidente della Repubblica n. 222 tra i contenuti minimi rispettivamente del PSS e del POS esclude espressamente, o quantomeno non prevede, la stima dei relativi costi (cfr. art. 7, comma 2, art. 5, comma 1 e art. 6, comma 1 del decreto del Presidente della Repubblica n. 222/2003).

Ciò non esclude, peraltro, che l'impresa possa influenzare la determinazione del costo della sicurezza, attraverso le modifiche che la stessa eventualmente propone al piano di sicurezza ai sensi dell'art. 131, comma 2 (prima della stipula del contratto, ossia in sede di POS) e comma 4 (prima dell'inizio dei lavori ovvero in corso d'opera) a condizione che tali modifiche siano approvate dalla stazione appaltante.

In sintesi, può dunque verificarsi - dopo che la S.A., attraverso il coordinatore per la progettazione, abbia provveduto a calcolare i costi della sicurezza in sede di PSC - che: la sola impresa aggiudicataria presenti in sede di POS proposte di adeguamento del PSC in rapporto alla propria tecnologia ed organizzazione di cantiere - e conseguentemente anche dei relativi costi di sicurezza, già calcolati dalla S.A. - purchè tali modifiche siano destinate a migliorare la sicurezza dei lavoratori.

L'amministrazione, nel valutare le proposte dell'impresa aggiudicataria, può modificare la stima dei costi della sicurezza effettuata in sede di PSC, ma con parziali e limitate variazioni, eventualmente anche in detrazione.

Il costo degli apprestamenti

In rapporto alla seconda questione di cui in premessa, si pone poi la problematica relativa al costo delle opere provvisionali e degli apprestamenti.

Nel decreto del Presidente della Repubblica n. 222/2003 il riferimento agli apprestamenti è contenuto nelle seguenti norme:

- l'art. 1, comma 1, lettera c), laddove sono definiti apprestamenti "le opere provvisionali necessarie ai fini della salute e della sicurezza dei lavoratori in cantiere";

- l'art. 7, comma 1, che, nell'elencare i costi afferenti alla sicurezza per i cantieri ove è prevista la redazione del PSC, alla lettera a) stabilisce che "... nei costi della sicurezza vanno stimati ... i costi degli apprestamenti previsti nel PSC ...";

- l'allegato 1, ove è contenuto l'elenco, definito "indicativo e non esauriente", degli elementi essenziali utili alla definizione dei contenuti del PSC, e in particolare il primo capoverso che indica le voci comprese nella categoria degli apprestamenti.

Confrontando dette disposizioni con l'art. 5 del decreto ministeriale n. 145/2000 sopra ricordato, si coglie il contenuto innovativo del regolamento n. 222.

Stando alla portata letterale della legge, infatti, alcune voci di costo che in base al decreto ministeriale n. 145 afferivano alle spese generali di cantiere a carico dell'impresa, rientrando ora tra gli "apprestamenti" in forza dell'elencazione contenuta nell'allegato I, primo capoverso, del decreto del Presidente della Repubblica n. 222, sono integralmente riconducibili al costo della sicurezza e devono essere escluse dal ribasso.

Ci si riferisce in particolare ai mezzi e servizi di protezione collettiva connessi agli obblighi della legge n. 626/1994, alle recinzioni di cantiere, nonchè alle opere provvisionali propriamente dette (ponteggi, trabattelli, etc.) e i baraccamenti di cantiere (bagni, spogliatoi, refettori etc.).

Si veda al riguardo l'elenco contenuto all'art. 7, comma 1, e in particolare la lettera a) laddove è stabilito che "... nei costi della sicurezza vanno stimati ... i costi degli apprestamenti previsti nel PSC ...".

Oggi infatti la normativa, con il citato allegato 1 al decreto del Presidente della Repubblica n. 222, definisce apprestamenti, con elencazione esemplificativa, "i ponteggi, i trabattelli, gli impalcati, le passerelle, le andatoie", oltre che "i bagni, i refettori, gli spogliatoi ..." etc., tutti elementi che, benchè destinati funzionalmente a servizio delle attività di costruzione o di altre attività connesse, devono garantire prioritariamente, attraverso le loro caratteristiche intrinseche nonchè in forza delle condizioni di uso e di manutenzione, il rispetto dei requisiti di sicurezza e di igiene.

Sotto questo profilo, quindi, la formulazione dell'art. 7 differisce dalla disposizione dell'art. 5, lettera c) del decreto ministeriale n. 145/2000, in base alla quale, come sopra ricordato, le spese per le opere provvisionali erano comprese nel prezzo delle lavorazioni, a carico dell'esecutore e assoggettate a ribasso. In altri termini, quindi, erano ascritte alle cd. "spese generali".

Altrettanto dicasi delle voci di cui alle lettere a) ed i) dell'art. 5.

Si rileva, inoltre, che anche il documento della Conferenza delle regioni concorda con la tesi di ricondurre i costi degli apprestamenti, e in particolare delle opere provvisionali, tra i costi della sicurezza, alla luce dell'art. 7, comma 1 del decreto del Presidente della Repubblica n. 222/2003; pur sottolineando, al riguardo, il discrimine costituito dall'inserimento nel PSC, per cui potrebbero afferire integralmente alla sicurezza solo gli apprestamenti previsti dal progettista della sicurezza in base alla sua discrezionalità tecnica.

Premesso quanto sopra, la traslazione tra gli oneri di sicurezza di alcune voci prima considerate "spese generali" potrebbe però determinare alcuni dubbi applicativi, nonchè problemi di coerenza con la normativa esistente.

Per un primo aspetto, posto che la componente relativa alle spese generali inclusa nei prezzi unitari è sempre calcolata in base ad una percentuale compresa tra il 13 e il 15% (cfr. art. 34 del decreto del Presidente della Repubblica n. 554/1999), oggi il trasferimento delle opere provvisionali e dei baraccamenti dall'ambito delle S.G. a quello della sicurezza può comportare l'esigenza di rideterminare l'incidenza delle spese generali su valori percentuali inferiori a quelli fissati dalla norma, onde evitare di pagare due volte le stesse spese.

In secondo luogo, si pone il problema di imputare il costo delle attrezzature che svolgono una funzione sostitutiva delle opere provvisionali (ponti mobili, cestelli), ma che in base alla legge sono da considerare spese generali.

Al riguardo si ritiene che, ove l'impresa, in variazione alle previsioni del PSC e dietro espressa autorizzazione della S.A., adotti un macchinario in luogo di un ponteggio, la conseguente variazione di costo dovrà essere considerata alla stregua di quanto indicato nella parte finale del precedente paragrafo.

Inoltre, è stata prospettata la questione relativa alla esatta portata della disposizione di cui alla lettera c) del richiamato art. 1 del decreto del Presidente della Repubblica n. 222/2003, che classifica come apprestamenti "le opere provvisionali necessarie ai fini della tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori".

In particolare, si tratta di chiarire se l'elemento teleologico racchiuso nell'alinea "... ai fini della tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori" valga in qualche modo a restringere il campo delle opere provvisionali imputabili alla sicurezza.

In altri termini, si tratta di verificare se le opere provvisionali, tra cui i ponteggi, debbano integralmente afferire alla sicurezza ed i relativi costi essere sottratti dal ribasso, ovvero se continua ad operare la prassi precedente di assoggettare a ribasso quanto meno il costo delle opere provvisionali strettamente strumentali all'esecuzione delle varie lavorazioni.

Difatti, attraverso una esegesi della disposizione ora indicata, tra gli apprestamenti rientrerebbero solo le opere provvisionali necessarie "ai fini della tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori" in cantiere, cosicchè, non subendo modificazione - ad esempio - la distinzione tra ponteggi "di servizio" e ponteggi "di sicurezza", solo questi ultimi sarebbero computati tra gli oneri di sicurezza.

Tale interpretazione, per quanto non irragionevole sul piano astratto, sarebbe però di non agevole applicazione, per la difficoltà di definire un discrimine netto tra quanto (un apprestamento o parte di esso) è destinato in prevalenza a garantire la sicurezza dei lavoratori e quanto afferisce invece ad altre funzioni.

Il legislatore ha dunque privilegiato una scelta definitiva attraverso una inequivoca, seppur solo esemplificativa, elencazione delle tipologie di apprestamenti i cui costi vanno esclusi dal ribasso.

Questo nuovo orientamento del legislatore, distaccandosi da quello risalente al decreto ministeriale n. 145/2000, sembra peraltro coerente con la generale evoluzione del quadro normativo verso un consolidamento e rafforzamento della sicurezza nei luoghi di lavoro ed in particolare nei cantieri.

La sicurezza e le varianti

Il decreto del Presidente della Repubblica n. 222, all'art. 7 nel comma 5, dispone espressamente che anche nel caso di varianti in corso d'opera è necessario stimare i costi della sicurezza, adottando i medesimi criteri che si applicano nella fase di progettazione dei lavori od opere.

Pertanto nel caso di varianti le relative perizie, ai sensi dell'art. 134, comma 9 del decreto del Presidente della Repubblica n. 554/1999, dovranno essere corredate anche del PSC ed a questi fini il RUP dovrà farsi carico del rispetto di tali adempimenti ed in particolare di quello relativo all'individuazione del costo della sicurezza compreso nell'importo di perizia, costo da non assoggettare a ribasso.

In taluni casi, invece, la variazione progettuale in corso d'opera è generata proprio dalla necessità di migliorare il PSC rispetto alla primitiva stesura facente parte del progetto appaltato, sia che esso contenga una vera e propria carenza di previsione - in caso di previsione parziale delle misure di sicurezza o sottostima dei relativi costi - sia che esso necessiti di meri assestamenti o correttivi di dettaglio; ciò si ricava dall'art. 131, comma 4 del codice dei contratti n. 163/2006.

Altre problematiche in tema di sicurezza - Implementazione del casellario informatico

Sono state inoltre esaminate altre questioni riguardanti le azioni di contrasto da parte dei soggetti istituzionali nei confronti del grave fenomeno degli infortuni sul lavoro.

In generale è stato osservato che una efficace politica di prevenzione degli incidenti e di tutela dell'integrità dei lavoratori si scontra con la resistenza da parte di alcuni operatori del settore alla "effettiva" applicazione delle norme di legge e delle regole di sicurezza contenute nei piani.

Sotto questo profilo, in una logica di contrasto di comportamenti irregolari, l'Autorità ritiene necessario che le SS.AA. attendano alla selezione dei contraenti anche in base a criteri di provata affidabilità nella prevenzione degli incidenti e di capacità ad eseguire i lavori in sicurezza.

In questo senso, i poteri delle SS.AA. sono delimitati dall'art. 75, comma 1, lettera e) del decreto del Presidente della Repubblica n. 554/1999 (oggi art. 38, comma 1, lettera e) del codice degli appalti n. 163/2006), in base al quale tra le cause d'esclusione dalle gare d'appalto per l'esecuzione dei lavori pubblici è compreso l'"aver commesso gravi infrazioni debitamente accertate alle norme in materia di sicurezza e ogni altro obbligo derivante dai rapporti di lavoro, risultanti dai dati in possesso dell'osservatorio".

Tale circostanza, come è noto, configura un requisito di ordine generale e di affidabilità per poter contrattare con la P.A., ed è soggetto a una verifica di tipo dinamico da parte delle SS.AA. in occasione di ogni singola gara (si veda anche l'art. 3 del decreto legislativo n. 494/1996, e successive modificazioni, che affida al committente l'onere di verificare "'idoneità tecnico-professionale delle imprese esecutrici".

In coerenza con le citate disposizioni, il regolamento sulla qualificazione n. 34/2000, all'art. 27, comma 2, prevede che nel casellario informatico presso l'osservatorio siano annotati tra l'altro:

"p) eventuali episodi di grave negligenza nell'esecuzione di lavori ovvero gravi inadempienze contrattuali, anche in riferimento all'osservanza delle norme in materia di sicurezza e degli obblighi derivanti da rapporto di lavoro, comunicate dalle stazioni appaltanti".

In ordine ai presupposti per l'iscrizione nel casellario di detta annotazione, l'Autorità con successive determinazioni n. 16-23/2001, n. 10/03, n. 13/2003 e n. 1/05, ha complessivamente affermato che:

- l'accertamento della esistenza e della gravità della violazione compete alla stazione appaltante;

- detto accertamento è di natura discrezionale e comporta l'obbligo di motivazione;

- la S.A. può desumere la "gravità" della violazione dalla specifica tipologia dell'infrazione commessa, sulla base del tipo di sanzione penale (arresto o ammenda) irrogata, dell'eventuale reiterazione della condotta, del grado di colpevolezza e delle eventuali altre conseguenze dannose che ne sono derivate (es. infortunio sul lavoro);

- per gravi infrazioni alle norme in materia di sicurezza e ad ogni altro obbligo derivante dal rapporto di lavoro debbono intendersi non soltanto le omissioni inerenti il mancato pagamento dei relativi contributi, ma anche le infrazioni alle prescrizioni di cui al decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, al decreto legislativo 14 agosto 1996, n. 494 e al decreto legislativo 19 novembre 1999, n. 528 sulla sicurezza nei cantieri.

In rapporto agli obbiettivi sopra indicati emerge l'esigenza di incrementare la pubblicità - tramite l'Osservatorio - delle notizie circa la affidabilità delle imprese sotto il profilo della sicurezza e di implementare il casellario informatico con le annotazioni riguardanti le infrazioni delle norme sulla sicurezza e delle disposizioni contenute nei piani.

Nell'attuale corpus normativo "la grave negligenza" e "la grave inadempienza contrattuale" in tema di sicurezza di cui all'art. 27, comma 1, lettera p) del Regolamento n. 34/2000 trova risonanza in alcune altre disposizioni legislative e regolamentari.

In primo luogo, l'art. 31, comma 3 della legge n. 109/1994, modificata dalla legge n. 415/1998, oggi riprodotto nell'art. 131 del codice degli appalti, ove è sancito che "le gravi o ripetute violazioni dei piani di sicurezza da parte dell'appaltatore o del concessionario, previa formale costituzione in mora dell'interessato, costituiscono causa di risoluzione del contratto".

Al contempo, l'art. 127, comma 2 del decreto del Presidente della Repubblica n. 554/1999 - e analogamente l'art. 5 del decreto legislativo n. 494/1996, e successive modificazioni ed integrazioni - che consente al coordinatore per l'esecuzione, al ricorrere di gravi inosservanze delle norme in materia di sicurezza nei cantieri, di assumere diversi provvedimenti, graduati in rapporto alla valutazione del caso concreto ed in particolare:

"d) proporre alla stazione appaltante la sospensione dei lavori, l'allontanamento delle imprese o dei lavoratori autonomi dal cantiere o la risoluzione del contratto;

e) sospendere in caso di pericolo grave ed imminente le singole lavorazioni fino alla comunicazione scritta degli avvenuti adeguamenti effettuati dalle imprese interessate".

Se ne deduce che sia la fattispecie di cui all'art. 131 del codice 163 che quelle di cui all'art. 127 del regolamento n. 554/1999 possono integrare gli estremi per l'iscrizione nel casellario informatico delle imprese ex art. 27 del decreto del Presidente della Repubblica n. 34/2000.

Tuttavia, allo stato attuale, sono oggetto di comunicazione al casellario da parte delle stazioni appaltanti solo le infrazioni che hanno già determinato la risoluzione del rapporto contrattuale ex art. 31, comma 3 della legge n. 109/1994.

Nella prassi si è quindi determinata una applicazione riduttiva della norma, rispetto alla più ampia formulazione dello stesso art. 27 o del citato art. 75 del decreto del Presidente della Repubblica n. 554/1999, atteso che la gravità dell'infrazione è spesso da collegare alla recidività della stessa.

Alla luce delle precedenti considerazioni, l'Autorità ritiene che:

- il decreto del Presidente della Repubblica n. 222 del 3 luglio 2003 disciplina i contenuti minimi dei piani di sicurezza e rappresenta il livello minimo inderogabile di regolamentazione, applicabile a qualunque tipologia lavorativa, dall'opera pubblica complessa al modesto intervento di manutenzione, naturalmente sempre nel rispetto dei criteri della ragionevolezza, della proporzionalità ed adeguatezza;

- il coordinatore della sicurezza in fase di progettazione nel redigere il PSC esercita un'attività amministrativa di discrezionalità tecnica;

- sono oggetto di stima nel PSC solo i costi della sicurezza espressamente elencati nell'art. 7, comma 1 del decreto del Presidente della Repubblica n. 222/2003 e riferibili alle specifiche esigenze del singolo cantiere (costi della sicurezza "contrattuali" nel senso sopra indicato);

- la stima deve essere congrua, analitica per voci singole, a corpo o a misura, riferita ad elenchi prezzi standard o specializzati, oppure basata su prezziari o listini ufficiali vigenti nell'area interessata, o sull'elenco prezzi delle misure di sicurezza del committente; nel caso in cui un elenco prezzi non sia applicabile o non disponibile, si farà riferimento ad analisi costi complete e desunte da indagini di mercato;

- i costi della sicurezza inseriti nel PSC sono evidenziati nei bandi di gara e non sono soggetti a ribasso d'asta; inoltre su tali costi non sono ammesse le giustificazioni a corredo dell'offerta, ai sensi dell'art. 87, comma 4 del codice dei contratti pubblici approvato con decreto legislativo n. 163 del 12 aprile 2006;

- in sede di valutazione della congruità delle offerte, la stazione appaltante deve procedere, ai sensi dell'art. 86, comma 3 e dall'art. 87, comma 2, lettera e) del codice n. 163/2006, alla verifica del rispetto delle norme vigenti in tema di sicurezza e condizioni di lavoro;

- gli apprestamenti di cui all'art. 7, comma 1, elencati nell'allegato 1 del decreto del Presidente della Repubblica n. 222/2003, sono ricompresi negli oneri della sicurezza ed i relativi costi non sono soggetti a ribasso d'asta;

- il coordinatore della sicurezza per la fase dell'esecuzione (CSE) ha l'obbligo di verificare, da un lato, la costante corrispondenza dei contenuti del PSC alla specificità del cantiere e dall'altro, il rispetto da parte dell'esecutore di tutti gli altri obblighi generali della sicurezza (ex lege) che, in quanto a carico dell'esecutore stesso, non fanno parte del PSC; il RUP vigila, verificando che tali adempimenti a carico del CSE siano effettivamente assolti, compresi tutti quelli indicati nell'art. 127 del decreto del Presidente della Repubblica n. 554/1999;

- nel caso di varianti in corso d'opera, le relative perizie, ai sensi dell'art. 134, comma 9 del decreto del Presidente della Repubblica n. 554/1999 dovranno essere corredate anche del PSC e a questi fini il RUP dovrà farsi carico del rispetto di tali adempimenti ed in particolare di quello relativo all'individuazione del costo della sicurezza compreso nell'importo di perizia, costo da non assoggettare a ribasso;

- le stazioni appaltanti devono acquisire le segnalazioni, i verbali e gli ordini di servizio emessi dal CSE, al fine di valutare, ai sensi dell'art. 127 del decreto del Presidente della Repubblica n. 554/1999 (e dell'art. 5 del decreto legislativo n. 494/1996, e successive modificazioni), se ricorrano le condizioni per la sospensione dei lavori o per l'allontanamento delle imprese o dei lavoratori autonomi dal cantiere o per la risoluzione dell'appalto;

- le reiterate infrazioni agli obblighi della sicurezza costituiscono un valido presupposto per avviare la risoluzione del contratto, secondo la procedura dell'art. 119 del medesimo decreto del Presidente della Repubblica n. 554/1999 (oggi, art. 136 del decreto legislativo n. 163/2006);

- le stazioni appaltanti devono inviare all'Osservatorio, per l'annotazione nel casellario informatico, copia di tutte le segnalazioni riguardanti le infrazioni in fatto di sicurezza prodotte dal coordinatore (CSE), che siano seguite da risoluzione del contratto o anche dalla sola sospensione dei lavori;

- tutte le precedenti determinazioni emanate da questa Autorità nella materia della sicurezza, si intendono superate, per la parte relativa ai criteri di computo dei costi della sicurezza.