Categoria: Cassazione civile
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Cassazione Civile, Sez. Lav., 11 dicembre 2013, n. 27644 - Assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali






Fatto

 





Con sentenza del 1° settembre 2009 la Corte d’appello di Venezia ha confermato la sentenza n. 383/06 del Tribunale di Venezia con la quale era stata rigettata la domanda di B.S. intesa ad ottenere l’accertamento del proprio diritto alla rinuncia alla rendita INAIL ex art. 13 d.lgs 38 del 2000, con riferimento alle lesioni riportate in un infortunio sul lavoro in itinere di cui era rimasto vittima il 5 agosto 2002. La Corte territoriale ha motivato tale pronuncia sulla base della normativa di rango costituzionale e, in particolare, degli artt. 2 e 38 della Costituzione in base ai quali deve affermarsi che tutte le prestazioni previdenziali, alle quali deve essere assimilata la rendita INAIL, hanno finalità alimentari e sono volte ad assicurare al lavoratore la possibilità di affrontare situazioni di bisogno conseguenti al verificarsi di eventi futuri ed incerti. Tale finalità può essere conseguita solo tramite la costituzione di una rendita continua e non con l’erogazione di un’unica somma che potrebbe lasciare l’infortunato totalmente sguarnito.

Il B. propone ricorso per cassazione avverso tale pronuncia articolato su due motivi.

Resiste l’INAIL con controricorso.

Gli eredi di Z.P. datore di lavoro del B., e l’A. Le A.I. s.p.a. sono rimasti intimati.



Diritto




Con il primo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 66 e 74 TU 1124 del 1965 e dell’art. 13 d.lgs. 38 del 2000 deducendosi la natura risarcitoria della rendita INAIL e la sua conseguente disponibilità.

Con il secondo motivo si assume violazione e falsa applicazione degli artt. 66 e 74 TU 1124 del 1965 e dell’art. 13 d.lgs. 38 del 2000 in relazione agli artt. 2043 cod. civ. e 32 Cost. deducendosi la rinunciabilità dell’indennizzo INAIL per danno biologico in presenza di un terzo responsabile o comunque in ipotesi di infortunio in itinere. In particolare si deduce che il risarcimento del danno biologico, al pari di ogni risarcimento del danno, prescinde da ogni valutazione sulle condizioni economiche e sociali del danneggiato, e l’indennizzo INAIL sarebbe alternativo rispetto al risarcimento ordinario di tale danno biologico, ma mai sostitutivo, se non nei casi di assenza del responsabile o insolvenza del danneggiale.

Al di là del rilievo che il ricorso in esame risulta inammissibile per non trovare riscontro l'interesse sotteso alla domanda di rinuncia alla rendita ex art. 13 citato, il ricorso stesso risulta, in concreto, infondato nel merito. Infatti l'esame dei due motivi, da esaminarsi congiuntamente in ragione della loro stretta connessione sul versante logico-giuridico, porta a concludere che le censure con detti motivi formulate non possono trovare ingresso in questa sede. Va premesso che, contrariamente a quanto sostenuto dal B., la prescrizione del diritto in esame non può essere espressione della disponibilità del diritto alla rendita ex art. 13 ad opera dell’INAIL e dell’assicurato, dal momento che la prescrizione in materia previdenziale ha proprie caratteristiche per essere in buona misura condizionato dall’indubbio rilievo pubblicistico che esso assume (cfr. ex plurimis Cass. 10 dicembre 2004 n. 23116 cui adde sentenza Corte Cost. n. 33 del 1974 e n. 298 del 1999, secondo cui l'esistenza di un termine di prescrizione del diritto alla rendita risponde tra l'altro alla esigenza pubblicistica di pronto accertamento dei fatti). Ciò detto, va osservato che correttamente il giudice d'appello ha ritenuto che la rendita ex art. 13 della legge n. 38 del 2000 va considerata, per la sua natura e per le finalità ad esso sottese, di natura previdenziale e non risarcitoria, con conseguente indisponibilità della tutela dal legislatore assicurato al lavoratore in base all'art. 38 Cost. per le ricadute derivanti dagli infortuni sul lavoro e le malattie professionali. Tutela che si concretizza poi, sul piano fattuale, con la realizzazione di un interesse pubblico a che si garantiscono mezzi adeguati alle esigenze di vita a quei lavoratori che finiscono per essere colpiti da eventi lesivi a causa dell'attività lavorativa spiegata. Conclusione questa che trova conforto nell'indirizzo della giurisprudenza di legittimità che ha sovente riconosciuto una indisponibilità degli interessi in materia previdenziale o assistenziale, rinvenibile, ad esempio, in materia di diritti alle prestazioni della assicurazione obbligatoria ritenuti costituzionalmente protetti ex art. 3 Cost. (cfr. al riguardo Cass. 1 marzo 2001 n. 2939 in relazione al diritto al trattamento pensionistico minimo per invalidità, vecchiaia e superstiti); o con riferimento alla indennità di mobilità ai lavoratori licenziati di cui all'art. 7 legge n. 223 del 1991 (cfr. Cass. 24 novembre 2011 n. 24828) e che a ben vedere, è ragione fondante del principio enunciato dagli stessi giudici di legittimità secondo i quali l'Istituto di previdenza non ha il potere di revocare una pensione di vecchiaia già liquidata neanche su domanda del pensionato, potendo soltanto, nel caso in cui accerti che la prestazione è stata erogata in mancanza dei requisiti di legge, procedere in via di autotutela all'annullamento della pensione (cfr. Cass. 9 luglio 2004 n. 12781).

Di una siffatta disponibilità è poi corollario il disposto dell’ultimo comma dell’art. 2115 cod. civ. che, nel prescrivere la nullità di qualsiasi patto diretto ad eludere gli obblighi relativi alla previdenza ed assistenza, induce a sanzionare con la nullità anche quegli atti transattivi o abdicativi aventi ad oggetto diritti cui va riconosciuta una copertura costituzionale (per la nullità ex art. 2115 cod. civ. degli atti di transazione e di rinunzia a forma di previdenza obbligatoria cfr. Cass. 7 aprile 1992, n. 4119 cui adde successivamente Cass. 11 febbraio 1999 n. 1431).

Né sotto altro versante, ed ancora ad ulteriore sostegno di quanto sinora detto, può sottacersi che la fattispecie scrutinata può, in qualche misura, assimilarsi a quella riguardante il credito alimentare che, per il suo carattere personale e per le sue specifiche finalità, non è cedibile, non è compensabile e non è, infine, neanche suscettibile di rinunzia o transazione (cfr,. al riguardo, ex plurimis: Cass. 5 agosto 1987 n. 6727 e, da ultimo, Cass. 4 maggio 2012 n. 6772 secondo cui il legato di alimenti deve avere riguardo, ai sensi dell’art. 438 cod. civ., alla posizione sociale ed al bisogno dell’alimentando).

Per concludere, la soluzione cui si è pervenuti trova sostanziale riscontro del resto nella sentenza della Corte Costituzionale n. 572 del 22.12.1989 la quale, nell'equiparare ai fini della pignorabilità la pensione INPS con la rendita INAIL, ha affermato che entrambe, attesa la loro natura previdenziale, non esauriscono i loro effetti nei confronti dell'assicurato ma sono finalizzate anche al sostentamento della famiglia a garanzia dei diritti che l'art. 29 Cost., intende tutelare. Ed al riguardo richiama alcune norme del D.P.R. n. 1124 del 1965, ancorate a tale esigenza: art. 72 sul divieto di riduzione dell'indennità ove l'assicurato abbia carichi di famiglia; art. 77 riguardante l'aumento della rendita nel caso in cui l'assicurato abbia moglie e figli; art. 85, sul regime di reversibilità ai superstiti.

Deve quindi affermarsi in questa sede il principio di diritto secondo cui la rendita INAIL ha natura previdenziale e non risarcitoria e, come tale, è sottratta alla disponibilità delle parti ai sensi dell’art. 2115, terzo comma del codice civile.

Le spese di giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.



P.Q.M.




Rigetta il ricorso;

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio sostenute dall’INAIL liquidate in € 100,00 per esborsi ed € 3.000,00 per compensi professionali oltre accessori di legge. Nulla per le parti rimaste intimate.