CORTE DI GIUSTIZIA CE-UE, Sentenza 13 febbraio 2014, n. C-512/11 e C-513/11

Politica sociale - Direttiva 92/85/CEE - Protezione della sicurezza e della salute sul lavoro - Lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento - Congedo di maternità - Mantenimento di una retribuzione e/o del versamento di un’indennità adeguata - Direttiva 96/34/CE - Accordo quadro sul congedo parentale - Diritto individuale al congedo parentale per la nascita o l’adozione di un bambino - Condizioni di lavoro e di retribuzione - Contratto collettivo nazionale - Lavoratrici che hanno fruito di un congedo di maternità in seguito all’interruzione di un congedo parentale non retribuito - Rifiuto di pagamento dello stipendio durante il congedo di maternità

 

Fonte: Sito web Eur-Lex

 

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1. Le domande di pronuncia pregiudiziale vertono, in sostanza, sull’interpretazione delle direttive 92/85/CEE del Consiglio, del 19 ottobre 1992, concernente l’attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento (decima direttiva particolare ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE) (GU L 348, pag. 1), 96/34/CE del Consiglio, del 3 giugno 1996, concernente l’accordo quadro sul congedo parentale concluso dall’UNICE, dal CEEP e dalla CES (GU L 145, pag. 4), e 2006/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2006, riguardante l’attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego (GU L 204, pag. 23).

2. Tali domande sono state presentate nell’ambito di due controversie tra, da un lato, la Terveys- ja sosiaalialan neuvottelujärjestö (TSN) ry (Sindacato dei lavoratori nel settore sanitario e sociale; in prosieguo: la «TSN») e la Terveyspalvelualan Liitto ry (Confederazione dei datori di lavoro per il settore dei servizi sanitari) con l’intervento della Mehiläinen Oy (in prosieguo: la «Mehiläinen»), e, dall’altro, l’Ylemmät Toimihenkilöt (YTN) ry (Federazione dei dirigenti) e la Teknologiateollisuus ry (Confederazione dei datori di lavoro dell’industria tecnologica) nonché la Nokia Siemens Networks Oy (in prosieguo: la «Nokia Siemens»), in merito al rifiuto opposto a due lavoratrici finlandesi dai loro rispettivi datori di lavoro, in virtù di contratti collettivi a loro applicabili, di pagare loro una retribuzione, normalmente prevista da tali contratti durante il loro congedo di maternità, poiché i congedi di maternità di tali lavoratrici hanno interrotto congedi parentali non retribuiti.



Contesto normativo



Il diritto dell’Unione



La direttiva 92/85


3. I considerando 1 e 17 della direttiva 92/85 sono formulati come segue:

«[C]onsiderando che l’articolo 118 A del trattato [CEE] prevede che il Consiglio adotti, mediante direttive, le prescrizioni minime tendenti a promuovere il miglioramento in particolare dell’ambiente di lavoro per tutelare la sicurezza e la salute dei lavoratori;

(...)

considerando d’altronde che le disposizioni concernenti il congedo di maternità sarebbero anch’esse senza effetto utile se non fossero accompagnate dal mantenimento dei diritti connessi con il contratto di lavoro, compreso il mantenimento di una retribuzione e/o dal versamento di un’indennità adeguata».

4. L’articolo 8 della direttiva 92/85, intitolato «Congedo di maternità», prevede quanto segue al suo paragrafo 1:

«Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché le lavoratrici di cui all’articolo 2 fruiscano di un congedo di maternità di almeno quattordici settimane ininterrotte, ripartite prima e/o dopo il parto, conformemente alle legislazioni e/o prassi nazionali».

5. L’articolo 11 della direttiva 92/85, intitolato «Diritti connessi con il contratto di lavoro», così dispone:

«Per garantire alle lavoratrici ai sensi dell’articolo 2 l’esercizio dei diritti di protezione della sicurezza e della salute riconosciuti nel presente articolo:

(...)

2) nel caso contemplato all’articolo 8, devono essere garantiti:

a) i diritti connessi con il contratto di lavoro delle lavoratrici di cui all’articolo 2, diversi da quelli specificati nella lettera b) del presente punto;

b) il mantenimento di una retribuzione e/o il versamento di un’indennità adeguata alle lavoratrici di cui all’articolo 2;

3) l’indennità di cui al punto 2), lettera b) è ritenuta adeguata se assicura redditi almeno equivalenti a quelli che la lavoratrice interessata otterrebbe in caso di interruzione delle sue attività per motivi connessi allo stato di salute, entro il limite di un eventuale massimale stabilito dalle legislazioni nazionali;

4) gli Stati membri hanno la facoltà di subordinare il diritto alla retribuzione o all’indennità di cui al punto 1) e al punto 2), lettera b), al fatto che la lavoratrice interessata soddisfi le condizioni previste dalle legislazioni nazionali per usufruire del diritto a tali vantaggi.

Tali condizioni non possono in alcun caso prevedere periodi di lavoro preliminare superiori a dodici mesi immediatamente prima della data presunta del parto».

La direttiva 96/34

6. La direttiva 96/34 attua l’accordo quadro sul congedo parentale concluso il 14 dicembre 1995 da organizzazioni interprofessionali a carattere generale (in prosieguo: l’«accordo quadro»).

7. Il preambolo dell’accordo quadro che figura in allegato alla direttiva 96/34 così recita:

«L’(...)accordo costituisce un impegno dell’UNICE, del CEEP e della CES a porre in atto prescrizioni minime sul congedo parentale e sull’assenza dal lavoro per cause di forza maggiore, inteso quale importante strumento per conciliare la vita professionale e quella familiare e per promuovere la parità di opportunità e di trattamento tra gli uomini e le donne».

8. La clausola 1 dell’accordo quadro, intitolata «Oggetto e campo d’applicazione», è del tenore seguente:

«1. Il presente accordo stabilisce prescrizioni minime volte ad agevolare la conciliazione delle responsabilità professionali e familiari dei genitori che lavorano.

2. Il presente accordo si applica a tutti i lavoratori, di ambo i sessi, aventi un contratto o un rapporto di lavoro definito dalla legge, da contratti collettivi o dalle prassi vigenti in ciascuno Stato membro».

9. La clausola 2 dell’accordo quadro, intitolata «Congedo parentale», dispone quanto segue:

«1. Fatta salva la clausola 2.2, il presente accordo attribuisce ai lavoratori, di ambo i sessi, il diritto individuale al congedo parentale per la nascita o l’adozione di un bambino, affinché possano averne cura per un periodo minimo di tre mesi fino a un’età non superiore a 8 anni determinato dagli Stati membri e/o dalle parti sociali.

(...)

3. Le condizioni di accesso e le modalità di applicazione del congedo parentale sono definite dalla legge e/o dai contratti collettivi negli Stati membri, nel rispetto delle prescrizioni minime del presente accordo (...).

(...)

5. Al termine del congedo parentale, il lavoratore ha diritto di ritornare allo stesso posto di lavoro o, qualora ciò non sia possibile, ad un lavoro equivalente o analogo che corrisponde al suo contratto o al suo rapporto di lavoro.

6. I diritti acquisiti o in via di acquisizione alla data di inizio del congedo parentale restano immutati fino alla fine del congedo [parentale] (...).

7. Gli Stati membri e/o le parti sociali definiscono le modalità del contratto o del rapporto di lavoro per il periodo del congedo parentale.

(...)».

10. La clausola 4.1 dell’accordo quadro prevede che gli Stati membri possono applicare o introdurre disposizioni più favorevoli di quelle previste nel presente accordo.



Il diritto finlandese



Le leggi applicabili

- La legge sui contratti di lavoro


11. Ai sensi del Capo 4, articolo 3, della legge sui contratti di lavoro [Työsopimuslaki (55/2001)], i lavoratori hanno diritto a un congedo parentale di educazione per potersi occupare di loro figlio, o di qualsiasi altro bambino con loro convivente in modo permanente, fintantoché questo non abbia compiuto il terzo anno di età.

12. Il Capo 4 di tale legge prevede, al suo articolo 8, che il datore di lavoro non ha l’obbligo di pagare la retribuzione al lavoratore per i periodi di congedi familiari.

- La legge sull’assicurazione malattia

13. Il Capo 9 della legge sull’assicurazione malattia [Sairausvakuutuslaki (1224/2004)] dispone, al suo articolo 1, primo comma, che l’assicurato ha diritto a indennità parentali giornaliere a condizione che abbia risieduto in Finlandia per almeno 180 giorni senza interruzione prima della data presunta del parto o prima dell’affidamento del figlio, ai sensi dell’articolo 11, all’assicurato.

14. Il Capo 9 di tale legge stabilisce, al suo articolo 3, che la durata del pagamento delle indennità di maternità sia di 105 giorni lavorativi.

15. Il predetto Capo 9 dispone, al suo articolo 8, primo comma, che il diritto ad un’indennità parentale nasce subito dopo la cessazione del pagamento delle indennità di maternità.

L’indennità parentale è concessa alla madre o al padre, secondo l’indicazione dei genitori.

I contratti collettivi applicabili

16. La Terveyspalvelualan Liitto ry e la TSN hanno stipulato un contratto collettivo per il periodo dal 1° febbraio 2010 al 31 dicembre 2011 (in prosieguo: il «contratto collettivo del settore sanitario»), applicabile tra le parti nella causa C-512/11.

17. L’articolo 21, paragrafo 3, del contratto collettivo del settore sanitario dispone che una lavoratrice ha diritto a 72 giorni di retribuzione piena a condizione di aver lavorato per almeno tre mesi senza interruzione prima dell’inizio del congedo. Se la lavoratrice prende un nuovo congedo di maternità durante uno dei congedi non retribuiti previsti da detto contratto, la retribuzione in esame non è pagata durante uno di tali congedi non retribuiti, salvo diversa disposizione di legge. Tuttavia, al termine di un tale congedo, e qualora il congedo di maternità non sia esaurito, la retribuzione a titolo del congedo di maternità è pagata per il periodo rimanente di quest’ultimo.

18. Dalla decisione di rinvio nella causa C-512/11 emerge che l’articolo 21 del contratto collettivo del settore sanitario è interpretato nel senso che, per beneficiare di una retribuzione durante un congedo di maternità, una lavoratrice deve passare direttamente dal lavoro o da un congedo retribuito al congedo di maternità.

19. La Teknologiateollisuus ry e l’Ylemmät Toimihenkilöt (YTN) ry hanno stipulato un contratto collettivo, in vigore per il periodo dal 2 luglio 2007 al 30 aprile 2010 (in prosieguo: il «contratto collettivo del settore dell’industria tecnologica»), applicabile tra le parti nella causa C-513/11.

20. L’articolo 8 del contratto collettivo del settore dell’industria tecnologica stabilisce, in particolare, quanto segue:

«La lavoratrice beneficia di un congedo di maternità per il periodo che si ritiene dia diritto ad assegni di maternità ai sensi della legge sull’assicurazione malattia. Durante il congedo di maternità, la retribuzione piena è pagata per tre mesi a condizione che il rapporto di lavoro sia durato almeno sei mesi consecutivi prima del parto».

21. Emerge dalla decisione di rinvio nella causa C-513/11, nonché dalle osservazioni sottoposte alla Corte dalla TSN e dalla Nokia Siemens, che l’articolo 8 del contratto collettivo del settore dell’industria tecnologica è costantemente stato applicato nel senso che una lavoratrice, per beneficiare di una retribuzione durante un congedo di maternità, deve passare direttamente dal lavoro o da un congedo retribuito al congedo di maternità.



Procedimenti principali e questione pregiudiziale



Il procedimento C-512/11




22. In seguito a un primo congedo di maternità, la sig.ra K., infermiera alle dipendenze della Mehiläinen Oy, una delle principali fornitrici di servizi sanitari e sociali in Finlandia, ha preso un congedo parentale di educazione non retribuito nel corso del periodo dal 7 gennaio 2010 all’11 aprile 2012.

23. Essendo di nuovo incinta, essa ha informato il suo datore di lavoro di voler interrompere il congedo parentale di educazione per prendere un nuovo congedo di maternità dal 9 aprile 2010.

24. La Mehiläinen ha accettato l’interruzione del congedo parentale di educazione, tuttavia ha rifiutato di pagare 72 giorni di indennità, corrispondenti alla sua retribuzione piena, durante tale secondo congedo di maternità, in quanto esso è iniziato quando la sig.ra K. era in congedo parentale di educazione non retribuito.



Il procedimento C-513/11




25. La sig.ra N., dipendente della Nokia Siemens, ha preso un congedo di maternità l’8 marzo 2008, seguito da un congedo parentale di educazione non retribuito nel corso del periodo dal 19 marzo 2009 al 4 aprile 2011.

26. Durante il 2010, essa ha comunicato al suo datore di lavoro di essere di nuovo incinta, di voler interrompere il suo congedo parentale di educazione non retribuito e di iniziare un congedo di maternità il 24 maggio 2010. La Nokia Siemens ha preso atto di tale comunicazione della sig.ra N. in merito all’interruzione del suo congedo parentale di educazione, tuttavia ha rifiutato il pagamento della sua retribuzione durante il congedo di maternità in quanto tale nuovo congedo di maternità era iniziato mentre l’interessata era in congedo parentale di educazione non retribuito.

27. Nelle due cause, le ricorrenti nei procedimenti principali hanno proposto dinanzi al työtuomioistuin un ricorso contro i rispettivi datori di lavoro delle sig.re K. e N., al fine di ottenere il risarcimento del danno che queste ultime ritenevano di aver subito in quanto vittime di un trattamento illegittimo.

28. Emerge dalle decisioni di rinvio che l’indennità giornaliera di maternità prevista dalla legge sull’assicurazione malattia, alla quale le sig.re K. e N. avevano diritto durante il loro congedo di maternità, corrispondeva ad un importo pari all’indennità giornaliera di malattia, mentre i loro datori di lavoro normalmente dovevano pagare loro la differenza tra tale indennità e la retribuzione prevista dai contratti collettivi nazionali.

29. Dalle decisioni di rinvio consegue che, secondo il työtuomioistuin, le direttive 92/85 e 2006/54 sollevano questioni di interpretazione che influiscono su quella dei contratti collettivi di cui trattasi nei procedimenti principali o sulla valutazione della loro validità. Altresì, il giudice del rinvio ritiene che la giurisprudenza della Corte non fornisca linee guida consolidate che consentano di valutare la situazione di una donna incinta o in congedo di maternità alla luce del divieto di discriminazione basata sul sesso.

30. Ciò premesso, il työtuomioistuin ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte, in sostanza, la medesima questione pregiudiziale seguente in entrambi i procedimenti principali:

«Se la direttiva 2006/54 (...) nonché la direttiva 92/85 (...) ostino alle disposizioni di un contratto collettivo nazionale, o all’interpretazione di tali disposizioni, nel senso che una lavoratrice che passa da un congedo [parentale] non retribuito ("hoitovapaa") a un congedo di maternità non beneficia, durante il congedo di maternità, del pagamento della retribuzione prevista dal contratto collettivo».

31. Con ordinanza del presidente della Corte del 17 novembre 2011, i procedimenti C-512/11 e C-513/11 sono stati riunite ai fini della fase orale e scritta del procedimento, nonché della sentenza.



Sulla questione pregiudiziale



32. Nell’ambito della procedura di cooperazione tra i giudici nazionali e la Corte, creata dall’articolo 267 TFUE, spetta a quest’ultima fornire al giudice nazionale una risposta utile che gli consenta di dirimere la controversia sottopostagli. In tale prospettiva, spetta alla Corte, se necessario, riformulare le questioni che le sono sottoposte. Infatti, la Corte ha il compito di interpretare tutte le disposizioni del diritto dell’Unione che possano essere utili ai giudici nazionali al fine di dirimere la controversia per cui sono stati aditi, anche qualora tali disposizioni non siano espressamente indicate nelle questioni ad essa sottoposte da detti giudici (v., segnatamente, sentenze dell’8 marzo 2007, Campina, C-45/06, Racc. pag. I-2089, punto 30; del 14 ottobre 2010, Fuß, C-243/09, Racc. pag. I-9849, punto 39, e del 30 maggio 2013, Worten, C-342/12, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 30).

33. Di conseguenza, benché formalmente il giudice del rinvio abbia limitato le sue questioni all’interpretazione delle sole disposizioni delle direttive 92/85 e 2006/54, la Corte può nondimeno fornirgli tutti gli elementi interpretativi del diritto dell’Unione che possono essere utili per definire le controversie di cui è investito, a prescindere dal fatto che il detto giudice vi abbia fatto riferimento o meno nel formulare le proprie questioni. A tal proposito, la Corte è tenuta a trarre dall’insieme degli elementi forniti dal giudice nazionale e, in particolare, dalla motivazione della decisione di rinvio gli elementi di detto diritto che richiedono un’interpretazione, tenuto conto dell’oggetto della controversia (v., per analogia, citate sentenze Fuß, punto 40, e Worten, punto 31).

34. Nel caso di specie, al fine di rispondere in modo utile alla questione sottoposta, occorre prendere in considerazione la direttiva 96/34 concernente l’accordo quadro e la messa in atto di misure per promuovere la parità di opportunità e di trattamento tra gli uomini e le donne, offrendo loro una possibilità di conciliare le loro responsabilità professionali con i loro impegni familiari, benché le decisioni di rinvio non menzionino esplicitamente tale direttiva.

35. Pertanto, la questione sottoposta dev’essere intesa come diretta, in sostanza, a sapere se la direttiva 96/34 debba essere interpretata nel senso che essa osta a una disposizione di diritto nazionale, quale quella prevista dai contratti collettivi di cui si discute nei procedimenti principali, ai sensi della quale una lavoratrice gestante, che ha interrotto un congedo parentale non retribuito ai sensi di tale direttiva per prendere, con effetto immediato, un congedo di maternità ai sensi della direttiva 92/85, non beneficia del mantenimento della retribuzione alla quale avrebbe diritto se tale congedo di maternità fosse stato preceduto da un periodo minimo di ripresa del lavoro.

36. In via preliminare, occorre ricordare che, benché l’articolo 11, punti 2 e 3, della direttiva 92/85 non implichi un obbligo di mantenere integralmente la retribuzione durante il congedo di maternità, il legislatore dell’Unione ha tuttavia voluto garantire che la lavoratrice fruisca, durante tale congedo, di un reddito di importo per lo meno equivalente a quello della prestazione prevista dalle normative previdenziali nazionali in caso di interruzione delle sue attività per motivi di salute (sentenza del 27 ottobre 1998, Boyle e a., C-411/96, Racc. pag. I-6401, punto 32).

37. Tuttavia, tale direttiva, che contiene un minimo di prescrizioni, non esclude affatto la facoltà degli Stati membri di garantire a dette lavoratrici una tutela più elevata, mantenendo o introducendo misure di tutela più favorevoli alle lavoratrici, a condizione che queste siano compatibili con le disposizioni del diritto dell’Unione (v., in tal senso, sentenza del 4 ottobre 2001, Jiménez Melgar, C-438/99, Racc. pag. I-6915, punto 37). Nessuna disposizione della direttiva 92/85 impedisce, dunque, agli Stati membri o, eventualmente, alle parti sociali di prevedere il mantenimento di tutti gli elementi della retribuzione ai quali la lavoratrice gestante aveva diritto prima della sua gravidanza e del suo congedo di maternità.

38. Per quanto concerne i diritti connessi con il congedo parentale previsto dalla direttiva 96/34, compreso quello con i congedi parentali non retribuiti, come quelli di cui trattasi nei procedimenti principali, occorre richiamare i due obiettivi distinti di tale direttiva. Da un lato, l’accordo quadro attuato dalla predetta direttiva costituisce un impegno delle parti sociali a mettere in atto, mediante un minimo di prescrizioni, misure per promuovere la parità di opportunità e di trattamento tra gli uomini e le donne, offrendo loro una possibilità di conciliare le loro responsabilità professionali con i loro impegni familiari (sentenze del 22 ottobre 2009, Meerts, C-116/08, Racc. pag. I-10063, punto 35, e del 16 settembre 2010, Chatzi, C-149/10, Racc. pag. I-8489, punto 56).

39. Dall’altro, detto accordo quadro consente ai neo-genitori di interrompere la loro attività professionale per dedicarsi alle loro responsabilità familiari, con la garanzia, sancita nella clausola 2, punto 5, di tale accordo, che ritorneranno al loro posto di lavoro o, qualora ciò non sia possibile, ad un lavoro equivalente o analogo che corrisponde al loro contratto o al loro rapporto di lavoro. La Corte ha ritenuto che tale disposizione imponesse il ritorno al posto di lavoro alle medesime condizioni esistenti al momento della fruizione di detto congedo, al termine di esso (v., in tal senso, sentenza del 20 giugno 2013, Riežniece, C-7/12, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 32).

40. Nel caso di specie, emerge dal fascicolo di cui dispone la Corte che, durante il loro primo congedo di maternità, le lavoratrici di cui trattasi nei procedimenti principali hanno avuto diritto, in virtù di contratti collettivi loro applicabili, al mantenimento della loro retribuzione, quanto meno durante un determinato periodo. Avendo successivamente preso un congedo parentale non retribuito, tali lavoratrici hanno interrotto tale congedo per prendere immediatamente un secondo congedo di maternità per il quale il diritto al mantenimento della loro retribuzione era stato loro rifiutato, poiché tale secondo congedo di maternità aveva interrotto un congedo parentale non retribuito e non era stato, quindi, preceduto da alcun periodo di ripresa del lavoro.

41. Ciò premesso, occorre esaminare in che misura il diritto dell’Unione consenta che la fruizione di detto congedo parentale sia tale da incidere sulle condizioni dell’esercizio del congedo di maternità che segue, per quanto concerne, in una causa come quelle in esame nei procedimenti principali, il mantenimento della retribuzione previsto dalle regole del diritto nazionale di cui trattasi.

42. Al riguardo, secondo una giurisprudenza costante un congedo garantito dal diritto dell’Unione non può pregiudicare il diritto di godere di un altro congedo garantito da tale diritto (sentenze del 14 aprile 2005, Commissione/Lussemburgo, C-519/03, Racc. pag. I-3067, punto 33; del 6 aprile 2006, Federatie Nederlandse Vakbeweging, C-124/05, Racc. pag. I-3423, punto 24, e del 20 settembre 2007, Kiiski, C-116/06, Racc. pag. I-7643, punto 56).

43. Come emerge dal fascicolo sottoposto alla Corte, le disposizioni in esame nei procedimenti principali non hanno impedito alle sig.re K. e N. di interrompere il loro congedo parentale non retribuito per prendere successivamente un congedo di maternità.

44. Tuttavia, le ricorrenti nei procedimenti principali affermano che gli interessi delle sig.re K. e N. sono stati pregiudicati in modo incompatibile con il diritto dell’Unione, posto che, utilizzando il loro diritto a tali due congedi distinti, tali lavoratrici sono state private del mantenimento della loro retribuzione previsto dai contratti collettivi in esame.

Infatti, il diritto al mantenimento della retribuzione sarebbe privato di significato dall’applicazione della condizione di essere tenuta a tornare a lavorare prima di iniziare un altro congedo di maternità.

45. Le convenute nei procedimenti principali ritengono che la disposizione controversa che figura in detti contratti collettivi sia diretta a tutelare le lavoratrici gestanti. Essa attenuerebbe gli inconvenienti economici derivanti dalla fruizione di un congedo di maternità e, così, privilegerebbe la tutela dei rapporti particolari tra la lavoratrice e suo figlio in seguito alla gravidanza e al parto.

46. La Commissione, da parte sua, sottolinea che le indennità di maternità previste durante il congedo di maternità delle lavoratrici di cui trattasi nei procedimenti principali rispondono ai requisiti minimi dell’articolo 11, punto 3, della direttiva 92/85.

47. Emerge dalla giurisprudenza ricordata ai punti 37 e 42 della presente sentenza che le modalità applicative di un regime, come quello di cui trattasi nei procedimenti principali, relativo alla retribuzione spettante ad una lavoratrice durante un congedo di maternità in virtù dell’articolo 11, punto 2, della direttiva 92/85, devono essere compatibili con le disposizioni del diritto dell’Unione, comprese quelle relative al congedo parentale.

48. Al riguardo, la scelta di una lavoratrice di esercitare il suo diritto a un congedo parentale non dovrebbe pregiudicare le condizioni di esercizio del suo diritto a prendere un altro congedo, nel caso di specie un congedo di maternità. Tuttavia, nei procedimenti principali, la fruizione di un congedo parentale non retribuito comporta obbligatoriamente, per una lavoratrice che ha bisogno di prendere un congedo di maternità immediatamente dopo detto congedo parentale, la perdita di una parte della sua retribuzione.

49. Orbene, l’effetto di una condizione come quella di cui trattasi nei procedimenti principali è di obbligare una lavoratrice, al momento dell’adozione della sua decisione di prendere un congedo parentale non retribuito, a rinunciare in anticipo a un congedo di maternità retribuito, come previsto dai contratti collettivi applicabili, qualora essa avesse bisogno di interrompere il suo congedo parentale per prendere immediatamente dopo un congedo di maternità. Di conseguenza, una lavoratrice sarebbe incitata a non prendere siffatto congedo parentale.

50. Ciò premesso e come già dichiarato dalla Corte, è necessario tenere in considerazione il fatto che un nuovo stato di gravidanza non costituisce sempre un evento prevedibile (v., in tal senso, citata sentenza Kiiski, punti 40 e 41). Ne consegue che una lavoratrice non è sempre in grado di stabilire, al momento della sua decisione di prendere un congedo parentale o all’inizio di tale medesimo congedo, se essa avrà bisogno, nel corso di questo, di prendere un congedo di maternità.

51. Si deve concludere che una condizione come quella di cui trattasi nei procedimenti principali ha l’effetto di dissuadere una lavoratrice dal prendere la decisione di esercitare il suo diritto ad un congedo parentale, tenuto conto dell’effetto che tale decisione potrebbe avere su un congedo di maternità che interviene nel corso di tale congedo parentale. Siffatta condizione pregiudica, dunque, l’effetto utile della direttiva 96/34.

52. Di conseguenza, occorre rispondere alla questione sollevata affermando che la direttiva 96/34 dev’essere interpretata nel senso che essa osta a una disposizione di diritto nazionale, come quella prevista dai contratti collettivi di cui trattasi nei procedimenti principali, in virtù della quale una lavoratrice gestante che interrompe un congedo parentale non retribuito ai sensi di tale direttiva per prendere, con effetto immediato, un congedo di maternità ai sensi della direttiva 92/85 non gode del mantenimento della retribuzione alla quale avrebbe avuto diritto se tale congedo di maternità fosse stato preceduto da un periodo minimo di ripresa del lavoro.



Sulle spese



53. Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.




P.Q.M.




La direttiva 96/34/CE del Consiglio, del 3 giugno 1996, concernente l’accordo quadro sul congedo parentale concluso dall’UNICE, dal CEEP e dalla CES, deve essere interpretata nel senso che osta ad una disposizione di diritto nazionale, come quella prevista dai contratti collettivi di cui trattasi nei procedimenti principali, in virtù della quale una lavoratrice gestante che interrompe un congedo parentale non retribuito ai sensi di tale direttiva per prendere, con effetto immediato, un congedo di maternità ai sensi della direttiva  92/85/CEE del Consiglio, del 19 ottobre 1992, concernente l’attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento (decima direttiva particolare ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE) non beneficia del mantenimento della retribuzione alla quale avrebbe avuto diritto se tale congedo di maternità fosse stato preceduto da un periodo minimo di ripresa del lavoro.


 

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