SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

15 settembre 2011 (*)

«Condizioni di lavoro – Direttiva 2003/88/CE – Organizzazione dell’orario di lavoro – Diritto alle ferie annuali – Piloti di linea»

 

Fonte: Sito web Eur-Lex

 

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Nel procedimento C‑155/10,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 267 TFUE, dalla Supreme Court of the United Kingdom, già House of Lords (Regno Unito), con decisione 24 marzo 2010, pervenuta in cancelleria il 2 aprile 2010, nella causa

Williams e altri

contro

British Airways plc,

LA CORTE (Prima Sezione),

composta dal sig. A. Tizzano, presidente di sezione, dai sigg. J.-J. Kasel, A. Borg Barthet, E. Levits (relatore), e dalla sig.ra M. Berger, giudici,

avvocato generale: sig.ra V. Trstenjak

cancelliere: sig.ra L. Hewlett, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 14 aprile 2011,

considerate le osservazioni presentate:

–        per la sig.ra Williams e a., dalla sig.ra J. McNeill, QC, e dal sig. M. Ford, barrister;

–        per la British Airways plc, dai sigg. C. Jeans e A. Short, QC;

–        per il governo danese, dalla sig.ra V. Pasternak Jørgensen e dal sig. C. Vang, in qualità di agenti;

–        per la Commissione europea, dal sig. M. van Beek e dalla sig.ra N. Yerrell, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 16 giugno 2011,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’art. 7 della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 4 novembre 2003, 2003/88/CE, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro (GU L 299, pag. 9), nonché sull’art. 3 dell’accordo allegato alla direttiva del Consiglio 27 novembre 2000, 2000/79/CE, relativa all’attuazione dell’accordo europeo sull’organizzazione dell’orario di lavoro del personale di volo nell’aviazione civile concluso da Association of European Airlines (AEA), European Transport Workers’ Federation (ETF), European Cockpit Association (ECA), European Regions Airline Association (ERA) e International Air Carrier Association (IACA) (GU L 302, pag. 57; in prosieguo: l’«accordo europeo»).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra alcuni dipendenti, ossia la sig.ra Williams e a., e il loro datore di lavoro, la British Airways plc (in prosieguo: la «British Airways»), in merito alle retribuzioni percepite nel corso delle loro ferie annuali retribuite.

Contesto normativo

La normativa dell’Unione

3        L’art. 7 della direttiva 2003/88, rubricato «Ferie annuali», dispone quanto segue:

«1. Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché ogni lavoratore benefici di ferie annuali retribuite di almeno 4 settimane, secondo le condizioni di ottenimento e di concessione previste dalle legislazioni e/o prassi nazionali.

2. Il periodo minimo di ferie annuali retribuite non può essere sostituito da un’indennità finanziaria, salvo in caso di fine del rapporto di lavoro».

4        L’art. 3 dell’accordo europeo così recita:

«1. Il personale di volo nell’aviazione civile ha diritto a ferie annuali retribuite di almeno quattro settimane, secondo le condizioni di ottenimento e di concessione previste dalle legislazioni e/o prassi nazionali.

2. Il periodo minimo di ferie annuali retribuite non può essere sostituito da un’indennità finanziaria, salvo in caso di fine del rapporto di lavoro».

La normativa nazionale

5        Il regolamento del 2004 relativo all’aviazione civile (orario di lavoro) [Civil Aviation (Working Time) Regulations 2004 (Statutory Instruments) 2004 n. 756], stabilisce quanto segue:

«4. (1) I membri dell’equipaggio di volo hanno diritto a ferie annuali retribuite di almeno quattro settimane o, in caso di un periodo di lavoro inferiore ad un anno, ad una quota proporzionalmente corrispondente alle quattro settimane.

(2) Le ferie cui hanno diritto i membri dell’equipaggio di volo ai sensi del presente articolo:

(a)       possono essere godute in diversi periodi;

(b)       non possono essere sostituite da un’indennità finanziaria, salvo in caso di fine del rapporto di lavoro del membro dell’equipaggio di volo».

6        A norma dell’art. 9 di tale regolamento, ogni datore di lavoro deve accertarsi che:

«(...) nel corso di qualsiasi mese

(a)       nessun dipendente presti attività quale membro dell’equipaggio di volo durante il suo orario di lavoro, qualora il monte ore di volo complessivo dell’interessato, nei dodici mesi che scadono al termine del mese precedente quello in questione, sia superiore alle 900 ore, e

(b)       nessun membro dell’equipaggio di volo dipendente abbia, nei dodici mesi che scadono al termine del mese precedente quello in questione, un numero totale di ore lavorate superiore alle 2 000 ore».

Causa principale e questioni pregiudiziali

7        La sig.ra Williams e gli altri ricorrenti sono piloti dipendenti della British Airways (in prosieguo: i «piloti»). Le condizioni del loro rapporto di lavoro sono negoziate con la British Airways dal sindacato dei piloti British Air Line Pilots Association. Tali condizioni sono contenute in un memorandum di Accordo (Memorandum of Agreement) del 1° aprile 2005 (in prosieguo: il «MOA»).

8        In base al MOA, la retribuzione dei piloti si compone di tre elementi. Il primo consiste in un importo annuo fisso, il secondo e il terzo sono pagamenti supplementari che variano a seconda, da una parte, delle ore di volo maturate, nel cui caso il supplemento equivale a GBP 10 per ora di volo prevista, e, dall’altra, del tempo trascorso fuori dalla base, ipotesi in cui il supplemento è pari a GBP 2,73 all’ora. Il supplemento in funzione delle ore di volo è considerato come retribuzione integralmente imponibile, mentre il supplemento per le ore passate fuori dalla base è considerato per l’82% come rimborso spese e solo per il 18% come retribuzione imponibile.

9        Il tempo passato in volo da un pilota dipende dalle rotte che gli sono attribuite e dai piani di volo. Secondo quanto affermato dalla Supreme Court of the United Kingdom, esso rappresenta, in genere, circa quindici giorni al mese.

10      A termini del MOA, l’importo da corrispondere per le ferie annuali retribuite si basa esclusivamente sul primo elemento della retribuzione, vale a dire sull’importo annuo fisso.

11      I piloti affermano che, secondo il diritto dell’Unione, l’importo corrisposto a titolo di ferie annuali deve essere basato sull’interezza della loro retribuzione, compresi i supplementi.

12      L’Employment Tribunal e l’Employment Appeal Tribunal hanno dato ragione ai ricorrenti. La Court of Appeal (England & Wales) (Civil Division), ha invece aderito all’opposta tesi della British Airways, statuendo che solo l’importo fisso annuo costituisce la retribuzione.

13      Il giudice del rinvio esprime dubbi in merito al senso dell’espressione «ferie annuali retribuite» ed alla portata della libertà lasciata alle legislazioni o alle prassi nazionali per determinare «le condizioni di ottenimento e di concessione di siffatte ferie».

14      In tali condizioni la Supreme Court of the United Kingdom ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)       Ai sensi (a) degli artt. 7 delle direttive [del Consiglio 23 novembre 1993], 93/104/CE, [concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro (GU L 307, pag. 18), come modificata dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 22 giugno 2000, 2000/34/CE (GU L 195, pag. 41), nonché] 2003/88 (…) e, (b), dell’art. 3 dell’accordo europeo (…)

a)      in che misura, eventualmente, il diritto [dell’Unione] definisca o stabilisca condizioni circa la natura o il livello dei pagamenti che devono essere effettuati per i periodi di ferie annuali retribuite;

b)      in che misura, eventualmente, gli Stati membri possano determinare le modalità di calcolo di detti pagamenti.

2)      In particolare, se sia sufficiente che, ai sensi del diritto, della prassi, degli accordi collettivi e delle modalità relative ai contratti convenute tra datori di lavoro e lavoratori, a livello nazionale, il pagamento effettuato consenta al lavoratore e gli renda appetibile la fruizione e il godimento, nel senso più pieno di tali termini, delle proprie ferie annuali e non comporti un rischio significativo che egli vi rinunci.

3)       Oppure, se sia necessario:

a)      che la retribuzione corrisponda con esattezza alla retribuzione «ordinaria» del lavoratore ovvero

b)      sia approssimativamente paragonabile a quest’ultima.

4)       In caso di soluzione affermativa della terza questione, sub a) o b), se la pertinente retribuzione paragonabile consista:

a)       nella retribuzione che il lavoratore avrebbe percepito nello specifico periodo di congedo se avesse lavorato invece di usufruire del congedo;

b)      nella retribuzione che percepiva in un altro periodo durante il quale lavorava, e, in tal caso, quale.

5)       Quali debbano essere i criteri di valutazione di una retribuzione “ordinaria” o “paragonabile” nei casi in cui:

a)      la retribuzione di un lavoratore in servizio sia incrementata qualora e nei limiti in cui egli svolga una particolare attività;

b)      esista un tetto annuale o un altro limite alla misura ovvero al periodo in cui il lavoratore possa svolgere detta attività e detto limite sia già stato superato o quasi, alla data in cui egli usufruisce delle proprie ferie annuali, cosicché al lavoratore non sarebbe stato di fatto consentito di impegnarsi in quell’attività se avesse lavorato invece di usufruire del congedo».

Sulle questioni pregiudiziali

15      Con le sue questioni, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede in sostanza alla Corte se dall’art. 7 della direttiva 2003/88 e dall’art. 3 dell’accordo europeo discendano indicazioni, e quali, in merito alla retribuzione cui ha diritto un pilota di linea durante le sue ferie annuali.

16      In via preliminare occorre rilevare che, da un lato, le direttive 2000/79 e 2003/88 perseguono il medesimo obiettivo di organizzare l’orario di lavoro per il bene della sicurezza e della salute dei lavoratori e che, dall’altro, la formulazione dell’art. 3 dell’accordo europeo, in sostanza, è identica all’art. 7 della direttiva 2003/88. Se ne evince che, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 43 delle conclusioni, i principi giurisprudenziali finora sviluppati dalla Corte in occasione dell’interpretazione di quest’ultima disposizione possono essere applicati all’art. 3 dell’accordo europeo. Orbene, l’interpretazione dell’art. 7 della direttiva 2003/88 deve essere svolta alla luce della sua formulazione e dell’obiettivo che quest’ultima si prefigge.

17      La formulazione dell’art. 7 della direttiva 2003/88 non fornisce alcuna esplicita indicazione quanto alla retribuzione cui ha diritto il lavoratore nel corso delle sue ferie annuali. Tuttavia, la giurisprudenza ha ricordato come dalla lettera stessa del n. 1 di tale articolo, norma alla quale tale direttiva non consente di derogare, risulti che tutti i lavoratori beneficiano di ferie annuali retribuite di almeno quattro settimane e che tale diritto alle ferie annuali retribuite deve essere considerato come un principio particolarmente importante del diritto sociale comunitario (v. sentenza 20 gennaio 2009, cause riunite C‑350/06 e C‑520/06, Schultz-Hoff e a., Racc. pag. I‑179, punti 22 e 54 e giurisprudenza citata).

18      Il diritto a un siffatto periodo annuale di ferie retribuite è peraltro espressamente sancito all’art. 31, n. 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, cui l’art. 6, n. 1, TUE riconosce il medesimo valore giuridico dei trattati.

19      In tale contesto, la Corte ha già avuto occasione di precisare che l’espressione «ferie annuali retribuite» di cui all’art. 7, n. 1, della direttiva 2003/88 significa che, per la durata delle «ferie annuali» ai sensi di tale direttiva, la retribuzione deve essere mantenuta; in altre parole, il lavoratore deve percepire la retribuzione ordinaria per tale periodo di riposo (v. sentenza 16 marzo 2006, cause riunite C‑131/04 e C‑257/04, Robinson-Steele e a., Racc. pag. I‑2531, punto 50, nonché Schultz-Hoff e a., cit., punto 58).

20      Infatti, l’obbligo di monetizzare queste ferie è volto a mettere il lavoratore, in occasione della fruizione delle stesse, in una situazione che, a livello retributivo, sia paragonabile ai periodi di lavoro (v. cit. sentenze Robinson-Steele e a., punto 58, nonché Schultz-Hoff e a., punto 60).

21      Come precisato dall’avvocato generale al paragrafo 90 delle conclusioni, da quanto precede si deduce che la retribuzione delle ferie annuali deve essere calcolata, in linea di principio, in modo tale da coincidere con la retribuzione ordinaria del lavoratore. Da quanto sopra si evince inoltre che un’indennità determinata ad un livello appena sufficiente ad evitare un serio rischio che il lavoratore non prenda le sue ferie non soddisfa le prescrizioni del diritto dell’Unione.

22      Orbene, quando la retribuzione percepita dal lavoratore è composta di diversi elementi, per determinare tale retribuzione ordinaria e, di conseguenza, l’importo cui ha diritto il lavoratore durante le ferie annuali, è necessario svolgere un’analisi specifica. Questo tipo di situazione si verifica nel caso della retribuzione di un pilota di linea in qualità di membro del personale di volo di una compagnia di trasporto aereo. Detta retribuzione è strutturata in un importo fisso annuo e in supplementi variabili correlati al tempo trascorso in volo e al tempo passato all’esterno della base.

23      In proposito occorre dichiarare che, sebbene la struttura della retribuzione ordinaria di un lavoratore di per sé ricada nelle disposizioni e prassi disciplinate dal diritto degli Stati membri, essa non può incidere sul diritto del lavoratore, ricordato al punto 19 di questa sentenza, di godere, nel corso del suo periodo di riposo e di distensione, di condizioni economiche paragonabili a quelle relative all’esercizio del suo lavoro.

24      Pertanto, qualsiasi incomodo intrinsecamente collegato all’esecuzione delle mansioni che il lavoratore è tenuto ad espletare in forza del suo contratto di lavoro e che viene compensato tramite un importo pecuniario incluso nel calcolo della retribuzione complessiva del lavoratore, come il tempo trascorso in volo per i piloti di linea, deve obbligatoriamente essere preso in considerazione ai fini dell’ammontare che spetta al lavoratore durante le sue ferie annuali.

25      All’opposto, gli elementi della retribuzione complessiva del lavoratore diretti esclusivamente a coprire spese occasionali o accessorie che sopravvengano in occasione dell’espletamento delle mansioni che incombono al lavoratore in ossequio al suo contratto di lavoro, come le spese connesse al tempo che i piloti sono costretti a trascorrere fuori dalla base, non devono essere presi in considerazione nel calcolo dell’importo da versare durante le ferie annuali.

26      A questo riguardo, è compito del giudice nazionale valutare il nesso intrinseco che intercorre tra, da una parte, i vari elementi che compongono la retribuzione complessiva del lavoratore e, dall’altra, l’espletamento delle mansioni ad esso affidate in ossequio al suo contratto di lavoro. Questa valutazione deve essere svolta in funzione di una media su un periodo di riferimento giudicato rappresentativo e alla luce del principio sviluppato dalla suesposta giurisprudenza secondo cui la direttiva 2003/88 tratta il diritto alle ferie annuali e quello all’ottenimento di un pagamento a tal titolo come due aspetti di un unico diritto (v. citate sentenze Robinson-Steele e a., punto 58 e Schultz-Hoff, punto 60).

27      Ciò precisato, occorre ancora ricordare che la Corte ha già statuito che una dipendente che presta servizio come responsabile di cabina per una compagnia aerea e che, a causa della sua gravidanza, sia temporaneamente assegnata ad un posto a terra, nel corso dell’assegnazione temporanea aveva diritto non solo al mantenimento del suo stipendio di base, bensì anche agli elementi della retribuzione o alle integrazioni che si collegano al suo status professionale. Pertanto, le integrazioni collegate alla sua qualità di superiore gerarchico, alla sua anzianità e alle sue qualifiche professionali dovevano essere mantenute (v., in questo senso, sentenza 1° luglio 2010, causa C‑471/08, Parviainen, Racc. pag. I‑6533, punto 73). Tale giurisprudenza si applica anche ad una lavoratrice incinta dispensata dal servizio (sentenza 1° luglio 2010, causa C‑194/08, Gassmayr, Racc. pag. I‑6281, punto 65).

28      Di conseguenza, oltre agli elementi della retribuzione complessiva rilevati al punto 24 di questa sentenza, tutti quelli correlati allo status personale e professionale del pilota di linea devono essere mantenuti durante le ferie annuali retribuite di tale lavoratore.

29      Infine, rimane da precisare che tanto la direttiva 2003/88 quanto l’accordo europeo prevedono solamente una tutela minima del diritto alla retribuzione delle lavoratrici e dei lavoratori durante le ferie annuali.

30      Pertanto, nessuna disposizione del diritto dell’Unione osta a che gli Stati membri, oppure, se del caso, le parti sociali, si spingano oltre la tutela minima del lavoratore, garantita dalla normativa dell’Unione, e prevedano il mantenimento di tutti gli elementi della retribuzione complessiva che gli spettano durante il periodo di lavoro (v., in questo senso, sentenza Parviainen, cit., punto 63).

31      Alla luce di tutte le considerazioni sin qui svolte, occorre risolvere le questioni sottoposte dichiarando che l’art. 7 della direttiva 2003/88 e l’art. 3 dell’accordo europeo devono essere interpretati nel senso che un pilota di linea, durante le sue ferie annuali, ha diritto non solo al mantenimento del suo stipendio di base, bensì anche, da un lato, a tutti gli elementi intrinsecamente connessi all’espletamento delle mansioni che gli incombono in forza del suo contratto di lavoro e che sono compensati tramite un importo pecuniario incluso nel calcolo della sua retribuzione complessiva e, dall’altro, a tutti gli elementi collegati allo status personale e professionale del pilota di linea. È compito del giudice nazionale valutare se i diversi elementi che compongono la retribuzione complessiva di tale lavoratore rispondano a detti criteri.

Sulle spese

32      Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:

L’art. 7 della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 4 novembre 2003, 2003/88/CE, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro, nonché l’art. 3 dell’accordo allegato alla direttiva del Consiglio 27 novembre 2000, 2000/79/CE, relativa all’attuazione dell’accordo europeo sull’organizzazione dell’orario di lavoro del personale di volo nell’aviazione civile concluso da Association of European Airlines (AEA), European Transport Workers’ Federation (ETF), European Cockpit Association (ECA), European Regions Airline Association (ERA) e International Air Carrier Association (IACA), devono essere interpretati nel senso che un pilota di linea, durante le sue ferie annuali, ha diritto non solo al mantenimento del suo stipendio di base, bensì anche, da un lato, a tutti gli elementi intrinsecamente connessi all’espletamento delle mansioni che gli incombono in forza del suo contratto di lavoro e che sono compensati tramite un importo pecuniario incluso nel calcolo della sua retribuzione complessiva e, dall’altro, a tutti gli elementi collegati allo status personale e professionale del pilota di linea.

È compito del giudice nazionale valutare se i diversi elementi che compongono la retribuzione complessiva di tale lavoratore rispondano a detti criteri.

(*)Lingua processuale l'inglese



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