Cassazione Civile, 17 gennaio 2014, n. 899 - Addetti alla vigilanza privata e cinture di sicurezza: esenzione prevista dal codice della strada e rapporto con l'art. 2087 c.c.



L'art. 172 del codice della strada è una disposizione di ordine speciale tesa a regolare una specifica attività lavorativa "pericolosa" in ordine al rispetto dell'obbligo di indossare le cinture di sicurezza in una logica di bilanciamento con evidenti interessi di altra natura, come il consentire una più pronta reazione degli addetti alla vigilanza anche nel loro stesso interesse nel caso di attacchi al furgone o al mezzo vigilato.
Tale normativa prevale sull'obbligo generale di cui all'art. 2087 c.c. per lo meno circa il punto specifico delle cinture di sicurezza non avendo alcun senso che l'ordinamento da un lato obblighi il datore di lavoro a far indossare ai suoi dipendenti le cinture e contemporaneamente lo esenti da tale obbligo. L'esenzione infatti è prevista proprio allo scopo di tutelare la salute e la sicurezza del lavoratore in connessione con la specifica attività svolta.


 

Fatto

 


G.M. adiva il Tribunale di Genova esponendo di aver subito un incidente stradale mentre, come dipendente della M. Città di Genova Istituto di vigilanza privata spa, viaggiava su un furgone blindato addetto al trasporto valori; l'autista del mezzo- imboccata una galleria ad una sola corsia- si rendeva conto del procedere di autovetture in senso contrario e, per evitare l'impatto, sterzava bruscamente provocando il rovesciamento del mezzo. Sopraggiungeva un'ambulanza chiamata per prestare i dovuti soccorsi che a sua volta finiva con il collidere con il mezzo in cui si trovava il ricorrente. Il ricorrente allegava di aver subito gravi lesioni dall'evento e di aver riportato una invalidità permanente nella misura del 33%. La M. Città di Genova Istituto di vigilanza spa chiamava in giudizio e manleva C.M. conducente del mezzo blindato e la F. assicurazioni. C.M. a sua volta chiamava in giudizio la società assicuratrice e la società che aveva costruito il mezzo blindato, la società proprietaria dell'autoambulanza, la società assicuratrice della stessa per la responsabilità civile e il conducente di quest'ultima. Il Tribunale di Genova con sentenza n. 805/2006 rigettava la domanda. Osservava che non era emersa alcuna responsabilità ex art. 2087 c.c. in quanto l'incidente si era verificato per la condotta di guida dell'autista del furgone; in relazione alle lesioni riportate dal G. il reato non era punibile d'ufficio e quindi il datore di lavoro non rispondeva dei danni cagionati dai dipendenti nell'esercizio delle loro mansioni ex art. 10 TU 1124/1965.

La Corte di appello di Genova con sentenza del 22.12.2009 rigettava l'appello del G. La Corte territoriale osserva che la domanda era stata proposta ex art. 2087 c.c. e che nel caso in esame il ricorrente lamentava di non essere stato munito di cinture di sicurezza, ma che dall'uso di cinture sono esentati gli appartenenti ai servizi di vigilanza privata dallo stesso codice della strada; inoltre il mezzo era stato regolarmente omologato. Ancora osservava che il ricorrente, mentre nel ricorso aveva dedotto che si trovava nel vano chiuso blindato, nel corso delle dichiarazioni rese in giudizio aveva affermato di essersi trovato nel sedile posteriore (e non nello spazio retrostante ove si trovavano i valori). Nel vano posteriore non dovevano esserci persone del servizio di vigilanza e quindi non era necessario munirlo di cinture. Non emergevano altri profili di responsabilità del datore di lavoro, posto che era emerso che il furgone era stato di recente revisionato. Ulteriori profili di responsabilità ex art. 2049 e 2054 c.c. erano stati tardivamente sollevati.

Per la cassazione di tale decisione propone ricorso il G. con un motivo.

Resistono la F. spa con controricorso (che ha depositato anche memoria difensiva ex art. 378 c.p.c. ed ha proposto ricorso incidentale condizionato con un motivo); la M. Assicurazioni s.p.a. con controricorso; la R. s.r.l. con controricorso la spa A. con controricorso ; la Compagnia assicurazione F. spa con controricorso.

Le altre parti sono rimaste intimate.



Diritto




Vanno preliminarmente riuniti i ricorsi in quanto proposti avverso la medesima sentenza.

Con l'unico motivo proposto il G. allega la violazione dell'art. 2087 c.c. Il ricorrente aveva precisato nell'interrogatorio che si trovava nella cabina di guida. Per tutti i lavoratori sussiste l'obbligo delle cinture di sicurezza ex art. 2087 c.c. che prevale sul codice della strada e che obbliga il datore di lavoro ad adottare tutte le cautele necessarie per salvaguardare la salute e la sicurezza dei dipendenti, nella fattispecie omesse.

Il motivo appare infondato. In primo luogo va osservato che la motivazione sul punto oggetto di doglianza è stata duplice: avendo la Corte territoriale rilevato che non è neppure sicura la posizione in cui si trovava il ricorrente al momento dell'incidente essendosi affermato nel ricorso introduttivo che il G. si trovava nel vano chiuso blindato ove non ci dovevano essere persone e che, quindi, non era stato munito di cinture di sicurezza. Nel motivo si allega che il ricorrente avrebbe poi precisato nel corso del processo la sua esatta situazione, ma non si vede perché tra una versione fornita in ricorso, e quindi frutto di una ricostruzione attenta dei fatti operata dall'interessato con il suo difensore, e quella offerta nel corso del giudizio debba prevalere la seconda, che semmai può essere dipesa da una correzione di rotta alla luce delle difese avanzate dalle numerose controparti. Se si opta, come appare preferibile, per la ricostruzione del ricorso della dinamica dei fatti non emerge alcuna responsabilità del datore di lavoro che non poteva munire di cinture di sicurezza un vano ove non doveva sistemarsi il personale, posto che non è stata offerta alcuna prova che nel sedersi nel vano posteriore il G. abbia ottemperato ad un ordine del datore di lavoro o di suoi superiori visto che, a tutt'oggi, lo stesso G. sostiene al momento dell'incidente si trovava altrove. La Corte di appello ha quindi vagliato anche la responsabilità del datore di lavoro ove si accedesse alla ricostruzione dell'incidente poi prospettata dal G. e cioè che al momento del sinistro si trovasse nel vano guida, ed ha ricordato che l'art. 172 n. 3 lettera c) del codice della strada esenta dall'uso di cintura di sicurezza gli appartenenti a servizi di vigilanza privata che effettuano scorte. La tesi di parte ricorrente secondo cui questa norma avrebbe una incidenza solo nella limitata dimensione della circolazione stradale ma non esenterebbe il datore di lavoro dagli obblighi derivanti dall'art. 2087 c.c. appare infondata posto che l'art. 172 è chiaramente una disposizione di ordine speciale tesa a regolare una specifica attività lavorativa "pericolosa" in ordine al rispetto dell'obbligo di indossare le cinture di sicurezza in una logica di bilanciamento con evidenti interessi di altra natura, come il consentire una più pronta reazione degli addetti alla vigilanza anche nel loro stesso interesse nel caso di attacchi al furgone o al mezzo vigilato. Tale normativa prevale sull'obbligo generale di cui all'art. 2087 c.c. per lo meno circa il punto specifico delle cinture di sicurezza non avendo alcun senso che l'ordinamento da un lato obblighi il datore di lavoro a far indossare ai suoi dipendenti le cinture e contemporaneamente lo esenti da tale obbligo. La motivazione pertanto appare congrua, logicamente coerente e corretta perché al quesito posto a pag. XVII del ricorso si deve dare una riposta positiva nel senso che la disposizione prima ricordata del codice della strada prevale, in ordine al punto dell'esenzione dall'obbligo di indossare le cinture di sicurezza per gli addetti a servizi di vigilanza, sui doveri di cui all'art. 2087 c.c., essendo l'esenzione prevista stata predisposta proprio allo scopo di tutelare la salute e la sicurezza del lavoratore in connessione con la specifica attività svolta.

Il ricorso incidentale della F. espressamente definito come condizionato all'accoglimento del ricorso principale va dichiarato assorbito. Le spese di lite tra tutte le parti costituite vanno compensate alla luce della complessa problematica affrontata.



P.Q.M.





Riunisce i ricorsi. Rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito incidentale. Compensa tra tutte le parti costituite le spese del giudizio di legittimità.