Cassazione Civile, Sez. Lav., 28 aprile 2014, n. 9359  - Indennità per inabilità assoluta temporanea e postumi





 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. STILE Paolo - Presidente -
Dott. MAISANO Giulio - rel. Consigliere -
Dott. BERRINO Umberto - Consigliere -
Dott. DORONZO Adriana - Consigliere -
Dott. ARIENZO Rosa - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza


sul ricorso 849-2008 proposto da:
I.P. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CARLO POMA 2, presso lo studio dell'avvocato ASSENNATO GIUSEPPE SANTE, che la rappresenta e difende, giusta delega in atti;
- ricorrente -
contro I.N.A.I.L - ISTITUTO NAZIONALE PER L'ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144, presso lo studio degli avvocati LA PECCERELLA LUIGI, PUGLISI LUCIA, che lo rappresentano e difendono giusta procura speciale notarile in atti;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 1967/2006 della CORTE D'APPELLO di BARI, depositata il 27/12/2006 R.G.N. 1267/2003;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 25/02/2014 dal Consigliere Dott. GIULIO MAISANO;
udito l'Avvocato ASSENNATO GIUSEPPE SANTE;
udito l'Avvocato PUGLISI LUCIA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. GIACALONE Giovanni che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto


Con sentenza del 27 dicembre 2006 la Corte d'appello di Bari ha dichiarato inammissibile l'appello proposto da I.P. avverso la sentenza del Tribunale di Bari del 13 maggio 2002 con la quale era stata rigettata, per intervenuta prescrizione del diritto azionato, la domanda da lei proposta nei confronti dell'INAIL per ottenere il riconoscimento in suo favore dell'indennità conseguente ad infortunio in occasione di lavoro occorsole in data 8 febbraio 1994.

La Corte territoriale ha motivato tale pronuncia di inammissibilità ritenendo che la domanda di costituzione di rendita per postumi permanenti proposta in appello non era stata formulata in primo grado ove la domanda era limitata al riconoscimento dell'indennità per inabilità assoluta temporanea.

La I. propone ricorso per cassazione avverso tale sentenza affidato a due motivi.

L'INAIL resiste con controricorso. La ricorrente ha presentato memoria.


Diritto


Con il primo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione dell'art. 1362 c.c. e segg., D.P.R. n. 1124 del 1965, art. 2 e artt. 112, 345 e 434 cod. proc. civ.; motivazione insufficiente e contraddittoria ex art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5. In particolare si deduce che la domanda di riconoscimento di postumi di invalidità permanente sarebbe stata ritualmente proposta e coltivata nel giudizio di primo grado.

Con il secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 1124 del 1965, artt. 2, 11 e 112 artt. 112 e 434 cod. proc. civ.; motivazione insufficiente e contraddittoria ex art. 360 c.p.c., n. 3, 4 e 5. In particolare si assume che la Corte d'appello, ritenuto ammissibile il gravame, avrebbe dovuto esaminare il motivo di appello relativo alla ritenuta prescrizione del diritto, considerando insussistente tale prescrizione in quanto il diritto alla prestazione da parte dell'INAIL si prescrive nel termine di tre anni accresciuto di 150 giorni dalla domanda amministrativa, per cui alla data di deposito del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado (4 luglio 1997) non sarebbe trascorso il termine di tre anni più 150 giorni dal giorno dell'infortunio (8 febbraio 1994).

Il primo motivo è infondato.

Per costante giurisprudenza, la regola del rito del lavoro contenuta nell'art. 437 c.p.c., comma 2, che vieta di proporre in appello una domanda nuova e diversa da quella fatta valere in primo grado, si verifica allorquando la causa petendi dedotta, essendo fondata su elementi e circostanze non prospettati in precedenza, importi il mutamento dei fatti costitutivi del diritto azionato in giudizio ed introduca nel processo un nuovo tema di indagine che alteri l'oggetto sostanziale dell'azione ed i termini della controversia; non è dunque consentito addurre in grado d'appello, a sostegno della propria pretesa, fatti diversi da quelli allegati in primo grado, anche quando il bene richiesto rimanga immutato. In relazione a tale principio, non può avere alcuna rilevanza il fatto dedotto dalla ricorrente, secondo cui, in osservanza del D.P.R. n. 1124 del 1965, art. 53 in presenza di una denuncia di infortunio sul lavoro, si attiva d'ufficio il procedimento volto al riconoscimento delle indennità previste dalla legge a carico dell'INAIL. Tale principio presuppone pur sempre l'allegazione e la dimostrazione dei fatti costitutivi della fattispecie normativa in questione, soggetta ai limiti e alle preclusioni propri del processo del lavoro. Orbene, nel caso in esame, il fatto dedotto in primo grado, così come interpretato dal giudice di merito, è costituito da un'invalidità temporanea che da luogo alla relativa indennità, e non alla diversa invalidità permanente che da luogo alla rendita in questione.

D'altra parte l'interpretazione della domanda e l'apprezzamento della sua ampiezza, oltre che del suo contenuto, un tipico apprezzamento di fatto riservato al giudice del merito, e, pertanto, insindacabile in sede di legittimità, se non sotto il profilo dell'esistenza, sufficienza e logicità della motivazione (per tutte Cass. 6 ottobre 2005, n. 19475). Nel caso in esame il giudice dell'appello ha congruamente e logicamente motivato la propria interpretazione della domanda iniziale dell'attuale ricorrente, prendendo in considerazione anche il quesito formulato al Consulente tecnico d'ufficio. Del tutto irrilevanti, ai fini in esame, sono le deduzioni della ricorrente riguardo alle conclusioni a cui è pervenuto il CTU che, per ipotesi, ha considerato sussistente un'invalidità permanente.

Il secondo motivo resta assorbito.

Nulla si dispone sulle spese in quanto il nuovo testo dell'art. 152 disp. att. cod. proc. civ., contenuto nel D.L. n. 269 del 2003, art. 42, punto 11 che nei giudizi promossi per ottenere prestazioni previdenziali limita ai cittadini aventi un reddito inferiore a un importo prestabilito il beneficio del divieto di condanna del soccombente al pagamento delle spese processuali, non si applica ai procedimenti incardinati prima dell'entrata in vigore del relativo provvedimento legislativo.



P.Q.M.

La Corte di Cassazione rigetta il ricorso; Nulla sulle spese.

Così deciso in Roma, il 25 febbraio 2014.

Depositato in Cancelleria il 28 aprile 2014