Categoria: Giurisprudenza amministrativa (CdS, TAR)
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Consiglio di Stato, Sez. 4, 14 maggio 2014, n. 2464 - Professionalità richieste per l’affidamento del servizio di prevenzione e protezione


 

 

 

Presidente Giaccardi – Estensore Forlenza

Fatto

 


Con l’appello in esame, l’ing. M.I.A. impugna la sentenza 17 novembre 2010 n. 2671, con la quale il TAR per la Puglia, sede di Lecce, in accoglimento dei ricorso e dei motivi aggiunti proposti dall’Ordine degli architetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori della Provincia di Lecce ed altri, ha annullato tutti gli atti della procedura avviata dalla Corte d’Appello di Lecce, per l’affidamento del servizio di prevenzione e protezione presso gli uffici giudiziari del distretto (a partire dalla lettera di invito 15 marzo 2010 e fino al verbale 12 maggio 2010).
L’oggetto della controversia è costituito dalla previsione – per la partecipazione alla gara per la individuazione delle figure dei responsabili della salute e della sicurezza sul lavoro, ai sensi del d. lgs. n. 81/2008 – del diploma di laurea in ingegneria (clausola limitativa di cui si sono doluti i ricorrenti in I grado), oltre alla capacità e ai requisiti professionali di cui all’art. 32 d. lgs. n. 81/2008.
La sentenza appellata, in particolare, dispone:
- la prestazione oggetto della procedura di gara rientra tra gli “altri servizi”, di cui all’allegato IIB d. lgs. n. 163/2006, in quanto essa non può essere strettamente riportata alla definizione di “servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria, anche integrata”, poiché tale servizio può “essere assicurato da soggetti anche non in possesso delle competenze tecniche degli ingegnieri e degli architetti, in virtù di una indubbia caratterizzazione in termini di autonomia che ne impedisce la completa attrazione all’interno delle caratteristiche sostanziali delle prestazioni rese dalle due categorie professionali”;
- ai sensi dell’art. 32 d. lgs. n. 81/2008, non sussiste “un particolare riconoscimento della caratterizzazione professionale dei soggetti in possesso della laurea in ingegneria, ai fini della nomina a responsabili dei servizi di prevenzione e protezione”, essendo previsto “solo l’esenzione dall’obbligo di munirsi dell’attestato di frequenza del corso professionalizzante, in maniera non dissimile da quanto previsto con riferimento ad altre lauree, come quella in architettura”;
- da quanto esposto consegue che “il potere discrezionale riconosciuto alla stazione appaltante nella previsione dei requisiti di partecipazione alla procedura . . . non poteva certo attribuire valore dirimente ed esclusivo al possesso della laurea in ingegneria”, alla luce della presenza nel settore di altri professionisti, come gli architetti, da ritenersi caratterizzati da una professionalità analoga a quella degli ingegneri;
- nella procedura in oggetto, “è sostanzialmente mancato proprio l’accertamento della necessità di una specifica e concreta esperienza nel settore della prevenzione e sicurezza del lavoro superiore rispetto a quella che, nella sistematica normativa, è posseduta indifferentemente da soggetti in possesso della laurea in ingegneria, in architettura o anche da soggetti non in possesso di laurea che abbiano maturato un percorso professionale caratterizzante”. Ciò ha determinato il mancato rispetto dei principi generali di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità, di cui all’art. 27, co. 1, d. lgs. n. 163/2006, applicabile nel caso di specie.
Avverso tale decisione, vengono proposti i seguenti motivi di appello (come desumibili dalle pagg. 7 – 18 del relativo ricorso):
a) error in iudicando, poiché, non essendo la Corte d'appello di Lecce tra le Autorità Governative centrali, “emerge con assoluta certezza che la soglia di applicazione della disciplina comunitaria, per gli appalti analoghi a quello in questione, scatterebbe esclusivamente per quelli aventi un valore pari o superiore a Euro 211.000,00” (ora 193.000,00, ai sensi del Reg. CE n. 1177/2009); da ciò discende la legittimità dell’affidamento dell’appalto secondo le previsioni di cui all’art. 125, co. 1, lett. b), d. lgs. n. 163/2006;
b) error in iudicando, poiché la sentenza impugnata, nel rilevare un “distorto esercizio del potere discrezionale riconosciuto alla stazione appaltante”, nella misura in cui sarebbe stato attribuito “valore dirimente ed esclusivo al possesso della laurea in ingegneria”, ha trascurato che “la procedura di gara de qua, configurandosi come una acquisizione in economia e, in particolare, come cottimo fiduciario, è sottoposta ratione valoris a specifiche e particolari regole che la sottraggono ad una rigida evidenza pubblica e la sottopongono, invece, ad un regime concorrenziale attenuato”. In tal senso, l’art. 125 d. lgs. n. 163/2006, riconosce alle stazioni appaltanti “un ambito operativo entro il quale procedere alla scelta del contraente sulla base di un criterio fiduciario più o meno ampio”, individuando un limite esterno (indagine di mercato con consultazione di almeno 5 operatori); ed un limite interno (selezione del miglior prestatore e dell’offerta economicamente più vantaggiosa secondo criteri di trasparenza e imparzialità). Ne consegue che, in tale ultimo ambito, deve essere riconosciuto alle stazioni appaltanti un potere discrezionale di individuare quelle categorie professionali che, garantendo i limiti minimi di capacità fissati dalla legge, possono assicurare anche livelli ulteriori di capacità;
c) error in iudicando, poiché anche in ragione del d. lgs. n. 81/2008, “gli Uffici giudiziari erano vincolati esclusivamente alla scelta di operatori in possesso dell’abilitazione ivi prescritta ovvero in possesso di titoli sostitutivi della medesima; sicchè, rispettato tale limite legale, nessuna norma imponeva di selezionare gli operatori sulla base di determinati criteri professionali, lasciando tale profilo alla più ampia discrezionalità della stazione appaltante”;
d) error in iudicando, poiché gli atti della procedura di gara non hanno affatto dato esclusivo rilievo al possesso della laurea in ingegneria, posto che l’art. 10, co. 2 del Capitolato d’oneri richiedeva anche una “documentata formazione professionale nel settore della sicurezza” nonché una “documentata esperienza in analoga posizione”.
Si è costituito in giudizio il ministero della Giustizia, che ha aderito all’appello principale ed ha proposto appello incidentale, proponendo i seguenti motivi di gravame:
g) violazione e falsa applicazione artt. 125 e 27 d. lgs. n. 163/2006, nonché art. 32 d. lgs. n. 81/2008; illogicità della sentenza; ciò in quanto, ferma la legittimità del ricorso al cottimo fiduciario, l’art. 32 cit., “nel prevedere i requisiti professionali e le capacità richieste, senza peraltro individuare precisi titoli di studio, lascia all’amministrazione un’ampia area di valutazione discrezionale circa la scelta dei requisiti professionali da richiedere ai soggetti fra i quali operare la selezione per l’affidamento dell’incarico”. Inoltre, il requisito della laurea in ingegneria è “ulteriore rispetto a quello della pregressa esperienza specifica e del possesso dei requisiti professionali”.
Si è costituito in giudizio l’Ordine degli architetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori della Provincia di Lecce, che ha concluso per il rigetto dell’appello, stante la sua infondatezza.
Con ordinanza 1 marzo 2011 n. 948, questa Sezione, in accoglimento della proposta istanza cautelare, ha sospeso l’esecutività della sentenza impugnata.
Dopo il deposito di ulteriori memorie, all’udienza di trattazione la causa è stata riservata in decisione.

Diritto


L’appello principale e l’appello incidentale sono fondati e devono essere accolti, con conseguente riforma della sentenza impugnata.
Risultano, infatti, fondati, nei sensi di seguito esposti, il secondo, terzo e quarto motivo dell’appello principale (sub lett. b, c, d dell’esposizione in fatto) ed il motivo dell’appello incidentale (sub g) dell’esposizione in fatto).
Questa Sezione, nel pronunciarsi in sede cautelare sulla presente controversia (e riformando una ordinanza di accoglimento di misure cautelari proposta in I grado), con ordinanza 29 luglio 2010 n. 3680, ha avuto modo di affermare che:
“visto l’art. 32 del D.Lgs. 9/4/08 n. 81, recante capacità e requisiti professionali degli addetti e dei responsabili dei servizi di prevenzione e protezione interni ed esterni;
considerato che il co.2 del citato articolo 32 prevede in linea di massima i requisiti professionali e le capacità richieste, senza peraltro individuare precisi titoli di studio;
ritenuto che, in tale situazione, nel rispetto dei principi previsti, permanga all’’Amministrazione un’area di valutazione discrezionale circa la scelta dei requisiti professionali da richiedere ai soggetti fra i quali operare la selezione per l’affidamento dell’incarico in questione”.
Il Collegio non ritiene di doversi discostare dalle conclusioni alle quali la Sezione è già pervenuta in sede cautelare.
Ed infatti, l’art. 32 d. lgs. 9 aprile 2008 n. 81, prevede, per quel che interessa nella presente sede:
“1. Le capacità ed i requisiti professionali dei responsabili e degli addetti ai servizi di prevenzione e protezione interni o esterni devono essere adeguati alla natura dei rischi presenti sul luogo di lavoro e relativi alle attività lavorative.
2. Per lo svolgimento delle funzioni da parte dei soggetti di cui al comma 1, è necessario essere in possesso di un titolo di studio non inferiore al diploma di istruzione secondaria superiore nonché di un attestato di frequenza, con verifica dell'apprendimento, a specifici corsi di formazione adeguati alla natura dei rischi presenti sul luogo di lavoro e relativi alle attività lavorative. Per lo svolgimento della funzione di responsabile del servizio prevenzione e protezione, oltre ai requisiti di cui al precedente periodo, è necessario possedere un attestato di frequenza, con verifica dell'apprendimento, a specifici corsi di formazione in materia di prevenzione e protezione dei rischi, anche di natura ergonomica e da stress lavoro-correlato di cui all'articolo 28, comma 1, di organizzazione e gestione delle attività tecnico-amministrative e di tecniche di comunicazione in azienda e di relazioni sindacali. I corsi di cui ai periodi precedenti devono rispettare in ogni caso quanto previsto dall'accordo sancito il 26 gennaio 2006 in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 37 del 14 febbraio 2006, e successive modificazioni.
3. Possono altresì svolgere le funzioni di responsabile o addetto coloro che, pur non essendo in possesso del titolo di studio di cui al comma 2, dimostrino di aver svolto una delle funzioni richiamate, professionalmente o alle dipendenze di un datore di lavoro, almeno da sei mesi alla data del 13 agosto 2003 previo svolgimento dei corsi secondo quanto previsto dall'accordo di cui al comma 2.
4. (. . . )
5. Coloro che sono in possesso di laurea in una delle seguenti classi: L7, L8, L9, L17, L23, e della laurea magistrale LM26 di cui al decreto del Ministro dell'università e della ricerca in data 16 marzo 2007, pubblicato nel S.O. alla Gazzetta Ufficiale n. 155 del 6 luglio 2007, o nelle classi 8, 9, 10, 4, di cui al decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica in data 4 agosto 2000, pubblicato nel S.O. alla Gazzetta Ufficiale n. 245 del 19 ottobre 2000, ovvero nella classe 4 di cui al decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica in data 2 aprile 2001, pubblicato nel S.O. alla Gazzetta Ufficiale n. 128 del 5 giugno 2001, ovvero di altre lauree e lauree magistrali riconosciute corrispondenti ai sensi della normativa vigente con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, su parere conforme del Consiglio universitario nazionale ai sensi della normativa vigente, sono esonerati dalla frequenza ai corsi di formazione di cui al comma 2, primo periodo. Ulteriori titoli di studio possono essere individuati in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano”.
Come è dato osservare, la disposizione ora riportata non prevede, quale requisito per lo svolgimento dell’attività di responsabile e addetto ai servizi di prevenzione e protezione interni o esterni, il possesso della laurea in ingegneria o in architettura (lauree rientranti tra quelle di cui al comma 5); anzi l’ipotesi ordinariamente prevista, per ambedue le funzioni, è quella di un soggetto in possesso del titolo di istruzione secondaria superiore, che: abbia anche l’attestato di frequenza di specifici corsi di formazione, variamente modulati a seconda che si tratti di addetto o di responsabile (co. 2, primo e secondo periodo).
Ciò che il successivo comma 5 prevede, dunque, non è l’individuazione di un titolo di laurea particolare, onde poter svolgere le funzioni in esame, ma solo l’esclusione dalla frequenza dei corsi di cui al co. 2 (e, dunque, del possesso delle previste attestazioni) per i laureati in determinate discipline (per quel che qui interessa, in ingegneria e in architettura).
Ne consegue che, proprio perché talune lauree non sono individuate come requisiti per l’affidamento di un servizio (e, quindi, per la partecipazione alla procedura con la quale tale servizio si intende affidare), è infondato ritenere sussistente una discriminazione tra lauree distinte ma equiparate, in quanto previste dalla legge.
Nel caso di specie, l’amministrazione – che ben avrebbe potuto limitarsi a richiedere per la partecipazione i requisiti di cui al comma 2 dell’art. 32 d. lgs. n. 81/2008 – ha invece ritenuto, in corretto esercizio del proprio potere discrezionale, di richiedere il possesso della laurea in ingegneria, in tal modo “aggravando” le previsioni di legge.
In definitiva, ciò che rileva, nel caso di specie, non è il tipo di normativa applicabile alla selezione, e quindi il tipo di procedura seguita (quanto previsto dall’art. 125, co. 1, lett. b), d. lgs. n. 163/2006, come sostenuto dall’appellante, ovvero semplicemente la “previsione-base dell’art. 27, co. 1”, secondo la sentenza impugnata).
E ciò in quanto, a prescindere da tale ultimo aspetto, non vi può essere alcuna violazione del principio di parità di trattamento, per avere l’amministrazione richiesto il possesso di una certa laurea in luogo di altre, pur ritenute equivalenti, laddove la legge non richiede il possesso di alcuna laurea quale requisito di partecipazione.
In tal caso, infatti, la previsione costituisce solo un legittimo esercizio del potere discrezionale concesso all’amministrazione.
Per tutte le ragioni esposte, l’appello e l’appello incidentale devono essere accolti, in relazione ai motivi indicati (assorbiti gli ulteriori motivi proposti), con conseguente rigetto del ricorso instaurativo del giudizio di I grado e dei motivi aggiunti successivamente proposti.
Stante la natura delle questioni trattate, sussistono giusti motivi per compensare tra le parti spese, diritti ed onorari di giudizio.

P.Q.M.


Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) definitivamente pronunciando sull’appello proposto da M.I.A. (n. 399/2011 r.g.):
a) accoglie l’appello principale e l’appello incidentale;
b) per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, rigetta il ricorso instaurativo del giudizio di I grado ed i successivi motivi aggiunti in tale sede proposti;
c) compensa tra le parti spese, diritti ed onorari di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.