D.Lgs.19 sett.1994, n. 626 (artt. 1-29) D.Lgs.19 sett.1994, n. 626 (artt. 30-59) D.Lgs.19 sett.1994, n. 626 (artt. 59_bis-98)

ALLEGATI


Il presente D. Lgs. è abrogato dall'articolo 304 del D.Lgs. 81/2008, coordinato con il D.Lgs. 106/2009, fermo restando quanto previsto dall'articolo 3, comma 3, e dall'articolo 306, comma 2, del medesimo decreto.

 

 

 

 

TITOLO II
LUOGHI DI LAVORO

 

 

 

 


Art. 30. Definizioni

1. Ai fini dell'applicazione delle disposizioni di cui al presente titolo si intendono per luoghi di lavoro:
a) i luoghi destinati a contenere i posti di lavoro, ubicati all'interno dell'azienda ovvero dell'unità produttiva, nonchè ogni altro luogo nell'area della medesima azienda ovvero unità produttiva comunque accessibile per il lavoro.

2. Le disposizioni del presente titolo non si applicano:
a) ai mezzi di trasporto;
b) ai cantieri temporanei o mobili;
c) alle industrie estrattive;
d) ai pescherecci;
e) ai campi, boschi e altri terreni facenti parte di una impresa agricola o forestale, ma situati fuori dall'area edificata dell'azienda.

3. Ferme restando le disposizioni di legge vigenti, le prescrizioni di sicurezza e di salute per i luoghi di lavoro sono specificate nell'allegato II.

4. I luoghi di lavoro devono essere strutturati tenendo conto, se del caso, di eventuali lavoratori portatori di handicap.

5. L'obbligo di cui al comma 4 vige, in particolare, per le porte, le vie di circolazione, le scale, le docce, i gabinetti e i posti di lavoro utilizzati od occupati direttamente da lavoratori portatori di handicap.

6. La disposizione di cui al comma 4 non si applica ai luoghi di lavoro già utilizzati prima del 1° gennaio 1993, ma debbono essere adottate misure idonee a consentire la mobilità e l'utilizzazione dei servizi sanitari e di igiene personale.

 

Giurisprudenza Collegata: Trib. Varese, 01 marzo 2012; Cass. Civ. 19081/2013; Cass. Pen. 33738/2017;  Cass. Pen. 49459/2022;

 


Art. 31. Requisiti di sicurezza e di salute

1. Ferme restando le disposizioni legislative e regolamentari vigenti e fatte salve le disposizioni di cui all'art. 8, comma 4, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, come modificato dal decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517, i luoghi di lavoro costruiti o utilizzati anteriormente all'entrata in vigore del presente decreto devono essere adeguati alle prescrizioni di sicurezza e salute di cui al presente titolo entro il 1° gennaio 1997.

2. Se gli adeguamenti di cui al comma 1 richiedono un provvedimento concessorio o autorizzatorio il datore di lavoro deve immediatamente iniziare il procedimento diretto al rilascio dell'atto ed ottemperare agli obblighi entro sei mesi dalla data del provvedimento stesso.

3. Sino a che i luoghi di lavoro non vengano adeguati, il datore di lavoro, previa consultazione del rappresentante per la sicurezza, adotta misure alternative che garantiscono un livello di sicurezza equivalente.

4. Ove vincoli urbanistici o architettonici ostino agli adeguamenti di cui al comma 1, il datore di lavoro, previa consultazione del rappresentante per la sicurezza, adotta le misure alternative di cui al comma 3. Le misure, nel caso di cui al presente comma, sono autorizzate dall'organo di vigilanza competente per territorio.

 

Giurisprudenza Collegata: Tribunale di Roma, 20 maggio 2010; Trib. Varese, 01 marzo 2012; Cass. Civ. 7388/2015;

 



Art. 32. Obblighi del datore di lavoro

1. Il datore di lavoro provvede affinchè:
a) le vie di circolazione interne o all'aperto che conducono a uscite o ad uscite di emergenza e le uscite di emergenza siano sgombre allo scopo di consentirne l'utilizzazione in ogni evenienza;
b) i luoghi di lavoro, gli impianti e i dispositivi vengano sottoposti a regolare manutenzione tecnica e vengano eliminati, quanto più rapidamente possibile, i difetti rilevati che possano pregiudicare la sicurezza e la salute dei lavoratori;
c) i luoghi di lavoro, gli impianti e i dispositivi vengano sottoposti a regolare pulitura, onde assicurare condizioni igieniche adeguate;
d) gli impianti e i dispositivi di sicurezza, destinati alla prevenzione o all'eliminazione dei pericoli, vengano sottoposti a regolare manutenzione e al controllo del loro funzionamento.

Giurisprudenza collegataCass. Pen. 36981/2005 ; Cass. pen. 32236/2007; Cass. Pen. 23976/2009;Cass. Pen. 2305/2011; Cass. Pen. 2691/2012; Trib. Varese, 01 marzo 2012; Cass. Pen. 3684/2014; Cass. Pen. 38100/2014; Cass. Civ. 2687/2015; Cass. Pen. 48781/2016; Cass. Civ. 10145/2017; Cass. Pen. 15190/2018;




Art. 33. Adeguamenti di norme

1. L'art. 13 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, è sostituito dal seguente:

"Art. 13. (Vie e uscite di emergenza).
1. Ai fini del presente decreto si intende per:
a) via di emergenza: percorso senza ostacoli al deflusso che consente alle persone che occupano un edificio o un locale di raggiungere un luogo sicuro;
b) uscita di emergenza: passaggio che immette in un luogo sicuro;
c) luogo sicuro: luogo nel quale le persone sono da considerarsi al sicuro dagli effetti determinati dall'incendio o altre situazioni di emergenza;
c-bis) larghezza di una porta o luce netta di una porta: larghezza di passaggio al netto dell'ingombro dell'anta mobile in posizione di massima apertura se scorrevole, in posizione di apertura a 90 gradi se incernierata (larghezza utile di passaggio).
2. Le vie e le uscite di emergenza devono rimanere sgombre e consentire di raggiungere il più rapidamente possibile un luogo sicuro.
3. In caso di pericolo tutti i posti di lavoro devono poter essere evacuati rapidamente e in piena sicurezza da parte dei lavoratori.
4. Il numero, la distribuzione e le dimensioni delle vie e delle uscite di emergenza devono essere adeguate alle dimensioni dei luoghi di lavoro, alla loro ubicazione, alla loro destinazione d'uso, alle attrezzature in essi installate, nonchè al numero massimo di persone che possono essere presenti in detti luoghi.
5. Le vie e le uscite di emergenza devono avere altezza minima di m 2,0 e larghezza minima conforme alla normativa vigente in materia antincendio.
6. Qualora le uscite di emergenza siano dotate di porte, queste devono essere apribili nel verso dell'esodo e, qualora siano chiuse, devono poter essere aperte facilmente ed immediatamente da parte di qualsiasi persona che abbia bisogno di utilizzarle in caso di emergenza. L'apertura delle porte delle uscite di emergenza nel verso dell'esodo non è richiesta quando possa determinare pericoli per passaggio di mezzi o per altre cause, fatta salva l'adozione di altri accorgimenti adeguati specificamente autorizzati dal Comando provinciale dei vigili del fuoco competente per territorio.
7. Le porte delle uscite di emergenza non devono essere chiuse a chiave, se non in casi specificamente autorizzati dall'autorità competente.
8. Nei locali di lavoro e in quelli destinati a deposito è vietato adibire, quali porte delle uscite di emergenza, le saracinesche a rullo, le porte scorrevoli verticalmente e quelle girevoli su asse centrale.
9. Le vie e le uscite di emergenza, nonchè le vie di circolazione e le porte che vi danno accesso non devono essere ostruite da oggetti in modo da poter essere utilizzate in ogni momento senza impedimenti.
10. Le vie e le uscite di emergenza devono essere evidenziate da apposita segnaletica, conforme alle disposizioni vigenti, durevole e collocata in luoghi appropriati.
11. Le vie e le uscite di emergenza che richiedono un'illuminazione devono essere dotate di un'illuminazione di sicurezza di intensità sufficiente, che entri in funzione in caso di guasto dell'impianto elettrico.
12. Gli edifici che sono costruiti o adattati interamente per le lavorazioni che presentano pericoli di esplosioni o specifici rischi di incendio alle quali sono adibiti più di cinque lavoratori devono avere almeno due scale distinte di facile accesso o rispondere a quanto prescritto dalla specifica normativa antincendio. Per gli edifici già costruiti si dovrà provvedere in conformità, quando non ne esista l'impossibilità accertata dall'organo di vigilanza: in quest'ultimo caso sono disposte le misure e cautele ritenute più efficienti. Le deroghe già concesse mantengono la loro validità salvo diverso provvedimento dell'organo di vigilanza.
13. Per i luoghi di lavoro già utilizzati prima del 1° gennaio 1993 non si applica la disposizione contenuta nel comma 4, ma gli stessi debbono avere un numero sufficiente di vie ed uscite di emergenza."

2. L'art. 14 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1995, n. 547, è sostituito dal seguente:
"Art. 14. (Porte e portoni).
1. Le porte dei locali di lavoro devono, per numero, dimensioni, posizione, e materiali di realizzazione, consentire una rapida uscita delle persone ed essere agevolmente apribili dall'interno durante il lavoro.
2. Quando in un locale le lavorazioni ed i materiali comportino pericoli di esplosione o specifici rischi di incendio e siano adibiti alle attività che si svolgono nel locale stesso più di 5 lavoratori, almeno una porta ogni 5 lavoratori deve essere apribile nel verso dell'esodo ed avere larghezza minima di m 1,20.
3. Quando in un locale si svolgono lavorazioni diverse da quelle previste al comma 2, la larghezza minima delle porte è la seguente:
a) quando in uno stesso locale i lavoratori normalmente ivi occupati siano fino a 25, il locale deve essere dotato di una porta avente larghezza minima di m 0,80;
b) quando in uno stesso locale i lavoratori normalmente ivi occupati siano in numero compreso tra 26 e 50, il locale deve essere dotato di una porta avente larghezza minima di m 1,20 che si apra nel verso dell'esodo;
c) quando in uno stesso locale i lavoratori normalmente ivi occupati siano in numero compreso tra 51 e 100, il locale deve essere dotato di una porta avente larghezza minima di m 1,20 e di una porta avente larghezza minima di m 0,80, che si aprano entrambe nel verso dell'esodo.
d) quando in uno stesso locale i lavoratori normalmente ivi occupati siano in numero superiore a 100, in aggiunta alle porte previste alla lettera c) il locale deve essere dotato di almeno 1 porta che si apra nel verso dell'esodo avente larghezza minima di m 1,20 per ogni 50 lavoratori normalmente ivi occupati o frazione compresa tra 10 e 50, calcolati limitatamente all'eccedenza rispetto a 100.
4. Il numero complessivo delle porte di cui al comma 3 può anche essere minore, purchè la loro larghezza complessiva non risulti inferiore.
5. Alle porte per le quali è prevista una larghezza minima di m 1,20 è applicabile una tolleranza in meno del 5% (cinque per cento). Alle porte per le quali è prevista una larghezza minima di m 0,80 è applicabile una tolleranza in meno del 2% (due per cento).
6. Quando in un locale di lavoro le uscite di emergenza di cui all'art. 13, comma 5, coincidono con le porte di cui al comma 1, si applicano le disposizioni di cui all'art. 13, comma 5.
7. Nei locali di lavoro ed in quelli adibiti a magazzino non sono ammesse le porte scorrevoli, le saracinesche a rullo, le porte girevoli su asse centrale, quando non esistano altre porte apribili verso l'esterno del locale.
8. Immediatamente accanto ai portoni destinati essenzialmente alla circolazione dei veicoli devono esistere, a meno che il passaggio dei pedoni sia sicuro, porte per la circolazione dei pedoni che devono essere segnalate in modo visibile ed essere sgombre in permanenza.
9. Le porte e i portoni apribili nei due versi devono essere trasparenti o essere muniti di pannelli trasparenti.
10. Sulle porte trasparenti deve essere apposto un segno indicativo all'altezza degli occhi.
11. Se le superfici trasparenti o traslucide delle porte e dei portoni non sono costituite da materiali di sicurezza e c'è il rischio che i lavoratori possano rimanere feriti in caso di rottura di dette superfici, queste devono essere protette contro lo sfondamento.
12. Le porte scorrevoli devono disporre di un sistema di sicurezza che impedisca loro di uscire dalle guide o di cadere.
13. Le porte ed i portoni che si aprono verso l'alto devono disporre di un sistema di sicurezza che impedisca loro di ricadere.
14. Le porte ed i portoni ad azionamento meccanico devono funzionare senza rischi di infortuni per i lavoratori. Essi devono essere muniti di dispositivi di arresto di emergenza facilmente identificabili ed accessibili e poter essere aperti anche manualmente, salvo che la loro apertura possa avvenire automaticamente in caso di mancanza di energia elettrica.
15. Le porte situate sul percorso delle vie di emergenza devono essere contrassegnate in maniera appropriata con segnaletica durevole conformemente alla normativa vigente. Esse devono poter essere aperte, in ogni momento, dall'interno senza aiuto speciale.
16. Quando i luoghi di lavoro sono occupati le porte devono poter essere aperte.
17. I luoghi di lavoro già utilizzati prima del 1° gennaio 1993 devono essere provvisti di porte di uscita che, per numero ed ubicazione, consentono la rapida uscita delle persone e che sono agevolmente apribili dall'interno durante il lavoro. Comunque, detti luoghi devono essere adeguati quanto meno alle disposizioni di cui ai precedenti commi 9 e 10. Per i luoghi di lavoro costruiti o utilizzati prima del 27 novembre 1994 non si applicano le disposizioni dei commi 2, 3, 4, 5 e 6 concernenti la larghezza delle porte. In ogni caso la larghezza delle porte di uscita di detti luoghi di lavoro deve essere conforme a quanto previsto dalla concessione edilizia ovvero dalla licenza di abitabilità."

3. L'art. 8 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, è sostituito dal seguente:
"Art. 8. (Vie di circolazione, zone di pericolo, pavimenti e passaggi).
1. Le vie di circolazione, comprese scale, scale fisse e banchine e rampe di carico, devono essere situate e calcolate in modo tale che i pedoni o i veicoli possano utilizzarle facilmente in piena sicurezza e conformemente alla loro destinazione e che i lavoratori operanti nelle vicinanze di queste vie di circolazione non corrano alcun rischio.
2. Il calcolo delle dimensioni delle vie di circolazione per persone ovvero merci dovrà basarsi sul numero potenziale degli utenti e sul tipo di impresa.
3. Qualora sulle vie di circolazione siano utilizzati mezzi di trasporto, dovrà essere prevista per i pedoni una distanza di sicurezza sufficiente.
4. Le vie di circolazione destinate ai veicoli devono passare ad una distanza sufficiente da porte, portoni, passaggi per pedoni, corridoi e scale.
5. Nella misura in cui l'uso e l'attrezzatura dei locali lo esigano per garantire la protezione dei lavoratori, il tracciato delle vie di circolazione deve essere evidenziato.
6. Se i luoghi di lavoro comportano zone di pericolo in funzione della natura del lavoro e presentano rischi di cadute dei lavoratori o rischi di cadute d'oggetti, tali luoghi devono essere dotati di dispositivi per impedire che i lavoratori non autorizzati possano accedere a dette zone.
7. Devono essere prese misure appropriate per proteggere i lavoratori autorizzati ad accedere alle zone di pericolo.
8. Le zone di pericolo devono essere segnalate in modo chiaramente visibile.
9. I pavimenti degli ambienti di lavoro e dei luoghi destinati al passaggio non devono presentare buche o sporgenze pericolose e devono essere in condizioni tali da rendere sicuro il movimento ed il transito delle persone e dei mezzi di trasporto.
10. I pavimenti ed i passaggi non devono essere ingombrati da materiali che ostacolano la normale circolazione.
11. Quando per evidenti ragioni tecniche non si possono completamente eliminare dalle zone di transito ostacoli fissi o mobili che costituiscono un pericolo per i lavoratori o i veicoli che tali zone devono percorrere, gli ostacoli devono essere adeguatamente segnalati."

4. L'intestazione del titolo II del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, è sostituita dalla seguente:
"Titolo II
Disposizioni particolari".

5. L'art. 6, del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, è sostituito dal seguente:
"Art. 6. (Altezza, cubatura e superficie).
1. I limiti minimi per altezza, cubatura e superficie dei locali chiusi destinati o da destinarsi al lavoro nelle aziende industriali che occupano più di cinque lavoratori, ed in ogni caso in quelle che eseguono le lavorazioni indicate nell'articolo 33, sono i seguenti:
a) altezza netta non inferiore a m 3;
b) cubatura non inferiore a mc 10 per lavoratore;
c) ogni lavoratore occupato in ciascun ambiente deve disporre di una superficie di almeno mq 2.
2. I valori relativi alla cubatura e alla superficie si intendono lordi cioè senza deduzione dei mobili, macchine ed impianti fissi.
3. L'altezza netta dei locali è misurata dal pavimento all'altezza media della copertura dei soffitti o delle volte.
4. Quando necessità tecniche aziendali lo richiedono, l'organo di vigilanza competente per territorio può consentire altezze minime inferiori a quelle sopra indicate e prescrivere che siano adottati adeguati mezzi di ventilazione dell'ambiente. L'osservanza dei limiti stabiliti dal presente articolo circa l'altezza, la cubatura e la superficie dei locali chiusi di lavoro è estesa anche alle aziende industriali che occupano meno di cinque lavoratori quando le lavorazioni che in esse si svolgono siano ritenute, a giudizio dell'organo di vigilanza, pregiudizievoli alla salute dei lavoratori occupati.
5. Per i locali destinati o da destinarsi a uffici, indipendentemente dal tipo di azienda, e per quelli delle aziende commerciali, i limiti di altezza sono quelli individuati dalla normativa urbanistica vigente."

6. L'art. 9 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, è sostituito dal seguente:
"Art. 9. (Aerazione dei luoghi di lavoro chiusi).
1. Nei luoghi di lavoro chiusi, è necessario far sì che tenendo conto dei metodi di lavoro e degli sforzi fisici ai quali sono sottoposti i lavoratori, essi dispongano di aria salubre in quantità sufficiente anche ottenuta con impianti di areazione.
2. Se viene utilizzato un impianto di aerazione, esso deve essere sempre mantenuto funzionante. Ogni eventuale guasto deve essere segnalato da un sistema di controllo, quando ciò è necessario per salvaguardare la salute dei lavoratori.
3. Se sono utilizzati impianti di condizionamento dell'aria o di ventilazione meccanica, essi devono funzionare in modo che i lavoratori non siano esposti a correnti d'aria fastidiosa.
4. Qualsiasi sedimento o sporcizia che potrebbe comportare un pericolo immediato per la salute dei lavoratori dovuto all'inquinamento dell'aria respirata deve essere eliminato rapidamente.".

7. L'art. 11 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, è sostituito dal seguente:
"Art. 11. (Temperatura dei locali).
1. La temperatura nei locali di lavoro deve essere adeguata all'organismo umano durante il tempo di lavoro, tenuto conto dei metodi di lavoro applicati e degli sforzi fisici imposti ai lavoratori.
2. Nel giudizio sulla temperatura adeguata per i lavoratori si deve tener conto della influenza che possono esercitare sopra di essa il grado di umidità ed il movimento dell'aria concomitanti.
3. La temperatura dei locali di riposo, dei locali per il personale di sorveglianza, dei servizi igienici, delle mense e dei locali di pronto soccorso deve essere conforme alla destinazione specifica di questi locali.
4. Le finestre, i lucernari e le pareti vetrate devono essere tali da evitare un soleggiamento eccessivo dei luoghi di lavoro, tenendo conto del tipo di attività e della natura del luogo di lavoro.
5. Quando non è conveniente modificare la temperatura di tutto l'ambiente, si deve provvedere alla difesa dei lavoratori contro le temperature troppo alte o troppo basse mediante misure tecniche localizzate o mezzi personali di protezione.".

8. L'art. 10 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, è sostituito dal seguente:
"Art. 10. (Illuminazione naturale ed artificiale dei luoghi di lavoro).
1. A meno che non sia richisto diversamente dalle necessità delle lavorazioni e salvo che non si tratti di locali sotterranei, i luoghi di lavoro devono disporre di sufficiente luce naturale. In ogni caso, tutti i predetti locali e luoghi di lavoro devono essere dotati di dispositivi che consentono un'illuminazione artificiale adeguata per salvaguardare la sicurezza, la salute e il benessere di lavoratori.
2. Gli impianti di illuminazione dei locali di lavoro e delle vie di circolazione devono essere installati in modo che il tipo d'illuminazione previsto non rappresenta un rischio di infortunio per i lavoratori.
3. I luoghi di lavoro nei quali i lavoratori sono particolarmente esposti a rischi in caso di guasto dell'illuminazione artificiale, devono disporre di un'illuminazione di sicurezza di sufficiente intensità.
4. Le superfici vetrate illuminanti ed i mezzi di illuminazione artificiale devono essere tenuti costantemente in buone condizioni di pulizia e di efficienza.".

9. L'art. 7 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, è sostituito dal seguente:
"Art. 7. (Pavimenti, muri, soffitti, finestre e lucernari dei locali scale e marciapiedi mobili, banchina e rampe di carico).
1. A meno che non sia richiesto diversamente dalle necessità della lavorazione, è vietato adibire a lavori continuativi locali chiusi che non rispondono alle seguenti condizioni:
a) essere ben difesi contro gli agenti atmosferici, e provvisti di un isolamento termico sufficiente, tenuto conto del tipo di impresa e dell'attività fisica dei lavoratori;
b) avere aperture sufficienti per un rapido ricambio d'aria;
c) essere ben asciutti e ben difesi contro l'umidità;
d) avere le superfici dei pavimenti, delle pareti, dei soffitti tali da poter essere pulite e deterse per ottenere condizioni adeguate di igiene.
2. I pavimenti dei locali devono essere esenti da protuberanze, cavità o piani inclinati pericolosi, devono essere fissi, stabili ed antisdrucciolevoli.
3. Nelle parti dei locali dove abitualmente si versano sul pavimento sostanze putrescibili o liquidi, il pavimento deve avere superficie unita ed impermeabile e pendenza sufficiente per avviare rapidamente i liquidi verso i punti di raccolta e scarico.
4. Quando il pavimento dei posti di lavoro e di quelli di passaggio si mantiene bagnato, esso deve essere munito in permanenza di palchetti o di graticolato, se i lavoratori non sono forniti di idonee calzature impermeabili.
5. Qualora non ostino particolari condizioni tecniche, le pareti dei locali di lavoro devono essere a tinta chiara.
6. La pareti trasparenti o traslucide, in particolare le pareti completamente vetrate, nei locali o nelle vicinanze dei posti di lavoro e delle vie di circolazione, devono essere chiaramente segnalate e costituite da materiali di sicurezza fino all'altezza di 1 metro dal pavimento, ovvero essere separate dai posti di lavoro e dalle vie di circolazione succitati in modo tale che i lavoratori non possono entrare in contatto con le pareti, nè rimanere feriti qualora esse vadano in frantumi. Nel caso in cui vengono utilizzati materiali di sicurezza fino all'altezza di 1 metro dal pavimento, tale altezza è elevata quando ciò è necessario in relazione al rischio che i lavoratori rimangano feriti qualora esse vadano in frantumi.
7. Le finestre, i lucernari e i dispositivi di ventilazione devono poter essere aperti, chiusi, regolati e fissati dai lavoratori in tutta sicurezza. Quando sono aperti essi devono essere posizionati in modo da non costituire un pericolo per i lavoratori.
8. Le finestre e i lucernari devono essere concepiti congiuntamente con l'attrezzatura o dotati di dispositivi che consentono la loro pulitura senza rischi per i lavoratori che effettuano tale lavoro nonchè per i lavoratori presenti nell'edificio ed intorno ad esso.
9. L'accesso ai tetti costituiti da materiali non sufficientemente resistenti può essere autorizzato soltanto se sono fornite attrezzature che permettono di eseguire il lavoro in tutta sicurezza.
10. Le scale ed i marciapiedi mobili devono funzionare in piena sicurezza, devono essere muniti dei necessari dispositivi di sicurezza e devono possedere dispositivi di arresto di emergenza facilmente identificabili ed accessibili.
11. Le banchine e rampe di carico devono essere adeguate alle dimensioni dei carichi trasportati.
12. Le banchine di carico devono disporre di almeno un'uscita. Ove è tecnicamente possibile, le banchine di carico che superano m 25,0 di lunghezza devono disporre di un'uscita a ciascuna estremità.
13. Le rampe di carico devono offrire una sicurezza tale da evitare che i lavoratori possono cadere.
13-bis. Le disposizioni di cui ai commi 10, 11, 12 e 13 sono altresì applicabili alle vie di circolazione principali sul terreno dell'impresa, alle vie di circolazione che portano a posti di lavoro fissi, alle vie di circolazione utilizzate per la regolare manutenzione e sorveglianza degli impianti dell'impresa, nonchè alle banchine di carico."

10. L'art. 14 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, è sostituito dal seguente:
"Art. 14. (Locali di riposo).
1. Quando la sicurezza e la salute dei lavoratori, segnatamente a causa del tipo di attività, lo richiedono, i lavoratori devono poter disporre di un locale di riposo facilmente accessibile.
2. La disposizione di cui al comma 1 non si applica quando il personale lavora in uffici o in analoghi locali di lavoro che offrono equivalenti possibilità di riposo durante la pausa.
3. I locali di riposo devono avere dimensioni sufficienti ed essere dotati di un numero di tavoli e sedili con schienale in funzione del numero dei lavoratori.
4. Nei locali di riposo si devono adottare misure adeguate per la protezione dei non fumatori contro gli inconvenienti del fumo.
5. Quando il tempo di lavoro è interrotto regolarmente e frequentemente e non esistono locali di riposo, devono essere messi a disposizione del personale altri locali affinchè questi possa soggiornarvi durante l'interruzione del lavoro nel caso in cui la sicurezza o la salute dei lavoratori lo esige. In detti locali è opportuno prevedere misure adeguate per la protezione dei non fumatori contro gli inconvenienti del fumo.
6. L'organo di vigilanza può prescrivere che, anche nei lavori continuativi, il datore di lavoro dia modo ai dipendenti di lavorare stando a sedere ogni qualvolta ciò non pregiudica la normale esecuzione del lavoro.
7. Le donne incinte e le madri che allattano devono avere la possibilità di riposarsi in posizione distesa e in condizioni appropriate.".

11. L'art. 40 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, è sostituito dal seguente:
"Art. 40. (Spogliatoi e armadi per il vestiario).
1. Locali appositamente destinati a spogliatoi devono essere messi a disposizione dei lavoratori quando questi devono indossare indumenti di lavoro specifici e quando per ragioni di salute o di decenza non si può loro chiedere di cambiarsi in altri locali.
2. Gli spogliatoi devono essere distinti fra i due sessi e convenientemente arredati. Nelle aziende che occupano fino a cinque dipendenti lo spogliatoio può essere unico per entrambi i sessi; in tal caso i locali a ciò adibiti sono utilizzati dal personale dei due sessi, secondo oppotuni turni prestabiliti e concordati nell'ambito dell'orario di lavoro.
3. I locali destinati a spogliatoio devono avere una capacità sufficiente, essere possibilmente vicini ai locali di lavoro aerati, illuminati, ben difesi dalle intemperie, riscaldati durante la stagione fredda e muniti di sedili.
4. Gli spogliatoi devono essere dotati di attrezzature che consentono a ciascun lavoratore di chiudere a chiave i propri indumenti durante il tempo di lavoro.
5. Qualora i lavoratori svolgano attività insudicianti, polverose, con sviluppo di fumi o vapori contenenti in sospensione sostanze untuose od incrostanti, nonchè in quelle dove si usano sostanze venefiche, corrosive od infettanti o comunque pericolose, gli armadi per gli indumenti da lavoro devono essere separati da quelli per gli indumenti privati.
6. Qualora non si applichi il comma 1 ciascun lavoratore deve poter disporre delle attrezzature di cui al comma 4 per poter riporre i propri indumenti.".

12. Gli articoli 37 e 39 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, sono sostituiti dai seguenti:
"Art. 37. (Docce).
1. Docce sufficienti ed appropriate devono essere messe a disposizione dei lavoratori quando il tipo di attività o la salubrità lo esigono.
2. Devono essere previsti locali per docce separati per uomini e donne o un'utilizzazione separata degli stessi. Le docce e gli spogliatoi devono comunque facilmente comunicare tra loro.
3. I locali delle docce devono avere dimensioni sufficienti per permettere a ciascun lavoratore di rivestirsi senza impacci e in condizioni appropriate di igiene.
4. Le docce devono essere dotate di acqua corrente calda e fredda e di mezzi detergenti e per asciugarsi.

Art. 39. (Gabinetti e lavabi).
1. I lavoratori devono disporre, in prossimità dei loro posti di lavoro, dei locali di riposo, degli spogliatoi e delle docce, di gabinetti e di lavabi con acqua corrente calda, se necessario, e dotati di mezzi detergenti e per asciugarsi.
2. Per uomini e donne devono essere previsti gabinetti separati; quando ciò sia impossibile a causa di vincoli urbanistici o architettonici e nelle aziende che occupano lavoratori di sesso diverso in numero non superiore a dieci, è ammessa un'utilizzazione separata degli stessi."

13. L'art. 11 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, è sostituito dal seguente:
"Art. 11. (Posti di lavoro e di passaggio e luoghi di lavoro esterni).
1. I posti di lavoro e di passaggio devono essere idoneamente difesi contro la caduta o l'investimento di materiali in dipendenza dell'attività lavorativa.
2. Ove non è possibile la difesa con mezzi tecnici, devono essere adottate altre misure o cautele adeguate.
3. I posti di lavoro, le vie di circolazione e altri luoghi o impianti all'aperto utilizzati od occupati dai lavoratori durante le loro attività devono essere concepiti in modo tale che la circolazione dei pedoni e dei veicoli può avvenire in modo sicuro.
4. Le disposizioni di cui all'art. 8, commi 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7 e 8, sono altresì applicabili alle vie di circolazione principali sul terreno dell'impresa, alle vie di circolazione che portano a posti di lavoro fissi, alle vie di circolazione utilizzate per la regolare manutenzione e sorveglianza degli impianti dell'impresa, nonchè alle banchine di carico.
5. Le disposizioni sulle vie di circolazione e zone di pericolo di cui all'art. 8, commi 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7 e 8, si applicano per analogia ai luoghi di lavoro esterni.
6. I luoghi di lavoro all'aperto devono essere opportunamente illuminati con luce artificiale quando la luce del giorno non è sufficiente.
7. Quando i lavoratori occupano posti di lavoro all'aperto, questi devono essere strutturati, per quanto tecnicamente possibile, in modo tale che i lavoratori:
a) sono protetti contro gli agenti atmosferici e, se necessario, contro la caduta di oggetti;
b) non sono esposti a livelli sonori nocivi o ad agenti esterni nocivi, quali gas, vapori, polveri;
c) possono abbandonare rapidamente il posto di lavoro in caso di pericolo o possono essere soccorsi rapidamente;
d) non possono scivolare o cadere.".

14. Le disposizioni di cui al presente articolo entrano in vigore tre mesi dopo la pubblicazione del presente decreto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

 

 

 

 

Giurisprudenza Collegata: Corte Cost. 399/96;T.A.R. Toscana 494/2009; Cass. pen. 212/1999; Cass. Pen. 11262/2010;Tribunale di Ivrea, 31 marzo 2010;Tribunale di Roma, 20 maggio 2010; Cass. Pen. 46819/2011; Trib. Varese, 01 marzo 2012; Cass. Pen. 26074/2012; Cass. Pen. 46431/2012; Cass. Pen. 46705/2012; Cass. Civ. 16452/2013; Cass. Civ. 4879/2015; Cass. Civ. 7388/2015; Cass. Pen. 28567/2016; Cass. Pen. 30557/2016; Cass. Civ. 5282/2018;

 

TITOLO III
USO DELLE ATTREZZATURE DI LAVORO

 

Art. 34. Definizioni

1. Agli effetti delle disposizioni di cui al presente titolo si intendono per:
a) attrezzatura di lavoro: qualsiasi macchina, apparecchio, utensile od impianto destinato ad essere usato durante il lavoro;
b) uso di una attrezzatura di lavoro: qualsiasi operazione lavorativa connessa ad una attrezzatura di lavoro, quale la messa in servizio o fuori servizio, l'impiego, il trasporto, la riparazione, la trasformazione, la manutenzione, la pulizia, lo smontaggio;
c) zona pericolosa: qualsiasi zona all'interno ovvero in prossimità di una attrezzatura di lavoro nella quale la presenza di un lavoratore costituisce un rischio per la salute o la sicurezza dello stesso.
c-bis) lavoro in quota: attivita' lavorativa che espone il lavoratore al rischio di caduta da una quota posta ad altezza superiore a 2 m rispetto ad un piano stabile.

 

Giurisprudenza Collegata: Cass. Pen. 37397/2007; Cass.Pen. 39888/2008;  Cass. Pen. 42469/2010;Cass. Pen. 1856/2011Cass. Pen. 33282/2011; Tribunale di Torino, Seconda Corte di Assise, 14 novembre 2011; Cass. Civ. 25392/2013; Cass. Civ. 1312/2014; Cass. Pen. 36350/2014; Cass. Civ. 2136/2015; Cass. Pen. 14157/2015; Cass. Pen. 26263/2015; Cass. Pen. 30115/2017; Cass. Pen. 42436/2018;

 

 

Art. 35. Obblighi del datore di lavoro

1. Il datore di lavoro mette a disposizione dei lavoratori attrezzature adeguate al lavoro da svolgere ovvero adattate a tali scopi ed idonee ai fini della sicurezza e della salute.
2. Il datore di lavoro attua le misure tecniche ed organizzative adeguate per ridurre al minimo i rischi connessi all'uso delle attrezzature di lavoro da parte dei lavoratori e per impedire che dette attrezzature possano essere utilizzate per operazioni e secondo condizioni per le quali non sono adatte. Inoltre il datore di lavoro prende le misure necessarie affinché durante l'uso delle attrezzature di lavoro siano rispettate le disposizioni di cui ai commi 4-bis e 4-ter.

3. All'atto della scelta delle attrezzature di lavoro il datore di lavoro prende in considerazione:
a) le condizioni e le caratteristiche specifiche del lavoro da svolgere;
b) i rischi presenti nell'ambiente di lavoro;
c) i rischi derivanti dall'impiego delle attrezzature stesse. cbis) i sistemi di comando, che devono essere sicuri anche tenuto conto dei guasti, dei disturbi e delle sollecitazioni prevedibili in relazione all'uso progettato dell'attrezzatura.

4. Il datore di lavoro prende le misure necessarie affinché le attrezzature di lavoro siano:
a) installate in conformità alle istruzioni del fabbricante;
b) utilizzate correttamente;
c) oggetto di idonea manutenzione al fine di garantire nel tempo la rispondenza ai requisiti di cui all'art. 36 e siano corredate, ove necessario, da apposite istruzioni d'uso;
c-bis) disposte in maniera tale da ridurre i rischi per gli utilizzatori e per le altre persone, assicurando in particolare sufficiente spazio disponibile tra gli elementi mobili e gli elementi fissi o mobili circostanti e che tutte le energie e sostanze utilizzate o prodotte possano essere addotte o estratte in modo sicuro.

4-bis. Il datore di lavoro provvede affinché nell'uso di attrezzature di lavoro mobili, semoventi o non semoventi sia assicurato che:
a) vengano disposte e fatte rispettare regole di circolazione per attrezzature di lavoro che manovrano in una zona di lavoro;
b) vengano adottate misure organizzative atte a evitare che i lavoratori a piedi si trovino nella zona di attività di attrezzature di lavoro semoventi e comunque misure appropriate per evitare che, qualora la presenza di lavoratori a piedi sia necessaria per la buona esecuzione dei lavori, essi subiscano danno da tali attrezzature;
c) il trasporto di lavoratori su attrezzature di lavoro mobili mosse meccanicamente avvenga esclusivamente su posti sicuri, predisposti a tale fine, e che, se si devono effettuare lavori durante lo spostamento, la velocità dell'attrezzatura sia adeguata;
d) le attrezzature di lavoro mobili, dotate di motore a combustione, siano utilizzate nelle zone di lavoro soltanto qualora sia assicurata una quantità sufficiente di aria senza rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori.

4-ter. Il datore di lavoro provvede affinché nell'uso di attrezzature di lavoro destinate a sollevare carichi sia assicurato che:
a) gli accessori di sollevamento siano scelti in funzione dei carichi da movimentare, dei punti di presa, del dispositivo di aggancio, delle condizioni atmosferiche, nonché tenendo conto del modo e della configurazione dell'imbracatura; le combinazioni di più accessori di sollevamento siano contrassegnate in modo chiaro per consentire all'utilizzatore di conoscerne le caratteristiche qualora esse non siano scomposte dopo l'uso; gli accessori di sollevamento siano depositati in modo tale da non essere danneggiati o deteriorati;
b) allorché due o più attrezzature di lavoro che servono al sollevamento di carichi non guidati sono installate o montate in un luogo di lavoro in modo che i loro raggi di azione si intersecano, siano prese misure appropriate per evitare la collisione tra i carichi e gli elementi delle attrezzature di lavoro stesse;
c) i lavori siano organizzati in modo tale che, quando un lavoratore aggancia o sgancia manualmente un carico, tali operazioni possano svolgersi con la massima sicurezza e, in particolare, in modo che il lavoratore ne conservi il controllo diretto o indiretto;
d) tutte le operazioni di sollevamento siano correttamente progettate nonché adeguatamente controllate ed eseguite al fine di tutelare la sicurezza dei lavoratori; in particolare, per un carico da sollevare simultaneanente da due o più attrezzature di lavoro che servono al sollevamento di carichi non guidati, sia stabilita e applicata una procedura d'uso per garantire il buon coordinamento degli operatori;
e) qualora attrezzature di lavoro che servono al sollevamento di carichi non guidati non possano trattenere i carichi in caso di interruzione parziale o totale dell'alimentazione di energia, siano prese misure appropriate per evitare di esporre i lavoratori ai rischi relativi; i carichi sospesi non devono rimanere senza sorveglianza salvo il caso in cui l'accesso alla zona di pericolo sia precluso e il carico sia stato agganciato e sistemato con la massima sicurezza;
f) allorché le condizioni meteorologiche si degradano ad un punto tale da mettere in pericolo la sicurezza di funzionamento, esponendo così i lavoratori a rischi, l'utilizzazione all'aria aperta di attrezzature di lavoro che servono al sollevamento di carichi non guidati sia sospesa e siano adottate adeguate misure di protezione per i lavoratori e, in particolare, misure che impediscano il ribaltamento dell'attrezzatura di lavoro.

4-quater. Il datore di lavoro, sulla base della normativa vigente, provvede affinché le attrezzature di cui all'allegato XIV siano sottoposte a verifiche di prima installazione o di successiva installazione e a verifiche periodiche o eccezionali, di seguito denominate "verifiche", al fine di assicurarne l'installazione corretta e il buon funzionamento.

4-quinquies. I risultati delle verifiche di cui al comma 4-quater sono tenuti a disposizione dell'autorità di vigilanza competente per un periodo di cinque anni dall'ultima registrazione o fino alla messa fuori esercizio dell'attrezzatura, se avviene prima. Un documento attestante l'esecuzione dell'ultima verifica deve accompagnare le attrezzature di lavoro ovunque queste sono utilizzate".

5. Qualora le attrezzature richiedano per il loro impiego conoscenze o responsabilità particolari in relazione ai loro rischi specifici, il datore di lavoro si assicura che:
a) l'uso dell'attrezzatura di lavoro é riservato a lavoratori all'uopo incaricati;
b) in caso di riparazione, di trasformazione o manutenzione, il lavoratore interessato é qualificato in maniera specifica per svolgere tali compiti.

Giurisprudenza collegata: Trib. Mondovì 257/2001; Cass. Pen. 500/2002;  Cass. Pen. 2375/2004;   Cass. civ. 7328/2004;  Cass. Pen. 20595/2005 ; Cass. pen. 10353/2006Cass. Pen. 36981/2005 ; Cass. Pen. 20272/2006; Cass. Pen. 41997/2006; Cass. Pen. 32273/2006; Cass. Pen. 47136/2007; Cass. Pen. 47137/2007; Cass. Pen. 35671/2007; Cass. Pen. 37397/2007Cass. Pen. 8620/2008;Cass. Pen. 6281/2007; Cass. Pen. 19523/2008; Cass. Pen. 45020/2008; Cass.Pen. 43117/2008; Corte di Appello di Milano, 05 dicembre 2008; Cass. Pen. 36470/2008Cass. Pen. 40796/2008;Cass.Pen. 6195/2009; Cass. Pen. 15009/2009; Cass. Pen. 1833/2009; Cass. Pen. 1801/2009; Cass. Pen. 10293/2009; Cass. Pen. 8604/2008; Cass. Pen. 23604/2009Cass. Pen. 40582/2009Cass. Pen. 32687/2009; Cass. Pen. 36889/2009;Cass. Pen. 37840/2009; Cass. Pen. 28585/2009;T.A.R. Toscana 494/2009; Cass. Pen. 21180/2009; Tribunale di Genova, 14 luglio 2009;Corte di Appello di Milano, 27 gennaio 2010;Cass. Pen. 11264/2010; Cass. Pen. 3587/2010Cass. Pen. 8622/2010; Cass. Pen. 19741/2010; Cass. Pen. 34804/2010; Corte di Appello di Bologna, 18 gennaio 2010;Corte d'Appello di Bologna, 10 marzo 2010; Cass. Pen. 35749/2010; Cass. Pen. 37804/2010; Cass. Pen. 38700/2010; Corte di Appello di Trieste, 25 agosto 2010; Corte di Appello di Trieste, 18 maggio 2010; Cass. Pen. 41074/2010;Cass. Pen. 42469/2010; Cass. Pen. 1226/2011;Cass. Pen. 99/2011;Trib. Novara, 26 ottobre 2010;Cass. Pen. 4106/2011;Cass. Pen. 1856/2011;Cass.Pen. 2565/2011; Cass. Pen. 5013/2011; Cass.Pen. 5604/2011; Cass. Pen. 8257/2011;Cass. Pen. 8839/2011; Cass. Pen. 5018/2011;Cass. Pen. 9400/2011;Cass. Pen. 14686/2011;Trib. Trento, 07 febbraio 2011; Cass. Pen. 9362/2011;Corte di Appello di Trento, 18 marzo 2011; Cass. Pen. 19555/2011; Corte di Appello di Trieste 29 marzo 2011; Cass. Pen., 19566/2011; Cass. Pen. 19555/2011;Cass. Pen. 23292/2011; Corte di Appello di Trieste, 23 febbraio 2011;Corte di Appello di Milano, 13 aprile 2011; Cass. Pen. 22341/2011; Cass. Pen. 25914/2011; Cass. Pen. 23969/2011; Trib. Monza 05 maggio 2011; C.d.S. 4105/2011; Cass. Pen. 28800/2011; Cass. Pen. 28898/2011; Corte di Appello di Milano, 08 giugno 2011; Cass. Pen. 31569/2011; Cass. Pen. 33149/2011; Cass. Pen. 33285/2011; Corte di Appello di Perugia, 29 luglio 2011; Cass. Pen. 35204/2011; Cass. Pen. 36091/2011; Cass Pen. 35406/2011; Cass. Pen. 35410/2011; Cass. Pen. 35828/2011; Tribunale di Torino, Seconda Corte di Assise, 14 novembre 2011; Cass. Pen. 39266/2011; Cass. Pen. 43022/2011; Corte di Appello di Firenze, Sez, Pen., 28 settembre 2011; Corte di Appello di Trento, 06 settembre 2011; Tribunale di Monza, 12 ottobre 2011; Corte di Appello di Trento, 23 novembre 2011; Tribunale di Monza, Sez. Pen., 26 settembre 2011; Corte di Appello di Trento, 14 settembre 2011; Corte di Appello di Firenze, 11 novembre 2011; Cass. Pen. 46784/2011; Cass. Pen. 48606/2011; Cass. Pen. 3999/2012; Cass. Pen. 6870/2012; Trib. di Roma, 30 maggio 2012; Trib. di Monza 19 gennaio 2012; Trib. Monza, 17 gennaio 2012; Cass. Pen. 16888/2012; Cass. Pen. 16890/2012; Cass. Pen. 17226/2012; Cass. Pen. 19609/2012; Trib. di Monza, 03 settembre 2012; Trib. Varese, 01 marzo 2012; Cass. Pen. 18802/2012; Cass. Pen. 19452/2012; Cass. Pen. 19602/2012; Cass. Pen. 20613/2012; Cass. Pen. 20636/2012; Cass. Pen. 21842/2012; Cass. Pen. 25535/2012; Cass. Pen. 27934/2012; Tribunale di Monza, 14 maggio 2012; Trib. di Varese 11 dicembre 2011; Cass. Pen. 30480/2012; Cass. Pen. 32311/2012; Cass. Pen. 32748/2012; Cass. Pen. 32428/2012; Cass. Pen. 32422/2012; Cass. Pen. 37695/2012; Cass. Pen. 41981/2012; Trib. Bologna, 16 luglio 2012; Cass. Pen. 43810/2012; Cass. Pen. 46215/2012; Cass. Pen. 47106/2012; Cass. Pen. 47274/2012; Cass. Pen. 48230/2012; Cass. Pen. 48231/2012; Cass. Pen. 2569/2013; Cass. Pen. 2578/2013; Cass. Civ. 2605/2013; Cass. Pen. 4534/2013; Cass. Pen. 4958/2013; Cass. Pen. 6769/2013; Cass. Civ. 8861/2013; Cass. Pen. 11063/2013; Cass. Pen. 11445/2013; Cass. Pen. 15717/2013; Cass. Pen. 15881/2013; Cass. Pen. 18639/2013; Cass. Pen. 26247/2013; Cass. Pen. 37747/2013; Cass. Pen. 38643/2013; Cass. Pen. 41831/2013; Cass. Pen. 43080/2013; Cass. Civ. 1312/2014; Cass. Pen. 4968/2014; Cass. Pen. 5029/2014; Cass. Pen. 11160/2014;Cass. Pen. 15028/2014; Cass. Pen. 12377/2014; Cass. Pen. 14789/2014; Cass. Pen. 16247/2014; Cass. Pen. 21241/2014; Cass. Pen. 22964/2014; Cass. Pen. 27716/2014; Cass. Pen. 30483/2014; Trib. di Como 270/2014; Cass. Pen. 32133/2014; Cass. Pen. 33417/2014; Cass. Pen. 36248/2014; Cass. Pen. 36348/2014; Cass. Pen. 36350/2014; Cass. Pen. 36452/2014; Cass. Pen. 42317/2014; Cass. Pen. 44106/2014; Cass. Pen.46327/2014; Cass. Pen. 49670/2014; Cass. Pen. 51781/2014; Cass. Pen. 52439/2014; Cass. Pen. 53035/2014; Cass. Civ. 1917/2015; Cass. Pen. 1996/2015; Cass. Pen. 3453/2015; Cass. Pen. 6741/2015; Cass. Pen. 9193/2015; Cass. Pen. 9864/2015; Cass. Pen. 14157/2015; Trib. ReggioEmilia 346/2015; Cass. Pen. 15171/2015; Cass. Pen. 16390/2015; Cass. Pen. 17156/2015; Cass. Pen. 22824/2015; Cass. Pen. 24162/2015; Cass. Pen. 25922/2015; Cass. Pen. 26263/2015; Cass. Pen. 27151/2015; Cass. Pen. 33779/2015; Cass. Pen. 34085/2015; Cass. Pen. 38330/2015; Cass. Pen. 40043/2015; Cass. Pen. 40065/2015; Cass. Pen. 40710/2015Cass. Pen. 43425/2015; Cass. Pen. 44793/2015; Cass. Pen. 47002/2015; Cass. Pen. 46991/2015; Cass. Pen. 47742/2015; Cass. Pen. 50070/2015; Cass. Pen. 1021/2016; Cass. Civ. 583/2016; Cass. Pen. 2544/2016; Cass. Pen. 4495/2016; Cass. Pen. 4519/2016; Cass. Pen. 8591/2016; Cass. Pen.9571/2016; Cass. Pen. 14770/2016; Cass. Pen. 17003/2016; Cass. Pen. 26115/2016; Cass. Pen. 26166/2016; Cass. Pen. 30547/2016; Cass. Pen. 31215/2016; Cass. Pen. 41331/2016; Cass. Pen. 47054/2016; Cass. Pen. 49622/2016; Cass. Pen. 50749/2016; Cass. Pen. 1951/2017; Cass. Pen. 3300/2017; Cass. Pen. 3304/2017; Cass. Pen. 3313/2017; Cass. Pen. 13462/2017; Cass. Pen. 17179/2017; Cass. Pen. 18153/2017; Cass. Civ. 10145/2017; Cass. Pen. 20333/2017; Cass. Pen. 20339/2017; Cass. Pen. 22623/2017; Cass. Pen. 25561/2017; Cass. Pen. 30115/2017; Cass. Pen. 38531/2017; Cass. Civ. 19709/2017; Cass. Pen. 43457/2017; Cass. Pen. 56106/2017; Cass. Civ. 146/2018; Cass. Pen. 34839/2018; Cass. Pen. 40788/2018; Cass. Pen.42460/2018; Cass. Pen. 6381/2019; Cass. Pen. 6418/2019; Cass. Pen. 12869/2019; Cass. Civ. 15107/2020 Cass. 29835/2020; Cass. Pen. 34103/2021; Cass. Civ. 32450/2021 Cass. Pen. 4161/2022Cass. Pen. 36786/2022Cass. Pen. 44545/2022Cass. Pen. 13041/2023

 





Art. 36. Disposizioni concernenti le attrezzature di lavoro

1. Le attrezzature di lavoro messe a disposizione dei lavoratori devono soddisfare alle disposizioni legislative e regolamentari in materia di tutela della sicurezza e salute dei lavoratori stessi ad esse applicabili.

2. Le modalità e le procedure tecniche delle verifiche seguono il regime giuridico corrispondente a quello in base al quale l'attrezzatura é stata costruita e messa in servizio.

3. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i Ministri dell'industria, del commercio e dell'artigianato e della sanità, sentita la commissione consultiva permanente stabilisce modalità e procedure per l'effettuazione delle verifiche di cui al comma 2.

4. Nell'art. 52 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, dopo il comma 2 é aggiunto, in fine, il seguente comma: "Se ciò é appropriato e funzionale rispetto ai pericoli dell'attrezzatura di lavoro e del tempo di arresto normale, un'attrezzatura di lavoro deve essere munita di un dispositivo di arresto di emergenza.".

5. Nell'art. 53 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, dopo il comma 3 é aggiunto, in fine, il seguente comma:
"Qualora i mezzi di cui al comma 1 svolgano anche la funzione di allarme essi devono essere ben visibili ovvero comprensibili senza possibilità di errore."

6. Nell'art. 374 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, dopo il comma 2 é aggiunto, in fine, il seguente comma:
"Ove per le apparecchiature di cui al comma 2 é fornito il libretto di manutenzione occorre prevedere l'aggiornamento di questo libretto.".

7. Nell'art. 20 del decreto del Presidente della Repubblica 18 marzo 1956, n. 303, dopo il comma 2 sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:
["Un'attrezzatura che presenta pericoli causati da cadute o da proiezione di oggetti deve essere munita di dispositivi appropriati di sicurezza corrispondenti a tali pericoli. Un'attrezzatura di lavoro che comporta pericoli dovuti ad emanazione di gas, vapori o liquidi ovvero ad emissioni di polvere, deve essere munita di appropriati dispositivi di ritenuta ovvero di estrazione vicino alla fonte corrispondente a tali pericoli.".]

8. Le disposizioni del presente articolo entrano in vigore tre mesi dopo la pubblicazione del D.Lgs.359/99 nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

8-bis. Il datore di lavoro adegua ai requisiti di cui all'allegato XV, entro il 30 giugno 2001, le attrezzature di lavoro indicate nel predetto allegato, già messe a disposizione dei lavoratori alla data del 5 dicembre 1998 e non soggette a norme nazionali di attuazione di direttive comunitarie concernenti disposizioni di carattere costruttivo, allorché esiste per l'attrezzatura di lavoro considerata un rischio corrispondente.

8-ter. Fino a che le attrezzature di lavoro di cui al comma 8-bis non vengono adeguate il datore di lavoro adotta misure alternative che garantiscano un livello di sicurezza equivalente.

8-quater. Le modifiche apportate alle macchine definite all'art. 1, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1996, n. 459, a seguito dell'applicazione delle disposizioni del comma 8- bis, e quelle effettuate per migliorare le condizioni di sicurezza sempre che non comportino modifiche delle modalità di utilizzo e delle prestazioni previste dal costruttore, non configurano immissione sul mercato ai sensi dell'art. 1, comma 3, secondo periodo, del predetto decreto.

8-quinquies. Il datore di lavoro adegua ai requisiti di cui al paragrafo 2-bis dell'allegato XV le attrezzature di lavoro gia' messe a disposizione dei lavoratori alla data del 31 dicembre 1996 e non soggette a norme nazionali di attuazione di direttive comunitarie concernenti requisiti di sicurezza di carattere costruttivo.

8-sexies. Fino a quando non siano completati gli adeguamenti richiesti per dare attuazione alle disposizioni del comma 8-quinquies, il datore di lavoro adotta misure alternative che garantiscano un livello di sicurezza equivalente.

8-septies. Le modifiche apportate alle macchine definite all'articolo 1, comma 2, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1996, n. 459, a seguito dell'applicazione delle disposizioni del comma 8-quinquies, non configurano immissione sul mercato ai sensi dell'articolo 1, comma 3, secondo periodo, del predetto regolamento.

Giurisprudenza collegataCass. civ. 7328/2004;  Cass. pen. 20595/2005 ; Cass. Pen. 36981/2005 ; Cass. Pen. 36889/2009;Tribunale di Monza 26 gennaio 2010; Cass. Pen. 11262/2010;Cass. Pen. 7294/2010; Corte di Appello di Trieste, 25 agosto 2010;Cass. Pen. 1856/2011;Cass. Pen. 2557/2011;Cass. Pen. 14686/2011; Cass. Pen. 48606/2011; Cass. Pen. 33520/2012; Cass. Pen. 47274/2012; Cass. Pen. 3278/2013; Cass. Pen. 12377/2014; Cass. Pen. 26166/2016; Cass. Pen. 38531/2017; Cass. Civ. 17351/2021;



Art. 36-bis. Obblighi del datore di lavoro nell'uso di attrezzature per lavori in quota

1. Il datore di lavoro, nei casi in cui i lavori temporanei in quota non possono essere eseguiti in condizioni di sicurezza e in condizioni ergonomiche adeguate a partire da un luogo adatto allo scopo, sceglie le attrezzature di lavoro piu' idonee a garantire e mantenere condizioni di lavoro sicure, in conformita' ai seguenti criteri:
a) priorita' alle misure di protezione collettiva rispetto alle misure di protezione individuale;
b) dimensioni delle attrezzature di lavoro confacenti alla natura dei lavori da eseguire, alle sollecitazioni prevedibili e ad una circolazione priva di rischi.

2. Il datore di lavoro sceglie il tipo piu' idoneo di sistema di accesso ai posti di lavoro temporanei in quota in rapporto alla frequenza di circolazione, al dislivello e alla durata dell'impiego. Il sistema di accesso adottato deve consentire l'evacuazione in caso di pericolo imminente. Il passaggio da un sistema di accesso a piattaforme, impalcati, passerelle e viceversa non deve comportare rischi ulteriori di caduta.

3. Il datore di lavoro dispone affinche' sia utilizzata una scala a pioli quale posto di lavoro in quota solo nei casi in cui l'uso di altre attrezzature di lavoro considerate piu' sicure non e' giustificato a causa del limitato livello di rischio e della breve durata di impiego oppure delle caratteristiche esistenti dei siti che non puo' modificare.

4. Il datore di lavoro dispone affinche' siano impiegati sistemi di accesso e di posizionamento mediante funi alle quali il lavoratore e' direttamente sostenuto, soltanto in circostanze in cui, a seguito della valutazione dei rischi, risulta che il lavoro puo' essere effettuato in condizioni di sicurezza e l'impiego di un'altra attrezzatura di lavoro considerata piu' sicura non e' giustificato a causa della breve durata di impiego e delle caratteristiche esistenti dei siti che non puo' modificare. Lo stesso datore di lavoro prevede l'impiego di un sedile munito di appositi accessori in funzione dell'esito della valutazione dei rischi ed, in particolare, della durata dei lavori e dei vincoli di carattere ergonomico.

5. Il datore di lavoro, in relazione al tipo di attrezzature di lavoro adottate in base ai commi precedenti, individua le misure atte a minimizzare i rischi per i lavoratori, insiti nelle attrezzature in questione, prevedendo, ove necessario, l'installazione di dispositivi di protezione contro le cadute. I predetti dispositivi devono presentare una configurazione ed una resistenza tali da evitare o da arrestare le cadute da luoghi di lavoro in quota e da prevenire, per quanto possibile, eventuali lesioni dei lavoratori. I dispositivi di protezione collettiva contro le cadute possono presentare interruzioni soltanto nei punti in cui sono presenti scale a pioli o a gradini.

6. Il datore di lavoro nel caso in cui l'esecuzione di un lavoro di natura particolare richiede l'eliminazione temporanea di un dispositivo di protezione collettiva contro le cadute, adotta misure di sicurezza equivalenti ed efficaci. Il lavoro e' eseguito previa adozione di tali misure. Una volta terminato definitivamente o temporaneamente detto lavoro di natura particolare, i dispositivi di protezione collettiva contro le cadute devono essere ripristinati.

7. Il datore di lavoro effettua i lavori temporanei in quota soltanto se le condizioni meteorologiche non mettono in pericolo la sicurezza e la salute dei lavoratori.

 

Giurisprudenza collegataCass. Pen. 40796/2008; Corte di Appello di Trieste, 29 marzo 2011; Cass. Pen. 28893/2011; Cass. Pen. 2302/2013; Cass. Pen. 43987/2013; Cass. Pen. 29266/2014; Trib. di Como 270/2014; Cass. Pen. 36248/2014; Cass. Pen. 26292/2015; Cass. Pen. 27162/2015; Cass. Pen. 38063/2016; Cass. Pen. 22079/2019;

 

 


Art. 36-ter. Obblighi del datore di lavoro relativi all'impiego delle scale a pioli

1. Il datore di lavoro assicura che le scale a pioli siano sistemate in modo da garantire la loro stabilita' durante l'impiego e secondo i seguenti criteri:
a) le scale a pioli portatili devono poggiare su un supporto stabile, resistente, di dimensioni adeguate e immobile, in modo da garantire la posizione orizzontale dei pioli;
b) le scale a pioli sospese devono essere agganciate in modo sicuro e, ad eccezione delle scale a funi, in maniera tale da evitare spostamenti e qualsiasi movimento di oscillazione;
c) lo scivolamento del piede delle scale a pioli portatili, durante il loro uso, deve essere impedito con fissaggio della parte superiore o inferiore dei montanti, o con qualsiasi dispositivo antiscivolo, o ricorrendo a qualsiasi altra soluzione di efficacia equivalente;
d) le scale a pioli usate per l'accesso devono essere tali da sporgere a sufficienza oltre il livello di accesso, a meno che altri dispositivi garantiscono una presa sicura;
e) le scale a pioli composte da piu' elementi innestabili o a sfilo devono essere utilizzate in modo da assicurare il fermo reciproco dei vari elementi;
f) le scale a pioli mobili devono essere fissate stabilmente prima di accedervi.

2. Il datore di lavoro assicura che le scale a pioli siano utilizzate in modo da consentire ai lavoratori di disporre in qualsiasi momento di un appoggio e di una presa sicuri. In particolare il trasporto a mano di pesi su una scala a pioli non deve precludere una presa sicura.

 

Giurisprudenza Collegata: Cass. Pen. 41164/2012; Cass. Pen. 2302/2013; Cass. Pen. 12683/2016;

Art. 36-quater. Obblighi del datore di lavoro relativi all'impiego dei ponteggi

1. Il datore di lavoro procede alla redazione di un calcolo di resistenza e di stabilita' e delle corrispondenti configurazioni di impiego, se nella relazione di calcolo del ponteggio scelto non sono disponibili specifiche configurazioni strutturali con i relativi schemi di impiego.

2. Il datore di lavoro e' esonerato dall'obbligo di cui al comma 1, se provvede all'assemblaggio del ponteggio in conformita' ai capi IV, V e VI del decreto del Presidente della Repubblica 7 gennaio 1956, n. 164.

3. Il datore di lavoro provvede a redigere a mezzo di persona competente un piano di montaggio, uso e smontaggio, in funzione della complessita' del ponteggio scelto. Tale piano puo' assumere la forma di un piano di applicazione generalizzata integrato da istruzioni e progetti particolareggiati per gli schemi speciali costituenti il ponteggio, ed e' messo a disposizione del preposto addetto alla sorveglianza e dei lavoratori interessati.

4. Il datore di lavoro assicura che:
a) lo scivolamento degli elementi di appoggio di un ponteggio e' impedito tramite fissaggio su una superficie di appoggio, o con un dispositivo antiscivolo, oppure con qualsiasi altra soluzione di efficacia equivalente;
b) i piani di posa dei predetti elementi di appoggio hanno una capacita' portante sufficiente;
c) il ponteggio e' stabile;
d) dispositivi appropriati impediscono lo spostamento involontario dei ponteggi su ruote durante l'esecuzione dei lavori in quota;
e) le dimensioni, la forma e la disposizione degli impalcati di un ponteggio sono idonee alla natura del lavoro da eseguire, adeguate ai carichi da sopportare e tali da consentire un'esecuzione dei lavori e una circolazione sicure;
f) il montaggio degli impalcati dei ponteggi e' tale da impedire lo spostamento degli elementi componenti durante l'uso, nonche' la presenza di spazi vuoti pericolosi fra gli elementi che costituiscono gli impalcati e i dispositivi verticali di protezione collettiva contro le cadute.

5. Il datore di lavoro provvede ad evidenziare le parti di ponteggio non pronte per l'uso, in particolare durante le operazioni di montaggio, smontaggio o trasformazione, mediante segnaletica di avvertimento di pericolo generico ai sensi del decreto legislativo 14 agosto 1996, n. 493, e delimitandole con elementi materiali che impediscono l'accesso alla zona di pericolo.

6. Il datore di lavoro assicura che i ponteggi siano montati, smontati o trasformati sotto la sorveglianza di un preposto e ad opera di lavoratori che hanno ricevuto una formazione adeguata e mirata alle operazioni previste.

7. La formazione di cui al comma 6 ha carattere teorico-pratico e deve riguardare:
a) la comprensione del piano di montaggio, smontaggio o trasformazione del ponteggio;
b) la sicurezza durante le operazioni di montaggio, smontaggio o trasformazione del ponteggio con riferimento alla legislazione vigente;
c) le misure di prevenzione dei rischi di caduta di persone o di oggetti;
d) le misure di sicurezza in caso di cambiamento delle condizioni meteorologiche pregiudizievoli alla sicurezza del ponteggio;
e) le condizioni di carico ammissibile;
f) qualsiasi altro rischio che le suddette operazioni di montaggio, smontaggio o trasformazione possono comportare.

8. In sede di Conferenza Stato-Regioni e province autonome sono individuati i soggetti formatori, la durata, gli indirizzi ed i requisiti minimi di validita' dei corsi.

9. I lavoratori che alla data di entrata in vigore del presente decreto hanno svolto per almeno due anni attivita' di montaggio smontaggio o trasformazione di ponteggi sono tenuti a partecipare ai corsi di formazione di cui al comma 8 entro i due anni successivi alla data di entrata in vigore del presente decreto.

10. I preposti che alla data di entrata in vigore del presente decreto hanno svolto per almeno tre anni operazioni di montaggio, smontaggio o trasformazione di ponteggi sono tenuti a partecipare ai corsi di formazione di cui al comma 8 entro i due anni successivi alla data di entrata in vigore del presente decreto.

 

Giurisprudenza Collegata: Tribunale di Genova, 07 giugno 2010; Tribunale di Trento, Sez. Pen., 23 settembre 2011; Cass. Pen. 47864/2011; Cass. Pen. 19452/2012; Cass. Pen. 21205/2012; Cass. Pen. 39830/2012; Cass. Pen. 2080/2013; Cass. Pen. 10221/2013; Cass. Pen. 1471/2014; Cass. Pen. 14770/2016; Cass. Pen. 56106/2017;



Art. 36-quinquies. Obblighi dei datori di lavoro concernenti l'impiego di sistemi di accesso e di posizionamento mediante funi

1. Il datore di lavoro impiega sistemi di accesso e di posizionamento mediante funi in conformita' ai seguenti requisiti:
a) sistema comprendente almeno due funi ancorate separatamente, una per l'accesso, la discesa e il sostegno (fune di lavoro) e l'altra con funzione di dispositivo ausiliario (fune di sicurezza). E' ammesso l'uso di una fune in circostanze eccezionali in cui l'uso di una seconda fune rende il lavoro piu' pericoloso e se sono adottate misure adeguate per garantire la sicurezza;
b) lavoratori dotati di un'adeguata imbracatura di sostegno collegata alla fune di sicurezza;
c) fune di lavoro munita di meccanismi sicuri di ascesa e discesa e dotata di un sistema autobloccante volto a evitare la caduta nel caso in cui l'utilizzatore perda il controllo dei propri movimenti. La fune di sicurezza deve essere munita di un dispositivo mobile contro le cadute che segue gli spostamenti del lavoratore;
d) attrezzi ed altri accessori utilizzati dai lavoratori, agganciati alla loro imbracatura di sostegno o al sedile o ad altro strumento idoneo;
e) lavori programmati e sorvegliati in modo adeguato, anche al fine di poter immediatamente soccorrere il lavoratore in caso di necessita'. Il programma dei lavori definisce un piano di emergenza, le tipologie operative, i dispositivi di protezione individuale, le tecniche e le procedure operative, gli ancoraggi, il posizionamento degli operatori, i metodi di accesso, le squadre di lavoro e gli attrezzi di lavoro;
f) il programma di lavoro deve essere disponibile presso i luoghi di lavoro ai fini della verifica da parte dell'organo di vigilanza competente per territorio di compatibilita' ai criteri di cui all'articolo 36-bis, commi 1 e 2.

2. Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori interessati una formazione adeguata e mirata alle operazioni previste, in particolare in materia di procedure di salvataggio.

3. La formazione di cui al comma 2 ha carattere teorico-pratico e deve riguardare:
a) l'apprendimento delle tecniche operative e dell'uso dei dispositivi necessari;
b) l'addestramento specifico sia su strutture naturali, sia su manufatti;
c) l'utilizzo dei dispositivi di protezione individuale, loro caratteristiche tecniche, manutenzione, durata e conservazione;
d) gli elementi di primo soccorso;
e) i rischi oggettivi e le misure di prevenzione e protezione;
f) le procedure di salvataggio.

4. In sede di Conferenza Stato-Regioni e province autonome saranno individuati i soggetti formatori, la durata, gli indirizzi ed i requisiti minimi di validita' dei corsi.

5. I lavoratori che alla data di entrata in vigore del presente decreto hanno svolto per almeno 2 anni attivita' con impiego di sistemi di accesso e posizionamento mediante funi devono partecipare ai corsi di formazione di cui al comma 4 entro i due anni successivi alla data di entrata in vigore del presente decreto.

Giurisprudenza collegata: Cass. Pen. 6280/2007; Cass. Pen. 24708/2016;

 

Art. 37. Informazione

1. Il datore di lavoro provvede affinché per ogni attrezzatura di lavoro a disposizione, i lavoratori incaricati dispongano di ogni informazione e di ogni istruzione d'uso necessaria in rapporto alla sicurezza e relativa:
a) alle condizioni di impiego delle attrezzature anche sulla base delle conclusioni eventualmente tratte dalle esperienze acquisite nella fase di utilizzazione delle attrezzature di lavoro;
b) alle situazioni anormali prevedibili.

1-bis. Il datore di lavoro provvede altresì a informare i lavoratori sui rischi cui sono esposti durante l'uso delle attrezzature di lavoro, sulle attrezzature di lavoro presenti nell'ambiente immediatamente circostante, anche se da essi non usate direttamente, nonché sui cambiamenti di tali attrezzature.

2. Le informazioni e le istruzioni d'uso devono risultare comprensibili ai lavoratori interessati.

 

Giurisprudenza collegata: Cass. Pen. 41707/2004; Cass. civ. 7328/2004Cass. Pen. 20272/2006Cass.pen. 14796/2006 ;Cass. Pen. 6280/2007; Cass.Pen. 39888/2008; Cass. Pen. 38006/2008; Cass. Pen. 36889/2009; Tribunale di Genova, 14 luglio 2009; Cass. Pen. 34804/2010Corte di Appello di Trieste, 18 maggio 2010Cass. Pen. 1226/2011;Cass. Pen. 1856/2011;Cass.Pen. 2565/2011;Cass. Pen. 9917/2011; Cass. Pen. 17455/2011; Cass. Pen. 35828/2011; Tribunale di Torino, Seconda Corte di Assise, 14 novembre 2011; Cass. Pen. 3999/2012; Cass. Pen. 32318/2012; Cass. Pen. 47274/2012; Trib. di Perugia, 21 novembre 2012; Cass. Pen. 7957/2013; Cass. Civ. 8861/2013; Cass. Pen. 10327/2013; Cass. Pen. 11487/2013; Cass. Pen. 38643/2013; Cass. Pen. 5029/2014; Cass. Pen. 44106/2014; Cass. Pen. 51781/2014; Cass. Pen. 17156/2015; Cass. Pen. 24651/2015; Cass. Pen. 8591/2016; Cass. Pen. 26115/2016; Cass. Pen. 4706/2017; Cass. Civ. 10145/2017; Cass. Pen. 20339/2017; Cass. Civ. 14570/2017; Cass. Civ. 21960/2018; Cass. Pen. 54813/2018;





Art. 38. Formazione ed addestramento

1. Il datore di lavoro si assicura che:
a) i lavoratori incaricati di usare le attrezzature di lavoro ricevono una formazione adeguata sull'uso delle attrezzature di lavoro;
b) i lavoratori incaricati dell'uso delle attrezzature che richiedono conoscenze e responsabilità particolari di cui all'art. 35, comma 5, ricevono un addestramento adeguato e specifico che li metta in grado di usare tali attrezzature in modo idoneo e sicuro anche in relazione ai rischi causati ad altre persone.


Giurisprudenza collegata: Cass. Pen. 41707/2004; Cass. civ. 7328/2004Cass. pen. 14175/2005Cass. Pen. 6280/2007;Cass. Pen. 19523/2008; Cass.Pen. 39888/2008Cass. Pen. 13247/2010; Cass. Pen. 34804/2010; Cass. Pen. 1226/2011;Cass. Pen. 1856/2011;Cass. Pen. 5013/2011; Cass. Pen. 12705/2011;Corte di Appello di Trieste 29 marzo 2011; Corte di Appello 13 aprile 2011; Trib. Monza 05 maggio 2011; Cass. Pen. 35828/2011;  Tribunale di Torino, Seconda Corte di Assise, 14 novembre 2011; Cass. Pen. 39266/2011; Tribunale di Monza, Sez. Pen., 26 settembre 2011; Tribunale di Ravenna, 23 giugno 2011; Cass. Pen. 3562/2012; Cass. Pen. 3999/2012; Cass. Pen. 16890/2012; Cass. Pen. 25535/2012; Cass. Pen. 32318/2012; Trib. di Nuoro, 26 aprile 2012; Trib. di Perugia, 21 novembre 2012; Cass. Pen. 7957/2013; Cass. Pen. 11487/2013; Cass. Pen. 35295/2013; Cass. Pen. 38643/2013; Cass. Pen. 14789/2014; Cass. Pen. 21241/2014; Cass. Pen. 36252/2014; Cass. Pen. 44106/2014; Cass. Pen. 51781/2014; Cass. Pen. 5403/2015; Cass. Pen. 17156/2015; Cass. Pen. 24651/2015; Cass. Pen. 1021/2016; Cass. Pen. 8591/2016; Cass. Pen. 14770/2016; Cass. Pen. 26115/2016; Cass. Pen. 45492/2016; Cass. Pen. 1951/2017; Cass. Pen. 3300/2017; Cass. Pen. 19042/2017; Cass. Civ. 10145/2017; Cass. Pen. 20339/2017; Cass. Civ. 19709/2017;
 




Art. 39. Obblighi dei lavoratori

1. I lavoratori si sottopongono ai programmi di formazione o di addestramento eventualmente organizzati dal datore di lavoro.

2. I lavoratori utilizzano le attrezzature di lavoro messe a loro disposizione conformemente all'informazione, alla formazione ed all'addestramento ricevuti.

3. I lavoratori:
a) hanno cura delle attrezzature di lavoro messe a loro disposizione;
b) non vi apportano modifiche di propria iniziativa;
c) segnalano immediatamente al datore di lavoro o al dirigente o al preposto qualsiasi difetto od inconveniente da essi rilevato nelle attrezzature di lavoro messe a loro disposizione.

 

Giurisprudenza Collegata: Cass. Pen. 24764/2013;

 

 

TITOLO IV
USO DEI DISPOSITIVI DI PROTEZIONE INDIVIDUALE

 

 

Art. 40. Definizioni

1. Si intende per dispositivo di protezione individuale (DPI) qualsiasi attrezzatura destinata ad essere indossata e tenuta dal lavoratore allo scopo di proteggerlo contro uno o più rischi suscettibili di minacciarne la sicurezza o la salute durante il lavoro, nonchè ogni complemento o accessorio destinato a tale scopo.

2. Non sono dispositivi di protezione individuale:
a) gli indumenti di lavoro ordinari e le uniformi non specificamente destinati a proteggere la sicurezza e la salute del lavoratore;
b) le attrezzature dei servizi di soccorso e di salvataggio; c) le attrezzature di protezione individuale delle forze armate, delle forze di polizia e del personale del servizio per il mantenimento dell'ordine pubblico;
d) le attrezzature di protezione individuale proprie dei mezzi di trasporto stradali;
e) i materiali sportivi;
f) i materiali per l'autodifesa o per la dissuasione;
g) gli apparecchi portatili per individuare e segnalare rischi e fattori nocivi.

Giurisprudenza collegata: Cass. Pen. 34415/2005Tribunale di Torino, 3 agosto 2009Cass. Pen. 16134/2010; Cass. Pen. 28779/2011; Cass. Civ. 1841/2012; Cass. Civ. 1840/2012; Cass. Pen. 35906/2012;Cass. Civ. 21135/2012; Cass. Civ. 9078/2013; Cass. Civ. 5176/2014; Cass. Civ. 16495/2014; Cass. Civ.22375/2014; Cass. Civ. 23005/2014; Cass. Civ. 8585/2015; Cass. Pen. 27182/2015; Cass. Civ. 9948/2016; Cass. Civ. 29760/2017Cass. Civ. 8042/2022;Cass. Civ. 12709/2023

 



Art. 41. Obbligo di uso

1. I DPI devono essere impiegati quando i rischi non possono essere evitati o sufficientemente ridotti da misure tecniche di prevenzione, da mezzi di protezione collettiva, da misure, metodi o procedimenti di riorganizzazione del lavoro.

 

 

 

Giurisprudenza Collegata: Cass. Pen. 40196/2007; Cass. Pen. 16134/2010; Cass. Civ. 2605/2013; Cass. Civ. 9078/2013; Cass. Civ. 9948/2016; Cass. Pen. 22717/2016; Cass. Pen. 56106/2017;



Art. 42. Requisiti dei DPI

1. I DPI devono essere conformi alle norme di cui al decreto legislativo 4 dicembre 1992, n. 475.

2. I DPI di cui al comma 1 devono inoltre:
a) essere adeguati ai rischi da prevenire, senza comportare di per sè un rischio maggiore;
b) essere adeguati alle condizioni esistenti sul luogo di lavoro;
c) tenere conto delle esigenze ergonomiche o di salute del lavoratore;
d) poter essere adattati all'utilizzatore secondo le sue necessità.

3. In caso di rischi multipli che richiedono l'uso simultaneo di più DPI, questi devono essere tra loro compatibili e tali da mantenere, anche nell'uso simultaneo, la propria efficacia nei confronti del rischio e dei rischi corrispondenti.

Giurisprudenza Collegata: Cass. Pen. 16134/2010; Cass. Pen. 28665/2012; Cass. Pen. 3266/2015Cass. Civ. 8042/2022Cass. Civ. 12709/2023

  


Art. 43. Obblighi del datore di lavoro

1. Il datore di lavoro ai fini della scelta dei DPI:
a) effettua l'analisi e la valutazione dei rischi che non possono essere evitati con altri mezzi;
b) individua le caratteristiche dei DPI necessarie affinchè questi siano adeguati ai rischi di cui alla lettera
a), tenendo conto delle eventuali ulteriori fonti di rischio rappresentate dagli stessi DPI;
c) valuta, sulla base delle informazioni a corredo dei DPI fornite dal fabbricante e delle norme d'uso di cui all'art. 45 le caratteristiche dei DPI disponibili sul mercato e le raffronta con quelle individuate alla lettera b);
d) aggiorna la scelta ogni qualvolta intervenga una variazione significativa negli elementi di valutazione.

2. Il datore di lavoro, anche sulla base delle norme d'uso di cui all'art. 45, individua le condizioni in cui un DPI deve essere usato, specie per quanto riguarda la durata dell'uso, in funzione di:
a) entità del rischio;
b) frequenza dell'esposizione al rischio;
c) caratteristiche del posto di lavoro di ciascun lavoratore;
d) prestazioni del DPI.

3. Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori i DPI conformi ai requisiti previsti dall'art. 42 e dal decreto di cui all'art. 45, comma 2.

4. Il datore di lavoro:
a) mantiene in efficienza i DPI e ne assicura le condizioni d'igiene, mediante la manutenzione, le riparazioni e le sostituzioni necessarie;
b) provvede a che i DPI siano utilizzati soltanto per gli usi previsti, salvo casi specifici ed eccezionali, conformemente alle informazioni del fabbricante;
c) fornisce istruzioni comprensibili per i lavoratori;
d) destina ogni DPI ad un uso personale e, qualora le circostanze richiedano l'uso di uno stesso DPI da parte di più persone, prende misure adeguate affinchè tale uso non ponga alcun problema sanitario e igienico ai vari utilizzatori;
e) informa preliminarmente il lavoratore dei rischi dai quali il DPI lo protegge;
f) rende disponibile nell'azienda ovvero unità produttiva informazioni adeguate su ogni DPI;
g) assicura una formazione adeguata e organizza, se necessario, uno specifico addestramento circa l'uso corretto e l'utilizzo pratico dei DPI.

5. In ogni caso l'addestramento è indispensabile:
a) per ogni DPI che, ai sensi del decreto legislativo 4 dicembre 1992, n. 475, appartenga alla terza categoria;
b) per i dispositivi di protezione dell'udito.

Giurisprudenza collegata: Cass. Pen. 37576/2006; Cass. Pen. 41997/2006; Cass. Pen. 1833/2009; Cass. Pen. 44890/2009; Cass. Pen. 41823/2009; Cass. Pen. 42560/2009; Cass. Pen. 6694/2010;Cass. Pen. 21180/2009; Tribunale di Monza 26 gennaio 2010; Cass. Pen. 16134/2010; Cass. Pen. 15640/2010; Cass. Pen. 36358/2010; Tribunale di Ivrea, 09 agosto 2010;Cass. Civ. 2135/2011; Trib. Bologna, 21 febbraio 2011;Cass. Pen. 16086/2011; Corte di Appello di Milano, 06 luglio 2011; Tribunale di Torino, Seconda Corte di Assise, 14 novembre 2011; Tribunale di Ravenna, 23 giugno 2011; Cass. Civ. 1841/2012; Cass. Civ. 1840/2012; Cass. Pen. 28353/2012; Cass. Pen. 28665/2012; Cass. Pen. 44834/2012; Cass. Pen. 26420/2013; Cass. Civ. 16495/2014; Cass. Civ.22375/2014; Cass. Civ. 23005/2014; Cass. Pen. 3266/2015; Cass. Civ. 8585/2015; Cass. Pen. 24651/2015; Cass. Pen. 40043/2015; Cass. Pen. 4706/2017Cass. Pen. 4450/2022Cass. Civ. 8042/2022Cass. Civ. 12709/2023;

 

 




Art. 44. Obblighi dei lavoratori

1. I lavoratori si sottopongono al programma di formazione e addestramento organizzato dal datore di lavoro nei casi ritenuti necessari ai sensi dell'art. 43, commi 4, lettera g), e 5.
2. I lavoratori utilizzano i DPI messi a loro disposizione conformemente all'informazione e alla formazione ricevute e all'addestramento eventualmente organizzato.

3. I lavoratori:
a) hanno cura dei DPI messi a loro disposizione;
b) non vi apportano modifiche di propria iniziativa.

4. Al termine dell'utilizzo i lavoratori seguono le procedure aziendali in materia di riconsegna dei DPI.

5. I lavoratori segnalano immediatamente al datore di lavoro o al dirigente o al preposto qualsiasi difetto o inconveniente da essi rilevato nei DPI messi a loro disposizione.

 

Giurisprudenza Collegata: Cass. Civ. 2135/2011; Cass. Civ. 1841/2012; Cass. Civ. 1840/2012Cass. Pen. 6497/2021;



Art. 45. Criteri per l'individuazione e l'uso

1. Il contenuto degli allegati III, IV e V costituisce elemento di riferimento per l'applicazione di quanto previsto all'art. 43, commi 1 e 4.

2. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale di concerto con il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, sentita la commissione consultiva permanente, tenendo conto della natura, dell'attività e dei fattori specifici di rischio, indica:
a) i criteri per l'individuazione e l'uso dei DPI;
b) le circostanze e le situazioni in cui, ferme restando le priorità delle misure di protezione collettiva, si rende necessario l'impiego dei DPI.

Art. 46. Norma transitoria

1. Fino alla data del 31 dicembre 1998 e, nel caso di dispositivi di emergenza destinati all'autosalvataggio in caso di evacuazione, fino al 31 dicembre 2004, possono essere impiegati:
a) i DPI commercializzati ai sensi dell'art. 15, comma 1, del decreto legislativo 4 dicembre 1992, n. 475;
b) i DPI già in uso alla data di entrata in vigore del presente decreto prodotti conformemente alle normative vigenti nazionali o di altri Paesi della Comunità europea.

 

Giurisprudenza Collegata: Cass. Civ. 944/2012; Cass. Pen. 35906/2012;

 

 

TITOLO V
MOVIMENTAZIONE MANUALE DEI CARICHI

 

Art. 47. Campo di applicazione.

1. Le norme del presente titolo si applicano alle attività che comportano la movimentazione manuale dei carichi con i rischi, tra l'altro, di lesioni dorso-lombari per i lavoratori durante il lavoro.

2. Si intendono per:
a) movimentazione manuale dei carichi: le operazioni di trasporto o di sostegno di un carico ad opera di uno o più lavoratori, comprese le azioni del sollevare, deporre, spingere, tirare, portare o spostare un carico che, per le loro caratteristiche o in conseguenza delle condizioni ergonomiche sfavorevoli, comportano tra l'altro rischi di lesioni dorso-lombari;
b) lesioni dorso-lombari: lesioni a carico delle strutture osteomiotendinee e nerveovascolari a livello dorso lombare.

Giurisprudenza collegata: Cass. Pen. 13161/2005;  Cass. Civ. 11622/2007; Cass. Civ. 944/2012; Cass. Civ. 21135/2012; Cass. Civ. 28896/2017; Cass. Civ. 19509/2018; Cass. Civ. 24741/2018; Cass. Pen. 50293/2018; Cass. Civ. 7171/2019;


Art. 48. Obblighi dei datori di lavoro

1. Il datore di lavoro adotta le misure organizzative necessarie o ricorre ai mezzi appropriati, in particolare attrezzature meccaniche, per evitare la necessità di una movimentazione manuale dei carichi da parte dei lavoratori.
2. Qualora non sia possibile evitare la movimentazione manuale dei carichi ad opera dei lavoratori, il datore di lavoro adotta le misure organizzative necessarie, ricorre ai mezzi appropriati o fornisce ai lavoratori stessi i mezzi adeguati, allo scopo di ridurre il rischio che comporta la movimentazione manuale di detti carichi, in base all'allegato VI.

3. Nel caso in cui la necessità di una movimentazione manuale di un carico ad opera del lavoratore non può essere evitata, il datore di lavoro organizza i posti di lavoro in modo che detta movimentazione sia quanto più possibile sicura e sana.

4. Nei casi di cui al comma 3 il datore di lavoro:
a) valuta, se possibile, preliminarmente, le condizioni di sicurezza e di salute connesse al lavoro in questione e tiene conto in particolare delle caratteristiche del carico in base all'allegato VI;
b) adotta le misure atte ad evitare o ridurre tra l'altro i rischi di lesioni dorso-lombari, tenendo conto in particolare dei fattori individuali di rischio, delle caratteristiche dell'ambiente di lavoro e delle esigenze che tale attività comporta, in base all'allegato VI;
c) sottopone alla sorveglianza sanitaria di cui all'art. 16 gli addetti alle attività di cui al presente decreto.

Giurisprudenza collegata: Cass. Pen. 13161/2005; Cass. Civ. 11622/2007; Cass. Pen. 6277/2007;Cass. Pen. 37397/2007; Cass. Pen. 45073/2008; Cass.Pen. 1777/2009;Tribunale di L'Aquila, 19 gennaio 2010Cass. Pen. 11262/2010;Cass. Pen. 36358/2010; Corte di Appello di Lecce Taranto, 16 maggio 2012Cass. Civ. 21135/2012; Cass. Pen. 16266/2013; Cass. Pen. 50605/2013; Cass. Pen. 29877/2014; Cass. Civ. 22827/2014; Cass. Civ. 26307/2014Cass. Pen. 3280/2015; Cass. Pen. 3674/2015; Cass. Civ. 23784/2015; Cass. Pen. 8872/2016; Cass. Pen. 22623/2017; Cass. Civ. 28896/2017; Cass. Civ. 19509/2018; Cass. Civ. 24741/2018; Cass. Pen. 50293/2018; Cass. Pen. 53999/2018; Cass. Civ. 7171/2019;



Art. 49. Informazione e formazione

1. Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori informazioni, in particolare per quanto riguarda:
a) il peso di un carico;
b) il centro di gravità o il lato più pesante nel caso in cui il contenuto di un imballaggio abbia una collocazione eccentrica;
c) la movimentazione corretta dei carichi e i rischi che i lavoratori corrono se queste attività non vengono eseguite in maniera corretta, tenuto conto degli elementi di cui all'allegato VI.

2. Il datore di lavoro assicura ai lavoratori una formazione adeguata, in particolare in ordine a quanto indicato al comma 1.

 

Giurisprudenza Collegata: Cass. Pen. 50605/2013; Cass. Pen. 24454/2015; Cass. Pen. 50293/2018;

 

TITOLO V-bis
Protezione da agenti fisici

[Il presente titolo è stato introdotto dal D. lgs. n. 195 del 10 aprile 2006]

Capo I
Disposizioni generali

 

Art. 49-bis. Campo di applicazione

1. Il presente titolo determina i requisiti minimi per la protezione dei lavoratori contro i rischi per la salute e la sicurezza derivanti dall'esposizione al rumore durante il lavoro e in particolare per l'udito.

 

Giurisprudenza Collegata: Cass. Pen. 35946/2010;

Art. 49-ter. Definizioni

1. Ai fini del presente titolo si intende per:

a) pressione acustica di picco (ppeak): valore massimo della pressione acustica istantanea ponderata in frequenza «C»;

b) livello di esposizione giornaliera al rumore (LEX,8h): [dB(A)

riferito a 20 (micro)gPa]: valore medio, ponderato in funzione del tempo, dei livelli di esposizione al rumore per una giornata lavorativa nominale di otto ore, definito dalla norma internazionale ISO 1999: 1990 punto 3.6. Si riferisce a tutti i rumori sul lavoro, incluso il rumore impulsivo;

c) livello di esposizione settimanale al rumore (LEX,8h): valore medio, ponderato in funzione del tempo, dei livelli di esposizione giornaliera al rumore per una settimana nominale di cinque giornate lavorative di otto ore, definito dalla norma internazionale ISO 1999:1990 punto 3.6, nota 2.

Art. 49-quater. Valori limite di esposizione e valori di azione

1. I valori limite di esposizione e i valori di azione, in relazione al livello di esposizione giornaliera al rumore e alla pressione acustica di picco, sono fissati a:

a) valori limite di esposizione rispettivamente LEX,8h= 87 dB(A)

e ppeak= 200 Pa (140 dB(C) riferito a 20 (micro)Pa);

b) valori superiori di azione: rispettivamente LEX,8h= 85 dB(A) e ppeak= 140 Pa (137 dB(C) riferito a 20 (micro)Pa);

c) valori inferiori di azione: rispettivamente LEX,8h= 80 dB(A) e ppeak= 112 Pa (135 dB(C) riferito a 20 (micro)Pa).

2. Laddove a causa delle caratteristiche intrinseche della attivita' lavorativa l'esposizione giornaliera al rumore varia significativamente, da una giornata di lavoro all'altra, e' possibile sostituire, ai fini dell'applicazione dei valori limite di esposizione e dei valori di azione, il livello di esposizione giornaliera al rumore con il livello di esposizione settimanale a condizione che:

a) il livello di esposizione settimanale al rumore, come dimostrato da un controllo idoneo, non ecceda il valore limite di esposizione di 87 dB(A);

b) siano adottate le adeguate misure per ridurre al minimo i rischi associati a tali attivita'.

 

Capo II
Obblighi del datore di lavoro

 

Art. 49-quinquies. Valutazione del rischio

1. Nell'ambito della valutazione dei rischi di cui all'articolo 4, il datore di lavoro valuta il rumore durante il lavoro prendendo in considerazione in particolare:

a) il livello, il tipo e la durata dell'esposizione, ivi inclusa ogni esposizione a rumore impulsivo;

b) i valori limite di esposizione e i valori di azione di cui all'articolo 49-quater;

c) tutti gli effetti sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori particolarmente sensibili al rumore;

d) per quanto possibile a livello tecnico, tutti gli effetti sulla salute e sicurezza dei lavoratori derivanti da interazioni fra rumore e sostanze ototossiche connesse con l'attivita' svolta e fra rumore e vibrazioni;

e) tutti gli effetti indiretti sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori risultanti da interazioni fra rumore e segnali di avvertimento o altri suoni che vanno osservati al fine di ridurre il rischio di infortuni;

f) le informazioni sull'emissione di rumore fornite dai costruttori dell'attrezzatura di lavoro in conformita' alle vigenti disposizioni in materia;

g) l'esistenza di attrezzature di lavoro alternative progettate per ridurre l'emissione di rumore;

h) il prolungamento del periodo di esposizione al rumore oltre l'orario di lavoro normale, in locali di cui e' responsabile;

i) le informazioni raccolte dalla sorveglianza sanitaria, comprese, per quanto possibile, quelle reperibili nella letteratura scientifica;

l) la disponibilita' di dispositivi di protezione dell'udito con adeguate caratteristiche di attenuazione.

2. Se, a seguito della valutazione di cui al comma 1, puo' fondatamente ritenersi che i valori inferiori di azione possono essere superati, il datore di lavoro misura i livelli di rumore cui i lavoratori sono esposti, i cui risultati sono riportati nel documento di valutazione.

3. I metodi e le apparecchiature utilizzate sono adattati alle condizioni prevalenti in particolare alla luce delle caratteristiche del rumore da misurare, della durata dell'esposizione, dei fattori ambientali e delle caratteristiche dell'apparecchio di misurazione. I metodi utilizzati possono includere la campionatura, purche' sia rappresentativa dell'esposizione del lavoratore.

4. I metodi e le strumentazioni rispondenti alle norme di buona tecnica si considerano adeguati ai sensi del comma 3.

5. Nell'applicare quanto previsto nel presente articolo, il datore di lavoro tiene conto delle imprecisioni delle misurazioni determinate secondo la prassi metrologica.

6. La valutazione di cui al comma 1 individua le misure di prevenzione e protezione necessarie ai sensi degli articoli 49-sexies, 49-septies, 49-octies e 49-nonies ed e' documentata in conformita' all'articolo 4, comma 2.

7. La valutazione e la misurazione di cui ai commi 1 e 2 sono programmante ed effettuate con cadenza almeno quadriennale, da personale adeguatamente qualificato nell'ambito del servizio di prevenzione e protezione di cui all'articolo 8. In ogni caso il datore di lavoro aggiorna la valutazione dei rischi in occasione di notevoli mutamenti che potrebbero averla resa superata o quando i risultati della sorveglianza sanitaria ne mostrino la necessita'.

Art. 49-sexies. Misure di prevenzione e protezione

1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 3 il datore di lavoro elimina i rischi alla fonte o li riduce al minimo e, in ogni caso, a livelli non superiori ai valori limite di esposizione, mediante le seguenti misure:

a) adozione di altri metodi di lavoro che implicano una minore esposizione al rumore;

b) scelta di attrezzature di lavoro adeguate, tenuto conto del lavoro da svolgere, che emettano il minor rumore possibile, inclusa l'eventualita' di rendere disponibili ai lavoratori attrezzature di lavoro conformi ai requisiti di cui al titolo III, il cui obiettivo o effetto e' di limitare l'esposizione al rumore;

c) progettazione della struttura dei luoghi e dei posti di lavoro;

d) adeguata informazione e formazione sull'uso corretto delle attrezzature di lavoro in modo da ridurre al minimo la loro esposizione al rumore;

e) adozione di misure tecniche per il contenimento:

1) del rumore trasmesso per via aerea, quali schermature, involucri o rivestimenti realizzati con materiali fonoassorbenti;

2) del rumore strutturale, quali sistemi di smorzamento o di isolamento;

f) opportuni programmi di manutenzione delle attrezzature di lavoro, del luogo di lavoro e dei sistemi sul posto di lavoro;

g) riduzione del rumore mediante una migliore organizzazione del lavoro attraverso la limitazione della durata e dell'intensita' dell'esposizione e l'adozione di orari di lavoro appropriati, con sufficienti periodi di riposo.

2. Se a seguito della valutazione dei rischi di cui all'articolo 49-quinquies, risulta che i valori superiori di azione sono oltrepassati, il datore di lavoro elabora ed applica un programma di misure tecniche e organizzative volte a ridurre l'esposizione al rumore, considerando in particolare le misure di cui al comma 1.

3. I luoghi di lavoro dove i lavoratori possono essere esposti ad un rumore al di sopra dei valori superiori di azione sono indicati da appositi segnali. Dette aree sono inoltre delimitate e l'accesso alle stesse e' limitato, ove cio' sia tecnicamente possibile e giustificato dal rischio di esposizione.

4. Nel caso in cui, data la natura dell'attivita', il lavoratore benefici dell'utilizzo di locali di riposo messa a disposizione dal datore di lavoro, il rumore in questi locali e' ridotto a un livello compatibile con il loro scopo e le loro condizioni di utilizzo.

Art. 49-septies. Uso dei dispositivi di protezione individuali

1. Il datore di lavoro, qualora i rischi derivanti dal rumore non possono essere evitati con le misure di prevenzione e protezione di cui all'articolo 49-sexies, fornisce i dispositivi di protezione individuali per l'udito conformi alle disposizioni contenute nel Titolo IV ed alle seguenti condizioni:

a) nel caso in cui l'esposizione al rumore superi i valori inferiori di azione il datore di lavoro mette a disposizione dei lavoratori dispositivi di protezione individuale dell'udito;

b) nel caso in cui l'esposizione al rumore sia pari o al di sopra dei valori superiori di azione fa tutto il possibile per assicurare che vengano indossati i dispositivi di protezione individuale dell'udito;

c) sceglie dispositivi di protezione individuale dell'udito che consentono di eliminare il rischio per l'udito o di ridurlo al minimo, previa consultazione dei lavoratori o dei loro rappresentanti;

d) verifica l'efficacia dei dispositivi di protezione individuale dell'udito.

2. Il datore di lavoro tiene conto dell'attenuazione prodotta dai dispositivi di protezione individuale dell'udito indossati dal lavoratore solo ai fini di valutare il rispetto dei valori limite di esposizione.

Art. 49-octies. Misure per la limitazione dell'esposizione

1. Fermo restando l'obbligo del non superamento dei valori limite di esposizione, se, nonostante l'adozione delle misure prese in applicazione del presente titolo, si individuano esposizioni superiori a detti valori, il datore di lavoro:

a) adotta misure immediate per riportare l'esposizione al di sotto dei valori limite di esposizione;

b) individua le cause dell'esposizione eccessiva;

c) modifica le misure di protezione e di prevenzione per evitare che la situazione si ripeta.

Art. 49-nonies. Informazione e formazione dei lavoratori

1. Nell'ambito degli obblighi di cui agli articoli 21 e 22, il datore di lavoro garantisce che i lavoratori esposti a valori uguali o superiori ai valori inferiori di azione vengano informati e formati in relazione ai rischi provenienti dall'esposizione al rumore, con particolare riferimento:

a) alla natura di detti rischi;

b) alle misure adottate in applicazione del presente titolo volte a eliminare o ridurre al minimo il rischio derivante dal rumore, incluse le circostanze in cui si applicano dette misure;

c) ai valori limite di esposizione e ai valori di azione di cui all'articolo 49-quater;

d) ai risultati delle valutazioni e misurazioni del rumore effettuate in applicazione dell'articolo 49-quinquies insieme a una spiegazione del loro significato e dei rischi potenziali;

e) all'uso corretto dei dispositivi di protezione individuale dell'udito;

f) all'utilita' e ai mezzi impiegati per individuare e segnalare sintomi di danni all'udito;

g) alle circostanze nelle quali i lavoratori hanno diritto a una sorveglianza sanitaria e all'obiettivo della stessa;

h) alle procedure di lavoro sicure per ridurre al minimo l'esposizione al rumore.

Art. 49-decies. Sorveglianza sanitaria

1. Il datore di lavoro sottopone alla sorveglianza sanitaria di cui all'articolo 16, i lavoratori la cui esposizione al rumore eccede i valori superiori di azione.

2. La sorveglianza sanitaria di cui al comma 1 e' estesa ai lavoratori esposti a livelli superiori ai valori inferiori di azione, su loro richiesta o qualora il medico competente ne conferma l'opportunita'.

3. Nel caso in cui la sorveglianza sanitaria riveli, in un lavoratore, l'esistenza di anomalie imputabili ad esposizione a rumore, il medico competente ne informa il datore di lavoro ed il lavoratore.

4. Nei casi di cui al comma 3 il datore di lavoro:

a) riesamina la valutazione del rischio effettuata a norma dell'articolo 49-quinquies;

b) riesamina le misure volte a eliminare o ridurre i rischi a norma degli articoli 49-sexies e 49-septies;

c) tiene conto del parere del medico competente nell'attuazione delle misure necessarie per eliminare o ridurre il rischio;

d) adotta le misure affinche' sia riesaminato lo stato di salute di tutti gli altri lavoratori che hanno subito un'esposizione analoga.

Art. 49-undecies. Deroghe

1. Il datore di lavoro puo' richiedere deroghe all'uso dei dispositivi di protezione individuale e al rispetto del valore limite di esposizione, quando, per la natura del lavoro, l'utilizzazione completa ed appropriata di tali dispositivi potrebbe comportare rischi per la salute e sicurezza dei lavoratori maggiori rispetto a quanto accadrebbe senza la loro utilizzazione.

2. Le deroghe di cui al comma 1 sono concesse, sentite le parti sociali, dall'organo di vigilanza territorialmente competente che provvede anche a darne comunicazione, specificando le ragioni e le circostanze che hanno consentito la concessione della deroga stessa, al Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Tali deroghe sono riesaminate ogni quattro anni e sono abrogate non appena le circostanze che le hanno giustificate cessano di sussistere.

3. La concessione delle deroghe di cui al comma 2 e' condizionata dalla intensificazione della sorveglianza sanitaria e da condizioni che garantiscano, tenuto conto delle particolari circostanze, che i rischi derivanti siano ridotti al minimo. Il datore di lavoro assicura l'intensificazione della sorveglianza sanitaria ed il rispetto delle condizioni indicate nelle deroghe.

4. Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali trasmette ogni quattro anni alla Commissione dell'Unione europea un prospetto globale e motivato delle deroghe concesse ai sensi del presente articolo.

Art. 49-duodecies. Linee guida

1. La Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sentite le parti sociali, entro due anni dalla data di entrata in vigore del presente titolo, elaborano le linee guida per l'applicazione del presente capo nei settori della musica e delle attivita' ricreative.

 

TITOLO VI
USO DI ATTREZZATURE MUNITE DI VIDEOTERMINALI

 

Art. 50. Campo di applicazione

1. Le norme del presente titolo si applicano alle attività lavorative che comportano l'uso di attrezzature munite di videoterminali.

2. Le norme del presente titolo non si applicano ai lavoratori addetti:
a) ai posti di guida di veicoli o macchine;
b) ai sistemi informatici montati a bordo di un mezzo di trasporto;
c) ai sistemi informatici destinati in modo prioritario all'utilizzazione da parte del pubblico;
d) ai sistemi denominati "portatili" ove non siano oggetto di utilizzazione prolungata in un posto di lavoro;
e) alle macchine calcolatrici, ai registratori di cassa e a tutte le attrezzature munite di un piccolo dispositivo di visualizzazione dei dati o delle misure, necessario all'uso diretto di tale attrezzatura;
f) alle macchine di videoscrittura senza schermo separato.

Contratti e relazioni Sindacali collegati: Verbale di accordo Aziende del gas municipalizzato - RLS ;

 

Giurisprudenza Collegata: Corte CE, C- 74/95 e C-129/95; Cass. Pen. 1825/2009;T.A.R. Toscana 494/2009;

 



Art. 51. Definizioni

1. Ai fini del presente titolo si intende per:
a) videoterminale: uno schermo alfanumerico o grafico a prescindere dal tipo di procedimento di visualizzazione utilizzato;
b) posto di lavoro: l'insieme che comprende le attrezzature munite di videoterminale, eventualmente con tastiera ovvero altro sistema di immissione dati, ovvero software per l'interfaccia uomo-macchina, gli accessori opzionali, le apparecchiature connesse, comprendenti l'unità a dischi, il telefono, il modem, la stampante, il supporto per i documenti, la sedia, il piano di lavoro, nonchè l'ambiente di lavoro immediatamente circostanze;
c) lavoratore: il lavoratore che utilizza un’attrezzatura munita di videoterminali, in modo sistematico o abituale, per venti ore settimanali, dedotte le interruzioni di cui all’articolo 54.

Contratti e relazioni sindacalo collegati: Accordo nel settore tessile - RLS ; Verbale di accordo Aziende del gas municipalizzato - RLS ;

 

 

Giurisprudenza Collegata: Corte CE, C- 74/95 e C-129/95; T.A.R. 35028/2010;


Art. 52. Obblighi del datore di lavoro

1. Il datore di lavoro, all'atto della valutazione del rischio di cui all'art. 4, comma 1, analizza i posti di lavoro con particolare riguardo:
a) ai rischi per la vista e per gli occhi;
b) ai problemi legati alla postura ed all'affaticamento fisico o mentale;
c) alle condizioni ergonomiche e di igiene ambientale.

2. Il datore di lavoro adotta le misure appropriate per ovviare ai rischi riscontrati in base alle valutazioni di cui al comma 1, tenendo conto della somma ovvero della combinazione della incidenza dei rischi riscontrati.

Contratti e relazioni Sindacali collegati: Verbale di accordo Aziende del gas municipalizzato - RLS ;


Art. 53. Organizzazione del lavoro

1. Il datore di lavoro assegna le mansioni e i compiti lavorativi comportanti l'uso dei videoterminali anche secondo una distribuzione del lavoro che consente di evitare il più possibile la ripetitività e la monotonia delle operazioni.

Contratti e relazioni Sindacali collegati: Verbale di accordo Aziende del gas municipalizzato - RLS ;


Art. 54. Svolgimento quotidiano del lavoro

1. Il lavoratore, qualora svolga la sua attività per almeno quattro ore consecutive, ha diritto ad una interruzione della sua attività mediante pause ovvero cambiamento di attività.

2. Le modalità di tali interruzioni sono stabilite dalla contrattazione collettiva anche aziendale.

3. In assenza di una disposizione contrattuale riguardante l'interruzione di cui al comma 1, il lavoratore comunque ha diritto ad una pausa di quindici minuti ogni centoventi minuti di applicazione continuativa al viedoterminale.

4. Le modalità e la durata delle interruzioni possono essere stabilite temporaneamente a livello individuale ove il medico competente ne evidenzi la necessità.

5. E' comunque esclusa la cumulabilità delle interruzioni all'inizio ed al termine dell'orario di lavoro.

6. Nel computo dei tempi di interruzione non sono compresi i tempi di attesa della risposta da parte del sistema elettronico, che sono considerati, a tutti gli effetti, tempo di lavoro, ove il lavoratore non possa abbandonare il posto di lavoro.

7. La pausa è considerata a tutti gli effetti parte integrante dell'orario di lavoro e, come tale, non è riassorbibile all'interno di accordi che prevedono la riduzione dell'orario complessivo di lavoro.

Contratti e relazioni Sindacali collegati: Verbale di accordo Aziende del gas municipalizzato - RLS ;

 

 

Giurisprudenza Collegata: Corte CE, C- 74/95 e C-129/95; Cass. Civ. 4207/2013; Cass. Civ. 2679/2015;


Art. 55. Sorveglianza sanitaria

1. I lavoratori, prima di essere addetti alle attività di cui al presente titolo, sono sottoposti ad una visita medica per evidenziare eventuali malformazioni strutturali e ad un esame degli occhi e della vista effettuati dal medico competente. Qualora l'esito della visita medica ne evidenzi la necessità, il lavoratore è sottoposto ad esami specialistici.

2. In base alle risultanze degli accertamenti di cui al comma 1 i lavoratori vengono classificati in:
a) idonei, con o senza prescrizioni;
b) non idonei.

3. I lavoratori sono sottoposti a sorveglianza sanitaria, ai sensi dell’articolo 16.

3-bis. Le visite di controllo sono effettuate con le modalità di cui ai commi 1 e 2.

3-ter. La periodicità delle visite di controllo, fatti salvi i casi particolari che richiedono una frequenza diversa stabilita dal medico competente, è biennale per i lavoratori classificati come idonei con prescrizioni e per i lavoratori che abbiano compiuto il cinquantesimo anno di età; quinquennale negli altri casi.

4. Il lavoratore è sottoposto a controllo oftalmologico a sua richiesta, ogniqualvolta sospetti una sopravvenuta alterazione della funzione visiva, confermata dal medico competente, oppure ogniqualvolta l’esito della visita di cui ai commi 1 e 3 ne evidenzi la necessità.

5. Il datore di lavoro fornisce, a sue spese, ai lavoratori i dispositivi speciali di correzione, in funzione dell'attivita' svolta, qualora i risultati degli esami di cui ai commi 1, 3-ter e 4 ne evidenzino la necessita' e non sia possibile utilizzare i dispositivi normali di correzione.

Giurisprudenza collegata: Cass. Pen. 47249/2005; Cass. Pen. 26539/2008; Cass. Pen. 26420/2013;

Contratti e relazioni Sindacali collegati: Verbale di accordo Aziende del gas municipalizzato - RLS ;


Art. 56. Informazione e formazione

1. Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori informazioni, in particolare per quanto riguarda:
a) le misure applicabili al posto di lavoro, in base all'analisi dello stesso di cui all'art. 52;
b) le modalità di svolgimento dell'attività;
c) la protezione degli occhi e della vista.

2. Il datore di lavoro assicura ai lavoratori una formazione adeguata in particolare in ordine a quanto indicato al comma 1.

3. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro della sanità, stabilisce con decreto una guida d'uso dei videoterminali.

Contratti e relazioni Sindacali collegati: Verbale di accordo Aziende del gas municipalizzato - RLS ;


Art. 57. Consultazione e partecipazione

1. Il datore di lavoro informa preventivamente i lavoratori e il rappresentante per la sicurezza dei cambiamenti tecnologici che comportano mutamenti nell'organizzazione del lavoro, in riferimento alle attività di cui al presente titolo.

Contratti e relazioni Sindacali collegati: Verbale di accordo Aziende del gas municipalizzato - RLS ;


Art. 58. Adeguamento alle norme

1. I posti di lavoro dei lavoratori di cui all’articolo 51, comma 1, lettera c), devono essere conformi alle prescrizioni minime di cui all’allegato VII.

Contratti e relazioni Sindacali collegati: Verbale di accordo Aziende del gas municipalizzato - RLS ;

 

Giurisprudenza Collegata: Corte CE, C- 74/95 e C-129/95;


Art. 59. Caratteristiche tecniche

1. Con decreto dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale, della sanità e dell'industria, del commercio e dell'artigianato, sentita la commissione consultiva permanente, sono disposti, anche in recepimento di direttive comunitarie, gli adattamenti di carattere tecnico all'allegato VII in funzione del progresso tecnico, della evoluzione delle normative e specifiche internazionali oppure delle conoscenze nel settore delle attrezzature dotate di videoterminali.

Contratti e relazioni Sindacali collegati: Verbale di accordo Aziende del gas municipalizzato - RLS ;

 

Giurisprudenza Collegata: Corte CE, C- 74/95 e C-129/95;