Cassazione Penale, Sez. 6, 23 aprile 2014, n. 17689 - Condanna di un preside per maltrattamenti in danno di una insegnante




 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE ROBERTO Giovanni - Presidente -
Dott. LANZA Luigi - Consigliere -
Dott. LEO Guglielmo - Consigliere -
Dott. CITTERIO Carlo - Consigliere -
Dott. APRILE Ercole - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza


sul ricorso proposto da:
B.V., nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 04/04/2013 della Corte di appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Ercole Aprile;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale CESQUI Elisabetta, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito per la parte civile N.G.A. l'avv. UVA Adelaide, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito per l'imputato l'avv. VALENTE Valentino, che ha concluso chiedendo l'annullamento della sentenza impugnata.



FattoDiritto

1. Con la sentenza sopra indicata la Corte di appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, confermava la pronuncia di primo grado del 30/11/2010 con la quale il Tribunale di Taranto, sezione distaccata di Manduria, aveva condannato alla pena di giustizia B.V. in relazione al reato di cui agli artt. 81 e 594 cod. pen., commesso sino al (OMISSIS) in danno di Bu.Co.

M. (così modificata l'originaria qualificazione del capo A), per avere, in qualità di preside del liceo scientifico di (OMISSIS), in più occasioni ingiuriato la professoressa di inglese Bu., offendendone l'onore e il decoro, rivolgendole frasi di intolleranza e di disprezzo, ingiuriandola pubblicamente; nonchè in relazione al reato di cui all'art. 572 cod. pen., per avere, per circa dieci anni e sino al 30/05/2007, sempre nella medesima qualità, maltrattato la professoressa N.G., insegnante in quell'istituto, a lui sottoposta per ragioni lavorative e di ordinamento, facendola oggetto di persecuzioni e di vessazioni (capo 4).

Rilevava la Corte di appello come le emergenze processuali acquisite durante l'istruttoria di primo grado - in specie concretizzatesi nelle deposizioni delle due persone offese e di vari testimoni escussi dinanzi al giudice di prime cure - avessero dimostrato la colpevolezza del B. in ordine ai due delitti innanzi indicati;

e come per il reato di ingiurie in danno della Bu. la querela dovesse essere considerata tempestivamente presentata dalla vittima.

2. Avverso tale sentenza ha presentato ricorso il B., con atto sottoscritto dal suo difensore avv. Valentino Valente, il quale ha dedotto i seguenti cinque motivi.

2.1. Vizio di motivazione, per mancanza e manifesta illogicità, per avere la Corte di appello confermato la condanna dell'imputato in relazione al reato asseritamente commesso in danno della N., benchè le dichiarazioni da questa rese fossero risultate inattendibili, perchè smentite da altre emergenze, e perchè provenienti da una persona che il consulente del p.m. aveva indicato come affetta da un disturbo depressivo con note paranoidee.

2.2. Violazione di legge, in relazione all'art. 125 c.p.p., comma 3, e art. 546 cod. proc. pen., per avere la Corte territoriale omesso di valutare le deposizioni favorevoli all'imputato rese da vari testi esaminati durante l'istruttoria di primo grado e per avere sopravvalutato quelle dei testi di accusa, tutti scarsamente credibili perchè aventi motivi di malanimo verso il B..

2.3. Violazione di legge, in relazione all'art. 572 cod. pen., per avere la Corte distrettuale erroneamente ritenuto configurabili, nel caso della N., gli estremi del delitto di maltrattamenti in famiglia, posto che il B. aveva avuto come scopo solo quello di far funzionare correttamente l'istituto scolastico che aveva diretto, sicchè la persona offesa non poteva essere considerata intimorita o soggiogata.

2.4. Mancata assunzione di una prova decisiva, per avere il Giudice di primo grado - con decisione confermata dalla Corte pugliese - ridotto il numero di testi da esaminare in relazione all'elenco contenuto nelle due liste testi originariamente presentate dalla difesa nei due distinti processi, poi riuniti, a carico del B., le cui ragioni difensive erano risultate così fortemente menomate.

2.5. Vizio di motivazione, per mancanza e manifesta illogicità, per avere la Corte di appello confermato la condanna dell'imputato in relazione al reato asseritamente commesso in danno della Bu. il (OMISSIS), benchè i testi P. e L., esaminati in relazione a quell'episodio, avessero escluso di avere ascoltato frasi ingiuriose rivolte dal preside verso la docente; e nonostante fosse risultato che la querela era stata presentata fuori termine rispetto all'unico episodio di ingiurie verificatosi il (OMISSIS).

3. Ritiene la Corte che il ricorso sia inammissibile.

3.1. Il primo, il secondo (nella parte in cui è stata denunciata la sopravvalutazione dei testi d'accusa) ed il terzo motivo del ricorso (col qual è stata censurata la decisione di ritenere configurabile il reato contestato benchè fosse stata provata l'assenza di dolo), strettamente connessi tra loro e perciò esaminabili congiuntamente, sono inammissibili perchè presentati per fare valere ragioni diverse da quelle consentite dalla legge.

Il ricorrente solo formalmente ha indicato, come motivi della sua impugnazione, la violazione di legge ed il vizio della motivazione della decisione gravata, ma, al di là del formale dato enunciativo, non ha prospettato alcuna reale contraddizione logica, intesa come implausibilità delle premesse dell'argomentazione, irrazionalità delle regole di inferenza, ovvero manifesto ed insanabile contrasto tra quelle premesse e le conclusioni; nè è stata lamentata, come pure sarebbe stato astrattamente possibile, una incompleta descrizione degli elementi di prova rilevanti per la decisione, intesa come incompletezza dei dati informativi desumibili dalle carte del procedimento.

Il ricorrente, invero, si è limitato a criticare il significato che la Corte di appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, aveva dato al contenuto delle emergenze acquisite durante l'istruttoria dibattimentale di primo grado. E tuttavia, bisogna rilevare come il ricorso, lungi dal proporre un travisamento delle prove, vale a dire una incompatibilità tra l'apparato motivazionale del provvedimento impugnato ed il contenuto degli atti del procedimento, tale da disarticolare la coerenza logica dell'intera motivazione, è stato presentato per sostenere, in pratica, una ipotesi di travisamento dei fatti oggetto di analisi, sollecitando un'inammissibile rivalutazione dell'intero materiale d'indagine, rispetto alla quale è stata proposta dalla difesa una spiegazione alternativa alla semantica privilegiata dalla Corte territoriale nell'ambito di un sistema motivazionale logicamente completo ed esauriente.

Questa Corte, pertanto, non ha ragione di discostarsi dal consolidato principio di diritto secondo il quale, a seguito delle modifiche dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), ad opera della L. 20 febbraio 2006, n. 46, art. 8 mentre è consentito dedurre con il ricorso per cassazione il vizio di travisamento della prova, che ricorre nel caso in cui il giudice di merito abbia fondato il proprio convincimento su una prova che non esiste o su un risultato di prova obiettivamente ed incontestabilmente diverso da quello reale, non è affatto permesso dedurre il vizio del travisamento del fatto, stante la preclusione per il giudice di legittimità a sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito, e considerato che, in tal caso, si domanderebbe alla Cassazione il compimento di una operazione estranea al giudizio di legittimità, qual è quella di reinterpretazione degli elementi di prova valutati dal giudice di merito ai fini della decisione (così, tra le tante, Sez. 3, n. 39729 del 18/06/2009, Bellucci, Rv. 244623; Sez. 5, n. 39048 del 25/09/2007, Casavola, Rv. 238215).

La motivazione contenuta nella sentenza impugnata possiede una stringente e completa capacità persuasiva, nella quale non sono riconoscibili vizi di manifesta illogicità, avendo la Corte tarantina analiticamente spiegato come la versione della persona offesa N., che aveva ricordato di essere stata vittima di una prolungata nel tempo reazione, assolutamente abnorme, del preside B. al fatto che ella ritardava talora nell'arrivare a scuola, oltre a risultare intrinsecamente attendibile, avesse trovato adeguato riscontro nelle deposizioni degli studenti Pi., Ba., C. e E., nonchè in quelle dei docenti A., Bu. e p., e nel testo del documento del 09/12/2003 sottoscritto dai professori di quel liceo in segno di solidarietà verso la N.; ciò senza che la ricostruzione accusatoria avesse trovato smentita nelle dichiarazioni dei testi a discarico, che si erano limitati) ad ammettere "di non avere visto" o "di non avere sentito", ovvero nel contenuto della sentenza di proscioglimento di cui il B. aveva beneficiato in relazione ad uno specifico episodio di ingiuria in danno della N., tenuto conto che tale pronuncia, pur confermando la materialità dei fatti contestati, era stata adottata esclusivamente sulla base della causa di non punibilità di cui all'art. 599 c.p., comma 2. Nè è riconoscibile alcuna violazione di legge, avendo la Corte di merito chiarito come i dati informativi a disposizione avessero provato che il B., lungi dall'aver agito al fine di permettere un corretto funzionamento dell'istituto da lui diretto, aveva avuto come scopo quello di attuare una sistematica opera di umiliazione e svilimento della dignità morale della docente, cagionandole uno stato di abituale sofferenza fisica e morale (v. paggi. 11-26 sent. impugn.).

3.2. Il secondo motivo del ricorso, nella parte in cui l'imputato si è lamentato della mancata considerazione delle testimonianze a lui favorevoli, è generico.

Nella giurisprudenza di legittimità si è avuto modo ripetutamente di chiarire che il requisito della specificità dei motivi implica non soltanto l'onere di dedurre le censure che la parte intenda muovere in relazione ad uno o più punti determinati della decisione, ma anche quello di indicare, in modo chiaro e preciso, gli elementi che sono alla base delle censure medesime, al fine di consentire al giudice dell'impugnazione di individuare i rilievi mossi ed esercitare il proprio sindacato (così, tra le tante, Sez. 3, n. 5020 del 17/12/2009, Valentini, Rv. 245907, Sez. 4, n. 24054 del 01/04/2004, Distante, Rv. 228586; Sez. 2, n. 8803 del 08/07/1999, Albanese, Rv. 214249).

Nel caso di specie il ricorrente si è limitato ad enunciare, in forma molto indeterminata, il dissenso rispetto alle valutazioni compiute dalla Corte territoriale, senza specificare gli aspetti di criticità di passaggi giustificativi della decisione, cioè omettendo di confrontarsi realmente con la motivazione della sentenza gravata, nella quale pure era stata sottolineata la inidoneità delle deposizioni dei testi a discarico ad inficiare la capacità dimostrativa di quelle dei testi a carico (v. pag. 23 sent. impugn.).

3.3. Il quarto motivo del ricorso è manifestamente infondato.

Costituisce ius receptum nella giurisprudenza di questa Corte il principio secondo il quale è prova decisiva, la cui mancata assunzione è deducibile come motivo di ricorso per cassazione, solo quella prova che, non assunta o non valutata, vizia la sentenza intaccandone la struttura portante, nel senso che, se assunta o valutata, avrebbe determinato un esito diverso del processo (così, tra le tante, Sez. 3, n. 27581 del 15/06/2010, M., Rv. 248105; Sez. 6, n. 14916 del 25/03/2010, Brustenghi, Rv. 246667; Sez. 2, n. 16354 del 28/04/2006, Maio, Rv. 234752).

Alla luce di tale regula iuris deve ritenersi corretta la impostazione privilegiata dalla Corte di appello di Lecce la quale, implicitamente disattendendo le originarie sollecitazioni istruttorie provenienti dalla difesa, ha rigettato l'eccezione di nullità formulata dall'attuale ricorrente atteso che non risultava essere stato violato il diritto di difesa dell'imputato, tenuto conto che le liste dei testi erano state numericamente ridotte con un ragionevole e proporzionato criterio che aveva riguardato tutte le parti, e che tale decisione non aveva compromesso la completezza dell'istruttoria, riguardo la quale il B. non aveva formulato alcuna doglianza, posto che non aveva neppure avanzato una istanza di rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale in appello (v. pag. 9 sent. impugn.).

3.4. Anche il quinto ed ultimo motivo del ricorso è inammissibile, perchè finalizzato solo ad operare una "incursione" nella verifica fatti, inammissibile in questa sede di legittimità.

La sentenza impugnata ricostruisce, invero, la vicenda delle ingiurie rivolte dal B. alla docente Bu. con motivazione esaustiva, immune da vizi logici e strettamente ancorata alle emergenze processuali e, in particolare, alla documentazione acquisita e alle deposizioni offerte dalla vittima e dai testi A. e N., sicchè piò ritenersi dato definitivamente acclarato che, in occasione di una riunione a scuola del (OMISSIS), il preside si era rivolto alla professoressa con frasi sprezzanti ed offensive (v. pagg. 27-29 sent. impugn.).

I rilievi formulati al riguardo dal ricorrente - tesi pure a mettere in discussione, in termini manifestamente infondati, la tempestività della querela presentata dall'interessata il 14/01/2006 - si muovono nella prospettiva di accreditare una diversa lettura delle risultanze istruttorie e si risolvono, quindi, in non consentite censure in fatto all'iter argomentativo seguito dalla sentenza di merito.

4. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell'art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento in favore dell'erario delle spese del presente procedimento ed al pagamento in favore della cassa delle ammende di una somma, che si stima equo fissare nell'importo indicato nel dispositivo che segue. Il ricorrente va pure condannato a rifondere alla parte civile N.G.A. le spese di costituzione e difesa che, in ragione delle tariffe forensi e dell'attività effettivamente svolta, si liquidano come segue.


P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende. Condanna, altresì, il ricorrente a rimborsare alla parte civile N.G.A. le spese di questo grado che liquida in complessivi Euro 2.200,00, oltre spese generali, iva e cpa.

Così deciso in Roma, il 16 aprile 2014.

Depositato in Cancelleria il 23 aprile 2014