Cassazione Penale, Sez. 4, 28 agosto 2014, n. 36339 - Infortunio mortale con un trattore e responsabilità della datrice di lavoro


 

 


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ZECCA Gaetanino - Presidente -
Dott. D'ISA Claudio - rel. Consigliere -
Dott. BLAIOTTA Rocco Marco - Consigliere -
Dott. ESPOSITO Lucia - Consigliere -
Dott. SERRAO Eugenia - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza


Sul ricorso proposto da:
S.F. n. il (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 5261/12 della Corte d'appello di Roma del 20.06.2012;
Visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;
Udita all'udienza pubblica del 13 maggio 2014 la relazione fatta dal Consigliere dott. CLAUDIO D'ISA;
Udito il Procuratore Generale nella persona del dott. Mario Fraticelli che ha concluso per il rigetto del ricorso;
L'avv. Tita, sostituto processuale degli avv.ti Vannicelli e Carlin, difensori del ricorrente, chiede l'accoglimento del ricorso.

Fatto


1. S.F. ricorre per cassazione avverso la sentenza indicata in epigrafe con cui la Corte d'appello di Roma, in parziale riforma della sentenza di condanna emessa nei suoi confronti dal Tribunale di Rieti - sezione distaccata di Poggio Mirteto - in data 25.03.2010, in ordine al delitto di cui all'art. 589 cod. pen. aggravato dalla violazione delle leggi antinfortunistiche, ha rideterminato la pena inflitta in primo grado.

1.1 Per una migliore intelligenza dei motivi posti a base del ricorso in breve si espone il fatto.

La mattina del (OMISSIS), veniva trovato, su di una strada interna dell'azienda agricola, in (OMISSIS), gestita dalla Società Arcadia 2000, di cui l'imputata era amministratore unico, un trattore, con rimorchio, ribaltato e sotto di esso, privo di vita il corpo di G.N., dipendente della indicata azienda. Dai rilievi effettuati si ricostruiva il sinistro in questi termini: il G. dopo aver caricato - come faceva ogni giorno - il rimorchio del trattore con mangime per gli animali, si era diretto dall'azienda verso le stalle; durante il percorso, in un tratto rettilineo ed in discesa, lo stesso aveva perso il controllo del mezzo meccanico ed era andato a dirigersi verso il lato destro della strada finendo con la ruota anteriore destra sopra il costone che delimitava la stessa; manovra che determinava il ribaltamento del trattore ed il conseguente schiacciamento del dipendente. In particolare, questi veniva trovato con le gambe e la parte inferiore del corpo sotto il sedile del trattore e con la parte superiore, dal bacino in su, schiacciata sotto il rimorchio. Per quanto riguarda i motivi che avevano determinato la perdita del controllo del trattore da parte del guidatore si era ipotizzato che questi si era girato, mentre procedeva, per sistemare il carico di mangime che forse si era spostato. Circa le cause della morte esse venivano individuate, all'esito dell'autopsia, in un politrauma da schiacciamento, il perito settore aggiungeva che non era stata rilevata alcuna preesistenza patologica che avesse potuto avere determinato un problema cardiaco, con esclusione della presenza di un infarto o, comunque, di qualsiasi altro evento di natura acuta che avesse potuto causare un malore nel G..

Per quanto riguarda il mezzo meccanico, dalle dichiarazioni del tecnico della prevenzione infortuni in servizio alla ASL RM (OMISSIS), emergeva che era privo sia delle cinture di sicurezza sia di ogni strumento atto a proteggere il conducente in caso di ribaltamento quale una gabbia protettiva o un arco di protezione. Quanto ai profili di colpa a carico dell'imputata, quale datrice di lavoro, il Tribunale evidenziava che la S. aveva l'obbligo di dotare il trattore di uno strumento atto ad evitare il suo completo ribaltamento o, comunque, limitare le conseguenze attraverso sistemi di protezione atteso che vi era il concreto pericolo di ribaltamento allorchè lo stesso veniva utilizzato, tutti i giorni, per percorrere quella strada al fine di portare il mangime agli animali. Strada sterrata che, benchè era battuta ed idonea ad essere percorsa anche da automobili, presentava caratteristiche tecniche che rendevano la possibilità di un ribaltamento dei mezzi che la percorrevano non ipotetico ma possibile, atteso che non aveva ai lati barriere atte a proteggere i mezzi che la percorrevano in caso di sbandamento con fuoriuscita laterale. Quali profili di colpa specifica si contestava la violazione del D.Lgs. n. 626 del 1994, artt. 21, 22 e 35 e la mancata applicazione delle disposizioni contenute nella circolare del Ministero del Lavoro n. 49/81 con particolare riferimento alle dotazioni di sicurezza di cui devono essere muniti tali mezzi di trasporto.

1.2 La Corte d'appello adita dall'imputata, relativamente alla ricostruzione dell'incidente ed ai profili di colpa contestati alla ricorrente, ha fatto proprio l'impianto motivazionale della sentenza di primo grado, ritenendo infondati i motivi posti a base del gravame di merito.

2. Con il primo motivo la ricorrente denuncia mancanza di motivazione in ordine alla sussistenza del nesso causale tra la condotta omissiva contestata e l'evento morte, nonchè erronea applicazione della disposizione di cui all'art. 40 cod. pen..

Si espone che alla Corte distrettuale era stato specificamente richiesto di pronunciarsi se l'evento morte era da ricollegarsi in maniera esclusiva alla condotta omissiva ascritta, atteso che il Tribunale aveva evidenziato la sola causalità della colpa ma non anche la effettiva incidenza nella produzione dell'evento della condotta omissiva, si era chiesto al giudice di appello di soffermarsi sul fondamentale interrogativo se l'evento morte si sarebbe ugualmente verificato laddove il trattore fosse stato dotato dei dispositivi di sicurezza indicati in motivazione. Su tale interrogativo la Corte d'appello romana non fornisce alcuna risposta.

Inoltre, con l'atto di impugnazione si era rappresentato come gli esiti dell'esame autoptico non avessero fornito alcuna indicazione dirimente, limitandosi a riscontrare come la morte sia derivata dalla perforazione e lacerazione degli organi vitali a sua volta derivante dal politraumatismo e come, dunque, il decesso sia diretta conseguenza dello schiacciamento del corpo. Ma ciò non consentiva affatto di dedurre automaticamente che, in presenza di dispositivi di sicurezza, di cui doveva essere dotato il trattore, l'evento non si sarebbe verificato, in quanto, rimanendo ignote le cause del ribaltamento del mezzo, mai si sarebbe potuta ricostruire l'esatta dinamica dell'incidente ed il decorso della sequenza causale. Con i motivi di appello si era anche ricordato che la valutazione circa la sussistenza del nesso causale sia sempre quello inferenziale evocato in tema di prova indiziaria dall'art. 192 c.p.p., comma 2, in uno alla regola generale di valutazione della prova, di cui al comma 1, e che in tema di reato colposo omissivo improprio la prova del nesso di causalità tra la condotta omissiva e l'evento deve fondarsi sul criterio di probabilità logica e non statistica. Il Tribunale, richiamandosi alla "frequenza" di eventi letali conseguente alla omessa dotazione delle macchine agricole di meccanismi di sicurezza si era, invece, fermato al primo passaggio del ragionamento e si era obiettato che non è consentito dedurre automaticamente dal coefficiente di probabilità espresso dalla legge statistica la conferma, o meno dell'ipotesi accusatoria sull'esistenza del nesso causale. Anche sul punto la Corte del merito ha eluso qualsiasi risposta. Le argomentazioni addotte dalla corte territoriale, a sostegno della fondatezza del proprio convincimento, sono prive di completezza in relazione a specifiche doglianze formulate con i motivi di appello, dotate del requisito della decisività. L'evento viene ascritto all'imputata quale conseguenza della sua omissione in assenza del doveroso accertamento rigoroso che, qualora si fosse tenuta da parte dell'agente la condotta doverosa e diligente, il singolo evento non si sarebbe verificato o si sarebbe, comunque, verificato, ma in epoca significativamente posteriore o con minore intensità lesiva, laddove l'affermazione della natura di causa penalmente rilevante dell'evento morte di detta condotta postula ovviamente il ricorso al giudizio controfattuale a struttura ipotetica.

2.1 Con il secondo motivo si denunciano mancanza di motivazione e violazione di legge in ordine all'elemento psicologico, anche per il tramite dell'erronea interpretazione della normativa antinfortunistica. Si premette che si era rappresentato con l'atto di appello che la strada percorsa dal mezzo poi ribaltatosi era una strada bianca battuta, rettilinea ed in lievissima pendenza, idonea ad essere percorsa anche da autovetture ed ovviamente anche e soprattutto da macchine agricole semoventi; che la larghezza, in una all'assenza di asperità ed insidie, era tale da non costringere il mezzo a manovre particolari; che il mezzo poteva raggiungere una velocità non superiore ai 30 Km/h; che il carico era di peso modesto, ben sostenuto e tale da non inficiarne la stabilità; che il trattore era dotato di gomme atte a percorrere terreni ben più impervi; che il lavoratore era persona esperta con specifico riguardo alla conduzione del mezzo; che l'attività da svolgere non costringeva a manovre brusche non richiedeva particolare concentrazione, in sostanza era di semplice esecuzione. Dunque, in relazione a tale attività lavorativa non vi erano possibilità di rischi da valutare preventivamente. Il giudizio di prevedibilità dell'evento è stato espresso solo ex post dalla Corte del merito in ragione della caratteristica della strada per l'assenza di delimitazioni laterali, ritenuta di per sè tale da determinare il rischio di ribaltamento del mezzo. Tuttavia, rileva la ricorrente che la omessa considerazione delle deduzioni difensive sul punto, tralasciando tutti gli ulteriori termini della "specifica valutazione di rischi emergenti dalle lavorazioni da effettuarsi", che la normativa imponeva alla datrice di lavoro, e che quest'ultima concretamente ebbe in considerazione, confonde la verifica ex post, con la concreta valutazione ex ante ad opera del datore di lavoro della prevedibilità della verificazione dell'evento, rientrante nel tipo di quelli che le norme di settore mirano a prevenire rispetto alle mansioni che il lavoratore era tenuto a svolgere, ed alle condizioni nelle quali era tenuto ad espletarle. Ed è sul punto che si deduce l'erronea applicazione della normativa specifica, vigente al momento del fatto da cui si è fatto derivare l'obbligo in questione, previa specifica valutazione dei rischi emergenti dalle lavorazioni da effettuarsi (Circ. Min. del 16.03.2005). Si era dedotto, innanzi alla Corte distrettuale, che le circolari in materia avevano quale scopo proprio quello di fornire indicazioni ai datori di lavoro rispetto ai macchinari non di recente costruzione già in uso in attesa dei chiarimenti tecnici che fornissero indicazioni per la concreta applicabilità della normativa di dettaglio. La difficoltà nella predisposizione dei sistemi di sicurezza nasceva proprio dal problematico adeguamento delle macchine agricole già in circolazione ai requisiti di sicurezza e non del singolo mezzo. In sostanza, all'epoca dei fatti, in attesa delle opportune indicazioni per gli adeguamenti, nel vigore della circolare del 2005, si invitavano i datori di lavoro al solo obbligo di provvedere ad eliminare o limitare i rischi emergenti in conseguenza di una valutazione oggettiva e contestualizzata. Si richiamava l'attenzione dei datori di lavoro, in attesa della elaborazione delle linee guida da parte dell'Ispesl (poi fornite nel 2008) sulla necessità che l'uso dei mezzi non corredati dei dispositivi di sicurezza avvenisse previa valutazione dei rischi emergenti dalle lavorazioni da effettuarsi, con l'adozione di adatte cautele di carattere organizzativo atte a limitare le probabilità di ribaltamento. La corretta interpretazione ed applicazione della normativa vigente all'epoca dei fatti descrive quale condotta esigibile esattamente quella tenuta.

2. 3 Con successiva memoria difensiva, la ricorrente ribadisce le ragioni, in fatto ed in diritto, poste a base del ricorso con riferimento alle denunciate violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla sussistenza del nesso causale ed all'elemento psicologico.

 

Diritto

 

3. I motivi esposti sono infondati e determinano il rigetto del ricorso.

Le questioni che sono state poste sul tappeto dalla Difesa con gli indicati motivi sono logicamente collegate, atteso che, da un lato, non contestandosi la posizione di garanzia, si eccepisce la carenza del nesso causale tra la condotta omissiva ascritta alla S., sotto il profilo di un mancato giudizio controfattuale, nel senso che non è stata acquisita la prova se, laddove fossero state adottate le misure antinfortunistiche richieste dalla normativa indicata in rubrica, l'evento non si sarebbe verificato o le conseguenze sarebbero state diverse, e, dall'altro lato, si eccepisce la non sussistenza dell'obbligo, in capo alla ricorrente, in ragione della sua qualità di datrice di lavoro, di adottare le predette misure antinfortunistiche, anche con riferimento alla prevedibilità dell'evento, in considerazione della non rilevanza di rischi inerenti alla attività lavorativa svolta dalla persona offesa.

3.1 Orbene, partendo da quest'ultimo aspetto, che il Collegio ritiene preliminare, la motivazione dell'impugnata sentenza è senz'alcun dubbio condivisibile risultando, pertanto, i rilievi difensivi inidonei a scalfirla.

E' pur vero, come rileva la ricorrente, per altro se ne da atto in sentenza, che all'epoca del fatto non erano state ancora predisposte, all'esito della emanazione delle circolari ministeriali che imponevano l'adeguamento delle macchine agricole di vecchia costruzione, ma ancora in circolazione, alle misure di sicurezza, di cui erano già dotate quelle di recente costruzione (tra cui le più rilevanti le cinture di sicurezza ed il ROPS - una sorta di struttura metallica a protezione del posto di guida -), le linee guida che fornissero indicazioni per la concreta applicabilità della normativa di dettaglio. Ma è altrettanto vero che quelle circolari (tra cui la n. 11/2005 del 16.03.2005) cui si è fatto riferimento, come rileva la Corte del merito, evidenziavano: per quel che riguarda, specificamente, il parco dei trattori già in servizio, è parere di questo Ministero che i datori di lavoro esercenti dette attrezzature, in forza degli obblighi derivanti dal combinato disposto del D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 4, comma 5, lett. b), seconda frase, e art. 35, comma 1 e art. 35, comma 2 debbano adeguarli medianti adatti apprestamenti strutturali da reperire presso il fabbricante stesso o suo rivenditore) ed ancora: si attira l'attenzione dei datori di lavoro sulla necessità che l'uso di trattori non corredati dai dispositivi di sicurezza di che trattasi avvenga previa specifica valutazione dei rischi emergenti dalle lavorazioni da effettuarsi, con l'adozione di adatte cautele di carattere organizzativo (affidamento a lavoratori particolarmente esperti ed addestrati, ricognizione delle condizioni dei suoli, ecc) atte a limitare la probabilità del verificarsi del ribaltamento. Ed, in particolare, su quest'ultimo punto, rispondendo alle obiezioni già formulate dalla Difesa circa la non sussistenza di un obbligo giuridico di dotazione delle cinture e della struttura ROPS, la Corte distrettuale osserva come nella circolare ministeriale non si esonera il datore di lavoro dal porre questi strumenti, ma si indica che, laddove vi siano delle difficoltà notevoli per apporli, si può derogare alle condizioni ivi indicate.

In sostanza la ricorrente dimentica che a carico del datore di lavoro, ai sensi della normativa di cui al D.P.R. n. 547 del 1955 (art. 391 - 392) e di quella generale in materia di sicurezza aziendale (D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 4) ed anche in riferimento alla norma c.d. "di chiusura del sistema" ex art. 2087 cod. civ., il datore di lavoro è costituito garante dell'incolumità fisica dei prestatori di lavoro, con l'ovvia conseguenza che, ove egli non ottemperi agli obblighi di tutela, l'evento lesivo correttamente gli viene imputato in forza del meccanismo reattivo previsto dall'art. 40 c.p.p., comma 2.

3.2 La Difesa però, relativamente a tale censura, sposta il discorso, circa la insussistenza dell'obbligo di cui si discute, e, quindi, della non obbligatorietà di dotare il trattore delle misure prescritte dalle Circolari ministeriali, sulla non prevedibilità dell'evento o, meglio, della insussistenza di un qualsiasi rischio di ribaltamento all'esito di un'analisi valutativa dei rischi che aveva tenuto conto delle caratteristiche della strada, giornalmente percorsa dal dipendente a bordo del trattore in questione, della esperienza di guida del medesimo e della circostanza che quel tragitto non costringeva a brusche manovre che potessero determinare il ribaltamento della macchina.

Orbene, ritiene il Collegio che tali rilievi difensivi attengono a valutazioni probatorie ed alla ricostruzione della vicenda processuale, ben delineata in fatto ed in diritto dai giudici di merito e che, pertanto, non possono formare oggetto del sindacato di legittimità, dovendo escludersi, nella concreta fattispecie, la sussistenza dei denunciati vizi di motivazione e di violazione dei criteri legali di valutazione delle prova.

La Corte capitolina ha evidenziato che, non solo non risulta che alcuna valutazione dei rischi sia stata effettuata, ma che le caratteristiche della strada privata - sterrata in discesa e priva di ogni presidio di sicurezza atta ad evitare uscite laterali (da un lato vi era la presenza di un costone e dall'altro una scarpata) - avrebbero dovuto indurre la S., in ragione degli obblighi su di lei gravanti - quale garante della incolumità del lavoratore - prima accennati, o a dotare il trattore di quegli accorgimenti idonei ad eliminare e/o attenuare le conseguenze per il guidatore di un ribaltamento, o, a non fare utilizzare quel mezzo, nel caso in cui non fosse stato possibile adeguare la macchina sotto il profilo della sicurezza sul lavoro.

E' del tutto ragionevole, e, quindi, condivisibile l'argomentazione dei giudici del gravame di merito, essendo prevedibile, e non meramente ipotetico, ancorchè alla guida si trovasse un operatore esperto, l'errore umano, dovuto o alla troppa sicurezza o a distrazione, come quella ipotizzato, anche se non provato, dell'essersi il G. girato per controllare il carico sul rimorchio.

L'applicazione delle misure di prevenzione degli infortuni sul lavoro sottendono proprio allo scopo di evitare che l'errore umano, possibile e, quindi, prevedibile, influente su di una condotta lavorativa diversa da quella corretta, ma pur sempre posta in essere nel contesto lavorativo, possa determinare il verificarsi di un infortunio. Se tutti i dipendenti fossero sempre diligenti ed accorti non sarebbe necessario dotare i luoghi di lavoro e le macchine di sistemi di protezione.

3.3. Relativamente alla dedotta omessa verifica da parte della Corte di merito del c.d. giudizio controfattuale, si osserva, in primis, che entrambi i giudici di merito, nel ritenere il positivo accertamento del nesso di causalità, hanno tenuto in considerazione, la mancanza dei sistemi di protezione di cui doveva essere dotato il trattore, e tali carenze sono state correttamente qualificate in termini di certezza, non di sola probabilità, quali condizioni necessarie dell'evento.

Dunque, la censura è, parimenti infondata, atteso che la Corte d'appello, dopo aver diffusamente riportato (v. pag. 7, 8 e 9) le caratteristiche delle misure di sicurezza da dover installare sui trattori di vecchia costruzione, ancora circolanti, richieste dalla normativa di riferimento richiamate dalle circolari ministeriali (art. 182 del D.P.R. n. 547 del 1955, art. 182 ed il punto 1.3 lett. e) dell'allegato 15 al D.Lgs. n. 626 del 1994), evidenzia che, come emerge dalla stessa documentazione del consulente della difesa, la funzione di queste strutture di protezione (cinture di sicurezza e ROPS) è quella, innanzitutto, di evitare che il trattore si capovolga, impedendo la presenza dei montanti della cabina un completo ribaltamento del mezzo, e le stesse fanno si che, in occasione anche di un limitato ribaltamento, il conducente resti all'interno della cabina di guida venendo così impedito il suo schiacciamento tra la terra ed il mezzo ribaltatosi. Prosegue ancora la Corte nel rilevare che lo schiacciamento del G. è avvenuto in quanto, a seguito del ribaltamento, lo stesso non è rimasto all'interno sul sedile (ciò che non sarebbe accaduto se avesse avuto almeno la possibilità di allacciare cinture di sicurezza) ma è scivolato, con la parte superiore del corpo, sotto il cassone per il trasporto dei materiali, restando schiacciato tra questo e la strada sterrata, e conclude con il rilevare che, se ci fosse stata la struttura di protezione, il mezzo non si sarebbe capovolto completamente, come invece avvenuto, ed allora il lavoratore non sarebbe rimasto schiacciato.

E' con certezza, quindi, che, uniformemente ai principi affermati in materia da questa Corte (V. per tutte la nota, sentenza "Franzese"), come la sussistenza del nesso di causalità, per il caso di specie, a seguito del c.d. giudizio controfattuale, è stata affermata sulla base di dati empirici di immediata evidenza che hanno escluso, e questo è il rilievo assorbente, l'incidenza di altri fattori alternativi nella causazione dell'evento, peraltro neanche supposti dalla ricorrente.

Dunque, è da disattendere il giudizio espresso in ricorso secondo cui la Corte d'Appello avrebbe seguito, nel motivare la sussistenza del nesso causale, "un percorso logico-motivazionale meramente induttivo".

Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di quelle sostenute dalla parte civile, che si liquidano come da dispositivo.


P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna ^ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile per questo giudizio di cassazione e le liquida in Euro 2.700,00 oltre accessori secondo legge.

Così deciso in Roma, nella udienza, il 13 maggio 2014.

Depositato in Cancelleria il 28 agosto 2014