Regione Veneto
Legge regionale 27 giugno 1985, n. 61
Norme per l’assetto e l’uso del territorio.*
BUR 28 giugno 1985, n. 27

Titolo I
Il processo di pianificazione

Art. 1 - (Finalità e deleghe).

La gestione e la trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio della Regione sono programmate e disciplinate nel rispetto dei seguenti obiettivi:
1) salvaguardia e valorizzazione delle componenti ambientali, culturali, economiche e sociali del territorio;
2) equilibrato sviluppo della comunità regionale attraverso il controllo pubblico degli insediamenti produttivi e residenziali secondo criteri di economia nella utilizzazione del suolo e delle sue risorse;
3) l’approfondita e sistematica conoscenza del territorio in tutti gli aspetti fisici, storici e socio-economici.
Le scelte per l’assetto del territorio sono stabilite in armonia con la programmazione nazionale e regionale, garantendo la partecipazione degli enti, delle organizzazioni sociali e dei cittadini.
In attuazione di quanto disposto dagli artt. 48 e 55 dello Statuto, alle Province sono delegate funzioni amministrative relative all’urbanistica, nei limiti e con le modalità previsti dalla presente legge. Al fine di assicurare l’uniformità nell’esercizio delle funzioni delegate, le Province sono tenute all’osservanza delle direttive e degli indirizzi emanati in materia dalla Regione.

Art. 2 - (Soggetti della pianificazione).

Sono soggetti della pianificazione:
1) la Regione e le Province;
2) i Comuni singoli o riuniti in Consorzio ai sensi degli artt. 156 e seguenti del T.U.L.C.P., approvato con R.D. 3 marzo 1934, n. 383.

Art. 3 - (Livelli di pianificazione).

In corrispondenza ai soggetti, la pianificazione urbanistica si attua attraverso:
1) il livello regionale, che comprende:
a) il Piano Territoriale Regionale di Coordinamento (P.T.R.C.) e i piani di settore e i piani di area di livello regionale estesi anche solo a parte del territorio della Regione;
b) il Piano Territoriale Provinciale (P.T.P.), relativo al territorio di ogni Provincia o anche a parte di esso, e i piani di settore di livello provinciale, relativi a materie di competenza della Provincia;
2) il livello comunale o intercomunale, che comprende:
a) il Piano Regolatore Generale (P.R.G.) del Comune o del Consorzio di Comuni;
b) i piani urbanistici attuativi.

Art. 4 - (Processo di pianificazione).

La pianificazione urbanistica regionale avviene nel rispetto della lett. a) del primo comma dell’art. 81 del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 e fa riferimento al Programma Regionale di Sviluppo ai sensi dell’art. 3 della L.R. 9 dicembre 1977, n. 72.
I livelli di pianificazione di cui all’art. 3 sono fra loro coordinati in modo che ogni livello costituisca, mediante i contenuti esclusivi di ciascun piano, il quadro obbligatorio di riferimento per quelli di livello inferiore.
In particolare, il Piano Territoriale Regionale di Coordinamento e il Piano Territoriale Provinciale costituiscono insieme il complesso di direttive, nonché di prescrizioni e vincoli, per la redazione dei singoli Piani Regolatori Generali; il Piano Regolatore Generale costituisce il complesso di prescrizione e vincoli per la redazione dei piani urbanistici attuativi e/o per l’esecuzione degli interventi diretti sul territorio.
I piani territoriali generali prevalgono sui piani di settore dello stesso livello o di livello inferiore. Il P.T.R.C., i P.T.P. ed i piani di area regionali, nonché i P.R.G. approvati in attuazione delle direttive del P.T.R.C. e del P.T.P., hanno altresì valenza paesistica ai sensi e per gli effetti della legge 29 giugno 1939, n. 1497, e della legge 8 agosto 1985, n. 431.
Gli strumenti territoriali e urbanistici sono redatti sulla base di previsioni decennali, hanno validità a tempo indeterminato, sono soggetti a revisione almeno decennale e comunque entro sei mesi dal variare delle previsioni del programma regionale o provinciale di sviluppo e/o del piano territoriale di livello superiore.

Titolo II
Gli strumenti della pianificazione
Capo I
Gli strumenti generali

Art. 5 - (Contenuti del Piano Territoriale Regionale di Coordinamento).

Il Piano Territoriale Regionale di Coordinamento, redatto sulla base del Programma Regionale di Sviluppo, provvede, con riferimento esclusivo alle competenze regionali e nel rispetto di quelle nazionali, a:
1) indicare le zone e i beni da destinare a particolare disciplina ai fini della difesa del suolo e della sistemazione idrogeologica, della tutela delle risorse naturali, della salvaguardia e dell’eventuale ripristino degli ambienti fisici, storici e monumentali, della prevenzione e difesa dall’inquinamento, prescrivendo gli usi espressamente vietati e quelli compatibili con le esigenze di tutela, nonché le eventuali modalità di attuazione dei rispettivi interventi;
2) individuare le aree del territorio provinciale nelle quali può essere articolato il Piano Territoriale Provinciale, nonché le aree appartenenti a più Province entro le quali operare le scelte territoriali ottimali per il coordinamento tra i singoli Piani Territoriali Provinciali;
3) indicare, anche in rapporto alla mobilità regionale, i sistemi dei servizi, delle infrastrutture, dei parchi e delle riserve naturali e delle altre opere pubbliche nonché le fasce e le zone di tutela relative ai fiumi, ai canali, ai laghi e alle coste;
4) indicare il complesso delle direttive, sulla cui base redigere i piani di settore e i piani di area di livello regionale e gli strumenti urbanistici di livello inferiore con particolare riferimento alle zone e ai beni di cui al punto 1);
5) determinare il complesso di prescrizioni e vincoli automaticamente prevalenti nei confronti dei piani di settore di livello regionale e degli strumenti urbanistici di livello inferiore.
Il Piano Territoriale Regionale di Coordinamento costituisce quadro di riferimento per ogni programma di intervento di soggetti pubblici o privati di rilievo regionale.

Art. 6 - (Elaborati del Piano Territoriale Regionale di Coordinamento).

Il Piano Territoriale Regionale di Coordinamento è formato da:
1) una relazione che, in corrispondenza ai contenuti di cui all’articolo precedente e sulla base di allegati tecnici e statistici atti a documentare lo stato di fatto:
a) indica gli obiettivi, i criteri e le principali priorità per l’attuazione degli interventi previsti dal piano;
b) definisce le aree da sottoporre a particolare disciplina o da assoggettare a piani territoriali per cui fornire particolari direttive;
c) contiene lo studio di impatto ambientale di nuovi interventi di cui alle lettere e), f) e g) del punto 2);
2) gli elaborati grafici e cartografici in scala e numero adeguati, da cui risultino, tra l’altro, in quanto di interesse nazionale o regionale:
a) le aree eventualmente definite ai sensi della lettera b) del punto 1);
b) le zone destinate alla costituzione dei parchi e delle riserve naturali;
c) le zone di interesse paesaggistico, storico, artistico e monumentale, ivi comprese le «vaste località» di cui alla L. 29 giugno 1939, n. 1497;
d) le zone dichiarate sismiche e quelle sottoposte a vincolo idrogeologico, forestale e ad altri vincoli;
e) le zone per le attività produttive;
f) le sedi per speciali impianti e attrezzature;
g) i sistemi di infrastrutture;
3) le norme di attuazione del Piano, con particolare riferimento a:
a) la tutela della funzione di alcune zone o di speciali infrastrutture indicate nella cartografia di cui al punto 2);
b) i criteri ed eventuali limiti relativi a parametri dimensionali da osservare nella formazione degli strumenti urbanistici generali.

Art. 7 - (Contenuti del Piano Territoriale Provinciale).

Il Piano Territoriale Provinciale, sulla base di una relazione programmatica che stabilisce gli indirizzi per lo sviluppo economico e sociale della Provincia, e nel rispetto del Piano Territoriale Regionale di Coordinamento, provvede, con riferimento esclusivo alla tutela degli interessi provinciali, a:
1) individuare le zone e i beni di interesse provinciale da destinare a particolare disciplina ai fini della difesa del suolo e della sistemazione idrogeologica, della tutela delle risorse naturali, della salvaguardia e dell’eventuale ripristino degli ambienti fisici, storici e monumentali, della prevenzione e difesa dall’inquinamento prescrivendo gli usi espressamente vietati e quelli compatibili con le esigenze di tutela, nonché le eventuali modalità di attuazione dei rispettivi interventi;
2) recepire le direttive e/o le prescrizioni e i vincoli dei piani di settore di livello regionale per la parte di competenza;
3) fornire le direttive per la redazione coordinata dei piani territoriali di settore di livello provinciale e degli strumenti urbanistici di livello inferiore;
4) indicare i criteri e gli indirizzi ai quali i Comuni devono attenersi nel valutare i fabbisogni e nel determinare le qualità e quantità degli insediamenti residenziali, produttivi e terziari;
5) indicare i sistemi dei servizi, le infrastrutture, i parchi, le riserve naturali e le altre opere pubbliche provinciali;
6) determinare il complesso di prescrizioni e vincoli automaticamente prevalenti nei confronti dei piani territoriali di settore di livello provinciale e dei piani di livello inferiore.
In particolare, il Piano Territoriale Provinciale provvede a:
1) definire le fasce e le zone di tutela di cui all’art. 27, relative ai fiumi, ai canali, ai laghi, alle coste, alle golene e alle zone umide;
2) individuare le zone a prevalente destinazione agricola, forestale e ad agricoltura specializzata, anche in connessione con i piani zonali di sviluppo, avvalendosi delle eventuali analisi effettuate dai singoli comuni;
3) fissare i criteri per il dimensionamento delle strutture turistiche in relazione alla vocazione, alle caratteristiche e alla capacità ricettiva dei luoghi.
Il Piano Territoriale Provinciale costituisce quadro di riferimento per i programmi di intervento a livello provinciale dei soggetti pubblici e privati.
Ai fini della presente legge, sono considerati di livello provinciale o di interesse provinciale i programmi di intervento, le opere e i servizi pubblici che interessano il territorio di più Comuni della Provincia, purché non siano oggetto della pianificazione intercomunale di cui ai punti 2) dell’art. 2 e 2) dell’art. 3.

Art. 8 - (Elaborati del Piano Territoriale Provinciale).

Il Piano Territoriale Provinciale è formato da:
1) una relazione programmatica che, in corrispondenza ai contenuti di cui all’articolo precedente, indica in particolare:
a) gli obiettivi, i criteri e le principali priorità per l’attuazione degli interventi previsti dal piano;
b) i criteri assunti per la determinazione delle zone di tutela;
c) i criteri e gli indirizzi per gli interventi residenziali, produttivi e terziari, nonché la quantità di spazi per uso pubblico e per parchi pubblici in quanto di esclusivo interesse provinciale;
d) gli impianti e gli edifici di interesse provinciale;
e) lo studio di impatto ambientale di nuovi interventi di cui alle lettere c) ed e) del successivo punto 4);
2) una cartografia in scala non inferiore a 1: 25.000, che rappresenta lo stato di fatto, rilevante:
a) le caratteristiche geologiche e geopedologiche dell’intera Provincia con specificazione delle parti del territorio soggette a dissesto idrogeologico;
b) lo stato degli usi in atto del suolo, con le quantità destinate a insediamenti residenziali e produttivi e la dotazione di servizi sociali comunali e intercomunali;
3) un documento di coordinamento dei piani di intervento programmati per la sistemazione idrogeologica e forestale;
4) una cartografia in scala non inferiore a 1:25.000 dell’intera Provincia da cui devono, fra l’altro, risultare, in quanto di esclusivo interesse provinciale e con riferimento ai contenuti di cui al precedente articolo:
a) le aree soggette a particolare tutela ai fini della difesa del suolo, dell’ambiente e dei valori storico-artistici;
b) le aree destinate a spazi di uso pubblico e a parchi pubblici;
c) le aree da riservare all'eventuale realizzazione di piani intercomunali per edilizia residenziale pubblica e per insediamenti produttivi;
d) le localizzazioni degli edifici pubblici, nonché delle opere e degli impianti di interesse pubblico;
e) le infrastrutture con riferimento anche alle strutture intermodali a servizio della mobilità e della distribuzione;
5) le norme di attuazione del Piano.

Art. 9 - (Contenuti del Piano Regolatore Generale).

Il Piano Regolatore Generale, redatto dai Comuni singoli o riuniti in Consorzio ai sensi del punto 2) del precedente art. 2, estende la sua disciplina all’intero territorio degli stessi, sviluppando le direttive del Piano Territoriale Regionale di Coordinamento e del Piano Territoriale Provinciale, recependone automaticamente le prescrizioni e i vincoli, disciplinando autonomamente i contenuti esclusivi del proprio livello.
In particolare il Piano Regolatore Generale provvede a:
1) stabilire, in rapporto al Piano Territoriale Provinciale, il fabbisogno per vani a scopi residenziali, per servizi e per attrezzature, indicando altresì la quota da soddisfare col recupero dei beni esistenti e quella da soddisfare mediante l’espansione su nuove aree, sulla base dell’ipotizzata distribuzione della popolazione tra insediamenti concentrati e case sparse;
2) suddividere il territorio nelle zone territoriali omogenee, di cui al Titolo III della presente legge, avendo per obiettivo:
a) la difesa del suolo, dell’ambiente e dei centri storici;
b) la salvaguardia delle zone destinate all’attività agricola;
c) la localizzazione dei nuovi insediamenti residenziali, produttivi, commerciali, turistici, per servizi e per il tempo libero;
3) classificare i tipi di intervento, in particolare disciplinando le operazioni, anche a mezzo di schede per unità di riferimento:
a) di conservazione degli immobili mediante gli interventi di cui alle lettere a), b), c), d) ed e) dell’art. 31 della L. 5 agosto 1978, n. 457;
b) di completamento, riguardanti gli interventi rivolti alla realizzazione di nuove opere, su parte del territorio già parzialmente edificate da disciplinare con specifiche prescrizioni relative agli allineamenti, alle altezze massime, ai distacchi, alle tipologie, alle caratteristiche planivolumetriche degli edifici;
c) di espansione, riguardanti gli interventi rivolti all’utilizzazione di aree inedificate o non urbanizzate, da disciplinare con appositi indici, parametri e specifiche indicazioni tipologiche;
4) individuare gli ambiti territoriali ove, per le condizioni di degrado, si rende opportuno il recupero del patrimonio edilizio e urbanistico esistente mediante interventi rivolti alla conservazione, risanamento, ricostruzione e alla migliore utilizzazione del patrimonio stesso; tali ambiti possono comprendere singoli immobili, complessi edilizi, isolati e aree, nonché edifici da destinare ad attrezzature pubbliche;
5) definire gli interventi diretti ammissibili in ciascuna zona in assenza di un piano urbanistico attuativo e individuare le aree in cui il piano stesso è richiesto, in modo che i primi siano possibili quando si tratti di intervento a carattere edilizio che necessita della sola viabilità di accesso e degli allacciamenti ai pubblici servizi e il secondo sia prescritto quando sia necessario organizzare i sistemi delle principali opere di urbanizzazione primaria e secondaria relative allo insediamento;
6) individuare i manufatti, gli edifici e i complessi di importanza storico-artistica e ambientale, compresi i manufatti di archeologia industriale anche non vincolati dalle leggi 1 giugno 1939, n. 1089, e 29 giugno 1939, n. 1497, o dal Piano Territoriale Regionale di Coordinamento o dal Piano Territoriale Provinciale;
7) definire l’organizzazione del territorio in relazione ai sistemi di infrastrutture di trasporto e di servizio occorrenti per gli insediamenti programmati e compatibilmente con il Piano dei trasporti provinciale; per i Comuni con popolazione superiore ai 15.000 abitanti: formare il piano di circolazione, al fine di una migliore circolazione del traffico nel centro urbano, avviando un processo di qualificazione selettiva e di coordinamento dei percorsi secondo criteri di razionalità ed economicità con particolare attenzione per il trasporto pubblico locale.
Sono in ogni caso da ritenere ammissibili in diretta attuazione del Piano Regolatore Generale gli interventi sul patrimonio edilizio esistente, di cui alle lettere a), b), c) e d), dell’art. 31 della L. 5 agosto 1978, n. 457, e quelli di completamento su parti del territorio già dotate delle principali opere di urbanizzazione primaria e secondaria.
Il Piano Regolatore Generale costituisce quadro di riferimento per gli interventi pubblici e privati su ciascuna zona del territorio comunale in rapporto alla rispettiva destinazione d' uso, in modo che siano particolarmente salvaguardati:
1) la difesa attiva del suolo e dell'ambiente naturale, storico e artistico, anche ai fini di consentirne la fruizione pubblica;
2) il recupero del patrimonio edilizio e infrastrutturale esistente e la riqualificazione dei tessuti edilizi e urbanistici degradati;
3) gli interventi di edilizia residenziale pubblica sia all’interno del patrimonio edilizio esistente sia nelle zone di espansione residenziale;
4) le aree minacciate da dissesto idrogeologico, quelle relative alle fasce di rispetto delle zone umide, della viabilità, delle ferrovie, dei cimiteri, delle piste sciistiche, degli impianti di risalita, degli impianti produttivi nocivi o inquinanti, nonché quelle comunque oggetto di particolare tutela.

Art. 10 - (Elaborati del Piano Regolatore Generale).

Il Piano Regolatore Generale è formato da:
1) gli elaborati dello stato di fatto comprendenti:
a) una relazione contenente le analisi, anche ripartite per porzioni di territorio significative, concernenti la popolazione, l’occupazione e le attività produttive, la residenza, i servizi, nonché la descrizione dei beni culturali e ambientali esistenti, lo stato del dissesto idrogeologico, le attitudini colturali dei terreni;
b) una cartografia dell’intero territorio in scala 1:5.000, e per alcune zone significative in scala 1:2.000, rilevante:
- gli edifici significativi esistenti e le aree a essi pertinenti;
- la viabilità;
- i servizi a rete;
- le opere di urbanizzazione primaria e secondaria;
- lo stato del suolo con riferimento all’attività produttiva agricola, alle case e al dissesto idrogeologico;
- le zone meritevoli di particolare tutela;
- i beni culturali e ambientali;
c) una cartografia geologico - tecnica in scala 1:5.000, derivante da quella provinciale indicata al punto 2) dell'art. 8, qualora richiesta per la finalità della lett. a) del punto 4) dello stesso articolo. La cartografia rileva le attitudini delle singole unità del terreno, con particolare riferimento al loro assetto geologico e morfologico e ai processi geodinamici in atto e contiene una classificazione dei terreni ai fini della loro utilizzazione come risorsa naturale;
2) gli elaborati di progetto comprendenti:
a) una relazione che in corrispondenza ai contenuti di cui all’articolo precedente e alle direttive del Piano Territoriale Regionale di Coordinamento e del Piano Territoriale Provinciale, indica gli obiettivi del Piano. Essa deve contenere i criteri per il soddisfacimento dei fabbisogni di cui al punto 1) del secondo comma del precedente articolo e le modalità per il conseguimento delle finalità di cui ai punti 1), 2) e 3) dell’ultimo comma dello stesso articolo;
b) una cartografia dell’intero territorio comunale in scala 1:5.000 e per alcune zone significative in scala 1:2.000, rilevante:
- le prescrizioni e i vincoli contenuti nel Piano Territoriale Regionale di Coordinamento e nel Piano Territoriale Provinciale;
- la suddivisione dell’intero territorio nelle zone territoriali omogenee di cui all’art. 24 e, all’interno di queste, l’eventuale individuazione delle zone degradate sulla base della consistenza degli edifici e dello stato e della carenza delle urbanizzazioni;
- l’eventuale delimitazione delle aree da riservare ai piani per l’edilizia residenziale pubblica e a quelli per gli insediamenti produttivi;
- le zone da sottoporre a particolari vincoli ai fini della difesa del suolo e del relativo sistema idrogeologico e forestale o in rapporto all’attivazione e coltivazione di cave e torbiere;
- le aree all’interno delle quali il rilascio della concessione edilizia è subordinato all'approvazione di uno strumento urbanistico attuativo;
- le aree da riservare a edifici pubblici o di uso pubblico, nonché a opere e impianti di interesse collettivo;
- le aree da riservare alle vie di comunicazione compresi i percorsi ciclabili e pedonali;
- il tracciato di massima delle reti tecnologiche con gli eventuali piani e programmi di settore;
- i gradi di protezione dei singoli edifici di cui al punto 6) del secondo comma dell’articolo 9 in relazione ai diversi tipi di intervento ammessi e le destinazioni d' uso compatibili;
c) le norme per l’attuazione del Piano Regolatore Generale, con particolare riferimento a quelle che, nell’ambito delle tutela di ogni singola zona e delle sue destinazioni, stabiliscono gli interventi singoli ammessi, la massima e minima densità edilizia, la percentuale di copertura ammissibile, gli allineamenti obbligatori, specificando i casi in cui è ammesso, oltre al recupero degli edifici esistenti, il loro completamento e la nuova edificazione;
d) il regolamento edilizio, con i contenuti dell’art. 33 della L. 17 agosto 1942, n. 1150;
e) le eventuali schede per interventi diretti, di cui al punto 3) dell’art. 9;
f) gli elaborati relativi al Piano comunale per la circolazione comprendenti:
- l’individuazione delle principali vie di penetrazione e di scorrimento del traffico urbano;
- la conseguente creazione coordinata dei sensi unici;
- l’individuazione di corsie preferenziali attrezzate per mezzi pubblici;
- la creazione di zone da riservare all’esclusiva viabilità pedonale e ciclabile;
- l’individuazione di aree da destinare a parcheggi scambiatori, parcheggi di penetrazione e autosilo, nonché ad autostazioni e autoparchi.

Capo II
Gli strumenti urbanistici attuativi

Art. 11 - (Strumenti urbanistici attuativi).

1. Sono strumenti urbanistici attuativi del Piano Regolatore Generale:
1) i piani di iniziativa pubblica comprendenti:
a) il Piano Particolareggiato (P.P.);
b) il Piano per l'Edilizia Economica e Popolare (P.E.E.P.);
c) il Piano per gli Insediamenti Produttivi (P.I.P.);
d) il Piano di Recupero di iniziativa pubblica (P.Ri.p.u.);
2) i piani di iniziativa privata comprendenti:
a) il Piano di Lottizzazione (P.di L.);
b) il Piano di Recupero di iniziativa privata (P.Ri.Pr.).
2. Rispetto al Piano regolatore generale gli strumenti urbanistici attuativi, possono prevedere modificazione del proprio perimetro con il limite massimo del 10 per cento e trasposizioni di zone conseguenti alla definizione esecutiva delle infrastrutture e attrezzature pubbliche previste in sede di strumento urbanistico generale, purché nel rispetto della capacità insediativa teorica dello stesso e senza riduzione delle superfici per servizi.
3. Le modifiche di cui al comma 2 non costituiscono variante allo strumento urbanistico generale.
4. Gli strumenti urbanistici attuativi di iniziativa pubblica possono anche prevedere varianti allo strumento urbanistico generale, con un limite massimo di aumento del 15 per cento in termini volumetrici e/o di superficie coperta relativamente ad alcuni parametri tecnici, quali:
a) la densità massima territoriale o fondiaria;
b) l'indice massimo di copertura territoriale o fondiaria;
c) l'altezza massima degli edifici;
d) la lunghezza massima delle fronti.
5. Modificazioni percentuali superiori ai parametri di cui al comma 4 costituiscono variante allo strumento urbanistico generale.

Art. 12 - (Piano Particolareggiato).

Il Piano Particolareggiato è lo strumento urbanistico attuativo che definisce, anche per settori funzionali, l’organizzazione urbanistica di un centro abitato o di zone territoriali omogenee; la sua delimitazione è prevista dal Piano Regolatore Generale.
Il Piano Particolareggiato è formato da:
1) una cartografia in scala 1: 500 riproducente lo stato di fatto e il perimetro dell’area dell’intervento da cui risultino tra l’altro:
a) il rilievo del verde esistente con l’indicazione delle essenze arboree;
b) le costruzioni e i manufatti di qualunque genere esistente;
c) il tracciato delle reti tecnologiche con le relative servitù;
d) la viabilità con la relativa toponomastica;
e) le aree vincolate ai sensi delle LL. 1 giugno 1939, n. 1089 e 29 giugno 1939, n. 1497, e quelle che abbiano valore di bene ambientale e architettonico, anche se non vincolate;
f) altri eventuali vincoli;
2) una documentazione fotografica della zona con indicazione dei diversi coni visuali;
3) una cartografia di progetto in scala 1: 500 riproducente il perimetro dell’intervento e contenente inoltre:
a) le indicazioni del piano urbanistico generale vigente relativamente alle singole aree interessate al progetto;
b) la rete viaria suddivisa in percorsi pedonali, ciclabili e carrabili con indicazione dei principali dati altimetrici;
c) la progettazione di massima delle reti tecnologiche e di ogni altra infrastruttura necessaria alla destinazione dell’insediamento;
d) le aree da destinare a sedi di centri civici, di edifici per il culto, di uffici e servizi pubblici, a spazi di uso pubblico come piazze, mercati, parchi, nonché le aree di sosta per i veicoli, compresi quelli senza motore;
e) l’eventuale delimitazione degli ambiti territoriali; dei comparti all’interno delle zone residenziali;
f) le zone e gli edifici da destinare a demolizione, a restauro o a svolgimento di attività pubbliche o di interesse pubblico;
g) il progetto planivolumetrico delle masse e gli allineamenti delle stesse lungo gli spazi pubblici e le zone destinate alla ristrutturazione;
h) le eventuali destinazioni d' uso prescritte o ammesse per gli edifici;
4) un elenco catastale delle proprietà da espropriare o da vincolare e relativo estratto di mappa;
5) le norme di attuazione del piano, con particolare riguardo a:
- le parti del territorio totalmente o parzialmente edificate;
- le parti del territorio destinate a nuovi insediamenti con le caratteristiche tipologiche degli edifici previsti, i relativi allineamenti, le altezze massime ammesse;
6) una relazione illustrativa contenente tra l’altro la previsione di massima delle spese occorrenti, dei mezzi per farvi fronte e dei termini previsti per la attuazione del piano.

Art. 13 - (Piano per l’Edilizia Economica e Popolare).

Il Piano per l’Edilizia Economica e Popolare, di cui alla L. 18 aprile 1962, n. 167, e successive modifiche, si attua sia in zone edificate sia in zone non edificate attraverso interventi di nuova edificazione e/o di recupero del patrimonio edilizio esistente.
Nei Piani per l’Edilizia Economica e Popolare, che prevedono interventi di restauro, risanamento o ristrutturazione di edifici o parti di edifici, il Comune può invitare i proprietari a realizzare gli interventi previsti sulla base di una convenzione ai sensi dell’art. 35 della L. 22 ottobre 1971, n. 865.
Nei Comuni non obbligati, ove ricorrano le condizioni che rendono opportuna l’adozione del piano, la percentuale di cui all’art. 2 della L. 28 gennaio 1977, n. 10, è stabilita dal Consiglio Comunale all’atto dell’adozione del piano stesso e non può eccedere il limite massimo fissato per i Comuni obbligati.
Nell’ambito del Piano per l’Edilizia Economica e Popolare è consentita la previsione di attività produttive e terziarie convenzionate purché compatibili e commisurate con la residenza.
Il Consiglio Regionale con propria deliberazione redige e modifica l’elenco dei comuni obbligati al Piano per l’Edilizia Economica e Popolare e i criteri che ne rendono opportuna l’adozione per i Comuni non obbligati.

Art. 14 - (Piano per gli Insediamenti Produttivi).

Il Piano per gli Insediamenti Produttivi, di cui all’art. 27 della L. 22 ottobre 1971, n. 865, si forma in zone non edificate come in zone già interessate da insediamenti produttivi.
In entrambi i casi il piano ha per obiettivi la realizzazione e il completamento delle opere di urbanizzazione con idonei collegamenti stradali e ferroviari e con allacciamenti alle reti tecnologiche, nonché la salvaguardia dell’ambiente e la salubrità delle condizioni di lavoro.

Art. 15 - (Piano di Recupero).

Il Piano di Recupero, di cui alla legge 5 agosto 1978, n. 457, è lo strumento di intervento per il recupero del patrimonio edilizio esistente nelle zone dichiarate degradate ai sensi dell’art. 27 di detta legge, in qualsiasi zona territoriale omogenea si trovino ubicate.
La delimitazione dell’ambito territoriale del Piano di Recupero e i termini per l’eventuale istituzione del Consorzio e la presentazione del progetto sono deliberati o variati col Programma Pluriennale di Attuazione o, nei Comuni sprovvisti, con provvedimento del Consiglio Comunale, che diviene esecutivo ai sensi dell’art. 59 della L. 10 febbraio 1953, n. 62.
Il Piano di Recupero è di iniziativa pubblica quando è redatto dal Comune; è di iniziativa privata quando è redatto e presentato al Comune dai privati; diviene un Piano di Recupero d' ufficio quando è redatto dal Comune in seguito a mancato accordo fra i soggetti interessati ai sensi dell’art. 61.
Il Piano di Recupero è formato da tutti gli elaborati grafici necessari, in rapporto alle sue dimensioni, tra quelli previsti all’art. 12, dall’elenco catastale delle proprietà, nonché, quando si tratti di Piano di Recupero di iniziativa privata, dalla convenzione di cui all’art. 63. La concessione per le opere previste dal Piano di Recupero di iniziativa privata è lasciata dopo la stipula della predetta convenzione.
In ogni caso è parte integrante del Piano di recupero l’indagine conoscitiva preliminare contenuta in allegato negli elaborati dello stato di fatto, per garantire che il piano stesso non contrasti con l’eventuale valore di bene ambientale e architettonico della zona.

Art. 16 - (Piano di Lottizzazione).

Il Piano di Lottizzazione è lo strumento urbanistico attuativo per l’insediamento, mediante un disegno infrastrutturale sistematico, di nuovi complessi residenziali, produttivi, turistici e commerciali nelle zone a tale scopo delimitate dal Piano Regolatore Generale.
La delimitazione dell’ambito territoriale dei singoli Piani di Lottizzazione e i termini per l’eventuale costituzione del Consorzio e la presentazione del progetto sono deliberati o variati col Programma Pluriennale di attuazione o, nei Comuni sprovvisti, con provvedimento del Consiglio Comunale, che diviene esecutivo ai sensi dell’art. 59 della L. 10 febbraio 1953, n. 62.
Il Piano di Lottizzazione è di iniziativa privata quando i soggetti interessati lo redigono e presentano al Comune di propria iniziativa; diviene un Piano di Lottizzazione d' ufficio quando è redatto dal Comune in seguito al mancato accordo tra i soggetti interessati ai sensi dell’art. 61.
Il Piano di Lottizzazione è formato da tutti gli elaborati grafici necessari, in rapporto alle sue dimensioni, tra quelli previsti all’art. 12, nonché dall’elenco catastale delle proprietà e dalla convenzione di cui all’art. 63.
La concessione per le opere previste dal Piano di Lottizzazione è rilasciata dopo la stipula della predetta convenzione.

Capo III
Gli strumenti di coordinamento

Art. 17 - (Strumenti di coordinamento).

Il coordinamento degli interventi previsti dagli strumenti urbanistici sul territorio comunale si attua:
a) sia con un coordinamento intersoggettivo attraverso il Comparto, mediante il quale sono definiti gli ambiti territoriali minimi, entro cui l’intervento edilizio deve essere realizzato in modo unitario da più aventi titolo;
b) sia con un coordinamento temporale attraverso il Programma Pluriennale di Attuazione (P.P.A.), mediante il quale sono individuate, all’interno del territorio comunale, le aree e le zone in cui, in un arco di tempo determinato, gli interventi devono realizzarsi prioritariamente e in combinazione con le opere di urbanizzazione.

Art. 18 - (Comparto).

Il Comparto comprende uno o più edifici e/o aree da trasformare, appartenenti a più proprietari o aventi titolo a edificare e costituenti insieme una unità minima per un intervento unitario e si realizza attraverso la costituzione di un Consorzio e la presentazione di un'unica istanza di concessione edilizia.
La delimitazione dell’ambito territoriale del Comparto e i termini per la costituzione del Consorzio e per la presentazione dell’istanza di concessione sono stabiliti da un piano urbanistico attuativo o da un Programma Pluriennale d' Attuazione, ma possono essere deliberati o variati anche separatamente con provvedimento del Consiglio Comunale, che diviene esecutivo ai sensi dell’art. 59 della L. 10 febbraio 1953, n. 62.
Esso può estendersi a parti di un Piano di Recupero o di un Piano Particolareggiato o di un piano urbanistico attuativo d' ufficio oppure ricomprendere gli interventi singoli spettanti a più soggetti in attuazione diretta del Piano Regolatore Generale.
Il Consorzio di Comparto è costituito mediante atto sottoscritto dai soggetti interessati, ove, in particolare, sono fissati i criteri per un equo riparto degli oneri e dei benefici.

Art. 19 - (Contenuti del Programma Pluriennale di Attuazione).

Il Programma Pluriennale di Attuazione del Piano Regolatore Generale o, in via transitoria, del Programma di Fabbricazione riguarda le parti del territorio comunale che saranno oggetto di trasformazione urbanistica ed edilizia in un periodo di tempo non inferiore a 3 e non superiore a 5 anni.
Esso deve indicare:
1) il perimetro delle zone territoriali omogenee o la porzione delle stesse di cui si prevede l’utilizzazione e la correlativa urbanizzazione, con esclusione delle aree già edificate nelle zone territoriali omogenee di tipo A e B, non assoggettate a un piano urbanistico attuativo ai sensi del successivo punto 4);
2) il perimetro e la specifica destinazione delle aree per spazi pubblici o riservati alle attività collettive, a verde pubblico o a parcheggio, di cui si prevede la realizzazione totale o per le percentuali prescritte all’interno delle singole zone territoriali omogenee;
3) per i Comuni obbligati alla formazione del Piano per l’Edilizia Economica e Popolare e per quelli che lo abbiano adottato, il perimetro delle aree destinate all’edilizia economica e popolare, di cui si prevede la realizzazione, rispettando, per i Comuni obbligati, la proporzione tra l'estensione di tali aree e quelle riservate all'attività edilizia privata ai sensi dell’art 2 della L. 28 gennaio 1977, n. 10.
Nel computo della superficie possono essere incluse anche le aree di proprietà comunale con destinazione d' uso residenziale nello strumento urbanistico, di cui sia prevista l’utilizzazione ai sensi dell’art. 35 della L. 22 ottobre 1971, n. 865;
4) le aree nelle quali il rilascio della concessione a edificare è subordinato alla preventiva approvazione di uno strumento urbanistico attuativo e/o alla costituzione di un Consorzio di Comparto o di Piano di Recupero o di Piano di Lottizzazione;
5) il periodo di validità del Programma Pluriennale di attuazione;
6) i termini entro cui dovranno essere approvati gli strumenti urbanistici attuativi di iniziativa pubblica;
7) i termini entro cui dovranno essere costituiti gli eventuali Consorzi e presentati o l’istanza di concessione per il Comparto o il progetto per i piani urbanistici attuativi di iniziativa privata. La data ultima dovrà comunque essere fissata entro il primo anno di efficacia del Programma Pluriennale di Attuazione;
8) i termini entro i quali dovrà essere presentata l’istanza di concessione per le aree comprese nel programma relativamente agli interventi singoli;
9) il preventivo di spesa per la realizzazione delle opere di urbanizzazione generale, per l’espropriazione delle aree e per la progettazione dei Piani Particolareggiati;
10) il quadro generale delle risorse mobilitabili per l’attuazione delle opere previste nel Programma Pluriennale, indicando altresì i tempi entro cui si prevede la realizzazione dei singoli stralci funzionali e relative quote di spesa annuali da inserire nei bilanci comunali, suddivise per singole categorie di opere di urbanizzazione.
Il Programma Pluriennale di Attuazione potrà inoltre indicare le direttive per il coordinamento e la razionale sistemazione urbanistica delle aree di cui al precedente punto 4) nonché le risorse necessarie per adeguare la dotazione dei servizi e degli spazi pubblici a quanto previsto dal successivo titolo III.

Art. 20 - (Dimensionamento del Programma Pluriennale di Attuazione e scelta delle aree).

Il Consiglio Comunale determina l’estensione delle parti di territorio comunale da includere nel Programma Pluriennale di Attuazione sulla base del prevedibile andamento, nel periodo di validità del programma, della domanda di edilizia residenziale, commerciale, per attività turistiche, direzionali, artigianali e industriali, tenendo anche conto dei fabbisogni arretrati e dimensionando conseguentemente l’estensione e la destinazione delle aree per spazi riservati alle attività collettive, a verde o a parcheggio.
In sede di prima applicazione, il Comune certifica la quota del Piano Regolatore Generale o del Programma di Fabbricazione attuata fino alla deliberazione del Programma Pluriennale di Attuazione, in relazione allo sviluppo residenziale, pubblico e privato, allo stato di attuazione dei servizi, delle aree produttive e delle opere di urbanizzazione previste dallo strumento urbanistico.
L’estensione delle aree con destinazione d' uso residenziale è determinata, per il periodo di efficacia del programma, in relazione agli indici di incremento assunti per il dimensionamento del Piano Regolatore generale.
Al fine del dimensionamento delle aree di cui al punto 2) dell’art. 19 si tiene conto anche del fabbisogno pertinente alla quantità di popolazione insediata o da insediare in conseguenza degli interventi edilizi concessi nel periodo dal 31 gennaio 1977 alla data di approvazione del Programma Pluriennale di Attuazione.
Per l’edilizia commerciale, turistica, direzionale, industriale e artigianale il fabbisogno è determinato sulla base delle previsioni dello strumento urbanistico generale e delle richieste degli operatori del settore; per gli spazi riservati ai sensi dell’art. 25, il fabbisogno è almeno uguale a quello derivante dal rispetto dei rapporti di dimensionamento degli strumenti urbanistici definiti ai sensi della presente legge e applicati agli interventi residenziali, commerciali, direzionali, turistici, artigianali e industriali previsti nel Programma Pluriennale di Attuazione.
Le aree e gli edifici da includere nel Programma Pluriennale di Attuazione sono scelti con priorità per:
1) gli interventi di riutilizzazione del patrimonio edilizio esistente;
2) le aree dotate di opere di urbanizzazione non completamente usufruite e, comunque, le aree nelle quali i costi di insediamento sono relativamente più contenuti;
3) le aree già dotate di strumento urbanistico attuativo approvato;
4) le aree sulle quali non insistono colture agricole pregiate.

Art. 21 - (Elaborati del Programma Pluriennale di Attuazione).

Il Programma Pluriennale di Attuazione, in corrispondenza ai contenuti dell’art. 19, è formato da:
1) una cartografia in scala non inferiore a quella utilizzata per la redazione dello strumento urbanistico generale contenente le indicazioni di cui ai punti 1), 2), 3), e 4);
2) un elenco catastale delle proprietà delle aree di cui al punto 2);
3) una relazione illustrativa delle motivazioni assunte al fine del dimensionamento e della scelta delle aree incluse nel programma e contenente tra l’altro le indicazioni di cui ai punti 5), 6), 7) e 8);
4) una relazione programmatica in ordine ai contenuti di cui ai punti 9) e 10).
Le indicazioni della cartografia e la relazione programmatica, di cui al precedente comma, sono aggiornate annualmente in relazione allo stato di attuazione del programma.

Titolo III
Il dimensionamento degli strumenti urbanistici

Art. 22 - (Criteri di dimensionamento e capacità insediativa residenziale teorica).

Nella formazione, modificazione o revisione degli strumenti urbanistici, generali e attuativi, devono essere assicurati ai sensi del D.M. LL.PP. 2 aprile 1968, n. 1444, in quanto non modificato dalla presente legge:
1) una dotazione minima di superfici pubbliche riservate alle attività collettive, a verde pubblico e a parcheggio, nelle diverse zone territoriali omogenee in rapporto agli abitanti insediati e insediabili;
2) limiti minimi e massimi di densità edilizia territoriale e distanze minime tra costruzione, dalle strade o dai manufatti pubblici o di uso pubblico nelle diverse zone territoriali omogenee, nonché limiti di altezza degli edifici.
Il dimensionamento del Piano Regolatore Generale è fatto sulla base della capacità insediativa residenziale teorica, che risulta dalla somma delle capacità insediative di tutte le aree residenziali o a parziale destinazione residenziale previste nel piano stesso.
Per il calcolo della capacità teorica delle zone residenziali esistenti che il piano prevede di mantenere allo stato di fatto e al netto dei lotti inedificati si assume come numero dei residenti insediati il valore maggiore tra quello pari al 75% dei vani abitabili esistenti e il numero dei residenti insediati al momento dell’adozione del piano, purché non si superi il rapporto di un abitante per vano. Non si computa l’incremento di volume teoricamente possibile per l’aumento fino al 20% degli edifici unifamiliari esistenti, di cui alla lett. d) dell’art. 9 della L. 28 gennaio 1977, n. 10.
Per le aree in cui è prevista la nuova edificazione o la ricostruzione previa demolizione, si assume come capacità teorica il valore ottenuto attribuendo a ogni abitante da insediare 150 mc. di volume edificabile.
Per le aree con destinazione d' uso residenziale - turistico, il valore di cui al comma precedente può essere diminuito fino a un minimo di mc. 60 per abitante.
Il volume da considerare per il calcolo del numero degli abitanti è pari al prodotto delle superfici delle singole zone territoriali per il rispettivo indice di edificabilità territoriale.
Il Piano Territoriale Regionale di Coordinamento può stabilire, in ragione delle specifiche caratteristiche, indici di capacità insediativa residenziale teorica e di densità territoriale e fondiaria, limiti e rapporti di dimensionamento per gli insediamenti, quantità di superfici per opere e servizi pubblici o di interesse pubblico, in misura diversa da quelli previsti nel presente titolo.

Art. 23 - (Densità territoriale e densità fondiaria).

La densità territoriale per le zone di espansione residenziale non può essere inferiore a 1 mc/mq e non superiore a 3 mc/mq; indici inferiori sono possibili per le zone di interesse paesaggistico e per i territori montani.
La densità fondiaria relativa ai singoli lotti liberi delle zone omogenee di completamento non deve superare:
a) nei Comuni fino a 10.000 abitanti 3 mc/mq;
b) nei Comuni fra 10.001 e 50.000 abitanti 4 mc/mq;
c) nei Comuni oltre 50.000 abitanti 5 mc/mq.
Restano valide le altre norme dell’art. 7 del D.M. LL.PP. 2 aprile 1968, n. 1444.
Eventuali prescrizioni diverse del Piano Regolatore Generale devono essere adeguatamente motivate sotto il profilo sia dei costi insediativi e di urbanizzazione, sia della qualità del paesaggio urbano risultante.
Il Piano Regolatore Generale prevede le densità edilizie massime e minime, la minima non potendo essere inferiore al 75% della massima.
Le distanze minime tra fabbricati sono quelle di cui all’art. 9 del D.M. LL.PP. 2 aprile 1968, n. 1444.
Sono fatte salve maggiori distanze prescritte per le zone sismiche.
Il piano regolatore generale può, altresì, definire minori distanze rispetto a quelle previste dall'articolo 9 del decreto del Ministro per i lavori pubblici n. 1444 del 1968:
a) nei casi di gruppi di edifici che formino oggetto di piani urbanistici attuativi planivolumetrici;
b) nei casi di interventi disciplinati puntualmente;
[c) nelle zone territoriali omogenee B e C1 qualora, fermo restando per le nuove costruzioni il rispetto delle distanze dal confine previste dal piano regolatore generale che comunque non possono essere inferiori a cinque metri, gli edifici esistenti antistanti a quelli da costruire siano stati realizzati legittimamente ad una distanza dal confine inferiore.]


Art. 24 - (Zone territoriali omogenee).

Le zone territoriali omogenee in cui il Piano Regolatore Generale suddivide il territorio, previste dall’art. 17 della L. 6 agosto 1967, n. 765, sono quelle stabilite dall’art. 2 del D.M.LL.PP. 2 aprile 1968, n. 1444, e dalla presente legge.
La zona territoriale omogenea di tipo C è suddivisa nelle due sottozone di tipo C1 e C2; nella sottozona di tipo C1 il limite della superficie coperta dagli edifici esistenti non deve essere inferiore al 7,5% della superficie fondiaria della zona e la densità territoriale non deve essere inferiore a 0,50 mc/mq; si ha la sottozona di tipo C2 quanto tali limiti non vengono raggiunti.
Nelle zone di tipo D vanno comprese anche le parti del territorio già destinate, totalmente o parzialmente, a insediamenti per impianti industriali o a essi assimilati.
La zona territoriale omogenea di tipo E comprende le parti del territorio destinato a usi agricoli.
Gli strumenti urbanistici possono prevedere zone risultanti dalla combinazione di destinazioni d' uso diverse purché compatibili, tra cui zone destinate anche parzialmente a insediamenti turistici commerciali e direzionali e le modalità secondo cui dette funzioni vanno inserite in zone omogene con diversa destinazione.

Art. 25 - (Rapporti di dimensionamento per gli insediamenti).

Le superfici di cui al punto 1 dell’art. 22, insistenti su aree pubbliche e/o a uso pubblico, possono essere al servizio di opere di urbanizzazione primaria o secondaria.
Le opere di urbanizzazione primaria sono quelle elencate al primo comma dell’art. 4 della L. 29 settembre 1964, n. 847, come integrato dall’art. 44 della L. 22 ottobre 1971, n. 865, e ogni altra opera pubblica o di uso pubblico per il collegamento e/o completamento funzionale dell’insediamento edilizio.
Le opere di urbanizzazione secondaria sono quelle elencate al secondo comma dell’art. 4 della L. 29 settembre 1964, n. 847, come integrato dall’art. 44 della L. 22 ottobre 1971, n. 865, e ogni altra opera pubblica o di uso pubblico in rapporto funzionale con l’organizzazione urbanistica complessiva.
Le prescrizioni degli strumenti urbanistici attuativi, relativamente a nuovi insediamenti devono contenere la dotazione minima di superfici a servizio di opere di urbanizzazione primaria, mentre, per le superfici a servizio delle opere di urbanizzazione secondaria possono far riferimento alle opere esistenti o da realizzare anche in zone funzionalmente contigue, quando ciò sia consentito dal dimensionamento dello strumento urbanistico generale, relativamente alla ristrutturazione urbanistica di insediamenti esistenti, devono mantenere ferme almeno le superfici libere esistenti; in particolare, i parcheggi sono ricavabili, anche con vincolo convenzionale di uso pubblico, nel sottosuolo o all’interno degli edifici.
In ogni caso, le superfici a servizio di opere di urbanizzazione che non comportano l’edificazione di manufatti sopra il livello del suolo possono essere collocate nelle fasce di rispetto stradale, ferroviario o fluviale e nelle zone di tutela cimiteriale, previo parere favorevole delle Autorità competenti.
I rapporti di dimensionamento, di cui al secondo comma dell’art. 3 del D.M. LL.PP. 2 aprile 1968, n. 1444, sono così modificati:
b) mq 4,5 per attrezzature di interesse comune, di cui mq 1,5, con un minimo per le aree di nuova espansione di mq. 5.000, per chiese e servizi religiosi;
c) mq. 15,0 riducibili a mq. 10,0 nei Comuni nei quali la popolazione prevista dallo strumento urbanistico non superi i 10.000 abitanti;
d) mq 3,50.
Sono soppresse le riduzioni previste dall’art. 4 del D.M.LL.PP. 2 aprile 1968, n. 1444, per le zone A, B, C.
Nei Comuni turistici, la dotazione minima per spazi riservati all’attività collettiva, al verde e ai parcheggi deve essere incrementata del fabbisogno per la popolazione turistica prevista dal piano, solamente per il calcolo delle superfici di cui alle lettere c) e d) dell’art. 3 del D.M. LL.PP. 2 aprile 1968, n. 1444; la dotazione minima di cui alla lettera c) dello stesso articolo è elevata a mq. 20 per abitante o per vano.
La dotazione di parcheggio privato, di cui all’art. 18 della L. 6 agosto 1967, n. 765, è fissata in 1 mq/20 mc di costruzione.
In riferimento ai rapporti di dimensionamento, di cui all’art. 5 del D.M.LL.PP. 2 aprile 1968, n. 1444,
1) negli insediamenti di carattere industriale e artigianale, la superficie da destinare a servizi non può essere inferiore:
a) nelle zone di espansione, al 10% per opere di urbanizzazione primaria e al 10% per opere di urbanizzazione secondaria;
b) nelle zone di completamento, al 5% per opere di urbanizzazione primaria e al 5% per opere di urbanizzazione secondaria; la percentuale relativa alle opere di urbanizzazione secondaria può essere ridotta dal comune fino al 4 per cento nelle zone di espansione e fino al 2 per cento nelle zone di completamento mediante convenzione in cui il Comune ottiene il corrispettivo in denaro per la riduzione delle superfici;
2) negli insediamenti di carattere commerciale e direzionale, la superficie da destinare a servizi non può essere inferiore:
a) nelle zone di espansione, a 1 mq/mq di superficie lorda di pavimento;
b) nelle zone di completamento, a 0,8 mq/mq di superficie lorda di pavimento.
La verifica dei rapporti tra gli spazi di cui al punto 1) dell’art. 22 è effettuata in sede di Piano Regolatore Generale con riferimento alla capacità insediativa residenziale teorica come determinata allo stesso articolo.
Il conseguimento dei rapporti di dimensionamento degli strumenti urbanistici è assicurato mediante cessione di aree o vincoli di destinazione ad uso pubblico.
Per gli insediamenti turistici e commerciali i rapporti relativi ai parcheggi possono essere conseguiti, entro il limite del 50%, anche mediante reperimento in loco di aree private con vincolo di destinazione d' uso a parcheggio.
Il valore delle aree e delle opere cedute o vincolate è detraibile dal contributo di urbanizzazione in sede di rilascio della concessione edilizia.

Art. 26 - (Spazi pubblici per parco, gioco, sport e attrezzature generali).

La dimensione delle singole zone destinate a verde pubblico per la creazione di parchi urbani per il gioco e per lo sport, deve essere tale da garantire l’effettiva utilizzazione di tali impianti oltre che rispettare le dotazioni minime obbligatorie in rapporto alle capacità insediative del piano.
In ogni Piano Regolatore Generale deve essere prevista almeno un'area pubblica per il parco, nonché una per lo sport e una per il gioco.
Le eccezioni devono essere motivate.
Per la formazione di parchi pubblici sono prescelte le aree tra quelle aventi nell’ordine le seguenti caratteristiche:
a) parco già formato;
b) facile accesso pubblico e vicinanza al centro urbano;
c) assenza di colture agricole pregiate.
Negli strumenti urbanistici attuativi delle zone residenziali di nuova formazione dovranno essere previsti specifici spazi attrezzati per il gioco e il parco nella misura di almeno mq 3 per abitante da insediare, in appezzamenti di misura non inferiore a mq 1.000 se destinati al gioco e in viali pedonali alberati se destinati a parco.
La dotazione di mq 3 per abitante è in aggiunta rispetto alle dotazioni minime, di cui al precedente articolo.
Qualora la dimensione dello strumento urbanistico attuativo non consenta la realizzazione di tali superfici minime, gli oneri vengono monetizzati e il Comune individua gli spazi pubblici corrispondenti tra quelli previsti dal piano e fissa i tempi di realizzazione nel periodo di validità del Programma Pluriennale di Attuazione per i Comuni obbligati.
In ogni Piano Territoriale Provinciale devono essere previste una o più aree da destinare a parco territoriale in misura non inferiore a 15 mq per abitante; una o più aree destinate all’istruzione superiore (istituiti universitari esclusi) della misura minima di mq 2,0 per abitante; una o più aree destinate ad attrezzature sanitarie, della misura minima di mq 1,5 per abitante.

Art. 27 - (Zone di tutela e fasce di rispetto).

Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano obbligatoriamente all’esterno dei centri edificati e delle zone edificabili previste dallo strumento urbanistico generale e già dotate delle opere di urbanizzazione.
La distanza minima dalle strade è fissata nella misura indicata nel D.M.LL.PP. 1 aprile 1968, n. 1404; eventuali riduzioni possono essere consentite con il Piano Regolatore Generale in relazione alle esigenze di sistemazione dei fabbricati in zona agricola, per la tutela di antiche preesistenze e per esigenze dovute alla morfologia del territorio.
Il Piano Territoriale Regionale di Coordinamento, il Piano Territoriale Provinciale e il Piano Regolatore Generale individuano le zone di tutela e dettano la relativa normativa.
Sono zone di tutela:
1) le aree soggette a dissesto idrogeologico, a pericolo di valanghe ed esondazioni o che presentano caratteristiche geologiche e morfologiche tali da non essere idonee a nuovi insediamenti;
2) le golene, i corsi d' acqua, gli invasi dei bacini naturali e artificiali, nonché le aree a essi adiacenti per una profondità adeguata;
3) gli arenili e le aree di vegetazione dei litorali marini;
4) le aree umide, le lagune e relative valli;
5) le aree cimiteriali;
6) le aree comprese fra gli argini maestri e il corso di acqua dei fiumi e nelle isole fluviali, nonché una fascia di profondità di almeno:
a) m. 15 dal ciglio dei fiumi, torrenti, canali, compresi nei territori classificati montani;
b) m. 50 dall'unghia esterna dell'argine principale per i fiumi, torrenti e canali arginati e canali navigabili;
c) m. 100 dal limite demaniale dei laghi naturali o artificiali e, nei restanti territori non montani, dalle zone umide e dal limite demaniale dei fiumi, delle loro golene, torrenti e canali;
7) le aree adiacenti al fiume Po e alle coste marine, per una profondità di almeno:
a) per il fiume Po, m. 300 dal piede esterno degli argini maestri e m. 100 dal limite esterno della zona golenale;
b) per le coste marine, m. 200 dal limite demaniale della spiaggia.
Sono fatte salve le norme relative alle zone portuali e aeroportuali.
8) le aree boschive o destinate a rimboschimento;
9) le aree di interesse storico, ambientale e artistico;
10) le aree per il rispetto dell’ambiente naturale, della flora e della fauna.
In tali aree l’edificazione avviene secondo le norme degli strumenti urbanistici, avuto riguardo agli insediamenti esistenti.
In sede di formazione o di revisione del Piano Regolatore Generale, nella fascia di 200 m. dal limite demaniale della spiaggia possono essere previsti servizi ed esercizi pubblici funzionali all’attività turistica, con esclusione delle attività ricettive, fatto salvo quanto previsto dalla L.R. 3 luglio 1984, n. 31.
Inoltre, per quanto riguarda le spiagge, il Piano Regolatore generale va dimensionato attraverso uno studio dell’arenile che regolamenti le costruzioni esistenti, la dotazione di aree per servizi pubblici e per tutte le attrezzature precarie necessarie all’attività turistica.
Il Piano Territoriale Provinciale recepisce la classificazione delle strade e detta norma per la regolamentazione dei relativi accessi all’esterno dei centri abitati.
Le distanze tra tali accessi non possono essere inferiori per le strade statali a m. 500 e per le provinciali a m. 300.
Le fasce di rispetto dalle ferrovie, all’esterno dei centri edificati e delle zone edificabili previste dallo strumento urbanistico generale e già dotate delle opere di urbanizzazione, sono disciplinate dagli artt. 49 e seguenti del D.P.R. 11 luglio 1980, n. 753.
Le fasce di rispetto stradale sono normalmente destinate alla realizzazione di nuove strade o corsie di servizio, all’ampliamento di quelle esistenti, alla creazione di percorsi pedonali e ciclabili, alle piantumazioni e sistemazioni a verde e alla conservazione dello stato di natura. È ammessa la costruzione a titolo precario di impianti per la distribuzione di carburante.
Il Piano Regolatore Generale determina le fasce di rispetto dagli edifici industriali, dai depositi di materiali insalubri e pericolosi, dalle pubbliche discariche, dalle opere di presa degli acquedotti, dagli impianti di depurazione delle acque reflue, dagli impianti di risalita e dalle piste per lo sci, dagli impianti militari, dai cimiteri, e le caratteristiche delle colture arboree da piantare in dette fasce.
Il Piano Regolatore Generale detta norme specifiche per il restauro e la ristrutturazione delle costruzioni esistenti nelle fasce di rispetto dalle strade, dalle zone umide e dalle ferrovie di cui al presente articolo, stabilendo anche quote eventuali di ampliamento; determina per quali di questi edifici è vietata la modifica della destinazione d' uso.
L’ampliamento può essere concesso solo se la costruzione non sopravanza l’esistente verso il fronte da cui ha origine il rispetto.
Nel caso di esproprio di edificio per la realizzazione di strade o loro ampliamenti e di opere pubbliche in genere, e nei casi di demolizione e ricostruzione per inderogabili motivi statici o di tutela della pubblica incolumità, può essere consentita la ricostruzione di egual volume in area adiacente, purché non destinata a spazi pubblici, anche inferiore alla superficie minima di legge.
Le aree comprese nelle fasce di rispetto sono computabili ai fini dell’edificabilità delle aree finitime, secondo i parametri delle stesse.
Nelle zone soggette a vincolo idrogeologico, nelle zone boscate e sulle sponde dei laghi, dei fiumi, dei torrenti e dei canali possono essere realizzate le opere attinenti al regime idraulico, alle derivazioni d'acqua o a impianti di depurazione.

Art. 28 - (Beni ambientali e architettonici).

Il Piano Regolatore Generale individua i beni ambientali e architettonici del territorio comunale anche non vincolati a norma delle vigenti leggi.
Essi sono:
1) insediamenti urbani e rurali o loro parti, aggregazioni edilizie, singoli edifici e manufatti, aventi caratteristiche ambientali e architettoniche, con le rispettive aree e pertinenze;
2) aree di interesse paesaggistico o ambientale.
Il Piano Regolatore Generale formula norme per la tutela dei beni ambientali e architettonici, graduate secondo l’importanza degli stessi e individua le fasce di rispetto per garantirne la libera visione dagli spazi pubblici. Tali beni vanno individuati nella cartografia del Piano Regolatore Generale, a scala opportuna, con adeguata classificazione tipologica riferita alle singole unità immobiliari e sintetizzata in unità urbanistiche compiute.
In tali ambiti è fatto divieto di modificare gli elementi caratteristici dell’ambiente, del tessuto edificato e della rete viaria pedonale e veicolare.
Il Piano Regolatore Generale precisa gli obiettivi per la tutela e la riutilizzazione dei beni ambientali e architettonici e individua nella cartografia i perimetri delle zone in cui è obbligatorio il ricorso al Piano Particolareggiato o al Piano di Recupero.
Il Piano di Recupero può essere redatto e approvato solo previa classificazione tipologica e definizione delle destinazioni d' uso compatibili e delle modalità di intervento di cui al presente articolo.
Relativamente ai Centri Storici, l’attuazione dei Piani Regolatori Generali e dei Programmi di Fabbricazione avviene anche mediante Piani di Recupero formati ai sensi della L. 5 agosto 1978, n. 457, e della presente legge.
Nell’ambito dei Centri Storici sono consentiti, fino all’approvazione degli strumenti attuativi, solo gli interventi previsti dalle lettere a), b), c) e d) dell’art. 31 della L. 5 agosto 1978, n. 457, salvo il caso di cui al comma successivo.
Gli strumenti urbanistici generali possono dettare le prescrizioni relative agli interventi ammessi per ogni singola unità edilizia, distinta in base alle caratteristiche dell’impianto tipologico di antica o recente origine, conservato, degradato o sostituito.
Le classificazioni operative sono approvate dalla Giunta regionale, sentita la Commissione Consiliare competente, entro sei mesi dall’entrata in vigore della presente legge.

Art. 29 - (Zone di tipo residenziale).

Il Piano Regolatore Generale individua le zone territoriali omogenee residenziali, come definite all’art. 24, e fissa gli obiettivi della pianificazione da perseguire in ciascuna zona e le modalità di attuazione degli interventi in esse previsti.
Il Piano Regolatore Generale perimetra le zone ove l’intervento è ammesso solo dopo l’approvazione di un piano urbanistico attuativo di iniziativa pubblica o privata, potendo comprendere in queste in tutto o in parte le zone di cui ai punti seguenti.
Per le zone territoriali omogenee di tipo A, B e C1 il piano delimita:
1) le zone e le aree da mantenere allo stato di fatto, ove sono ammessi gli interventi compatibili con il grado di protezione previsto per la zone, compresi quelli di cui alle lettere b), c), d), e), f) e g) dell’art. 9 della L. 28 gennaio 1977, n. 10, secondo le definizioni di cui all’art. 31 della L. 5 agosto 1978, n. 457;
2) le zone ove è possibile l’uso di lotti liberi residui e l’ampliamento degli edifici esistenti secondo limiti di edificabilità prefissati;
3) le zone da destinare a verde pubblico, le aree e gli edifici da destinare a servizi pubblici e ad attrezzature generali;
4) le zone in condizione di degrado di cui al primo comma dell’art. 27 della L. 5 agosto 1978, n. 457, da sottoporre a Piano di Recupero.
Per tali zone gli obiettivi della pianificazione, in armonia con il D.M.LL.PP. 2 aprile 1968, n. 1444, devono essere volti:
1) al restauro e al risanamento conservativo degli edifici esistenti;
2) alla riutilizzazione del patrimonio edilizio;
3) al completamento delle zone parzialmente utilizzate;
4) al completamento delle opere di urbanizzazione.
Va determinata inoltre una capacità insediativa teorica non superiore a quella esistente; la capacità insediativa esistente può essere superata solo qualora siano soddisfatti i limiti e rapporti di dimensionamento disposti dalla legge in relazione agli abitanti esistenti e previsti per la stessa zona.
Per le zone territoriali omogenee di tipo A valgono le norme dell’art. 28.
Per le zone territoriali omogenee di tipo B e C1 il Piano Regolatore Generale:
1) individua le aree da destinare a verde pubblico e le aree ed edifici da destinare a servizi pubblici o ad attrezzature generali;
2) prevede le quantità di parcheggio aperto al pubblico per ogni nuova costruzione non inferiore a mq. 5,0 per abitante, di cui una parte riservata a veicoli senza motore;
3) fissa, anche per gli interventi di ristrutturazione, la dotazione minima di parcheggio privato di cui all’art 18 della L. 6 agosto 1967, n. 765.
Il piano Regolatore Generale stabilisce il dimensionamento delle zone territoriali omogenee di tipo C2 detraendo dal fabbisogno complessivo di edilizia residenziale la quota da soddisfare con gli interventi di recupero del patrimonio edilizio esistente e con le nuove costruzioni previste nelle zone edificate di tipo B e C1.
Per le zone territoriali omogenee di tipo C2, in cui l’intervento edilizio deve essere preceduto dalla approvazione di un piano urbanistico attuativo, vengono fissati con le norme di attuazione del Piano Regolatore Generale i criteri della progettazione, obbligando al rispetto del tessuto viario ed edilizio dell’ambiente circostante, ponendo limiti di altezza e di distanza tra edifici, individuando la tipologia, la destinazione d' uso, la sagoma degli edifici previsti, i tipi di materiali ammissibili, nonché il tipo di sistemazione degli spazi pubblici.

Art. 30 - (Zone di tipo industriale, artigianale e commerciale).

Il Piano Regolatore Generale individua le zone territoriali omogenee di tipo D, specificando:
1) le zone destinate a insediamenti artigianali, industriali e commerciali esistenti in cui si intende conservare la destinazione d'uso e ammettere la ristrutturazione, la ricostruzione, l’ampliamento, nonché nuove costruzioni;
2) le zone destinate a nuovi insediamenti industriali, artigianali e commerciali, compreso il commercio all’ingrosso;
3) gli impianti industriali esistenti che si confermano nella loro ubicazione, fissando le norme per la manutenzione straordinaria e gli ampliamenti ammessi, nonché per la eventuale dotazione di infrastrutture carenti;
4) le aree per gli impianti industriali o artigianali o tecnologici isolati, che debbano sorgere al di fuori delle aree attrezzate o di completamento, per esigenze tecniche o perché inquinanti, e le relative misure di salvaguardia;
5) gli impianti obsoleti o dichiarati in sede impropria, per i quali sono applicabili le norme di cui all’ultimo comma del presente articolo.
In ogni caso l’estensione e l’ubicazione delle nuove zone e la ristrutturazione di quelle esistenti devono garantire:
a) la realizzazione delle opere di urbanizzazione e dei relativi impianti tecnologici;
b) la prevenzione dell’inquinamento;
c) idonee condizioni di lavoro e di salvaguardia dell’ambiente;
d) idonei collegamenti con i centri abitati.
Per le aree e per gli edifici con insediamenti produttivi, attivi o inattivi, per i quali si rendano opportuni interventi di ristrutturazione urbanistica ed edilizia, ivi compresi il trasferimento delle attività produttive in aree idonee a destinazione industriale o artigianale, nel territorio dello stesso Comune o di altri Comuni, oltreché il riutilizzo per altre destinazioni d'uso delle aree dismesse, il Piano Regolatore Generale assoggetta il complesso delle operazioni a convenzionamento.

Art. 31 - (Zone di tipo agricolo).

Il Piano Regolatore Generale individua come zone territoriali omogenee di tipo E le zone a prevalente destinazione agricola e forestale, la cui tutela ed edificabilità è disciplinata dalla L.R. 5 marzo 1985, n. 24.

Titolo IV
I Procedimenti
Capo I
Il Piano Territoriale Regionale di Coordinamento e i Piani di settore di livello regionale

Art. 32 - (Adozione e approvazione del Piano Territoriale Regionale di Coordinamento e dei piani di area).

Il Piano Territoriale Regionale di Coordinamento è adottato dalla Giunta regionale, sentita la Commissione Tecnica Regionale in assemblea generale.
Il Presidente della Giunta Regionale, nei trenta giorni successivi, provvede a pubblicare nel Bollettino Ufficiale della Regione la delibera di adozione dando indicazione delle sedi in cui chiunque può prendere visione degli elaborati.
Entro il termine di 90 giorni dalla pubblicazione il Governo e le Aziende di Stato, le Province, le Comunità Montane, i Comuni, le Organizzazioni e le Associazioni economiche, sociali e culturali, nonché i proprietari interessati ai sensi del punto 5) dell’art. 5, presentano alla Giunta regionale le loro osservazioni e proposte.
Ai fini dell’approvazione del primo Piano Territoriale Regionale di Coordinamento il termine di cui al terzo comma è fissato in 180 giorni.
La Giunta Regionale, entro i successivi 90 giorni, presenta al Consiglio Regionale il Piano adottato con le eventuali proposte di modifica e tutte le osservazioni corredate del proprio parere.
Il Piano Territoriale Regionale di Coordinamento è approvato con deliberazione del Consiglio regionale.
Il piano di area, di cui alla lettera a) del punto 1) dell’articolo 3, è adottato e approvato con lo stesso procedimento del P.T.R.C..

Art. 33 - (Adozione e approvazione dei piani di settore di livello regionale).

I piani di settore di livello regionale sono formati secondo le modalità previste dalle apposite leggi regionali.
In ogni caso, i privati o gli enti interessati possono presentare le proprie osservazioni e proposte, entro 60 giorni dalla pubblicazione dei piani adottati, presso le sedi delle Province o dei Comuni interessati.
Nei 30 giorni successivi, le Province e i Comuni rimettono le osservazioni e proposte, corredate dai rispettivi pareri, al Consiglio Regionale, che è tenuto a pronunciarsi entro i successivi 90 giorni.

Art. 34 - (Varianti al Piano Territoriale Regionale di Coordinamento e ai piani di settore di livello regionale).

La Giunta Regionale presenta ogni anno al Consiglio Regionale una relazione sullo stato della pianificazione territoriale regionale e sui problemi di coordinamento con i programmi e i piani regionali.
Il Piano Territoriale Regionale di Coordinamento è variato con le stesse procedure di cui all’art. 32, a seguito di nuovi criteri o previsioni che derivino da varianti alla Programmazione Nazionale o al Programma Regionale di Sviluppo, da varianti ai piani di settore di livello regionale o da esigenze di coordinamento con altri programmi e piani regionali.
Le varianti ai progetti di settore o ai piani di area di livello regionale sono approvate con le stesse modalità previste per il progetto o piano originario.
L’approvazione con legge regionale di progetti di settore o di piani di area di livello regionale può comportare se espressamente dichiarato l’adeguamento automatico del Piano Territoriale Regionale di Coordinamento senza necessità di specifica variante.

Art. 35 - (Misure di salvaguardia del Piano Territoriale Regionale di Coordinamento).

Dall’adozione del Piano Territoriale Regionale di Coordinamento o di sue eventuali varianti e fino alla entrata in vigore della legge con cui viene approvato o variato e comunque non oltre 5 anni dalla data di adozione, per le prescrizioni e vincoli di cui al punto 5) dell’art. 5, i Sindaci dei Comuni interessati sono tenuti a sospendere ogni determinazione sulle domande di concessione edilizia che risultino in contrasto.
Contro il provvedimento del Sindaco è ammesso ricorso entro quindici giorni al Presidente della Giunta Regionale, il quale sentito il parere del Sindaco e della Commissione Tecnica Regionale, decide in proposito.
Il Presidente della Giunta Regionale, sentita la Commissione Tecnica Regionale, può disporre, con provvedimento motivato da notificare al Sindaco e all’interessato, la sospensione dei lavori che siano in contrasto con le prescrizioni del Piano Territoriale Regionale di Coordinamento o siano tali da comprometterne o renderne più onerosa l’attuazione.

Art. 36 - (Efficacia del Piano Territoriale Regionale di Coordinamento).

Il Piano Territoriale Regionale di Coordinamento entra in vigore con la legge di approvazione.
L’approvazione del Piano Territoriale Regionale di Coordinamento o di sue eventuali varianti comporta:
1) nei riguardi del Piano Territoriale Provinciale, e solo relativamente ai contenuti che, pur nella diversità di interessi disciplinati dai due piani, siano nel caso concreto interdipendenti:
a) quando ha per oggetto il complesso di direttive, di cui al punto 4) dell’art. 5, l’obbligo di adottare la variante di adeguamento in attuazione delle direttive approvate;
b) quando ha per oggetto il complesso di prescrizioni e vincoli, di cui al punto 5) dell’art. 5, l’automatica variazione del Piano Territoriale Provinciale e dei relativi elaborati in corrispondenza alle prescrizioni e ai vincoli approvati;
2) nei riguardi del Piano Regolatore Generale e degli strumenti urbanistici attuativi:
a) quando ha per oggetto il complesso di direttive, di cui al punto 4) dell’art. 5, non connesse con i contenuti del Piano Territoriale Provinciale, l’obbligo di adottare la variante di adeguamento in attuazione diretta delle direttive approvate;
b) quando ha per oggetto il complesso di prescrizioni e vincoli, di cui al punto 5), dell’art. 5, l’automatica variazione dei piani comunali e dei relativi elaborati, in corrispondenza alle prescrizioni e ai vincoli approvati, salva restando in tal caso la facoltà del Comune - ove necessario - di introdurre gli adattamenti conseguenti con deliberazione, che diventa esecutiva ai sensi dell’art. 130 della Costituzione;
3) nei riguardi dei Piani settore di livello regionale, la adozione della variante di adeguamento o la loro automatica variazione, secondo i rispettivi regimi.
Le varianti di adeguamento di cui alla lettera a) del punto 2) del precedente comma, quando interessino contemporaneamente il Piano Regolatore Generale e i piani urbanistici attuativi, sono adottate dal Comune con un unico atto redatto nell’osservanza delle procedure del Piano Regolatore Generale, consentendo in tal caso ai proprietari di presentare opposizioni.

Capo II
Il Piano Territoriale Provinciale e i Piani territoriali di settore di livello provinciale

Art. 37 - (Adozione e approvazione del Piano Territoriale Provinciale).

La Provincia adotta un progetto preliminare di piano.
Esso è depositato presso la segreteria della Provincia e in quella di ogni suo Comune e viene inviato alla Regione e alle Comunità Montane interessate; dell’avvenuto deposito è data notizia mediante avviso pubblico all’albo della Provincia e dei Comuni e mediante affissione di manifesti, affinché enti e organizzazioni sociali possano presentare le proprie osservazioni.
Entro 120 giorni dalla data del deposito, il Piano Territoriale Provinciale, anche sulla base delle osservazioni pervenute, viene adottato col voto favorevole della maggioranza dei Consiglieri assegnati alla Provincia.
Entro 8 giorni, esso è depositato presso la segreteria della Provincia e in quella di ogni suo Comune per la durata di 30 giorni, durante i quali chiunque ha facoltà di prenderne visione e, nei 30 giorni successivi, presentare le proprie osservazioni alla Provincia.
I termini, di cui al precedente comma, decorrono alla data di pubblicazione dell’avvenuto deposito secondo le modalità indicate al secondo comma.
Scaduto il termine per la presentazione di osservazioni, entro 90 giorni il Presidente della Provincia trasmette alla Regione il Piano Territoriale Provinciale adottato, unitamente alle osservazioni pervenute e alle controdeduzioni della Provincia.
Il Piano Territoriale Provinciale, previo parere della Commissione Tecnica Regionale, è approvato con delibera del Consiglio Regionale.
Il Piano approvato è depositato presso la segreteria della Provincia e dei Comuni a disposizione del pubblico.

Art. 38 - (Misure di salvaguardia del Piano Territoriale Provinciale).

Dall'adozione del Piano Territoriale Provinciale o delle sue varianti e fino alla loro entrata in vigore, i Sindaci dei Comuni interessati-relativamente alle prescrizioni e vincoli di cui al punto 6) dell’art. 7 - applicano le misure di salvaguardia nei modi e per gli effetti previsti per il Piano Territoriale Regionale di Coordinamento, intendendosi sostituito al Presidente della Giunta Regionale il Presidente della Provincia e alla Commissione Tecnica Regionale la Commissione Urbanistica Provinciale di cui all’art. 114.

Art. 39 - (Varianti al Piano Territoriale Provinciale).

Le varianti al Piano Territoriale Provinciale sono generali quando costituiscono adeguamento a nuovi criteri o previsioni del Piano Territoriale Regionale di Coordinamento o a variazioni degli obiettivi fissati nella relazione programmatica, di cui al primo comma dell’art. 7.
Le varianti al Piano Territoriale Provinciale sono parziali quando interessano solo il territorio di pochi Comuni o non incidono sull’impostazione e sul dimensionamento del Piano Territoriale Provinciale.
In tal caso esse sono adottate e approvate senza la preventiva adozione del progetto preliminare.
In entrambi i casi le varianti sono adottate dalla Provincia e approvate dal Consiglio Regionale.

Art. 40 - (Efficacia del Piano Territoriale Provinciale).

Il Piano Territoriale Provinciale entra in vigore 15 giorni dopo la pubblicazione della delibera di approvazione nel Bollettino Ufficiale della Regione.
L’approvazione del Piano Territoriale Provinciale o delle sue varianti comporta:
1) nei riguardi del Piano Regolatore Generale e dei relativi strumenti urbanistici attuativi:
a) quando ha per oggetto il complesso di direttive, di cui al punto 3) dell’art. 7, l’obbligo di adottare la variante di adeguamento in attuazione delle direttive approvate;
b) quando ha per oggetto il complesso di prescrizioni e vincoli, di cui al punto 6) dell’art. 7, l’automatica variazione degli strumenti urbanistici e dei relativi elaborati in corrispondenza alle prescrizioni e ai vincoli approvati;
2) nei riguardi dei Piani Territoriali di settore di livello provinciale, l’adozione della variante di adeguamento o la loro automatica variazione secondo i rispettivi regimi.
Le varianti di adeguamento, di cui alla lett. a) del punto 1) del precedente comma, quando interessino contemporaneamente il Piano Regolatore Generale e piani urbanistici attuativi, sono adottate dal Comune ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 36.

Art. 41 - (Piani territoriali di settore di livello provinciale).

I Piani Territoriali di settore di livello provinciale, quando non siano disciplinati da apposite leggi, sono adottati dai singoli Comuni, per la parte di competenza, sulla base delle proposte della Provincia. Il procedimento per la loro pubblicazione, per il deposito, per la presentazione di osservazioni e opposizioni, nonché per le controdeduzioni comunali avviene con le modalità dei piani urbanistici attuativi di iniziativa pubblica. In ogni caso la loro approvazione spetta alla Provincia, che può introdurvi d' ufficio le eventuali modifiche di coordinamento.
Nel caso previsto al precedente comma, i Piani territoriali di settore di livello provinciale sono adottati e approvati anche indipendentemente dal rispettivo Piano Regolatore Generale e sono automaticamente introdotti nello stesso - relativamente alla parte interessante ciascun territorio comunale - secondo i contenuti e le modalità della loro approvazione.
Le varianti dei Piani territoriali di settore di livello provinciale sono redatte e approvate secondo i regimi fissati dalle rispettive leggi o, in mancanza, secondo le modalità previste ai precedenti commi.

Capo III
Il Piano Regolatore Generale

Art. 42 - (Formazione e adozione).

Il Piano Regolatore Generale è adottato dal Consiglio Comunale.
Entro 8 giorni esso è depositato a disposizione del pubblico per 30 giorni presso la segreteria del Comune e della Provincia; dell’avvenuto deposito è data notizia mediante avviso pubblicato all’albo del Comune e della Provincia e mediante l’affissione di manifesti.
Nei successivi 30 giorni chiunque può formulare osservazioni sul piano adottato.
Il Comune con propria deliberazione si esprime sulle osservazioni presentate entro 90 giorni dalla scadenza del termine di cui al comma precedente.
Nei successivi 8 giorni il Sindaco trasmette alla Provincia il piano adottato unitamente alle osservazioni pervenute e alle controdeduzioni del Comune.
I Comuni possono far precedere l’adozione del Piano Regolatore Generale dalla predisposizione di un progetto preliminare di Piano Regolatore Generale contenente l’indicazione delle scelte urbanistiche fondamentali.
Tale progetto preliminare è deliberato dal Consiglio Comunale e depositato presso la segreteria del Comune e della Provincia; dell’avvenuto deposito è data notizia mediante avviso pubblicato all’albo del Comune e della Provincia e mediante l’affissione di manifesti.
Entro 60 giorni dalla pubblicazione gli enti, le organizzazioni e i privati interessati possono presentare osservazioni.

Art. 43 - (Piano Regolatore Generale del Consorzio di Comuni).

Il Piano Regolatore Generale è redatto da un Consorzio di Comuni, ai sensi del punto 2) dell’art. 2, purché si tratti di più comuni contermini e all’interno di un ambito provinciale e si seguano le direttive di cui al punto 3) dell’art. 7. Il piano è adottato col voto favorevole della maggioranza dei Consiglieri assegnati al Consorzio ed è pubblicato e depositato presso la segreteria di ogni Comune consorziato e della Provincia con le procedure e le modalità stabilite al precedente art. 42.

Art. 44 - (Attribuzioni della Provincia).

La Provincia, entro 120 giorni dal ricevimento del Piano Regolatore Generale, sentito il parere della Commissione Urbanistica Provinciale di cui all’art. 114, lo approva.
In caso diverso, essa può entro lo stesso termine:
1) approvare il piano introducendo direttamente modifiche d' ufficio;
2) approvare il Piano proponendo modifiche al Comune;
3) restituire il Piano per la sua rielaborazione.
Il Piano approvato è depositato presso la segreteria del Comune e della Provincia a disposizione del pubblico.

Art. 45 - (Approvazione con modifiche d'ufficio).

Quando la Provincia ravvisa che i criteri informatori e le caratteristiche essenziali del Piano Regolatore Generale sono conformi a quanto previsto nel Piano Territoriale Provinciale e nel Piano Territoriale Regionale di Coordinamento, lo approva introducendo d' ufficio le modifiche necessarie per:
1) il rispetto delle prescrizioni e vincoli contenuti nel Piano Territoriale Regionale di Coordinamento e nel Piano Territoriale Provinciale;
2) l’accoglimento delle osservazioni presentate durante il procedimento di adozione di cui all’art. 42 e che abbiano ottenuto parere favorevole dal Comune;
3) la razionale e coordinata sistemazione delle opere e degli impianti di interesse dello Stato, della Regione e della Provincia;
4) la tutela del paesaggio e dei complessi storici, monumentali, ambientali e architettonici;
5) l’osservanza dei limiti e dei rapporti di dimensionamento ai sensi del titolo III;
6) l’osservanza di prescrizioni e i vincoli stabiliti da leggi e regolamenti.

Art. 46 - (Approvazione con proposte di modifica).

Quando la Provincia ravvisa che i criteri informatori e le caratteristiche essenziali del Piano Regolatore Generale sono conformi a quanto previsto nel Piano Territoriale Provinciale e nel Piano Territoriale Regionale di Coordinamento, l’introduzione di modifiche diverse da quelle dell’articolo precedente è soggetta al preventivo rinvio del Piano al Comune per l’adeguamento.
In tal caso il Piano è approvato con dettagliate proposte di modifica mediante provvedimento interlocutorio.
Entro 90 giorni dal ricevimento del provvedimento della Provincia, il comune può far pervenire le sue controdeduzioni alla Provincia.
Entro 90 giorni dal ricevimento del provvedimento del Comune, la Provincia introduce nel Piano Regolatore Generale le modifiche ritenute opportune fra quelle proposte.
In caso di inerzia del Comune, il decorso del termine di cui al terzo comma comporta l’automatica introduzione nel Piano Regolatore Generale delle modifiche proposte dalla Provincia.

Art. 47 - (Restituzione).

Quando la Provincia ravvisa che i criteri informatori e le caratteristiche essenziali del Piano Regolatore Generale sono difformi da quanto previsto nel Piano Territoriale Provinciale e nel Piano Territoriale Regionale di Coordinamento, il Piano è restituito per la conseguente rielaborazione.
Il Comune è tenuto ad adottare un nuovo Piano Regolatore Generale entro 180 giorni dalla comunicazione del provvedimento della Provincia.

Art. 48 - (Misure di salvaguardia).

Dalla data di adozione del Piano Regolatore Generale o delle sue varianti si applicano le normali misure di salvaguardia fino all’entrata in vigore dello strumento o delle sue varianti, con le modalità e nei limiti di cui all’art. 71.

Art. 49 - (Varianti generali).

Le varianti del Piano Regolatore Generale sono generali sia quando conseguono a una modifica del Piano Territoriale Provinciale sia quando la comportano.
Nel primo caso il procedimento di adozione e approvazione è quello stabilito per il Piano originario. Nel secondo caso la variante, quando sia adottata dal Comune ai sensi dell’art. 42 e abbia ottenuto il parere favorevole della Provincia, è approvata dal Consiglio Regionale come variante al Piano Territoriale Provinciale ai sensi dell’art. 37. La stessa è automaticamente recepita nel Piano Regolatore Generale e nel Piano Territoriale Provinciale secondo i contenuti dell’approvazione regionale.
In ogni caso non è richiesta l’adozione del progetto preliminare.

Art. 50 - Varianti parziali.

1. Le varianti del piano regolatore generale diverse da quelle dell’articolo precedente sono parziali.
2. Le varianti generali e parziali indicano nella relazione tecnica gli obiettivi da perseguire e devono contenere l’aggiornamento dello stato di fatto, la verifica dei rapporti e limiti di dimensionamento e lo stato di attuazione del piano.
3. Le varianti parziali diverse da quelle elencate ai commi seguenti sono adottate e approvate con lo stesso procedimento del piano originario, escludendo in ogni caso l'adozione del progetto preliminare.
4. Sono adottate e approvate dal comune con la procedura prevista ai commi 6 e 7 le varianti parziali che interessano:
a) l’individuazione delle zone di degrado di cui all’articolo 27 della legge 5 agosto 1978, n. 457, e dei perimetri dei piani urbanistici attuativi nonché le modifiche al tipo di strumento urbanistico attuativo previsto dal piano regolatore generale purché tali modifiche rimangano all’interno di ciascuna delle categorie di cui all’articolo 11, comma 1, numeri 1 e 2;
b) le modifiche di indicazioni progettuali puntuali purché non comportino nuova edificazione o cambi di destinazioni d'uso;
c) la realizzazione di programmi di edilizia residenziale pubblica in attuazione di provvedimenti regionali e statali;
d) le modifiche alla zonizzazione connesse all'ampliamento dei cimiteri e alla ridefinizione delle fasce di rispetto;
e) la riconferma delle previsioni di piano regolatore generale relative a vincoli scaduti ai sensi dell’articolo 2 della legge 19 novembre 1968, n. 1187;
f) la realizzazione di opere pubbliche ai sensi del quinto comma dell’articolo 1 della legge 3 gennaio 1978, n. 1, purché dette opere possano essere considerate di modesta entità sulla base degli atti di indirizzo di cui alla lettera d), del comma 1 dell’articolo 120;
g) le modifiche alle previsioni viarie purché non interferiscano con la viabilità di livello superiore;
h) l'individuazione di aree per attrezzature pubbliche, con superficie inferiore ai 10.000 mq., di cui al D.M. LL.PP. 2 aprile 1968, n. 1444 come modificato dall’articolo 25;
i) le trasposizioni cartografiche e la correzione di errori connessi all'assunzione di una nuova base cartografica;
l) le modifiche alle norme tecniche di attuazione e al regolamento edilizio, con esclusione degli indici di edificabilità, delle definizioni e delle modalità di calcolo degli indici e dei parametri urbanistici, nonché delle destinazioni d'uso e delle modalità di attuazione;
m) l’adeguamento dei rapporti e dei limiti di dimensionamento di cui all’articolo 25, conseguente a disposizioni statali e regionali e che non comportino modifiche agli elaborati di cui alla lettera b) del punto 2 del comma primo dell’articolo 10.
5. Le varianti parziali cui al comma 4 non possono interessare le aree circostanti gli edifici vincolati ai sensi dell’articolo 1 della legge 1° giugno 1939, n. 1089, per una fascia non inferiore a metri lineari 200 dai confini dell’edificio, delle sue pertinenze ed eventuali aree a parco.
6. Le varianti parziali di cui al comma 4 sono adottate dal consiglio comunale ed entro cinque giorni sono depositate a disposizione del pubblico per dieci giorni presso la segreteria del comune e della provincia; dell’avvenuto deposito è data notizia mediante avviso pubblicato all’albo del comune e della provincia e mediante l’affissione di manifesti, nonché attraverso altre eventuali forme di pubblicità deliberate dal comune. Nei successivi venti giorni chiunque può presentare osservazioni alla variante adottata.
7. Il consiglio comunale entro trenta giorni dalla scadenza del termine stabilito per la presentazione delle osservazioni, approva la variante apportando le eventuali modifiche conseguenti all’accoglimento delle osservazioni pertinenti e la trasmette alla Regione per la pubblicazione.
8. La variante approvata viene inviata alla struttura regionale competente e acquista efficacia trascorsi trenta giorni dalla pubblicazione nell’albo pretorio del comune interessato.
9. I comuni dotati di strumento urbanistico generale adeguato alle leggi regionali 31 maggio 1980, n. 80 e 5 marzo 1985, n. 24, nonché ai rapporti e ai limiti di dimensionamento di cui agli articoli 22 e 25, adottano ed approvano, con la procedura prevista ai commi 10, 11, 12 e 13, le varianti parziali che:
a) prevedono ampliamenti finalizzati esclusivamente al completamento delle zone territoriali omogenee esistenti a destinazione residenziale, ovvero modifiche ai parametri urbanistici delle zone stesse secondo gli indirizzi di cui all’articolo 120 corrispondenti ad un numero di abitanti teorici, calcolati sui residenti insediati e rilevati alla data di adozione dello strumento urbanistico generale, come di seguito indicato:
1) non superiore al cinque per cento per i comuni con popolazione fino a 3.000 abitanti
2) non superiore al quattro per cento per i comuni con popolazione compresa tra i 3.001 e i 5.000 abitanti;
3) non superiore al tre per cento per i comuni con popolazione compresa tra i 5.001 e i 10.000 abitanti;
4) non superiore al due per cento per i comuni con popolazione compresa tra i 10.001 e i 15.000 abitanti;
5) non superiore all’uno per cento per i comuni con popolazione compresa tra i 15.001 e i 50.000 abitanti;
6) non superiore al 0,5 per cento per gli altri comuni.
In tali casi deve essere previsto il conseguente adeguamento della dotazione di aree per servizi;
b) prevedono ampliamenti delle superfici territoriali esistenti e incrementi agli indici di edificabilità nelle zone a destinazione produttiva, commerciale, direzionale e turistico ricettiva in misura non superiore al due per cento, delle aree rilevate alla data di adozione dello strumento urbanistico generale, purché detti ampliamenti non comportino nuovi accessi alla viabilità esistente e comunque secondo gli indirizzi di cui all’articolo 120;
c) abrogato
10. Le varianti parziali di cui al comma 9 sono adottate e pubblicate con la procedura prevista al comma 6.
11. Il consiglio comunale entro trenta giorni dalla scadenza del termine stabilito per la presentazione delle osservazioni, si pronuncia sulla variante confermandola o apportando le modifiche conseguenti all’accoglimento delle osservazioni pertinenti e, senza necessità di procedere alla ripubblicazione degli atti, trasmette la variante in Regione per l’acquisizione del parere previsto al comma 12.
12. Il dirigente responsabile della struttura regionale competente, entro il termine perentorio di sessanta giorni dal ricevimento della variante e accertata la sussistenza dei requisiti di cui al comma 9, esprime un parere relativamente ai punti 1, 3, 4, 5 e 6 dell'articolo 45, nonché sulla pertinenza delle osservazioni accolte e sulla congruenza della variante rispetto agli atti di indirizzo previsti dall’articolo 120. Trascorso detto termine senza che il dirigente si sia espresso, il consiglio comunale procede all’approvazione della variante prescindendo dal parere.
13. Il consiglio comunale approva la variante urbanistica in conformità al parere del dirigente responsabile della struttura regionale competente, ovvero formula, entro sessanta giorni dal ricevimento del parere, opposizione alla Giunta regionale che, nei successivi novanta giorni, decide definitivamente, approvando o restituendo la variante.
14. La variante approvata viene inviata alla struttura regionale competente e acquista efficacia trascorsi trenta giorni dalla pubblicazione nell’albo pretorio del comune interessato.
15. Le percentuali relative agli ampliamenti ed incrementi di cui alle lettere a) e b) del comma 9 non possono essere superate attraverso la predisposizione di varianti successive.
16. Le varianti parziali elencate ai commi 4 e 9, non possono incidere sulle caratteristiche essenziali e sui criteri informatori del piano regolatore generale, né porsi in contrasto con la pianificazione di livello superiore.

Art. 51 -(Efficacia).

Il Piano Regolatore Generale entra in vigore 15 giorni dopo la pubblicazione del provvedimento di approvazione definitiva nel Bollettino Ufficiale della Regione.
L’approvazione del Piano Regolatore Generale e delle sue varianti non comporta la decadenza dei vigenti strumenti urbanistici attuativi che non siano incompatibili - o per la parte che non sia incompatibile - con il Piano stesso o con le sue varianti.
Il Piano e le varianti vengono inviati dalla Provincia alla Giunta Regionale entro 15 giorni dall’approvazione definitiva.

Capo IV
I piani urbanistici attuativi di iniziativa pubblica

Art. 52 - (Formazione e adozione).

I piani urbanistici attuativi d'iniziativa pubblica, contenenti tra l'altro i termini per la loro attuazione, sono adottati dalla Giunta comunale.
Entro 5 giorni il Piano è depositato presso la Segreteria del Comune per la durata di 10 giorni; dell’avvenuto deposito è data notizia mediante avviso pubblicato all’albo pretorio del Comune e mediante l’affissione di manifesti.
I proprietari degli immobili possono presentare opposizione e chiunque osservazioni fino a 20 giorni dopo la scadenza del periodo di deposito.
Entro trenta giorni dal decorso di detto termine il Consiglio comunale approva il piano decidendo anche sulle osservazioni od opposizioni presentate e, il Sindaco lo invia alla sezione del comitato regionale di controllo.
(abrogato)

Art. 53 - (Comunicazioni).

(abrogato)
Il Piano divenuto esecutivo è depositato presso la segreteria del Comune e il relativo deposito è notificato a ciascun proprietario degli immobili vincolati dal Piano stesso, nelle forme degli atti processuali civili o a mezzo di Messo Comunale, entro 30 giorni dall’avviso dell’avvenuto deposito.

Art. 54 - (Approvazione con modifiche d'ufficio).

(abrogato)

Art. 55 - (Approvazione con proposta di modifica).

(abrogato)

Art. 56 - (Restituzione).

(abrogato)

Art. 57 - (Modalità di attuazione).

I Piani per l’Edilizia Economica e Popolare e i Piani per gli Insediamenti Produttivi sono attuati a norma delle specifiche disposizioni che li riguardano.
Il Consiglio Provinciale, sentita la Commissione Urbanistica Provinciale di cui all’art. 114, esercita le funzioni di competenza regionale in relazione a:
1) la costituzione dei Consorzi fra Comuni limitrofi per la formazione di Piani per l’Edilizia Economica e Popolare consortili, nei casi previsti dall’art. 28 della L. 22 ottobre 1971, n. 865;
2) la delimitazione dei Centri Edificati, ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 18 della L. 22 ottobre 1971, n. 865;
3) i poteri spettanti ai sensi dell’art. 51 della L. 22 ottobre 1971, n. 865;
4) l’indicazione delle aree comprese nei Piani per l’Edilizia Economica e Popolare sulle quali vanno localizzati gli interventi costruttivi, nel caso in cui sia decorso inutilmente il termine previsto dal primo comma dell’art. 8 del D.L. 2 maggio 1974, n. 115, convertito con modificazioni nella L. 27 giugno 1974, n. 247, ovvero la promozione della localizzazione dell’intervento in altro Comune, ai sensi del secondo comma del medesimo art. 8.
I Piani Particolareggiati e i Piani di Recupero di iniziativa pubblica sono attuati prioritariamente dagli aventi titolo mediante interventi singoli e/o mediante Comparti.
L’inutile decorso dei termini di cui al primo comma dell’art. 52, sia nei confronti degli interventi singoli sia degli interventi di Comparto, costituisce titolo per il Sindaco per procedere ai sensi dell’art. 62, adottando per gli interventi singoli la procedura prevista al quinto comma dello stesso articolo.
I termini di attuazione del piano, di cui all’art. 52, possono essere variati col Programma Pluriennale di attuazione o, nei Comuni sprovvisti, con provvedimento del Consiglio Comunale, che diventa esecutivo ai sensi dell’art. 59 della L. 10 febbraio 1953, n. 62.

Art. 58 - (Efficacia).

Il piano urbanistico attuativo di iniziativa pubblica entra in vigore 15 giorni dopo la pubblicazione all’albo pretorio del Comune dell’avviso di deposito del piano, approvato ai sensi degli artt. da 52 a 55.
L’approvazione del piano comporta la dichiarazione di pubblica utilità per le opere in esso previste e, salvo diverse disposizioni di legge per la singola fattispecie, esso ha efficacia per 10 anni.
(abrogato)

Art. 59 - (Validità).

Decorso il termine stabilito per l’esecuzione del piano urbanistico attuativo di iniziativa pubblica, questo diventa inefficace per la parte non attuata, rimanendo fermo soltanto a tempo indeterminato l’obbligo di osservare nella costruzione di nuovi edifici e nella modificazione di quelli esistenti gli allineamenti e le prescrizioni di zona stabiliti nel piano stesso.
Il Comune provvede a presentare entro 60 giorni da detto termine un nuovo piano per il necessario assetto della parte rimasta inattuata.
Prima della scadenza, il Consiglio Comunale può prorogare la validità dei piani urbanistici attuativi per un periodo non superiore a 5 anni.

Capo V
I piani urbanistici attuativi di iniziativa privata

Art. 60 - (Formazione, approvazione ed efficacia).

I piani urbanistici attuativi di iniziativa privata, di cui al punto 2) dell’art. 11, sono redatti e presentati da tutti gli aventi titolo all’interno dei rispettivi ambiti territoriali, delimitati ai sensi del secondo comma dell’art. 15 o art. 16, e contengono altresì i termini per la loro attuazione.
Il Consiglio comunale, entro 60 giorni dal ricevimento del piano, lo approva e il Sindaco lo invia alla sezione del comitato regionale di controllo.
Quando il piano, nei termini stabiliti ai sensi del secondo comma dell’art. 15 o art. 16, è presentato solo da alcuni aventi titolo, purché rappresentanti almeno i tre quarti del valore degli immobili sulla base dell’imponibile catastale, il piano, entro 60 giorni dal ricevimento, è adottato dal Consiglio comunale e, entro 5 giorni, depositato presso la Segreteria del Comune per la durata di 10 giorni. Quando alcuni immobili siano privi di reddito catastale, la determinazione è effettuata per tutti dall’Ufficio Tecnico Erariale.
L’avvenuto deposito è reso noto mediante avviso pubblicato all’albo pretorio del Comune e mediante l’affissione di manifesti.
I proprietari degli immobili possono presentare opposizioni, e chiunque osservazioni, fino a 20 giorni dopo la scadenza del periodo di deposito.
Entro 30 giorni dal decorso di detto termine, il Consiglio comunale approva il piano decidendo anche sulle osservazioni ed opposizioni presentate e il Sindaco lo invia alla sezione del comitato regionale di controllo.
Il piano urbanistico attuativo d'iniziativa privata diventa efficace con l'esecutività della delibera di approvazione ai sensi dell'articolo 130 della Costituzione.
L’approvazione del piano redatto ai sensi del terzo comma comporta la dichiarazione di pubblica utilità per le opere in esso previste per la durata di 10 anni, prorogabile dal Consiglio Comunale per un periodo non superiore a 5 anni.
Il piano esecutivo è depositato, e il deposito notificato ai proprietari dissenzienti, ai sensi dell’art. 53 ed entra in vigore 15 giorni dopo la pubblicazione all’albo pretorio del Comune dell’avviso dell’avvenuto deposito.
Dopo l’entrata in vigore, l’inutile decorso dei termini, di cui al primo comma, costituisce titolo per il Sindaco per procedere all'occupazione temporanea o all’espropriazione degli immobili degli aventi titolo dissenzienti, secondo le modalità e per gli effetti del quarto comma dell’art. 57.
I termini di attuazione del piano, di cui al primo comma, possono essere variati col Programma Pluriennale di Attuazione o, nei Comuni sprovvisti, con provvedimento del Consiglio Comunale, che diventa esecutivo ai sensi dell’art. 59 della L. 10 febbraio 1953, n. 62.

Art. 61 - (Piani urbanistici attuativi d' ufficio).

Quando, entro i termini stabiliti ai sensi del secondo comma dell’art. 15 o art. 16, tra gli aventi titolo rappresentanti almeno i tre quarti del valore degli immobili determinato ai sensi del terzo comma dell’art. 60, non si verifichi l’accordo per la formazione di un Consorzio all’interno di un piano urbanistico attuativo di iniziativa privata o per la presentazione del relativo progetto di piano, il Sindaco lo fa redigere d' ufficio, prevedendo anche i termini per la sua attuazione, e lo notifica ai proprietari interessati, i quali entro 15 giorni possono presentare le loro opposizioni.
Insieme con queste, il Sindaco sottopone il progetto di piano al Consiglio Comunale per la sua approvazione.
Il piano è approvato e diviene esecutivo ai sensi del sesto e settimo comma dell’art. 60.
L’approvazione del piano comporta la dichiarazione di pubblica utilità per le opere in esso previste per la durata di 10 anni, prorogabile dal Consiglio Comunale per un periodo non superiore a 5 anni.
Il piano esecutivo è depositato, e il deposito notificato, ai sensi dell’art. 53 ed entra in vigore 15 giorni dopo la pubblicazione all’albo pretorio del Comune dell’avviso dell’avvenuto deposito.
Il piano è attuato, entro i termini di cui al primo comma, con le modalità e per gli effetti di cui al terzo comma e seguenti dell’articolo 57.

Capo VI
Il Comparto

Art. 62 - (Formazione e attuazione).

La delimitazione del Comparto è stabilita ai sensi del secondo comma dell’art. 18 e la costituzione del relativo Consorzio avviene con la sottoscrizione dell’atto costitutivo da parte di tutti gli aventi titolo all’interno della delimitazione stessa.
Quando ciò non avvenga o il Consorzio non presenti istanza di concessione per l’intervento unitario entro i termini stabiliti ai sensi del secondo comma dell’art. 18, l’inutile decorso del termine comporta la costituzione di un Consorzio obbligatorio quando vi sia la sottoscrizione dell’atto costitutivo e la presentazione dell’istanza di concessione relativa all’intero comparto da parte degli aventi titolo alla concessione, che rappresentino almeno i tre quarti del valore degli immobili del comparto determinato ai sensi del terzo comma dell’art. 60.
Nel caso di cui al primo comma, il Sindaco rilascia al Consorzio la concessione ai sensi e per gli effetti del Capo I e II del Titolo V della presente legge, previa, in particolare, la stipula della convenzione di cui all’art. 63.
Nel caso di cui al secondo comma, l’intervenuta costituzione del Consorzio obbligatorio costituisce titolo per il Sindaco per procedere all’occupazione temporanea degli immobili degli aventi titolo dissenzienti e affidarli al Consorzio per l’esecuzione degli interventi previsti con diritto di rivalsa delle spese sostenute nei confronti degli aventi titolo oppure per procedere all’espropriazione degli stessi immobili da cedere al Consorzio obbligatorio ai prezzi corrispondenti all’indennità di esproprio.
Quando non si costituisca il Consorzio obbligatorio, l’inutile decorso del termine costituisce titolo per il Sindaco per far redigere il progetto, previo parere della Commissione Edilizia Comunale, e procedere all’occupazione temporanea degli immobili per l’esecuzione diretta degli interventi previsti con diritto di rivalsa delle spese sostenute nei confronti degli aventi titolo oppure per procedere all’espropriazione degli immobili del Comparto e quindi all’esecuzione diretta degli interventi previsti o alla cessione degli immobili, mediante la convenzione dell’art. 63, al miglior offerente sulla base del prezzo di esproprio, con diritto di prelazione per i precedenti aventi titolo.
L’occupazione temporanea o l’espropriazione avvengono mediante provvedimento da notificare ai proprietari e agli aventi titolo, qualora si tratti di persone diverse, nelle forme degli atti processuali civili o a mezzo di messo comunale.

Art. 63 - (Convenzione).

La convenzione dei piani urbanistici attuativi di iniziativa privata e del Comparto, nonché la convenzione per la cessione al miglior offerente dei beni espropriati di cui al penultimo comma dell’art. 62 contiene, compatibilmente con la singola fattispecie:
1) l’impegno a realizzare gli interventi previsti e, in proporzione al volume e alla superficie edificabile, le relative opere di urbanizzazione primaria e secondaria mancanti ed espressamente descritte sulla base di progetti di massima e di appositi preventivi di costo, quando il Comune non preveda già di realizzarle per conto proprio;
2) la cessione al Comune o il vincolo di destinazione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria già esistenti e di quelle da realizzare ai sensi del precedente punto 1), scomputando, a norma dell’art. 86, il loro costo dalla quota di contributo dovuto per gli oneri di urbanizzazione, fermo restando il pagamento della quota relativa al costo di costruzione; qualora tuttavia il cessionario si impegni ad applicare prezzi di vendita o canoni di locazione in conformità della convenzione-tipo di cui agli artt. 7 e 8 della L. 28 gennaio 1977,n. 10, lo stesso ha titolo all’esenzione dal pagamento della quota di contributo relativa al costo di costruzione;
3) in caso di edilizia convenzionata, i criteri per la determinazione e la revisione dei prezzi di cessione e dei canoni di locazione;
4) i termini, entro i quali deve essere ultimata la costruzione delle opere previste, nonché le eventuali modalità di controllo circa l’attuazione delle stesse;
5) le sanzioni convenzionali e le garanzie finanziarie per l’adempimento degli obblighi derivanti dalla convenzione.

Capo VII
Il Programma Pluriennale di Attuazione

Art. 64 - (Formazione e approvazione).

I Comuni, provvisti di strumento urbanistico generale, sono autorizzati a dotarsi di un Programma Pluriennale di Attuazione.
Fino a diversa determinazione del Piano Territoriale Regionale di Coordinamento, sono obbligati a dotarsi del Programma Pluriennale di Attuazione i Comuni inclusi in apposito elenco redatto e modificato con deliberazione del Consiglio Regionale. In tale caso sono inseriti i Comuni con popolazione residente o capacità insediativa residenziale teorica non inferiore a 10.000 abitanti, quelli con elevato sviluppo demografico o edilizio in atto, quelli indicati come poli urbani, industriali o turistici dai documenti o dagli strumenti della programmazione e della pianificazione regionale nonché quelli di notevole interesse paesistico - ambientale o storico-culturale.
In vista della formazione del Programma Pluriennale di Attuazione il Comune delibera un documento programmatico preliminare sugli obiettivi e i criteri di predisposizione del Programma.
Entro 8 giorni il documento è depositato per la durata di 30 giorni presso la segreteria del Comune a disposizione del pubblico.
L’avvenuto deposito è reso noto mediante avviso pubblicato all’albo pretorio del Comune e mediante la affissione di manifesti.
Nei successivi 30 giorni chiunque può presentare al Comune osservazioni o proposte.
Il Programma Pluriennale di Attuazione è approvato dal Consiglio Comunale con provvedimento, che, inviato entro 8 giorni alla Sezione del Comitato Regionale, di Controllo, diventa esecutivo ai sensi dell’art. 59 della L 10 febbraio 1953, n. 62. Il Programma Pluriennale di Attuazione è altresì inviato alla Provincia e alla Giunta Regionale entro 15 giorni.
Il Programma Pluriennale di Attuazione divenuto esecutivo è depositato presso la segreteria del Comune e l’avvenuto deposito è notificato ai sensi del secondo comma dell’art. 53.

Art. 65 - (Efficacia).

Il Programma Pluriennale di Attuazione entra in vigore 15 giorni dopo la pubblicazione sull’albo pretorio del Comune della delibera di approvazione divenuta esecutiva.
La sua entrata in vigore obbliga gli aventi titolo indicati nel Programma Pluriennale di Attuazione a costituire gli eventuali Consorzi e comunque a presentare le istanze di concessione o i progetti di piano ai sensi dei punti 7) e 8) dell’art. 19 entro i termini dallo stesso Programma stabiliti.
L’inutile decorso del termine costituisce titolo per il Sindaco per procedere ai sensi degli artt. 60 e 61 quando si tratti di piani urbanistici attuativi di iniziativa privata oppure ai sensi del secondo, quarto e quinto comma dell’art. 62 quando si tratti di Comparti oppure con la stessa procedura del quinto comma dell’art. 62 quando si tratti di interventi singoli.
In alternativa a quanto previsto nel precedente comma, alla scadenza di un Programma, il Consiglio Comunale può deliberare di inserire in quello successivo tutte o parte delle aree per cui si sia verificata l’inerzia dei privati.

Art. 66 - (Edificabilità al di fuori del Programma Pluriennale di Attuazione).

Fino all’entrata in vigore del Programma Pluriennale di Attuazione, nei Comuni obbligati il rilascio della concessione, in conformità agli strumenti urbanistici, è consentito solo per:
1) gli interventi di cui all’art. 9 della L. 28 gennaio 1977, n. 10;
2) gli interventi di demolizione e di consolidamento statico prescritti per la tutela della pubblica incolumità;
3) gli interventi singoli in zone di completamento già dotate delle principali opere di urbanizzazione primaria e secondaria o in caso diverso, sempre che l’intervento non sia subordinato a preventivo piano urbanistico attuativo, quando vi sia l’impegno del concessionario o del Comune a realizzarle contemporaneamente;
4) gli interventi di ampliamento di complessi produttivi industriali o artigianali esistenti.
Dopo l’entrata in vigore del Programma pluriennale di Attuazione la concessione può essere rilasciata, sempre in conformità agli strumenti urbanistici, anche nelle aree in esso non comprese per:
1) gli interventi indicati al comma precedente;
2) gli interventi di ristrutturazione edilizia di cui alla lett. d) del primo comma dell’art. 31 della L. 5 agosto 1978, n. 457;
3) gli interventi di ampliamento di edifici esistenti.
In nessun caso, il Programma Pluriennale di attuazione o l’obbligo a esso può determinare limiti o prescrizioni per gli interventi non soggetti a concessione edilizia.

Art. 67 - (Varianti).

In connessione con la deliberazione di aggiornamento degli oneri di urbanizzazione e con la determinazione delle partite del bilancio comunale afferenti i proventi, di cui all’art. 12 della L. 28 gennaio 1977, n. 10, e le spese di cui al punto 9) dell’art. 19, il Consiglio Comunale, annualmente, procede alla verifica dello stato di attuazione del Programma Pluriennale di Attuazione e all'aggiornamento della planimetria e della relazione, di cui rispettivamente ai punti 1) e 4) dell’art. 21.
Sono ammesse varianti di aggiornamento del Programma Pluriennale di Attuazione assunte in adeguamento degli strumenti urbanistici generali o al fine dell’attuazione di un Piano per l’edilizia Economica e Popolare o di un Piano per gli Insediamenti Produttivi, ovvero assunte per l’attuazione di interventi di comprovato interesse pubblico, nonché quelle necessarie per aumentare l’ampiezza del programma a seguito di comprovato incremento del fabbisogno o per modificazioni conseguenti a interventi di carattere produttivo.
Quando il Programma Pluriennale di Attuazione sia stato attuato prima del termine previsto, il Comune provvede a dotarsi di un nuovo Programma Pluriennale di Attuazione.

Capo VIII
Le norme generali sui procedimenti

Art. 68 - (Termini per l’affidamento degli incarichi).

Fatta salva ogni diversa disposizione per la singola fattispecie, nel procedimento di redazione o variazione di uno strumento urbanistico la nomina dei progettisti o l’assegnazione dell’incarico al competente ufficio provinciale o comunale deve avvenire almeno 120 giorni prima della data da cui, ai sensi della presente legge, la Provincia o il Comune hanno l’obbligo di adottare i rispettivi strumenti.
La progettazione degli strumenti urbanistici di pianificazione, generali ed attuativi, deve essere fatta all’interno della struttura pubblica; in assenza di una struttura idonea, gli incarichi sono conferiti a consulenti esterni scelti tra i liberi professionisti laureati in urbanistica, in architettura e in ingegneria.

Art. 69 - (Poteri sostitutivi).

Quando il Comune, nel procedimento di formazione, di adozione, di rielaborazione o di variazione dei propri strumenti di pianificazione urbanistica, non adotti o non compia, entro i termini previsti, tutti gli atti o adempimenti cui è espressamente obbligato, il Presidente della Provincia, salva l’ipotesi di rimedi diversamente previsti per la singola fattispecie, esercita i propri poteri sostitutivi promuovendo d' ufficio, ove possibile, la convocazione del Consiglio Comunale per la deliberazione dell’atto previsto oppure assegnando un termine al Sindaco per il compimento dell’atto o dell'adempimento. In ambedue i casi l'inutile decorso del nuovo termine comporta per il Presidente della Provincia la facoltà di nominare un Commissario.
Quando la Provincia, nel procedimento di formazione, di adozione, di rielaborazione o di variazione del proprio strumento territoriale generale o dei piani territoriali di settore di competenza ovvero in sede di approvazione degli strumenti urbanistici dei Comuni non adotti o non compia, entro i termini previsti, tutti gli atti o adempimenti cui è espressamente obbligata, il Presidente della Giunta Regionale, salva l’ipotesi di rimedi diversamente previsti per la singola fattispecie, esercita i propri poteri sostitutivi analogamente a quanto previsto dal comma precedente.
Il Presidente della Giunta Regionale è altresì tenuto, nei casi di particolare gravità, previa notifica di un nuovo termine al Sindaco e al Presidente della Provincia a nominare un Commissario per il compimento dell’atto o dell’adempimento previsto di fronte all’inerzia del Presidente della Provincia nell’esercizio dei propri poteri sostitutivi nei confronti dei Comuni.
L’ente locale che, in presenza delle condizioni per l’obbligo di astensione previsto dall’articolo 19 della legge 3 agosto 1999, n. 265, “Disposizioni in materia di autonomia e ordinamento degli enti locali, nonché modifiche alla legge 8 giugno 1990, n. 142” non può deliberare su piani urbanistici per la cui adozione o approvazione ricorrono i presupposti di cui all’articolo 4 della legge regionale 12 aprile 1999, n. 18, chiede al Difensore civico regionale la nomina di un commissario per l’adozione o l’approvazione del provvedimento. Il Difensore civico si avvale per l’istruttoria della competente struttura regionale della Giunta regionale e procede alla nomina del commissario entro sessanta giorni dalla richiesta. Non possono essere nominati commissari dipendenti pubblici che svolgono attività istruttorie nel procedimento di adozione o approvazione dello strumento urbanistico interessato.

Art. 70 - (Osservazioni e opposizioni).

In seguito alle osservazioni e opposizioni a uno strumento urbanistico o territoriale generale adottato, il Comune o la Provincia ha facoltà di modificare lo strumento adottato se condivide le osservazioni od opposizioni presentate oppure di esprimere il proprio parere al riguardo prima di trasmettere lo strumento, rispettivamente alla Provincia o alla Regione, per l’approvazione.
Solo nel Primo caso, il Comune o la Provincia hanno l’obbligo di ripubblicare la parte di piano interessata dalle modifiche apportate.

Art. 71 - (Misure di salvaguardia).

Fatta salva ogni diversa disposizione per la singola fattispecie, dalla data dell’adozione degli strumenti urbanistici o territoriali e dei loro progetti preliminari, nonché delle relative varianti e fino alla loro entrata in vigore, si applicano le misure di salvaguardia, secondo le modalità della L. 3 novembre 1952, n. 1902, come integrata e modificata dalla L. 5 luglio 1966, n. 517. Il periodo massimo è di 5 anni, quando lo strumento sia stato inviato alla Regione o alla Provincia entro un anno dall’adozione e, in caso contrario, di tre anni.
Lo strumento restituito non è più soggetto a misure di salvaguardia.
In caso di approvazione con proposte di modifica, anche quando il termine di applicazione delle misure di salvaguardia sia già scaduto, non può esservi assenso alle domande di concessione o autorizzazione in contrasto con la parte del piano già approvato o con le modifiche proposte fino all’entrata in vigore dello strumento stesso, e comunque per un periodo non superiore a un anno.
In ogni caso, il Presidente della Provincia sentita la Commissione Urbanistica Provinciale di cui all’art. 114, può disporre, con provvedimento motivato da notificare al sindaco e all’interessato, la sospensione dei lavori di trasformazione nei casi di entità tale da compromettere o rendere più onerosa l’attuazione degli strumenti in itinere.

Art. 72 - (Revoca degli strumenti urbanistici generali).

La revoca dello strumento urbanistico generale approvato o adottato e trasmesso non può essere deliberato dal Comune senza la contemporanea adozione di un altro Piano Regolatore Generale.
In ogni caso, quando si tratti di strumento approvato, essa non ha effetto fino all’approvazione del nuovo strumento da parte della Provincia.

Art. 73 - (Autorizzazione preventiva).

Non è richiesta la preventiva autorizzazione per la formazione o variazione di strumenti della pianificazione urbanistica, ivi compresa quella prevista dall’art. 27 della L. 22 ottobre 1971, n. 865.

Art. 74 - (Varianti per strutture di impianti pubblici).

Quando si tratti dell’ubicazione di strutture non residenziali di modeste dimensioni a servizio di opere o di impianti pubblici e in contrasto con le prescrizioni urbanistiche di zona, la relativa variante è approvata con delibera di Consiglio Comunale, che diventa esecutiva ai sensi dell’art. 130 della Costituzione.

Art. 75 - (Subordinazione della pianificazione urbanistica attuativa).
È fatto divieto al Comune di procedere all’adozione di strumenti urbanistici _attuativi di iniziativa pubblica prima dell’adozione del Piano Regolatore Generale e di approvare strumenti urbanistici attuativi di iniziativa privata prima dell’approvazione del Piano Regolatore Generale o prima comunque che sia trascorso un anno dalla sua adozione e trasmissione.

Titolo V
Disciplina dell’attività edilizia
Capo I
La concessione e l’autorizzazione

Art. 76 - (Concessione e autorizzazione).

L’esecuzione degli interventi di trasformazione urbanistica e/o edilizia degli immobili è soggetta al rilascio di:
1) un'autorizzazione gratuita per:
a) le opere, costituenti pertinenze non autonomamente utilizzabili o impianti tecnologici per edifici già esistenti, la cui cubatura non superi comunque di un terzo quella dell’edificio principale;
b) le occupazioni di suolo mediante deposito di materiali o esposizione di merci a cielo libero;
c) le opere di demolizione, i riporti di terreno e gli scavi eseguiti a scopo di sistemazione ambientale o per interventi urbanistici o edilizi;
d) gli interventi di manutenzione straordinaria e di restauro e di risanamento conservativo, ai sensi delle lettere b) e c) dell’articolo 31 della legge 5 agosto 1978, n. 457 e successive modificazioni, nonché gli interventi di manutenzione straordinaria che comportino la trasformazione di una singola unità immobiliare in due o più unità immobiliari o l’aggregazione di due o più unità immobiliari in una unità immobiliare, purché l’unità immobiliare sulla quale si interviene abbia e mantenga la destinazione d’uso residenziale e le opere non interessino parti comuni dell’edificio.
2) [un'autorizzazione onerosa, quando, senza opere a ciò preordinate, vi sia un mutamento di destinazione d'uso degli immobili, che, oltre ad essere compatibile con le caratteristiche della zona e comunque espressamente consentito dagli strumenti urbanistici, comporti la corresponsione di un contributo pari alla differenza fra la precedente e la nuova destinazione;]
3) una concessione gratuita, nei casi e secondo le modalità di cui all’art. 9 della L. 28 gennaio 1977, n. 10, sempre che ai sensi del precedente punto 1) non sia previsto il rilascio di un'autorizzazione;
4) una concessione comportante la corresponsione di un contributo, negli altri casi.
Fatti salvi gli immobili vincolati ai sensi delle LL. 1 giugno 1939, n. 1089, 29 giugno 1939, n. 1497 o 16 aprile 1973, n. 171, i lavori relativi alle opere interne di manutenzione straordinaria, di restauro e risanamento conservativo e/o di ristrutturazione edilizia, purché non siano in contrasto con gli strumenti urbanistici adottati o approvati e con i regolamenti edilizi vigenti, non comportino modifiche della sagoma nè aumento delle superfici utili e del numero delle unità immobiliari, non modifichino la destinazione d' uso delle costruzioni e delle singole unità immobiliari, non rechino pregiudizio alla statica dell’immobile e, quando riguardino edifici compresi nelle zone territoriali omogenee di tipo A, ne rispettino le originarie caratteristiche costruttive, possono essere iniziati trascorsi 30 giorni dalla presentazione al Sindaco, da parte del titolare, di una relazione corredata da una documentazione fotografica, a firma di un professionista abilitato, che elenchi le opere preventivate e ne asseveri la conformità alle prescrizioni di cui al presente comma, nonché alle norme igienico-sanitarie e di sicurezza vigenti.
Non sono soggetti a concessione nè ad autorizzazione edilizia gli interventi di manutenzione ordinaria, ai sensi della lettera a) dell’art. 31 della L. 5 agosto 1978, n. 457, i movimenti di terra strettamente pertinenti all’esercizio dell’attività agricola, ai miglioramenti fondiari di tipo agronomico e alla coltivazione di cave o torbiere, nonché le opere temporanee per attività di ricerca nel sottosuolo che abbiano carattere geognostico o siano eseguite in aree esterne ai centri edificati, nonché gli interventi comportanti l’occupazione precaria e temporanea del suolo.
La concessione o l’autorizzazione sono rilasciate in conformità alle leggi, ai regolamenti e alle prescrizioni, degli strumenti di pianificazione urbanistica o territoriale vigenti, nonché, per i comuni in zona dichiarata sismica in base agli elenchi di cui alla L. 2 febbraio 1974, n. 64, e successive modifiche, in armonia con le direttive emanate dalla Giunta Regionale per la definizione degli interventi diretti al recupero del patrimonio edilizio esistente, ai sensi dell’art. 31 della L. 5 agosto 1978, n. 457.
In caso di strumenti urbanistici adottati e trasmessi, la concessione o l’autorizzazione è rilasciata in conformità alle previsioni degli stessi ai sensi dell’art. 4 della L. 1 giugno 1971, n. 291, salvo che non si tratti di Comuni compresi negli elenchi indicati nello stesso articolo, dove le limitazioni di cui al primo, secondo e terzo comma dell’art. 17 della L. 6 agosto 1967, n. 765, si applicano fino alla loro approvazione.
Nei comuni privi di strumenti urbanistici generali o i cui strumenti adottati e trasmessi siano stati restituiti per rielaborazione, e fino all’adozione o riadozione e trasmissione dello strumento urbanistico generale, l’attività edilizia è limitata al recupero di 1 mc /1000 mq di terreno. Sono però sempre ammessi gli interventi di cui alle lettere a), b) e c) dell’art. 31 della L. 5 agosto 1978, n. 457, quelli al di fuori dei centri edificati nei limiti di cui alla L.R. 5 marzo 1985, n. 24, nonché quelli per nuovi edifici e complessi produttivi o loro ampliamenti, purché la relativa superficie coperta non superi un decimo dell’area di proprietà.
Nei comuni obbligati a dotarsi o dotati del Programma Pluriennale di Attuazione, il rilascio della concessione avviene altresì ai sensi degli artt. 65 e 66. Negli altri Comuni il rilascio della concessione resta sempre subordinato all’esistenza delle opere di urbanizzazione primaria o alla previsione da parte dei Comuni della loro attuazione nel successivo triennio o all’impegno dei privati di procedere alla loro attuazione contemporaneamente agli interventi concessi.
In ogni caso, anche in deroga ad altre leggi regionali, ai regolamenti e alle previsioni degli strumenti urbanistici, il Sindaco è autorizzato a rilasciare le concessioni o le autorizzazioni per la ricostruzione di edifici o di loro parte o comunque di opere edilizie o urbanistiche, integralmente o parzialmente distrutti a seguito di eventi eccezionali o per causa di forza maggiore.

Art. 77 - (Titolari).

La concessione o l’autorizzazione sono rilasciate ai proprietari degli immobili o agli eventi titolo in base ad altro diritto reale o anche a un diritto personale compatibile con l’intervento da realizzare.
Per le opere da eseguirsi da amministrazioni statali o comunque insistenti su aree del demanio statale si applicano le disposizioni dell'art. 81 del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616,e spetta al Presidente della Giunta regionale l’esercizio delle competenze di cui al secondo, terzo e quarto comma di detto articolo.
Per gli immobili di proprietà dello Stato sono date altresì concessioni e autorizzazioni a coloro che siano muniti di titolo al godimento del bene rilasciato dai competenti organi dell’amministrazione.
(abrogato)
La concessione e l’autorizzazione sono trasferibili ai successori o aventi causa e non incidono sulla titolarità della proprietà o di altri diritti reali relativi agli immobili realizzati per effetto del loro rilascio.
Il committente titolare della concessione o autorizzazione, il direttore e l’assuntore dei lavori sono responsabili per ogni violazione delle norme generali di legge e di regolamento, nonché delle modalità esecutive fissate nella concessione o autorizzazione.

Art. 78 - (Validità).

Per la validità della concessione o autorizzazione devono essere fissati i termini di inizio e di ultimazione dei lavori.
Il termine per l’inizio dei lavori non può essere superiore a un anno dalla notifica; il termine, entro il quale deve essere presentata la richiesta del certificato di abitabilità o agibilità a seguito dell’ultimazione dei lavori, non può essere superiore a tre anni da quello del loro inizio; un termine più ampio è consentito solo in considerazione della mole dell’opera da realizzare o delle sue particolari caratteristiche tecnico-costruttive ovvero in caso di opere pubbliche da finanziare in più esercizi.
L’interruzione dei lavori per eventi eccezionali e di forza maggiore determina la sospensione del termine di ultimazione dei lavori per la durata dell’interruzione purché questa sia debitamente comunicata al Comune. Il ritardo nell’esecuzione dei lavori per fatti sopravvenuti ed estranei alla volontà del titolare della concessione o autorizzazione consente al Sindaco l’emanazione di un provvedimento motivato di proroga.
Qualora i lavori non siano ultimati entro il termine stabilito, il titolare deve presentare istanza diretta a ottenere una nuova concessione o autorizzazione concernente la parte non ultimata.
La concessione e l’autorizzazione, trasferibili ai successori o aventi causa, sono irrevocabili, fatti salvi i casi di decadenza indicati al sesto comma dell’art. 4 della L. 28 gennaio 1977, n. 10, e dalla presente legge.
In particolare, l’entrata in vigore di nuove previsioni urbanistiche comporta la decadenza delle concessioni e delle autorizzazioni in contrasto con le previsioni stesse, salvo che i relativi lavori siano stati iniziati e vengano completati entro il termine finale di 3 anni o quello determinato ai sensi del secondo e terzo comma.

Art. 79 - (Procedimenti).

La concessione o l’autorizzazione sono rilasciate dal Sindaco, previo parere della Commissione Edilizia Comunale, e nel caso di beni tutelati dalla L. 1 giugno 1939, n. 1989, dalla L. 29 giugno 1939, n. 1497, o dalla L. 16 aprile 1973, n. 171, previa altresì, rispettivamente, l’approvazione della competente autorità statale o il parere favorevole della Commissione Consultiva Provinciale di cui alla L.R. 6 marzo 1984, n. 11, o quello della Commissione per la Salvaguardia di Venezia ove richiesto.
Le determinazioni del Sindaco sulle istanze di concessione o di autorizzazione, motivate in caso di diniego devono essere notificate al richiedente entro 60 giorni, per gli interventi di cui alle lettere a), b) e c) del punto 1) dell’art. 76, e, negli altri casi, entro 90 giorni dalla data di ricevimento delle stesse o da quella di presentazione di documenti aggiuntivi eventualmente richiesti dal Sindaco; l’interruzione del termine è consentita una solo volta.
Qualora il Sindaco non si pronunci nel termine previsto dal comma precedente, il richiedente può dar corso ai lavori, dando comunicazione al Sindaco, del loro inizio, intendendosi accolta la relativa istanza oppure ha facoltà di ricorrere al Presidente della Provincia entro i successivi 60 giorni.
L’esecuzione dei lavori, di cui alla prima fattispecie del precedente comma, può aver luogo solo quando:
1) sussista copia dell’istanza presentata al Comune, da cui risulti la data della sua presentazione, e di tutti gli elaborati progettuali prescritti e a essa allegati, con l’attestazione da parte del progettista, anche ai sensi dell’art. 373 del Codice Penale, della loro conformità alle prescrizioni e ai vincoli vigenti per la zona e per gli immobili interessati o risultanti dall’eventuale certificato di cui al successivo punto 6);
2) sussista l’approvazione della competente autorità statale o il parere favorevole della Commissione Consultiva Provinciale di cui alla L.R. 6 marzo 1984, n. 11, o quello della Commissione per la Salvaguardia di Venezia, ove richiesto, nel caso in cui siano interessati beni tutelati rispettivamente dalla L. 1 giugno 1939, n. 1089, dalla L. 29 giugno 1939, n. 1497, o dalla L. 16 aprile 1973, n. 171;
3) sussista ogni autorizzazione, nulla osta, visto o altro atto previsto da norme statali, regionali, provinciali o comunali oppure, in luogo del singolo provvedimento abilitativo, copia della domanda presentata con la documentazione dell’inerzia dell’autorità competente al rilascio per almeno 60 giorni;
4) l’intervento previsto sia ammissibile in diretta attuazione dello strumento urbanistico generale oppure da realizzare in area dotata di strumento urbanistico attuativo, essendo detti strumenti vigenti e approvati non anteriormente all’entrata in vigore della L. 6 agosto 1967, n. 765;
5) in caso di concessione onerosa, sia stato corrisposto al comune il contributo prescritto, calcolato in via provvisoria dal richiedente medesimo e salvo conguaglio sulla base delle determinazioni degli organi comunali;
6) in caso di Comune con popolazione superiore a 30.000 abitanti, sussista un certificato del Sindaco o del dirigente l’ufficio comunale competente contenente tutte le prescrizioni e i vincoli urbanistici ed edilizi riguardanti la zona e gli immobili interessati oppure, qualora il certificato non sia stato rilasciato entro 60 giorni dalla presentazione della relativa istanza, sussista copia dell’istanza, da cui risulti la data di presentazione; detto certificato conserva validità per un anno dalla data del rilascio, a meno che non intervengano modificazioni della disciplina urbanistica vigente.
Nella seconda fattispecie di cui al terzo comma, il Presidente della Provincia, sentito il parere della Commissione Edilizia Comunale, da inviarsi entro il termine perentorio di 30 giorni dalla richiesta della Provincia, o, altrimenti, sentita la Commissione Urbanistica Provinciale di cui all’art. 114, provvede entro il termine di 60 giorni.
La scelta di uno dei rimedi di cui al terzo comma preclude l’adito all’altro.
Nei 15 giorni successivi, dell’avvenuto rilascio della concessione o autorizzazione o del ricevimento della comunicazione di cui al terzo comma viene data notizia al pubblico mediante avviso affisso per 15 giorni all’albo pretorio, specificando il titolare della concessione o autorizzazione esplicitamente o tacitamente assentita e la localizzazione dell’intervento.
Chiunque può prendere visione presso gli uffici comunali della concessione o autorizzazione, dell’istanza del richiedente e dei suoi allegati, dell’eventuale certificato di cui al punto 6) del quarto comma e della normativa vigente per la zona e per gli immobili interessati e può eventualmente presentare ricorso, non oltre 60 giorni dalla data di pubblicazione, al Presidente della Provincia per vizi di legittimità. L’affissione non fa decorrere i termini per l’impugnativa giurisdizionale.
La concessione o l’autorizzazione devono essere ritirate, a pena di decadenza, entro 120 giorni dalla notifica.

Art. 79 bis - Misure preventive e protettive da predisporre negli edifici per l’accesso, il transito e l’esecuzione dei lavori di manutenzione in quota in condizioni di sicurezza.

1. Ai fini della prevenzione dei rischi d’infortunio, i progetti relativi agli interventi edilizi che riguardano nuove costruzioni o edifici esistenti devono prevedere, nella documentazione allegata alla richiesta relativa al titolo abilitativo o alla denuncia d’inizio attività, idonee misure preventive e protettive che consentano l’accesso, il transito e l’esecuzione dei lavori in quota in condizioni di sicurezza.
2. Per le finalità del comma 1, la Giunta regionale emana un proprio provvedimento contenente istruzioni tecniche sulle misure preventive e protettive.
3. La mancata previsione delle misure di cui al comma 1 costituisce causa ostativa al rilascio della concessione o autorizzazione a costruire ed impedisce, altresì, l’utile decorso del termine per l’efficacia della denuncia di inizio dell’attività.
4. I comuni adeguano i propri regolamenti edilizi alle istruzioni tecniche del provvedimento di cui al comma 2 prevedendo altresì adeguati controlli sulla effettiva realizzazione delle misure anche ai fini del rilascio del certificato di abitabilità.

Art. 80 - (Deroghe).

Il Piano Regolatore generale può dettare disposizioni che consentano, entro i limiti predeterminati, al Sindaco di rilasciare concessioni o autorizzazioni in deroga alle norme e alle previsioni urbanistiche generali quando esse riguardino edifici o impianti pubblici o di interesse pubblico e purché non comportino la modifica delle destinazioni di zona.
Il rilascio della concessione o autorizzazione, nei casi di cui al comma precedente, deve essere preceduto da deliberazione favorevole del Consiglio Comunale.
In assenza di specifiche disposizioni del Piano Regolatore Generale, il Sindaco può parimenti rilasciare concessioni o autorizzazioni in deroga, sussistendo le altre condizioni previste dal primo e secondo comma, previo nulla - osta del Presidente della Provincia, che lo rilascia sentita la Commissione Urbanistica Provinciale di cui all’art. 114.
Restano in ogni caso ferme le disposizioni di cui alle leggi 1 giugno 1939, n. 1089; 29 giugno 1939, n. 1497, e 16 aprile 1973, n. 171.
Il Sindaco può altresì autorizzare, in limitata deroga alla disciplina urbanistica vigente, aumenti di volume dei fabbricati o diminuzione delle distanze tra edifici relativi a documentate esigenze di isolamento termico e/o acustico o di recupero di gravi condizioni di degrado e comportanti opere da eseguirsi all’esterno dei fabbricati e da cui non conseguano aumenti delle superfici o dei volumi utili.

Capo II
Criteri per la determinazione del contributo

Art. 81 - (Contributo).

Il contributo per il rilascio della concessione è commisurato all’incidenza delle spese per gli oneri di urbanizzazione e al costo di costruzione.
La quota del contributo relativa agli oneri di urbanizzazione è corrisposta al Comune all’atto del ritiro della concessione.
La quota relativa al costo di costruzione è determinata all’atto del rilascio della concessione ed è corrisposta in corso d' opera con le modalità e le garanzie stabilite dal Comune e comunque non oltre 60 giorni dall’ultimazione delle opere.
La quota del contributo relativa agli oneri di urbanizzazione è rateizzabile in non più di quattro rate semestrali, purché i concessionari prestino ai Comuni opportune garanzie secondo le modalità previste dallo art. 13 della L. 3 gennaio 1978, n. 1.
In caso di modifiche della destinazione d' uso o di ampliamenti del volume o della superficie utile di calpestio, sia che si tratti di nuova concessione o di variante in corso d' opera, il contributo è riferito alla parte di nuova edificazione e, in caso di mutamento della destinazione d' uso, alla differenza fra il nuovo uso e il precedente.
Il mancato versamento delle singole quote del contributo nei termini previsti comporta alternativamente:
a) la corresponsione degli interessi legali qualora il versamento avvenga nei successivi 30 giorni;
b) la corresponsione di una penale pari al doppio degli interessi legali, qualora il versamento avvenga negli ulteriori 30 giorni;
c) l’aumento di 1/3 del contributo dovuto, quando il versamento avvenga dopo il termine di cui alla precedente lett. b) e non oltre 120 giorni;
d) l’aumento di 2/3 del contributo dovuto, quando il versamento avvenga dopo il termine, di cui alla precedente lett. c), e non oltre 180 giorni;
e) l’aumento di 4/3 del contributo dovuto, quando il versamento avvenga dopo il termine,di cui alla precedente lett. d),e non oltre 240 giorni.
Decorso inutilmente il termine di cui alla lett. e) del precedente comma, il Sindaco provvede alla riscossione coattiva del complessivo credito a norma del RD 14 aprile 1910, n. 639.
In caso di concessione tacitamente assentita, la corresponsione del contributo, calcolato ai sensi del punto 5) dell’art. 79, deve aver luogo prima dell’inizio dei lavori. In caso contrario, il Sindaco notifica l’importo dovuto, quantificato dall’Ufficio Tecnico Comunale, e contemporaneamente sospende i lavori fino al pagamento.
In caso di mancata utilizzazione della concessione, il contributo versato è devoluto ad altra concessione o restituito.
Le disposizioni relative al contributo per il rilascio della concessione si applicano anche al contributo da corrispondersi per le autorizzazioni di cui al punto 2) dell’art. 76.

Art. 82 - (Determinazione dell’incidenza degli oneri di urbanizzazione).

Il Consiglio Regionale adotta o varia con delibera apposite tabelle contenenti il costo teorico base e i parametri per la determinazione dell’incidenza delle spese di urbanizzazione primaria e secondaria, con riferimento alle opere elencate all’art. 4 della L. 29 settembre 1964, n. 847, come modificato dall’art. 44 della L. 22 ottobre 1971, n. 865, nonché alle quantità minime inderogabili fissate dal D.M.LL.PP. 2 aprile 1968, n. 1444, e dalla presente legge.
Il Consiglio Comunale delibera l’incidenza degli oneri di urbanizzazione moltiplicando il costo teorico base per i parametri che in relazione alla classe di ampiezza, all’andamento demografico e alle caratteristiche geografiche del Comune e alle zone territoriali omogenee previste dallo strumento urbanistico generale, sono individuati dalle tabelle di cui al primo comma per le opere con destinazione d' uso residenziale; industriale, artigianale e agricolo; turistico, commerciale e direzionale.
Agli effetti della determinazione degli oneri le zone territoriali omogenee C1 e C2 sono considerate come zona C.
Per gli interventi relativi a opere con destinazione d' uso residenziale e turistico, il volume da considerare ai fini del presente articolo è quello dato dal prodotto dell’altezza lorda per la superficie complessiva, determinata ai sensi dell’art. 2 del D.M. LL.PP. 10 maggio 1977, concernente la determinazione del costo di costruzione di nuovi edifici; per gli interventi relativi a opere con destinazione d' uso commerciale, direzionale, artigianale, industriale e agricolo, la superficie da considerare ai fini del presente articolo è quella utile di tutti i piani, compresi quelli interrati, con identica destinazione d' uso.
Per il calcolo dell’incidenza degli oneri di urbanizzazione per le opere a uso residenziale, il Consiglio Comunale determina preliminarmente il valore dell’incremento insediativo teorico dello strumento urbanistico generale in base all’attuale popolazione residente e alla capacità insediativa derivante dall’applicazione degli indici di fabbricabilità stabiliti per le singole zone e assumendo che a ogni abitante insediato o da insediare corrispondono 120 mc di edificio.
Nei comuni classificati di montagna, con riferimento alle zone territoriali I.S.T.A.T., la pendenza va riferita alle singole zone territoriali omogenee previste dagli strumenti urbanistici generali ed è data dalla media fra la pendenza minima e la massima.
Il moltiplicatore relativo alla presenza di coste marine, lacustri o lagunari si applica solo nelle zone diverse dalle zone territoriali omogenee di tipo A, B o C1, individuate dallo strumento urbanistico generale, e destinate a complessi residenziali che abbiano nell’uso della costa la loro ragione d' essere.
Il contributo commisurato all’incidenza delle spese di urbanizzazione relativo a interventi di ristrutturazione, ivi compresi gli ampliamenti che non comportino aumento della superficie utile da calpestio, è pari a quello calcolato per interventi di nuova edificazione moltiplicato per 0,20.

Art. 83 - (Determinazione della quota del costo di costruzione).

La quota del contributo per il rilascio della concessione, commisurata al costo di costruzione e non superiore al 10%, ai sensi dell’art. 6 della L. 28 gennaio 1977, n. 10, così come modificato dall’art. 9 del D.L. 23 gennaio 1982, n. 9, convertito nella L. 25 marzo 1982, n. 94, è determinata da apposite tabelle adottate o variate con delibera del Consiglio Regionale.
Il Sindaco all’atto del rilascio della concessione a edificare stabilisce, in base alle caratteristiche, alla tipologia e all’ubicazione dell’edificio e secondo quanto determinato dalle tabelle di cui al comma precedente, l’ammontare della quota di contributo pertinente all’intervento specifico.
Le modalità per il computo della superficie complessiva, su cui applicare il costo di costruzione, sono quelle previste dal D.M.LL.PP. 10 maggio 1977, concernente la determinazione del costo di costruzione di nuovi edifici.
La determinazione delle caratteristiche dell’edificio è fatta con riferimento alle classi di edifici descritte all’art. 8 del sopra citato decreto.
Per gli alloggi, la cui costruzione è ammessa dagli strumenti urbanistici in zona artigianale o industriale, valgono i parametri pertinenti alle zone territoriali omogenee di tipo C.
Nel caso di interventi di ristrutturazione edilizia su edifici esistenti o di costruzioni o impianti destinati ad attività turistiche, il costo di costruzione, calcolato sulla base di una stima analitica, dei lavori rispettivamente, ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 6 o del secondo comma dell’art. 10 della L. 28 gennaio 1977, n. 10, non può superare quello stabilito annualmente con decreto del Ministero dei Lavori Pubblici, ai sensi del primo comma dell’art. 6 di detta legge.

Art. 84 - (Variazione degli oneri di urbanizzazione).

Il Consiglio Comunale, all’atto della determinazione della quota del contributo per gli oneri di urbanizzazione, può apportare modificazioni, in aumento o, fino al 30 per cento in diminuzione, rispetto ai valori calcolati in base all’art. 82, al fine di adeguare l’ammontare del contributo a specifiche situazioni locali individuate in rapporto ai criteri generali di cui al primo comma dell’art. 5 della L. 28 gennaio 1977, n. 10, e agli obiettivi della programmazione regionale.
Le modificazioni in diminuzione possono giungere fino al 40%, quando si tratti di interventi edificatori da eseguire all’interno dei piani per l’Edilizia Economica e Popolare, dei piani realizzati su aree di proprietà del Comune o dei Piani per gli Insediamenti Produttivi, nonché quando il concessionario si obblighi con il Comune a praticare prezzi di vendita e canoni di locazione determinati ai sensi della convenzione-tipo, di cui all’art. 8 della L. 28 gennaio 1977, n. 10.
Le modificazioni in diminuzione possono giungere fino al 50%, quando si tratti di interventi di edilizia residenziale da eseguirsi da parte degli Istituti Autonomi per le Case Popolari o di Cooperative Edilizie a proprietà indivisa oppure di persone fisiche che costruiscono per realizzare la propria prima abitazione, purché le caratteristiche delle abitazioni rispondano ai requisiti dell’ultimo comma dell’art. 16 della L. 5 agosto 1978, n. 457, e nel caso di persone fisiche, previo accertamento da parte del Comune della sussistenza delle esigenze familiari del richiedente la concessione sulla base dello stato di famiglia e previa stipula da parte del richiedente della convenzione con il Comune di cui al primo comma dell’art. 87.
Qualora i Piani per gli Insediamenti Produttivi siano ubicati in Comuni dichiarati depressi ai sensi di legge, è ammessa la detrazione dal costo teorico base degli importi unitari spesi per opere realizzate con finanziamenti pubblici a fondo perduto.
Spetta al Consiglio Comunale determinare l’ammontare del contributo per il concorso nel pagamento degli oneri di urbanizzazione previsto al punto b) dell'art. 9 della L. 28 gennaio 1977, n. 10; l’ammontare di tale contributo non potrà comunque essere superiore al 20% di quello calcolato in base a quanto prescritto all’ultimo comma dell’art. 82. Nei Comuni classificati montani o dichiarati depressi ai sensi di legge, è ammessa la modificazione in diminuzione fino al 35% del contributo per gli oneri di urbanizzazione calcolato in base a quanto prescritto all’art. 82, in particolare per gli interventi edilizi nelle frazioni.
Per le opere destinate ad attività industriali o artigianali, la quota di contributo deve comprendere altresì l’incidenza delle opere necessarie al trattamento e allo smaltimento di rifiuti solidi, liquidi, gassosi e quella per la sistemazione ambientale dei luoghi eventualmente alterati dall’insediamento.
La determinazione dell’incidenza è fatta sulla base delle situazioni locali in relazione anche ai tipi di attività produttiva e va in aggiunta alla quota dovuta ai sensi delle tabelle degli oneri di urbanizzazione per le opere con destinazione d' uso industriale, artigianale e agricolo, di cui all’art. 82, al netto degli importi relativi alla parte di opere direttamente eseguite dai concessionari.

Art. 85 - (Insediamenti turistici temporanei).

Per la realizzazione di insediamenti turistici temporanei, quali campeggi, asili per attrezzature mobili destinate ad alloggio itinerante e simili, il contributo per il rilascio della concessione è calcolato applicando i costi teorici e i parametri della tabella relativa agli oneri di urbanizzazione per le opere con destinazione d' uso turistico, commerciale e direzionale, oltre che alle attrezzature fisse, anche alla superficie delle piazzole destinate alle unità di soggiorno temporaneo, sulla base di un indice convenzionale di edificazione pari a 0,3 mc/mq.

Art. 86 - (Scomputo della quota di contributo per oneri di urbanizzazione).

Il concessionario ha titolo allo scomputo totale o parziale della quota di contributo dovuta per gli oneri di urbanizzazione qualora, in luogo totale o parziale della stessa, si obblighi col Comune a cedere le aree e le opere di urbanizzazione già esistenti o da realizzare con le modalità e le garanzie, di cui alla convenzione dell’art. 63. Lo scomputo totale o parziale è ammesso solo tra opere di urbanizzazione della stessa categoria, fatta salva diversa convenzione con il Comune.
La quota di contributo relativa agli oneri di urbanizzazione, eventualmente eccedente il valore delle opere di urbanizzazione già eseguite e comunque cedute al Comune e di quelle che il concessionario si è obbligato a eseguire, è corrisposta all’atto del rilascio della concessione o secondo le modalità previste al quarto comma dell’art. 81.
Per le aree oggetto di un intervento convenzionato, la determinazione degli oneri di urbanizzazione primaria è commisurata ai costi reali, valutati secondo stime analitiche, in base alle opere previste nell’intervento specifico, mentre gli oneri di urbanizzazione secondaria sono determinati in base alle vigenti tabelle.
Nelle zone industriali o artigianali, istituite con leggi apposite ovvero deliberate da consorzi o da altri Enti pubblici, dal contributo per le opere di urbanizzazione viene scomputato il corrispettivo in valore pagato per le stesse opere all’atto dell’acquisto delle aree occorrenti per le costruzioni oggetto di concessione.
Il Consiglio Comunale stabilisce, sulla base dell’analisi dei costi di urbanizzazione documentati dagli Enti attuatori della zona industriale o artigianale, l’ammontare delle quote oggetto di scomputo.

Art. 87 - (Esenzione dal pagamento della quota di contributo relativo al costo di costruzione).

Il concessionario che costruisca per realizzare, anche mediante interventi di ristrutturazione del patrimonio edilizio esistente, la propria prima abitazione, con le caratteristiche e secondo le modalità di cui al terzo comma dell’art. 84, ha titolo all’esenzione dal pagamento della quota del contributo relativa al costo di costruzione, purché si obblighi con il Comune a non cedere la proprietà dell’immobile per un periodo di almeno 7 anni dal rilascio del certificato di abitabilità.
Per interventi di edilizia abitativa di nuova costruzione e per quelli di ristrutturazione sugli edifici esistenti, il concessionario ha titolo all’esenzione dal pagamento della quota di contributo relativa al costo di costruzione, qualora si obblighi con il Comune a praticare prezzi di vendita e canoni di locazione determinati ai sensi della convenzione-tipo di cui all’art. 8 della L. 28 gennaio 1977, n. 10.
Gli obblighi di cui al primo o al secondo comma sono assunti mediante convenzione o atto unilaterale d' obbligo, da trascriversi, ai sensi e per gli effetti degli artt. 2643 e segg. del Codice Civile, a cura del Comune e a spese del concessionario.
Nei casi di cui al primo e al secondo comma, qualora il concessionario non adempia agli obblighi contratti, decade dai benefici previsti dagli stessi commi e dal terzo comma dell’art. 84 e il Sindaco è tenuto a recuperare la differenza di contributo maggiorata della rivalutazione monetaria e degli interessi in misura pari al saggio ufficiale di sconto.
Quando si tratti di interventi ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 27 della L. 5 agosto 1978, n. 457, la convenzione - tipo di cui al secondo comma diviene obbligatoria ai sensi e per gli effetti ivi previsti.
Quando si tratti di interventi di rilevante entità per il recupero del patrimonio edilizio esistente nei Comuni superiori a 50.000 abitanti oppure quando sono ceduti ai privati beni espropriati in sede di attuazione dei piani urbanistici attuativi o del Programma Pluriennale di Attuazione, il Consiglio Comunale può deliberare che una quota degli edifici sia riservata all’edilizia convenzionata, stabilendo altresì nel primo caso una clausola preferenziale per alcune categorie sociali e per la proprietà per i precedenti occupanti.
In ogni caso la convenzione o l’atto unilaterale d'obbligo devono contenere, tra l’altro, gli elementi della convenzione di cui all’art. 63.
(abrogati)

Art. 88 - (Esenzione dal pagamento del contributo).

Il contributo non è dovuto per le concessioni di cui all’art. 9 della L. 28 gennaio 1977, n. 10, entro i limiti e con le modalità ivi previste.
Per le opere da realizzare nelle zone agricole, ivi comprese le residenze in funzione della conduzione del fondo e delle esigenze dell’imprenditore agricolo a titolo principale, singolo o associato, la condizione di imprenditore agricolo a titolo principale è riconosciuta, su richiesta dell’interessato, dall’Ispettorato Provinciale per l’Agricoltura.
Le nuove costruzioni o gli ampliamenti di edifici esistenti con destinazione d' uso residenziale sono considerati funzionali alle esigenze dell’imprenditore agricolo a titolo principale se diretti ad assicurare al nucleo familiare dell’imprenditore stesso un alloggio con volume residenziale, esclusi gli accessori, fino a un massimo di 600 mc. e, quando si tratti di un nucleo familiare superiore a sei unità, un volume residenziale fino a un massimo di 100 mc. per componente.
Le opere relative agli annessi rustici, quando è superato il rapporto di copertura del 5%, sono considerate funzionali alla conduzione del fondo solo per strutture necessarie alla realizzazione dei piani di sviluppo aziendali conformi ai piani zonali oppure a seguito di apposita certificazione del competente Ispettorato Provinciale per l’Agricoltura.
La vendita degli immobili, realizzati ai sensi della lettera a) dell’art. 9 della L. 28 gennaio 1977, n. 10, a soggetti privi dei requisiti di imprenditore agricolo a titolo principale ovvero effettuata indipendentemente dalla vendita del fondo nei 10 anni successivi al rilascio del certificato di abitabilità o di agibilità costituisce modificazione d' uso ai sensi e per gli effetti dell’ultimo comma dell’art. 10 della L. 28 gennaio 1977, n. 10.

Capo III
Controllo dell’attività

Art. 89 - (Vigilanza).

Il Sindaco è tenuto a esercitare sul territorio comunale le funzioni di vigilanza generale, affinché non siano eseguiti interventi di trasformazione urbanistica e/o edilizia in contrasto con le norme o i regolamenti vigenti o in assenza o in difformità dalla concessione o autorizzazione rilasciata o tacitamente assentita.
Per le opere abusive eseguite da amministrazioni statali, il Sindaco informa immediatamente il Presidente della Giunta Regionale e il Ministro dei Lavori Pubblici, al quale compete, d' intesa con il Presidente della Giunta Regionale, l’esercizio dei conseguenti poteri sospensivi e repressivi.
I Comuni, nel cui territorio siano ubicate zone territoriali omogenee di tipo A o aree e beni vincolati a norma delle LL. 1 giugno 1939, n. 1089, e 29 giugno 1939, n. 1497, o, comunque, con popolazione superiore a 20.000 abitanti, sono tenuti a eseguire programmi annuali di controllo ispettivo dell’intero territorio comunale al fine di accertare eventuali violazioni di carattere urbanistico ed edilizio.
La Giunta Regionale è autorizzata, d' intesa con i Comuni interessati, a promuovere consorzi fra Comuni per l’esecuzione di rilevamenti e controlli anche di carattere aerofotogrammetrico sul territorio regionale.
Gli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria, ove nei luoghi in cui vengono realizzate le opere non sia esibita la concessione ovvero non sia stato apposto il prescritto cartello, ovvero in tutti gli altri casi di presunta violazione urbanistico-edilizia, ne danno immediata comunicazione all’Autorità giudiziaria, al Presidente della Provincia, al Presidente della Giunta Regionale, nonché al Sindaco, il quale verifica entro 30 giorni la regolarità delle opere e dispone gli atti conseguenti.
Il Segretario Comunale redige e pubblica mensilmente, mediante affissione all’Albo del Comune, l’elenco dei rapporti comunicati dagli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria riguardanti opere o lottizzazioni realizzate abusivamente e della relativa ordinanza di sospensione e lo trasmette all’autorità giudiziaria competente, al Presidente della Giunta Regionale e al Presidente della Provincia, nonché al Ministro dei Lavori Pubblici.

Art. 90 - (Certificato di abitabilità e di agibilità).

Le opere conseguenti agli interventi edilizi e/o urbanistici, per cui è richiesta la concessione, non possono essere abitate o usate senza il rilascio da parte del Sindaco di un certificato, rispettivamente, di abitabilità o agibilità.
Il certificato è rilasciato a norma delle leggi vigenti, dopo che sia stata accertata la conformità della costruzione alle prescrizioni igienico-sanitarie previste nella concessione rilasciata o nell’istanza tacitamente assentita, nonché alle altre norme o regolamenti vigenti al momento del rilascio della concessione.
Il Sindaco è tenuto a comunicare le sue determinazioni entro 30 giorni dalla richiesta del certificato; l’istanza si intende accolta in caso di inutile decorso del termine.
Prima del termine di cui al comma precedente e in assenza del certificato o dopo motivato diniego, è fatto divieto ai Comuni e alle aziende di erogazione dei servizi pubblici di effettuare le relative forniture, fatte salve quelle relative a subentri.
Per gli stabilimenti industriali e artigianali le forniture di cui al comma precedente possono essere effettuate dopo il rilascio della concessione a edificare. Tali forniture sono revocate in caso di mancato rilascio del certificato di agibilità entro quattro anni dalla data di inizio lavori.

Art. 91 - (Demolizione immediata e sospensione).

Qualora si accerti, purché i lavori siano ancora allo stato iniziale, l’esecuzione di nuove opere edilizie e/ o urbanistiche abusive da parte di un soggetto non avente titolo, su aree assoggettate da leggi statali, regionali o da altre norme urbanistiche vigenti o adottate, a vincolo di inedificabilità, o destinate a opere o spazi pubblici ovvero a interventi di edilizia residenziale pubblica, il Sindaco provvede, entro 15 giorni dalla data dell’accertamento, all’immediata demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi; qualora si tratti di aree assoggettate alla tutela di cui al R.D. 30 dicembre 1923, n. 3267, o appartenenti ai beni disciplinati dalla L. 16 giugno 1927, n. 1766, nonché delle aree di cui alle LL. 1 giugno 1939, n. 1089, 29 giugno 1939, n. 1497, o 16 aprile 1973, n. 171, il Sindaco, previa comunicazione alle autorità competenti, entro lo stesso termine adotta identico provvedimento, quando alla demolizione e ripristino dei luoghi non vi abbiano già provveduto, di propria iniziativa, le stesse amministrazioni. Le spese sono sempre a carico dei responsabili dell’abuso.
Qualora si accerti una lottizzazione abusiva ai sensi dell’art. 18 della L. 28 febbraio 1985, n. 47, si applica la disciplina prevista allo stesso articolo della stessa legge.
In ogni altro caso di intervento di trasformazione urbanistica e/o edilizia in assenza o in difformità o con variazioni essenziali dalla concessione o autorizzazione o dalla relativa istanza, ove essa sia stata tacitamente assentita, o comunque in contrasto con la disciplina urbanistica, il Sindaco, entro 15 giorni dalla data dell’accertamento, emette un'ordinanza con l'ingiunzione di sospendere provvisoriamente ogni attività ed eventualmente fa apporre sigilli alle opere in costruzione.
L’ordinanza è notificata, nelle forme degli atti processuali civili o a mezzo del messo comunale, al proprietario e al titolare della concessione o autorizzazione, quando si tratti di persona diversa, nonché al committente, all’assuntore e al direttore dei lavori. Le responsabilità dei soggetti citati è fissata a norma dell’art. 6 della L. 28 febbraio 1985, n. 47 e successive modificazioni e integrazioni.
L’ordinanza è affissa all’albo pretorio del Comune e comunicata, ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 15 della L. 28 gennaio 1977, n. 10, agli uffici competenti per la cessazione delle forniture e dei servizi pubblici.
L’ordinanza di sospensione decade qualora il Sindaco non adotti un provvedimento entro 60 giorni.
Nel caso di concessione o autorizzazione tacitamente assentita che risulti in contrasto con le norme o i regolamenti vigenti, quando si tratti di vizi del procedimento e/o di difformità progettuali o esecutive parziali, il Sindaco, entro 60 giorni dall’ordinanza di sospensione, indica le illegittimità rilevate e assegna un termine, non inferiore a 30 giorni e non superiore a 90 giorni, per consentire la sanatoria del procedimento e/o provvedere alle modifiche richieste; quando invece si tratti di vizi o di difformità insanabili oppure a seguito di inutile decorso del termine assegnato, il Sindaco ha 60 giorni di tempo, rispettivamente dall’ordinanza di sospensione o dalla scadenza del termine assegnato, per adottare il provvedimento definitivo conseguente all’abusività accertata.

 

Art. 92 - (Sanzioni amministrative per interventi in assenza o in totale difformità o con variazioni essenziali dalla concessione o dalla relativa istanza).

Fermi i casi di cui al primo e al secondo comma dell’art. 91, gli interventi eseguiti in assenza di concessione anche tacitamente assentita ovvero in totale difformità ovvero con variazioni essenziali, sono soggetti allo stesso regime sanzionatorio amministrativo.
Si considerano in totale difformità dalla concessione edilizia o dalla relativa istanza, ove essa sia stata tacitamente assentita, le opere che comportano la realizzazione di un organismo edilizio integralmente diverso per caratteristiche tipologiche, planovolumetriche o di destinazione d' uso da quello oggetto della concessione stessa, ovvero l’esecuzione di volumi edilizi oltre i limiti indicati nel progetto e tali da costituire un organismo edilizio o parte di esso con specifica rilevanza e autonomamente utilizzabile.
Si considerano variazioni essenziali dalla concessione edilizia o dalla relativa istanza, ove essa sia stata tacitamente assentita, gli interventi:
a) che comportino, con o senza opere a ciò preordinate e in contrasto con le destinazioni d' uso espressamente stabilite per singoli edifici o per le diverse zone territoriali omogenee, un mutamento sostanziale tra destinazioni residenziale, commerciale-direzionale, produttiva o agricola; si ha mutamento sostanziale quando esso riguarda almeno il 50% della superficie utile di calpestio della singola unità immobiliare e non comporta l’esercizio di attività alberghiera o comunque di attività radicalmente incompatibili con le caratteristiche della zona a causa della loro nocività o rumorosità;
b) che comportino un aumento della cubatura superiore a 1/5 del volume utile dell’edificio o un aumento dell’altezza superiore a 1/3, con esclusione delle variazioni che incidono solo sulla entità delle cubature accessorie, sui volumi tecnici e sulla distribuzione interna delle singole unità abitative;
c) che comportino l’alterazione della sagoma della costruzione o la sua localizzazione nell’area di pertinenza, in modo da violare i limiti di distanza,anche a diversi livelli di altezza,recando sensibile pregiudizio alle esigenze della zona sotto il profilo igienico-sanitario, degli allineamenti previsti e dell’ordinata distribuzione dei volumi;
d) che comportino una ristrutturazione urbanistica ai sensi della lettera e) dell’art. 31 della L. 5 agosto 1978, n. 457, in luogo della ristrutturazione edilizia assentita ai sensi della lettera d) dell’art. 31 della legge stessa;
e) che comportino violazione delle norme tecniche relative alle costruzioni antisismiche.
Le opere conseguenti agli interventi, di cui al primo comma e in contrasto con la disciplina urbanistica, sono demolite ed è comunque ripristinato lo stato dei luoghi o delle costruzioni a cura e spese dei responsabili dell’abuso entro un termine non superiore a 90 giorni, ingiunto dal Sindaco con ordinanza, previo parere della Commissione Edilizia Comunale.
Con le stesse modalità il termine può essere prorogato per cause sopravvenute o di forza maggiore.
L’ordinanza è notificata ai soggetti secondo le modalità e per gli effetti di cui al quarto e quinto comma dell’art. 91.
Decorso inutilmente tale termine, i beni sono acquisiti di diritto gratuitamente al patrimonio del Comune e l’accertamento dell’inottemperanza previa notifica all’interessato, costituisce titolo per l’immissione nel loro possesso e per la trascrizione nei registri immobiliari; quindi, il Consiglio Comunale decide se le opere abusive non contrastino con rilevanti interessi urbanistici e/o ambientali e se comunque possano essere utilizzate per fini pubblici, compresi quelli di edilizia residenziale pubblica.
Quando il Consiglio Comunale decide negativamente il Sindaco provvede alla demolizione e al ripristino, avvalendosi degli uffici comunali o di imprese private o pubbliche, ponendo in ogni caso le spese sostenute a carico dei soggetti responsabili.
Per area su cui insiste l’opera abusiva, si intende quella occupata dall’opera stessa con le sue immediate pertinenze, valutate anche ai fini dell’accesso e tenuto conto del rapporto di copertura previsto dal Piano Regolatore Generale, in modo comunque da non essere mai superiore a 10 volte la complessiva superficie utile abusivamente costruita.
In parziale deroga al settimo comma, quando si tratti di opere abusivamente eseguite su terreni sottoposti, in base a leggi statali o regionali, a vincolo di inedificabilità, l’acquisizione gratuita, nel caso di inottemperanza all’ingiunzione di demolizione, si verifica di diritto a favore delle amministrazioni cui compete la vigilanza sull'osservanza del vincolo. Tali amministrazioni provvedono alla demolizione delle opere abusive e al ripristino dello stato dei luoghi a spese dei responsabili dell’abuso. Nella ipotesi di concorso di vincoli, la acquisizione si verifica a favore del Comune.
In deroga al presente articolo, gli interventi di ristrutturazione edilizia, di cui alla lettera d) dell’art. 31 della L. 5 agosto 1978, n. 457, eseguiti in assenza di concessione o della relativa istanza o in totale difformità o con variazioni essenziali dalla stessa, sono soggetti alla disciplina sanzionatoria prevista dall’art. 93 per le opere in parziale difformità.

Art. 93 - (Sanzioni amministrative per interventi in parziale difformità e per ristrutturazioni abusive).

Le opere conseguenti a interventi in parziale difformità dalla concessione o dalla relativa istanza, ove essa sia stata tacitamente assentita, ovvero quelle conseguenti a interventi di ristrutturazione edilizia anche in assenza di concessione o della relativa istanza o in totale difformità o con variazioni essenziali dalla stessa, quando siano in contrasto con la disciplina urbanistica vigente, e adottata, per la parte difforme sono demolite ovvero rimosse in modo da rendere gli edifici conformi alle prescrizioni degli strumenti urbanistico - edilizi a cura e spese dei responsabili dell’abuso, oppure, nel caso in cui ciò non possa essere fatto senza pregiudizio della parte conforme, sono soggette a una sanzione amministrativa pari al doppio del costo di produzione della parte realizzata in difformità, determinato ai sensi della L. 27 luglio 1978, n. 392, se a uso residenziale, e pari al doppio del valore venale, determinato dall’Ufficio Provinciale per la Pianificazione e la Gestione del Territorio e, fino alla sua entrata in funzione, dall’Ufficio Tecnico Erariale per le opere adibite a usi diversi da quello residenziale.
Il provvedimento di demolizione o di irrogazione delle sanzioni è emanato dal Sindaco, rispettivamente con ordinanza o con ingiunzione, previo parere della Commissione Edilizia Comunale.
L’ordinanza o l’ingiunzione del Sindaco deve contenere un termine, comunque non superiore a 120 giorni, per la demolizione o per il pagamento e deve essere notificata ai soggetti secondo le modalità e per gli effetti di cui al quarto e quinto comma dell’art. 91. Il termine è prorogabile ai sensi del quinto comma dell’art. 92.
Qualora gli interventi di ristrutturazione abusiva, di cui al primo comma, siano eseguiti su immobili vincolati da leggi statali e regionali, nonché dalle altre norme urbanistiche vigenti, l’autorità competente a vigilare sull’osservanza del vincolo, salva l’applicazione di altre misure e sanzioni previste da norme vigenti, ordina la restituzione in pristino a cura e spese dei responsabili dell’abuso, indicando criteri e modalità diretti a ricostituire l’originario organismo edilizio, e irroga una sanzione pecuniaria da L. 1.000.000 a L. 10.000.000.
Qualora gli interventi di ristrutturazione edilizia abusiva, di cui al primo comma siano stati eseguiti su immobili non vincolati, compresi nelle zone territoriali omogenee di tipo A, il Sindaco richiede all'autorità competente alla tutela dei beni culturali e ambientali apposito parere vincolante circa la restituzione in pristino o la sanzione pecuniaria di cui al precedente comma. Qualora il parere non venga reso entro 120 giorni dalla richiesta, il Sindaco provvede autonomamente.
È comunque dovuto il contributo di concessione, di cui all’art. 81, o il suo conguaglio.

Art. 94 - (Sanzioni amministrative per interventi in assenza o in difformità dall’autorizzazione o in assenza della relazione).

Le opere conseguenti a interventi eseguiti in assenza o in difformità dall’autorizzazione edilizia, anche tacitamente assentita, comportano la sanzione pecuniaria pari al doppio dell’aumento del valore venale dell’immobile conseguente alla realizzazione delle opere stesse come valutato dall’Ufficio Tecnico Comunale, e comunque in misura non inferiore a L. 500.000. In caso di richiesta dell’autorizzazione in sanatoria in corso di esecuzione delle opere, la sanzione è applicata nella misura minima. Qualora le opere abusive siano eseguite in dipendenza di calamità naturali o di avversità atmosferiche dichiarate di carattere eccezionale, la sanzione non è dovuta.
Quando le opere abusive consistono in interventi di restauro e risanamento conservativo su immobili vincolati da leggi statali e regionali, nonché dalle altre norme urbanistiche vigenti, l’autorità competente a vigilare sull’osservanza del vincolo, salva l’applicazione di altre misure e sanzioni previste da norme vigenti, può ordinare la restituzione in pristino a cura e spese dei responsabili dell’abuso e irroga una sanzione pecuniaria da L. 1.000.000 a L. 20.000.000.
Qualora gli interventi di cui al comma precedente, siano eseguiti su immobili non vincolati, compresi nelle zone territoriali omogenee di tipo A, il Sindaco richiede all’autorità competente alla tutela dei beni culturali e ambientali apposito parere vincolante circa la restituzione in pristino o la irrogazione della sanzione pecuniaria di cui al primo comma. Qualora il parere non venga reso entro 120 giorni dalla richiesta, il Sindaco provvede autonomamente.
Il mancato invio della relazione per le opere interne di cui al secondo comma dell’art. 76, quando non costituisca una violazione più grave, è soggetto a una sanzione amministrativa da L. 100.000 a L. 1.000.000.
I provvedimenti di cui al presente articolo, sono adottati mediante ordinanza del Sindaco, notificata ai soggetti secondo le modalità e per gli effetti di cui al quarto e quinto comma dell’articolo 91.

Art. 95 - (Sanzioni amministrative per opere abusive su terreni di proprietà dello Stato e di Enti Pubblici).

Le opere conseguenti a interventi eseguiti da terzi su suoli del demanio o del patrimonio dello Stato o di Enti Pubblici in assenza o in totale difformità o con variazioni essenziali dalla concessione o dalla relativa istanza, ove essa sia stata tacitamente assentita, e in contrasto con la disciplina urbanistica vigente e adottata, sono acquisite gratuitamente dallo Stato o dall’Ente Pubblico interessato al rispettivo demanio o patrimonio, quando il Consiglio Comunale non abbia dichiarato l’opera abusiva in contrasto con rilevanti interessi urbanistici e/o ambientali, e sia intervenuto il parere favorevole dell’Ente interessato.
L’acquisizione avviene mediante ordinanza del Sindaco, notificata ai soggetti secondo le modalità e per gli effetti di cui al quarto e quinto comma dell’art. 91.
Nel caso in cui il Consiglio Comunale dichiari l’opera in contrasto con rilevanti interessi urbanistici e/o ambientali o non vi sia il parere dell'Ente interessato anche quando si tratti di opera in parziale difformità, il Sindaco ne ordina la demolizione da effettuarsi a cura e spese dei responsabili dell’abuso entro un termine stabilito e prorogabile ai sensi del quinto comma dello art. 92.
Anche l’ordinanza di cui al precedente comma, è notificata ai soggetti secondo le modalità e per gli effetti di cui al quarto e quinto comma dell’art. 91. In caso di mancata esecuzione dell’ordine, alla demolizione provvede il Comune con recupero delle spese nei confronti dei responsabili.

Art. 96 - (Sanzioni conseguenti all’annullamento della concessione o autorizzazione).

In caso di annullamento di concessione o autorizzazione assentita esplicitamente oppure tacitamente, le cui opere siano tuttavia conformi alla relativa istanza, qualora non sia possibile la rimozione dei vizi delle procedure amministrative o la riduzione in pristino, il Sindaco applica con ordinanza motivata una sanzione amministrativa pari al valore venale delle opere o delle loro parti ritenute illegittime, valutato dall’Ufficio Provinciale per la Pianificazione e la Gestione del Territorio o, fino alla sua entrata in funzione, dall’Ufficio Tecnico Erariale.
La valutazione dell’Ufficio Provinciale per la Pianificazione e la Gestione del Territorio o, fino alla sua entrata in funzione, dall’Ufficio Tecnico Erariale è notificata dal Sindaco nelle forme degli atti processuali civili o a mezzo di messo comunale e diviene definitiva col decorso dei termini per l’impugnativa.
L’integrale corresponsione della sanzione pecuniaria irrogata produce i medesimi effetti della concessione in sanatoria.

Art. 97 - (Disciplina degli interventi sanabili).

Le variazioni apportate in corso d' opera rispetto alla concessione o autorizzazione o alla relativa istanza, ove essa sia stata tacitamente assentita, che non modifichino la sagoma, le superfici utili e la destinazione d' uso delle costruzioni e delle singole unità immobiliari, nonché il numero di queste ultime, quando non siano in contrasto con la disciplina urbanistica vigente o adottata, sono sanabili e non sono soggette ad alcuna sanzione amministrativa qualora richieste prima del rilascio del certificato di abitabilità o di agibilità.
Le variazioni non possono concernere interventi di restauro e risanamento conservativo e, in ogni caso, gli immobili vincolati a norma delle LL. 1 giugno 1939, n 1089, e 29 giugno 1939, n. 1497.
Le opere conseguenti a interventi eseguiti in parziale difformità dalla concessione o autorizzazione o dalla relativa istanza, ove essa sia stata tacitamente assentita, ovvero in assenza o in totale difformità o con variazioni essenziali dalla stessa, purché non in contrasto con la disciplina urbanistica vigente o adottata, sia al momento della realizzazione sia al momento della domanda, sono sanabili previo il pagamento, quando trattasi di autorizzazione, di una sanzione amministrativa determinata dal Sindaco nella misura da L. 500.000 a L. 2.000.000, e, quando trattasi di concessione, del doppio del contributo o del conguaglio dovuto, o, quando trattasi di concessione gratuita, pari al contributo altrimenti dovuto per analoga costruzione.
Quando si tratti di mutamenti non sostanziali della destinazione d' uso ai sensi della lettera a) dell’art. 92, il Sindaco è autorizzato a rilasciare una concessione in sanatoria, previo il pagamento del contributo pari alla differenza tra la precedente e la nuova destinazione d' uso.

Art. 98 - (Annullamento dei provvedimenti comunali).

Entro 10 anni dalla loro esecutività le deliberazioni e i provvedimenti comunali nonché le concessioni e le autorizzazioni tacitamente assentite, che consentono opere in contrasto con la disciplina urbanistica ed edilizia vigente ovvero in qualsiasi modo costituiscono violazione di norme, regolamenti o prescrizioni vigenti, possono essere annullati dal Consiglio Provinciale competente, sentita la Commissione Urbanistica Provinciale di cui all’art. 114.
Il provvedimento di annullamento è emesso entro 18 mesi dall’accertamento delle violazioni, previa contestazione delle stesse al titolare della concessione o autorizzazione e al proprietario, se diverso, al progettista nonché al Comune interessato, affinché entro 60 giorni presentino le proprie controdeduzioni.
La contestazione di cui al comma precedente deve essere notificata nelle forme degli atti processuali civili o a mezzo del Messo comunale.
Qualora i lavori siano in corso all’atto dell’accertamento, il Presidente della Provincia può sospendere i lavori con ordinanza notificata al Comune interessato e ai soggetti secondo le modalità e per gli effetti di cui al quarto e quinto comma dell’art. 91. L’ordine di sospensione cessa di avere efficacia qualora, entro 6 mesi dalla sua emanazione, non sia stato disposto l’annullamento della concessione o autorizzazione.
Entro 60 giorni dalla notifica del provvedimento di annullamento il Sindaco è tenuto a procedere ai sensi dell’art. 96.

Capo IV
Norme generali sull’attività costruttiva

Art. 99 - (Procedure per contributi, sanzioni e spese).

I contributi, le sanzioni e le spese, di cui alla presente legge, vengono riscossi con l’ingiunzione prevista dall’art. 2 del R.D. 14 aprile 1910, n. 639, che è emessa dal Sindaco.

Art. 100 - (Poteri sostitutivi).

Qualora il Consiglio Comunale o il Sindaco, nello svolgimento delle funzioni di cui al presente titolo, entro i termini previsti, non compiano gli atti o non provvedano agli adempimenti, cui sono espressamente obbligati, il Presidente della Provincia, salva l’ipotesi di rimedi diversamente previsti per la singola fattispecie esercita, entro 30 giorni, i propri poteri sostitutivi promuovendo d' ufficio, ove possibile, la convocazione del Consiglio Comunale per la deliberazione dell’atto previsto oppure adottando i provvedimenti altrimenti di competenza del Sindaco, dandone contestuale comunicazione alla competente autorità giudiziaria, quando si tratti di inerzia rilevante ai fini dell’esercizio dell’azione penale. Nel primo caso, l’inutile decorso del nuovo termine comporta per il Presidente della Provincia la facoltà di nominare un Commissario per gli atti e gli adempimenti del Consiglio Comunale.
Nei casi di particolare gravità e di inerzia del Sindaco e del Presidente della Provincia, il Presidente della Giunta Regionale, su segnalazione o di propria iniziativa, può promuovere ispezioni e accertamenti diretti a controllare la rispondenza dell’attività costruttiva alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente.
Nei casi in cui al precedente comma, il Presidente della Giunta Regionale può altresì, con provvedimento motivato e previa diffida al Sindaco e al Presidente della Provincia, sostituirsi al Presidente della Provincia di fronte alla sua inerzia nell’esercizio dei poteri sostitutivi.

Titolo VI
Norme transitorie e finali

Art. 101 - (Piani delle Comunità Montane).

La relazione programmatica del Piano Territoriale Provinciale, di cui al primo comma dell’art. 7, recepisce e coordina le indicazioni dei Piani Generali di Sviluppo delle Comunità Montane, di cui alla L.R. 27 marzo 1973, n. 11.
La localizzazione degli interventi previsti dai Piani Generali di Sviluppo delle Comunità Montane viene effettuata dal Piano Territoriale Provinciale.
I Piani Territoriali di Coordinamento delle Comunità Montane, di cui alla lettera c) dell’art. 5 della L.R. 27 marzo 1973, n. 11, restano in vigore fino all’approvazione dei Piani Territoriali Provinciali corrispondenti, da cui saranno recepiti.
In sede di approvazione del primo Piano Territoriale Provinciale, il Consiglio Regionale può introdurre d' ufficio gli eventuali adeguamenti per i necessari collegamenti anche con i piani finitimi.
Il termine perentorio per l’approvazione da parte del Consiglio Regionale, di cui al secondo comma dell’art. 6 della L.R. 27 marzo 1973, n. 11, non si applica al Piano Territoriale di Coordinamento allegato al Piano Generale di Sviluppo della Comunità Montana.

Art. 102 - (Finanziamento delle Provincie e dei Comuni).

Per l'adempimento delle incombenze previste dalla presente legge, le Provincie costituiscono gli uffici per la pianificazione e la gestione del territorio, avvalendosi anche di consulenti esterni.
La Regione, entro 120 giorni dall’entrata in vigore della presente legge, approva norme legislative per concedere contributi per l’impianto e il funzionamento degli uffici di cui al precedente comma e per l’esercizio da parte delle Province delle altre funzioni in materia urbanistica previste dalla presente legge, per finanziare la redazione degli strumenti urbanistici dei Comuni ai sensi della presente legge e per contribuire alle spese dei Comuni al fine del loro eventuale consorziamento ai sensi del punto 2) dell’art. 2 della presente legge.
(abrogato)

Art. 103 - (Sostituzione dei piani territoriali di livello superiore).

In assenza di piano territoriale di livello superiore, gli strumenti urbanistici o territoriali generali sono adottati e approvati purché siano in armonia con i documenti della programmazione provinciale e/o regionale.

Art. 104 - (Grafia degli strumenti urbanistici).

Dopo la predisposizione della Carta tecnica regionale di cui alla L.R. 16 luglio 1976, n. 28, tutti gli strumenti urbanistici sono elaborati sulla base della stessa con la grafia e simbologia regionali unificate, che sono stabilite con deliberazione della Giunta Regionale, sentita la Commissione Tecnica Regionale e la competente Commissione Consiliare.

Art. 105 Primo Piano territoriale regionale di coordinamento.

1. Entro sei mesi dall'entrata in vigore della presente legge la Giunta regionale, sentita la Commissione tecnica regionale e la competente Commissione consiliare è autorizzata ad introdurre nel PTRC attualmente vigente le correzioni materiali riscontrabili sia negli elaborati progettuali che nella normativa.

Art. 106 -(Termini per la sostituzione dei vigenti strumenti urbanistici generali)

I Comuni, dopo l’entrata in vigore del primo Piano Territoriale Provinciale, vi si adeguano in via transitoria entro il termine di un anno, adottando il Piano Regolatore Generale, con i contenuti e gli elaborati di cui agli artt. 9 e 10, in sostituzione del vigente Programma di Fabbricazione e relativo Regolamento Edilizio o variando il Piano Regolatore Generale.
In ogni caso non è più consentita l’adozione di nuovi programmi di fabbricazione o l’adozione di varianti a quelli attuali.
Entro il 30 giugno 1988 i comuni debbono sostituire il programma di fabbricazione con piano regolatore generale redatto ai sensi dei citati articoli 9 e 10.

Art. 107 - (Competenze del Consiglio Provinciale).

Sono di competenza del Consiglio Provinciale le funzioni attribuite alla Provincia dalla presente legge.

Art. 108 - (Sostituzione transitoria degli organi provinciali).

La Provincia provvede alla costituzione dell’Ufficio per la Pianificazione e la Gestione del Territorio, di cui all’art. 102, entro 180 giorni dall’entrata in vigore della presente legge.
Entro lo stesso termine di cui al comma precedente la Provincia provvede alla costituzione della Commissione Urbanistica Provinciale di cui all’art. 114.
Qualora, trascorsi 150 giorni dall’entrata in vigore della presente legge, la Regione non abbia fatto pervenire alla Provincia i nominativi dei componenti di cui ai punti c) e g) dell’art. 114, in via transitoria, la Commissione Urbanistica Provinciale può essere insediata ed esercitare le proprie funzioni anche in carenza di detti componenti.
L’avvenuta costituzione dell’Ufficio per la Pianificazione e la Gestione del Territorio e della Commissione Urbanistica Provinciale è comunicata dal Presidente della Provincia alla Giunta Regionale, la quale entro i 15 giorni successivi al ricevimento della comunicazione ne dà notizia mediante pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione.
Dal giorno successivo a quello di detta pubblicazione ha inizio l’esercizio da parte della Provincia delle funzioni amministrative in materia di urbanistica delegate con la presente legge, fatta eccezione per quelle relative all'approvazione degli strumenti urbanistici generali e loro varianti.
Entro il termine di cui al comma precedente, la Giunta Regionale provvede a far pervenire alla Provincia tutti gli atti e documenti giacenti presso gli uffici regionali e concernenti i procedimenti, anche conclusi, relativi alle funzioni amministrative in materia di urbanistica delegate alle Province con la presente legge. Restano valide tutte le fasi compiute, comprese quelle di natura consultiva, di procedimenti avviati dalla Regione e non ancora conclusi.
(abrogati)

Art. 109 - (Interventi singoli ammissibili).

Sono sempre ammessi, anche in assenza degli strumenti urbanistici attuativi preventivamente richiesti dai vigenti strumenti urbanistici generali, gli interventi singoli o di Comparto, di cui al penultimo comma dell’art 9, in attuazione diretta del Piano Regolatore Generale.

Art. 110 - (Tabelle per gli oneri di urbanizzazione).

Per la determinazione dell’incidenza degli oneri di urbanizzazione di cui all’art. 82 e fino a una sua modifica con delibera del Consiglio Regionale, valgono le tabelle con le relative note di cui alle lettere A.1, A.2, e A.3 dell’allegato A della presente legge.
La differenza tra gli importi degli oneri di urbanizzazione determinati ai sensi della presente legge e dei suoi allegati e quelli precedentemente stabiliti dai Comuni si applica nella misura del 50% a decorrere dal 1° gennaio 1986 e per intero a decorrere dal 1° gennaio 1987.
In sede di prima applicazione della presente legge si assume come misura della popolazione residente nel Comune quella risultante al 31 dicembre 1983, e, ai fini della valutazione dell’andamento demografico, la variazione media annua della popolazione residente nel periodo dal 31 dicembre 1973 al 31 dicembre 1983, considerandosi in condizione di stasi i Comuni per i quali l’indice di variazione è maggiore di -0,5% e inferiore a + 0,5%.

Art. 111 - (Tabella per la quota del costo di costruzione).

Per la determinazione della quota del costo di costruzione di cui all’art. 83 e fino alla sua modifica con delibera del Consiglio Regionale, vale la tabella con le relative note di cui alla lettera A. 4 dell’allegato A della presente legge.

Art. 112 - (Convenzione-tipo e relative tabelle parametriche).

(abrogato)

Art. 113 - (Commissione Edilizia Comunale).

La Commissione Edilizia Comunale è l’organo consultivo del Comune. Essa è formata da membri eletti dal Consiglio Comunale e da membri di diritto.
Sono sempre membri di diritto:
- il Sindaco o l’Assessore delegato;
- il Capo dell’Ufficio Tecnico Comunale o un Tecnico suo delegato.
I membri eletti dal Consiglio Comunale sono scelti tra esperti, con voto limitato a uno. In ogni caso è garantita l’elezione di almeno un rappresentante della minoranza.
I membri elettivi durano in carica un periodo massimo di 5 anni, sono rieleggibili ed esercitano comunque le loro funzioni fino alla nomina dei successori.
I Comuni sono tenuti ad adeguare i propri Regolamenti Edilizi e a procedere alle conseguenti nomine entro 90 giorni dall’entrata in vigore della presente legge.
La deliberazione assunta dal Comune ai sensi del precedente comma diventa esecutiva a norma dell’art 130 della Costituzione.

Art. 114 - (Commissione Urbanistica Provinciale).

È istituita in ogni Provincia la Commissione Urbanistica Provinciale, avente compiti tecnico - amministrativi di carattere consultivo relativi alle funzioni in materia di urbanistica delegate alla Provincia. Essa esprime il proprio parere nei casi determinati dalle leggi o dai regolamenti e ogniqualvolta ne sia richiesta dagli organi della Provincia.
La Commissione Urbanistica Provinciale è composta da:
a) il Presidente della Provincia o un membro della Giunta Provinciale dallo stesso delegato, che la presiede;
b) sei esperti eletti dal Consiglio Provinciale con voto limitato a uno;
c) tre esperti eletti dal Consiglio Regionale con voto limitato a uno;
d) l’Ingegnere Capo della Provincia;
e) il Responsabile dell’Ufficio per la Pianificazione e la gestione del Territorio, di cui all’art. 102;
f) il responsabile della struttura competente in materia di beni ambientali;
g) due dipendenti della Regione con qualifica non inferiore a istruttore, di cui uno esperto in urbanistica e uno in diritto amministrativo, designati dalla Giunta regionale.
Il Presidente della Commissione può nominare un Vice Presidente scegliendolo tra i componenti della stessa.
Esercita le funzioni di Segretario della Commissione un funzionario della Provincia designato dalla Giunta Provinciale.
Il componente che faccia parte della Commissione in rappresentanza di un ufficio provinciale o regionale può farsi sostituire da un altro membro dello stesso ufficio, di volta in volta a ciò delegato.
Per la validità delle adunanze è richiesta la presenza almeno della metà dei componenti la Commissione.
La Commissione delibera a maggioranza dei presenti e, in caso di parità, prevale il voto del Presidente.
Ai lavori della Commissione partecipano, in relazione a particolari materie trattate e con voto consultivo, il Sindaco del Comune e il Presidente della Comunità Montana interessati e possono altresì essere invitati dal Presidente a partecipare, senza diritto di voto, altri pubblici funzionari o studiosi e tecnici di chiara fama.
I componenti elettivi della Commissione sono nominati dopo l’entrata in funzione del Consiglio Provinciale o regionale, durano in carica fino alla scioglimento dello stesso, sono rieleggibili ed esercitano comunque le proprie funzioni fino alla nomina dei successori.
In sede di prima applicazione della presente legge, detti componenti sono nominati entro 60 giorni dalla entrata in vigore della stessa.

Art. 115 - (Piano Territoriale Regionale di Coordinamento, Piano comprensoriale di Venezia e Piani Territoriali provinciali).

I rapporti fra il Piano Territoriale Regionale di Coordinamento e il Piano comprensoriale di Venezia sono disciplinati a norma della L. 16 aprile 1973, n. 171 e della L.R. 8 settembre 1974, n. 49.
In assenza del P.T.R.C. il Piano Territoriale Provinciale recepisce i criteri informatori e le scelte urbanistiche del Piano Comprensoriale di Venezia, di cui alla L. 16 aprile 1973, n. 171, per la parte del territorio provinciale ricadente all’interno del comprensorio.

Art. 116 - (Comuni obbligati al Programma Pluriennale di Attuazione).

In sede di prima applicazione della presente legge e fino a nuova deliberazione del Consiglio Regionale, l’elenco dei Comuni obbligati a dotarsi del Programma Pluriennale di Attuazione, di cui al secondo comma dell’art. 64, è costituito da tutti i Comuni non esonerati ai sensi del provvedimento del Consiglio Regionale 25 giugno 1981, n. 223.
Ferma restando la competenza delle province all’individuazione dei comuni tenuti all’approvazione del programma pluriennale di attuazione prevista dalla lettera n) del comma 1 dell’articolo 58 della legge regionale 17 aprile 2001, n. 11 e sino all’approvazione della legge regionale di disciplina della materia urbanistica è sospeso l’obbligo di formazione del programma pluriennale di attuazione del piano regolatore generale previsto dalle leggi vigenti.

Art. 117 - (Determinazioni comunali).

Il Consiglio Comunale adotta le proprie determinazioni conseguenti alle nuove disposizioni della presente legge e dei suoi allegati in materia di oneri di urbanizzazione, quota del costo di costruzione e convenzione - tipo comunale, di cui alla L. 28 gennaio 1977, n. 10, entro 180 giorni dall’entrata in vigore della presente legge.
(Abrogato)

Art. 118 - (Atti di competenza della Giunta Regionale).

Quando una norma regionale subordina l’emanazione di un atto al decreto del Presidente della Giunta Regionale previo parere obbligatorio o vincolante, della Giunta Regionale, il relativo potere è attribuito esclusivamente alla Giunta Regionale.

Art. 119 - (Disciplina transitoria per i contenuti degli strumenti urbanistici).

Le disposizioni di cui alla presente legge relative ai contenuti si applicano a tutti gli strumenti urbanistici generali e attuativi adottati e trasmessi dopo 120 giorni dall’entrata in vigore della stessa.
I limiti e rapporti di dimensionamento di cui al Titolo III si applicano agli strumenti urbanistici attuativi dopo che tali limiti e rapporti siano stati recepiti nel Piano Regolatore Generale.

Art. 120 - Attività di indirizzo.

1. La Giunta regionale approva atti di indirizzo relativi a:
a) criteri ed indirizzi riguardanti le caratteristiche e le modalità del completamento di cui all’articolo 50 comma 9 lettere a) e b);
b) criteri ed indirizzi per la redazione dei regolamenti edilizi comunali;
c) specifiche tecniche per la redazione delle varianti parziali allo strumento urbanistico generale;
d) criteri per la individuazione delle opere pubbliche di modesta entità previsti dalla lettera f), comma 4, dell’articolo 50;
e) criteri per la revisione delle grafie e simbologie unificate al fine di semplificare la raccolta e la valutazione delle analisi dei piani regolatori generali e degli strumenti di pianificazione territoriale, nonché criteri per correlare le previsioni degli strumenti urbanistici generali dei singoli comuni con le previsioni urbanistiche degli altri comuni;
f) modalità tecniche di coordinamento per l’adeguamento dei piani regolatori generali alle previsioni degli strumenti urbanistici di livello superiore;
g) criteri per la verifica dimensionale degli strumenti urbanistici generali in applicazione del piano territoriale regionale di coordinamento anche al fine di assicurare uniformità di proposta e di valutazione;
h) condizioni e modalità per l’integrazione dei servizi informativi territoriali anche al fine della costituzione dell’osservatorio urbanistico regionale.

Art. 121 - (Abrogazioni).

La presente legge sostituisce la L.R. 2 maggio 1980, n. 40.
Sono completamente abrogate la L.R. 27 ottobre 1977, n. 61 e la L.R. 24 novembre 1978, n. 62.
Sono altresì abrogate la L.R. 29 giugno 1981, n. 35, la L.R. 14 giugno 1983, n. 32 e la L.R. 5 marzo 1985, n. 22, nonché ogni altra norma incompatibile con la presente legge.

Titolo VII
Adeguamenti alla legge 8 agosto 1985, n. 431

Art. 122 - (Elenchi dei corsi d' acqua e delle aree inedificabili).

L’elenco delle aree inedificabili di cui all’articolo 1 ter della Legge 8 agosto 1985, n. 431, nonché l’elenco dei corsi d' acqua esclusi, di cui all’articolo 1 quater della Legge 8 agosto 1985, n. 31, sono approvati dal Consiglio regionale, su proposta della Giunta, previo parere della Sezione Urbanistica della Commissione Tecnica Regionale, di cui all’articolo 23 della Legge Regionale 16 agosto 1984, n. 42.
Fino alla nomina della Commissione Tecnica Regionale, di cui al precedente comma, le relative funzioni sono svolte dalla Commissione Tecnica Regionale nella composizione, di cui all’articolo 8 della legge regionale 10 dicembre 1973, n. 27, come sostituito dall’articolo 2 della legge regionale 13 settembre 1978, n. 57.
Sono fatti salvi gli atti assunti anche precedentemente all’entrata in vigore della presente legge purché conformi alle finalità e al procedimento, di cui al presente articolo.

Art. 123 - (Il procedimento di approvazione).

Gli elenchi approvati ai sensi dell’articolo 122, sono pubblicati sul Bollettino Ufficiale della Regione e, per le aree inedificabili, il vincolo con le relative indicazioni planimetriche e catastali, è altresì notificato ai sensi dell’articolo 1 ter della Legge 8 agosto 1985, n. 431.
Nei sessanta giorni successivi alla pubblicazione degli elenchi chiunque abbia interesse può proporre opposizioni o formulare osservazioni al Presidente della Giunta regionale.
Il Consiglio regionale, su proposta della Giunta e sentita la Commissione Tecnica Regionale, di cui all’articolo 122, approva gli elenchi introducendo le necessarie modifiche.

Art. 124 - (La valenza paesistica del primo P.T.R.C.).

I vincoli relativi ai beni, alle aree e alle zone, sottoposte a inedificabilità ai sensi degli articoli 122, 123 e dell’articolo 1 quinquies della Legge 8 agosto 1985, n. 431, valgono fino all’adozione del P.T.R.C., purché tali beni, aree e zone siano espressamente disciplinate nel P.T.R.C. sia mediante destinazioni d' uso, prescrizioni e vincoli automaticamente prevalenti sia mediante direttive; successivamente, sono consentiti solo gli interventi previsti dagli strumenti urbanistici, in quanto compatibili col P.T.R.C. adottato, essendo i Sindaci tenuti ad applicare, in deroga alla norma generale, le misure di salvaguardia, di cui al primo comma dell’articolo 35, anche a tutela delle direttive.
La disciplina di cui al presente articolo concerne solo il primo P.T.R.C., che è adottato, ai fini della Legge 8 agosto 1985, n. 431, entro il 31 dicembre 1986.
L’entrata in vigore dei P.T.P. e dei P.R.G. approvati in attuazione del P.T.R.C. e/o del P.T.P., ha la stessa efficacia del P.T.R.C. adottato ai sensi del primo comma.

Art. 125 - (I piani di area precedenti al primo P.T.R.C.).

Qualora si renda opportuno, preventivamente alla adozione del P.T.R.C., procedere alla disciplina d' uso e di tutela di una o più zone sottoposte a vincolo di inedificabilità ai sensi degli articoli 122, 123 e dell’articolo 1 quinquies della Legge 8 agosto 1985, n. 431, sono redatti singoli piani di area, con specifica considerazione dei valori paesistico-ambientali.
Il procedimento di adozione e di approvazione, l’efficacia e la salvaguardia dei piani di area, sono gli stessi del P.T.R.C., di cui al Capo primo del titolo quarto come integrati per le finalità e secondo le modalità previste dal precedente articolo.
In parziale deroga al precedente comma, in sede di formazione dei piani di area, la Regione sente le Province interessate, che, entro il termine perentorio di 45 giorni dalla data dell’invito, devono fare pervenire le loro proposte.

Art. 126

I Comuni possono adottare una variante al proprio strumento urbanistico generale per disciplinare gli interventi edilizi sugli insediamenti produttivi, commerciali e alberghieri, localizzati in difformità dalle destinazioni di piano o che abbiano raggiunto i limiti massimi degli indici di edificabilità della zona.
La variante dovrà basarsi su una analisi dettagliata di tutti gli insediamenti aventi le medesime caratteristiche, nonché su un' attenta valutazione degli effetti provocati sull’ambiente naturale e storico dal consolidamento degli insediamenti medesimi.
La disciplina di cui al presente articolo, ivi compreso quanto previsto dall’ultimo comma, si applica alle attività artigianali e industriali, commerciali e alberghiere esistenti alla data del 1° ottobre 1983, con esclusione di quelle site nelle zone di tutela indicate dal n. 1 al n. 8 del quarto comma dell’articolo 27 della Legge Regionale 27 giugno 1985, n. 61. La variante deve contenere:
a) una normativa che stabilisca gli interventi ammessi;
b) l’indicazione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria, ivi comprese le opere di salvaguardia dall’inquinamento ambientale esistenti e da realizzare a servizio degli insediamenti di cui al primo comma;
c) l’indicazione delle infrastrutture a servizio degli insediamenti e gli eventuali adeguamenti delle stesse;
d) uno schema di convenzione da stipularsi tra il Comune e i proprietari degli impianti, con cui si stabiliscono, in particolare, tempi, modalità, garanzie ed eventuali oneri per la realizzazione degli interventi;
e) una relazione che illustri le motivazioni della variante facendo riferimento a documentare esigenze produttive e occupazionali.
Per le varianti di cui al presente articolo la pubblicazione, qualora dovuta, viene effettuata con le modalità previste dagli articoli 6 e 7 della legge 18 aprile 1962, n. 167.
La Giunta regionale si pronuncia sulla variante entro 120 giorni dal ricevimento della stessa, trascorsi i quali la variante si intende approvata.
Fino al 31 dicembre 1987 è comunque consentita l’applicazione delle disposizioni di cui alla legge regionale 12 gennaio 1982, n. 1, con esclusione degli edifici ricadenti nelle zone di tutela indicate al precedente terzo comma.


ALLEGATO « A » Tabella incidenza oneri di urbanizzazione e quota costo costruzione omessa.
ALLEGATO « B » CONVENZIONE-TIPO E TABELLE PARAMETRICHE.
…omissis…


* aggiornata al settembre 2014

Testo B.U.R.: consiglioveneto.it