Cassazione Penale, Sez. 4, 26 gennaio 2015, n. 3454 - Caduta dalla scala e revoca della costituzione di parte civile




REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ROMIS Vincenzo - Presidente -
Dott. MARINELLI Felicetta - Consigliere -
Dott. DOVERE Salvatore - Consigliere -
Dott. SERRAO Eugenia - Consigliere -
Dott. DELL'UTRI Marco - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza


sul ricorso proposto da:
D.S.F. n. il (Omissis);
Q.G.A. n. il (Omissis);
avverso la sentenza n. 287/2012 pronunciata dalla Corte d'appello di Potenza il 5/4/2013;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita nell'udienza pubblica del 19/12/2014 la relazione fatta dal Cons. dott. Marco Dell'Utri;
udito il Procuratore Generale, in persona del dott. M.G. Fodaroni, che ha concluso per rigetto dei ricorsi;
udito, per le parti civili, l'avv.to Sassano F. del foro di Potenza che ha concluso riportandosi alle note scritte depositate;
udito, per l'imputato Q., l'avv.to Comi V. del foro di Roma che ha concluso per l'accoglimento del relativo ricorso;
udito, per l'imputato D.S., l'avv.to Mauro Rocco del foro di Roton - della che ha concluso per l'accoglimento del relativo ricorso.



Fatto

1. Con sentenza resa in data 1/6/2011, il Tribunale di Matera, sezione distaccata di Pisticci, ha assolto D.S.F. e Q.G.A. dall'imputazione relativa al reato di lesioni personali colpose agli stessi ascritta, per insussistenza del fatto, indicato come commesso in (Omissis).

Agli imputati era stata originariamente contestata la violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, consistita nell'avere, il Q., affidato al D.S. i lavori di riparazione della copertura del proprio stabile, ubicato in (Omissis), nonostante la totale inidoneità dell'incaricato sotto il profilo tecnico-professionale (D.Lgs. n. 494 del 1996, art. 8, lett. a)); e per avere, il D.S., assunto di fatto la qualità di datore di lavoro del prestatore infortunato, L.C. D., incaricandolo a sua volta dell'esecuzione di detto lavoro di riparazione senza porre a disposizione dello stesso attrezzature adeguate al lavoro da svolgere e idonee ai fini della sicurezza (D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 35), e per avere inoltre posto a disposizione del L. una scala non adeguatamente vincolata, D.P.R. n. 164 del 1956, ex art. 8.

Per effetto di tali violazioni, il L., mentre saliva dal solaio del bagno sulla copertura dello stabile del Q. a mezzo della scala posizionata dal D.S., era precipitato al suolo, riportando le gravi lesioni personali specificamente descritte nel capo d'imputazione.

Su appello delle sole parti civili (eredi del L. nelle more deceduto), con sentenza resa in data 5/4/2013, la Corte d'appello di Potenza, in riforma della decisione del primo giudice, ritenuta la responsabilità degli imputati in ordine al reato loro ascritto, ha condannato gli stessi al risarcimento dei danni in favore delle parti civili costituite, rimettendone la liquidazione al giudice civile competente.

Avverso la sentenza d'appello, a mezzo dei rispettivi difensori, hanno proposto ricorso per cassazione entrambi gli imputati.

2. Il D.S. propone ricorso sulla base di cinque motivi d'impugnazione.

Con il primo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione di legge, avendo la corte territoriale omesso di rilevare l'inammissibilità dell'appello proposto dalle parti civili in ragione del difetto del potere di impugnazione in capo al relativo difensore, siccome non munito di alcun mandato a impugnare la decisione di primo grado ai fini degli interessi civili.

3. Con il secondo motivo, il D.S. si duole della violazione di legge in cui sarebbe incorsa la corte territoriale, per aver omesso di rilevare, sotto altro profilo, l'inammissibilità dell'impugnazione delle parti civili, avendo queste ultime trascurato di specificare i capi o i punti della decisione assoggettati a gravame, e per avere inoltre omesso di rilevare il mancato riferimento dell'appello agli effetti di carattere civilistico perseguiti, attesa la diretta ed esclusiva correlazione dell'appello al tema della responsabilità penale degli imputati.

4. Con il terzo motivo, il D.S. censura la sentenza impugnata per vizio di motivazione, avendo la corte territoriale trascurato di dettare una motivazione "rafforzata", rispetto alla decisione di assoluzione del primo giudice, omettendo di confutare in modo analitico gli argomenti più rilevanti valorizzati dal giudice di primo grado ai fini della pronuncia dell'assoluzione degli imputati, sostanzialmente legati: alla mancata acquisizione di alcuna conferma delle dichiarazioni rese dalla persona offesa in sede di indagini preliminari; alla mancata acquisizione di elementi formali per l'individuazione di un rapporto di lavoro tra il committente e il D. S. e tra quest'ultimo e il L. (secondo quanto emerso dalle dichiarazioni dei testi della pubblica accusa); alla mancata acquisizione di indici idonei ad attestare la circostanza che il D. S. e il L. svolgessero l'attività di muratori; alla conseguente necessità di interpretare la natura del sopralluogo effettuato dal D.S. e dal L. a titolo di amicizia;

all'assenza di alcuna querela necessaria ai fini della procedibilità in relazione al reato di lesioni colpose nella forma non aggravata.

5. Con il quarto motivo, il ricorrente si duole del vizio di motivazione in cui sarebbe incorsa la corte territoriale, nell'omettere di procedere alla dovuta valutazione critica degli elementi di prova favorevoli all'imputato evidenziati dalla difesa, incorrendo nel conseguente travisamento delle prove complessivamente disponibili, con particolare riferimento: alle affermazioni del L. (che ha dichiarato di esser caduto mentre visionava il tetto, e non quindi nel corso di una prestazione lavorativa) e alla circostanza dell'inesistenza di alcun rapporto di lavoro tra Q. e il D.S. e tra quest'ultimo e il L., con la conseguente inapplicabilità della legislazione antinfortunistica.

Sotto altro profilo, il ricorrente evidenzia come la corte territoriale sia giunta alla pronuncia della condanna degli imputati sulla base delle dichiarazioni rese dalla persona offesa fuori dal dibattimento, in contrasto con gli orientamenti consolidati della giurisprudenza di legittimità e dei principi stabiliti dalle corti a livello internazionale; nonchè in forza dell'applicazione del D.Lgs. n. 758 del 1994 in difetto dei necessari presupposti, costituiti dall'esistenza di un vero e proprio cantiere e dall'esecuzione, all'interno dello stesso, di lavori edili e di ingegneria civile.

6. Con il quinto e ultimo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione di legge, avendo la corte d'appello affermato la responsabilità del D.S. senza procedere ad alcuna analitica verifica circa l'effettivo ricorso di un nesso di causalità tra le omissioni allo stesso contestate e l'evento lesivo dedotto in giudizio, nella specie verificatosi a seguito dell'arbitraria decisione della persona offesa di salire sulla copertura del fabbricato del Q., senza alcuna necessità o alcuna previa richiesta dell'imputato.

7. Il Q. propone ricorso sulla base di quattro motivi di impugnazione.

Con il primo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione di legge, avendo la corte territoriale omesso di rilevare l'inammissibilità dell'appello proposto dalle parti civili in ragione del difetto del potere di impugnazione in capo al relativo difensore, siccome non munito di alcun mandato a impugnare la decisione di primo grado ai fini degli interessi civili.

8. Con il secondo motivo, il Q. si duole della violazione di legge in cui sarebbe incorsa la corte territoriale, per aver omesso di rilevare, sotto altro profilo, l'inammissibilità dell'impugnazione delle parti civili, avendo queste ultime trascurato di specificare i capi o i punti della decisione assoggettati a gravame, e per avere inoltre omesso di rilevare il mancato riferimento dell'appello agli effetti di carattere civilistico perseguiti, attesa la diretta ed esclusiva correlazione dell'appello al tema della responsabilità penale degli imputati.

9. Con il terzo motivo, il Q. censura la sentenza impugnata per vizio di motivazione, avendo la corte territoriale erroneamente ritenuto attendibili le contraddittorie dichiarazioni rese dal L. nel corso del procedimento e scorrettamente individuato il ricorso di un rapporto di lavoro tra l'imputato e il D.S. e tra quest'ultimo e il L..

Sotto altro profilo, la corte territoriale ha omesso di procedere ad alcuna verifica in ordine al ricorso di un nesso di causalità tra le lesione patite dal L. e le omissioni imputate al D. S., nonchè in relazione alle specifiche capacità professionali di quest'ultimo.

Del pari, la corte d'appello sarebbe incorsa in un grave vizio motivazionale nel trascurare il significato favorevole alla difesa degli altri elementi di prova acquisiti (con particolare riguardo alle dichiarazioni rese dagli ispettori del dipartimento di prevenzione), omettendo di procedere all'elaborazione di una motivazione "rafforzata", rispetto alla decisione del primo giudice, non confrontandosi in modo analitico con gli argomenti più rilevanti valorizzati dal giudice di primo grado ai fini della pronuncia dell'assoluzione degli imputati, con particolare riguardo all'inesistenza di alcun rapporto di lavoro tra i protagonisti della vicenda e alla conseguente inapplicabilità della legislazione antinfortunistica, limitandosi a ricostruire i fatti di causa sulla sola base delle dichiarazioni rese dalla persona offesa fuori dal dibattimento (in contrasto con gli orientamenti consolidati della giurisprudenza di legittimità e dei principi stabiliti dalle corti a livello internazionale), nonchè in forza dell'applicazione del D.Lgs. n. 758 del 1994 in difetto dei necessari presupposti, costituiti dall'esistenza di un vero e proprio cantiere e dall'esecuzione, all'interno dello stesso, di lavori edili e di ingegneria civile.

10. Con il quarto e ultimo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione di legge, avendo la corte d'appello affermato la responsabilità del Q. senza procedere ad alcuna analitica verifica circa l'effettivo ricorso di un nesso di causalità tra le omissioni allo stesso contestate e l'evento lesivo dedotto in giudizio, non avendo il Q. mai proceduto al coinvolgimento del L. nell'esecuzione dei lavori originariamente richiesti al solo D.S..

11. Entrambi i ricorrenti hanno avanzato istanza per la preliminare sospensione dell'esecuzione della sentenza d'appello.

12. Con memorie contenenti motivi aggiunti ex art. 585 c.p.p., pervenute in data 6/5/2014, i difensori degli imputati hanno invocato la pronuncia dell'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, per avere le parti civili trasferito in sede civile l'azione risarcitoria proposta in questa sede, con la conseguente avvenuta revoca della costituzione di parte civile ex art. 82 c.p.p..

13. Con due distinte memorie pervenute in data 15/5/2014 e in data 28/11/2014 le parti civili hanno concluso, previo rigetto del ricorso, per la conferma della sentenza impugnata.

Diritto

14. Osserva il collegio che la sopravvenuta proposizione, da parte degli eredi del lavoratore deceduto, della domanda di risarcimento dei danni dinanzi al Tribunale civile di Matera (cfr. l'atto di citazione allegato alle memorie degli imputati contenenti motivi aggiunti ex art. 585 c.p.p., pervenute in data 6/5/2014) vale a integrare un atto di revoca tacita della costituzione di parte civile ex art. 82 c.p.p. (ai sensi del quale la costituzione s'intende revocata se la parte civile promuove l'azione davanti al giudice civile).

Sul punto, vale richiamare il consolidato insegnamento della giurisprudenza di legittimità, secondo cui devono ritenersi sussistenti i presupposti della revoca tacita della costituzione di parte civile, qualora nell'atto di citazione, successivamente proposto davanti al giudice civile, non siano determinati gli elementi di autonomia che contraddistinguono la diversità della nuova domanda risarcitoria o restitutoria rispetto all'atto di costituzione di parte civile, in guisa da realizzare un'inequivoca coincidenza fra le due domande civili e, quindi, un duplice esercizio della medesima azione che integra l'ipotesi della revoca di cui all'art. 82 c.p.p., comma 2 (Sez. 5, Sentenza n. 28753 del 08/06/2005, Rv. 232298; cfr. altresì Sez. 4, Sentenza n. 21588 del 23/03/2007, Rv. 236722; Sez. 2, Sentenza n. 62 del 16/12/2009, Rv. 246266).

Nel caso di specie, con la domanda da ultimo avanzata dinanzi al giudice civile, le odierne parti civili - lungi dal limitarsi alla rivendicazione della sola liquidazione dei danni a seguito dell'intervenuta condanna del D.S. e del Q. in sede penale - hanno espressamente invocato l'accertamento (recte, un nuovo accertamento) della responsabilità dei due convenuti per i medesimi fatti già oggetto del presente procedimento penale ("accertare, dichiarare e dare atto, per i motivi di cui alla superiore parte espositiva, che i sig.ri D.S.F. e Q.G. A. sono responsabili delle lesioni riportate dal sig. L.C.D., a causa delle quali ha subito danni materiali, morali, biologici ed esistenziali che devono essere risarciti", con la dichiarazione del diritto dei danneggiati di vedersi riparare detti danni e la conseguente condanna dei convenuti alla corresponsione di detto risarcimento: cfr. l'atto di citazione, cit.).

Tale azione, per i caratteri costitutivi che la individuano negli elementi essenziali della causa petendi e del petitum, valgono a integrare il ricorso della medesima domanda civile già proposta in sede di costituzione di parte civile nel processo penale, non avendo gli attori evidenziato alcun elemento di autonomia idoneo a contraddistinguere la diversità della nuova domanda risarcitoria rispetto a quella proposto attraverso l'originario atto di costituzione di parte civile.

15. Sulla base di tali premesse, preso atto dell'intervenuta revoca della costituzione di parte civile, dev'essere disposto l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata.

Al riguardo, è appena il caso di richiamare sul punto l'orientamento consolidato della giurisprudenza di questa Corte, secondo cui la revoca della costituzione di parte civile, determinando l'estinzione del rapporto processuale civile inserito nel processo penale, impedisce al giudice penale di mantenere ferme le statuizioni civili relative a un rapporto processuale ormai estinto. Di conseguenza il giudice di legittimità, investito di un ricorso proposto dall'imputato e relativo alla responsabilità penale, preso atto della revoca, deve annullare senza rinvio la sentenza in ordine alle statuizioni civili in essa contenute (Sez. 4, Sentenza n. 31320 del 15/04/2004, Rv. 228839; Sez. 6, Sentenza n. 12447 del 15/05/1990, Rv. 185345; v. altresì Sez. 1, Sentenza n. 41307 del 07/10/2009, Rv. 245041), senza adozione di alcun provvedimento in ordine alla liquidazione delle spese del giudizio in favore delle parti civili.

P.Q.M.

La Corte di Cassazione, la Corte Suprema di Cassazione, annulla senza rinvio la sentenza impugnata.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio del 19 dicembre 2014.

Depositato in Cancelleria il 26 gennaio 2015