Cassazione Civile, Sez. 6, Ord. 17 aprile 2015, n. 7885 - Amianto e coefficente applicabile


 

 

Presidente: CURZIO PIETRO Relatore: MANCINO ROSSANA Data pubblicazione: 17/04/2015

 

ORDINANZA

sul ricorso 25107-2012 proposto da:
D.V., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CARLO POMA 2, presso lo studio dell'avvocato Omissis, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato Omissis, giusta procura speciale a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
INPS - ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE in persona del Direttore Centrale Pensioni, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l'AVVOCATURA CENTRALE DELL'ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati Omissis, giusta procura speciale in calce al controricorso;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 1111/2011 della CORTE D'APPELLO di MILANO dell'11.10.2011, depositata il 31/10/2011; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12/02/2015 dal Consigliere Relatore Dott. ROSSANA MANCINO;
udito per il controricorrente l'Avvocato Omissis che si riporta ai motivi del controricorso.

FattoDiritto


1. La Corte pronuncia in camera di consiglio ex art. 375 c.p.c. a seguito di relazione a norma dell'art. 380-bis cp.c., condivisa dal Collegio, letta la memoria della parta intimata.
2. Con sentenza depositata in data 31 ottobre 2011, la Corte di appello di Milano confermava la decisione resa dal locale Tribunale con la quale, per quanto qui rileva, era stata ritenuta applicabile a D.V., lavoratore esposto alle fibre di amianto nel periodo 15.9.1980-31.12.1999, la nuova disciplina introdotta dal D.L. 30 settembre 2003, n. 269 (convertito con modificazioni nella legge 24 novembre 2003, n. 326) e quindi riconosceva in suo favore il beneficio della rivalutazione con il (meno favorevole) coefficiente 1,25 previsto dall'art 47 del D.L.
3. Per la Corte territoriale, sulla base della previsione di cui alla legge 24 dicembre 2003, n. 350, art 3, comma 132, con cui era stata fatta salva l'applicazione della vecchia disciplina per coloro i quali alla data del 2 ottobre 2003 avessero già maturato il diritto al conseguimento dei benefici previdenziali di cui all'art. 13, comma 8, della legge 27 marzo 1992, n. 257, e successive modificazioni ovvero avessero presentato domanda di riconoscimento all'I.N.A.I.L. o ottenuto sentenze favorevoli per cause avviate entro la medesima data), all'odierno ricorrente, che non aveva maturato il diritto al pensionamento prima del 2 ottobre 2003, si applicava la nuova disciplina prevista dal D.L. n. 269 del 2003.
4. Avverso tale sentenza ricorre per cassazione il lavoratore affidandosi ad un motivo di ricorso cui resiste l'I.N.P.S. con controricorso.
5. Con l'unico articolato motivo il ricorrente denuncia: Violazione e falsa applicazione dell'art. 13, comma 8, legge n. 257/1992 (come sostituito dall'art 1, comma 1, D.L. n. 169/1993, conv. in legge n. 271/1993), dell'art 47 D.L. n. 269/2003, convertito con modifiche nella legge n. 326/2003) dell'art. 1 comma 2 del D.M. 27/10/2004, della legge n. 247 del 24/12/2007, degli artt 1, 2 e 12 delle preleggi; legge n.297 del 1982 - motivazione omessa, insufficiente e contraddittoria circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio".
6. Sostiene che la Corte territoriale ha errato nel riconoscere i benefici contributivi, con il coefficiente 1,25, in quanto non titolare di pensione, e assume di avere presentato la domanda amministrativa all'I.N.A.LL. dopo il 2/10/2003 ma entro la data del 15/6/2005, fissata dal D.M. 27/10/2004, e che la disapplicazione del D.M., in quanto fonte gerarchicamente sottordinata all'art. 47 del D.L. n. 269/2003 conv. nella legge n. 326/2003, ha, di fatto, determinato una irragionevole disparità di trattamento tra le categorie dei lavoratori esposti all'amianto, disparità che proprio il citato decreto ministeriale tendeva ad eliminare.
7. Il ricorso è manifestamente infondato.
8. Dispone, invero, l'art 47 d.l. 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, in legge 24 novembre 2003, n. 326 (entrato in vigore il giorno 2 ottobre 2003) che "1. A decorrere dal 1° ottobre 2003, il coefficiente stabilito dall'articolo 13, comma 8, della legge 27 marzo 1992, n. 257, è ridotto da 1,5 a 1,25. Con la stessa decorrenza, il predetto coefficiente moltiplicatore si applica ai soli fini della determinatone dell'importo delle prestazioni pensionistiche e non della maturatone del diritto di accesso alle medesime".
9. La nuova normativa ha, dunque, introdotto una disciplina meno vantaggiosa per gli assicurati sotto due distinti e concorrenti profili e cioè sia perché riduce da 1,5 a 1,25 il coefficiente di rivalutazione dei contributi maturati durante il periodo di esposizione ad amianto, sia perché attribuisce rilevanza alla rivalutazione dei contributi ai soli fini dell'importo della pensione e non anche della maturazione del diritto a pensione.
10. Prosegue, poi, l'art. 47 d.l. n. 269/2003, convertito in legge n. 326/2003 stabilendo che: " 2. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche ai lavoratori a cui sono state rilasciate dall'INAIL le certificazioni relative all'esposizione all'amianto sulla base degli atti d'indirizzo emanati sulla materia dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali antecedentemente alla data di entrata in vigore del presente decreto.
3. Con la stessa decorrenza prevista al comma 1, i benefici di cui al comma 1, sono concessi esclusivamente ai lavoratori che, per un periodo non inferiore a dieci anni, sono stati esposti all'amianto in concentrazione media annua non inferiore a 100 fibre/litro come valore medio su otto ore al giorno. I predetti limiti non si applicano ai lavoratori per i quali sia stata accertata una malattia professionale a causa dell'esposizione all'amianto, ai sensi del testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, di cui al decreto del Presidente della pubblica 30 giugno 1965, n. 1124.
4. La sussistenza e la durata dell'esposizione all'amianto di cui al comma 3 sono accertate e certificate dall'INAIL.
5.1 lavoratori che intendano ottenere il riconoscimento dei benefici di cui al comma 1, compresi quelli a cui è stata rilasciata certificazione dall'INAIL prima del 1° ottobre 2003, devono presentare domanda alla sede INAIL di residenza entro 180 giorni dalla data di pubblicatone nella Gazzetta Ufficiale del decreto interministeriale di cui al comma 6, a pena di decadenza del diritto agii stessi benefici.
6. Le modalità di attuazione del presente articolo sono stabilite con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto. 6-bis. Sono comunque fatte salve le previgenti disposizioni per i lavoratori che abbiano gjà maturato, alla data di entrata in vigore del presente decreto, il diritto dì trattamento pensionistico anche in base ai benefici previdenziali di cui all'articolo 13, comma 8, della legge 27 marzo 1992, n. 257, nonché coloro che alla data di entrata in vigore del presente decreto, fruiscono dei trattamenti di mobilità, ovvero che abbiano definito la risoluzione del rapporto di lavoro in relazione alla domanda di pensionamento".
11. Il successivo art 3 co. 132° legge 27 dicembre 2003, n. 299 (legge finanziaria per l'anno 2004) ha peraltro stabilito che "in favore dei lavoratori che abbiano già maturato, alla data del 3 ottobre 2003, il diritto al conseguimento dei benefici previdenziali di cui all'art. 13, comma 8°, della legge 27 marzo 1992,n. 257, e successive modificazioni, sono fatte salve le disposizioni previgenti alla medesima data del 2 ottobre 2003. La disposizione di cui al primo perìodo si applica anche a coloro che hanno avanzato domanda di riconoscimento all'INAIL o che ottengono sentenze favorevoli per cause avviate entro la stessa data. Restano salve le certificazioni già rilasciate dall'INAIL".
12 Dunque, l'art. 3 co. 132° legge 27 dicembre 2003, n. 299, pur presupponendo e richiamando la disciplina introdotta dall'art. 47 d.l. n. 269/2003, conv. in legge n. 326/2003, è intervenuto ad escludere l'applicabilità della nuova disciplina introdotta dall'art. 47 d.l. n. 269/2003, convertito in legge n. 326/2003, ad alcune ulteriori categorie di assicurati e precisamente: - coloro che alla data del 2 ottobre 2003 avessero maturato il diritto a pensione (ai sensi dell'art. 47 co. 6 bis, eventualmente anche in forza della rivalutazione contributiva prevista dall'art. 13, comma 8, della legge n. 257/92); -coloro che alla stessa data avessero presentato domanda di riconoscimento del beneficio derivante dall'esposizione ad amianto; -coloro che a tale data avessero comunque introdotto una controversia giudiziale poi conclusasi con sentenza favorevole al lavoratore.
13. Tali categorie di assicurati vengono così ad aggiungersi alle categorie già escluse dall'art. 47 (ovvero a coloro che alla data del 2 ottobre 2003 fruissero dei trattamenti di mobilità e a coloro che a tale data avessero già definito la risoluzione del rapporto di lavoro in relazione alla domanda di pensionamento).
14. La lettura della norma nel senso sopra indicato è imposta dal tenore testuale della disposizione e dall'interpretazione sistematica alla luce della normativa precedente.
15. Sul punto questa Corte si è, peraltro, già più volte espressa - cfr. ex plurimis Cass. 18 novembre 2004, n. 21862; id. 15 luglio 2005 n. 15008; 11 luglio 2006 n. 15679 e più di recente Cass. 30 maggio 2012 n. 8649 -affermando il principio secondo cui "in tema di benefici previdenziali in favore dei lavoratori esposti all'amianto, la legge 24 dicembre 2003, n. 350, art. 3, comma 132, che - con riferimento alla nuova disciplina introdotta dal D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 47, comma 1 (convertito, con modificazioni, nella legge 24 novembre 2003, n. 326) -ha fatto salva l'applicabilità della precedente disciplina, prevista dalla legge 27 marzo 1992, n. 257, art 13, per i lavoratori che alla data del 2 ottobre 2003 abbiano avanzato domanda di riconoscimento all'I.N.A.I.L. od ottenuto sentenza favorevoli per cause avviate entro al medesima data, va interpretato nel senso che; a) per maturazione del diritto deve intendersi la maturazione del diritto a pensione; b) tra coloro che non hanno ancora maturato il diritto a pensione, la salvezza concerne esclusivamente gli assicurati che, alla data indicata, abbiano avviato un procedimento amministrativo o giudiziario per l'accertamento del diritto alla rivalutazione contributiva". Peraltro, pronunciando in ordine ai dubbi di legittimità costituzionale sollevati in relazione alla predetta normativa, così come interpretata dal "diritto vivente" della Corte di cassazione, la Corte costituzionale, con sentenza n. 376 del 2008, ha ritenuto inammissibile la questione di legittimità costituzionale del combinato disposto della legge 24 dicembre 2003, n. 350, art. 3, comma 132 e del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art 47, convertito con modificazioni dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, censurati in riferimento all'art. 3 Cost, nella parte in cui escludono dall'applicazione della disciplina di cui alla legge 27 marzo 1992, n. 257, art. 13, comma 8 - previgente a quella introdotta dall'art. 47 citato per le malattie professionali derivanti dall'esposizione ultradecennale all'amianto - coloro che, prima del 2 ottobre 2003, non avessero presentato domanda arnmkiistrativa di riconoscimento dei benefici previsti dall'art. 13, comma 8, suddetto, osservando che non si può condividere l'assunto secondo cui il fatto di aver subordinato l'attribuzione dell'originario regime, più favorevole, alla presentazione di una domanda amministrativa, effettuata entro una data ricadente in un periodo in cui essa non era obbligatoriamente prevista, costituisca la retroattiva - e quindi irragionevole - imposizione di un onere. Il legislatore ha, infatti, dettato la disciplina transitoria inerente al passaggio da un regime ad un altro e, considerando che ciò comportava un trattamento meno favorevole, ha voluto far salve alcune situazioni ritenute meritevoli di tutela, introducendo disposizioni derogatorie, tra le quali quella relativa a chi avesse precedentemente presentato domanda amministrativa per ottenere il beneficio: e rinammissibilità della questione consegue al rilievo che "Va riconosciuta al legislatore ampia discrezionalità, salvo il limite della palese irragionevolezza, nella fissazione delle norme di carattere transitorio dettate per agevolare il passaggio da un regime ad un altro, tanto più ove si tratti di disciplina di carattere derogatorio comportante scelte connesse all'individuazione delle categorie dei beneficiari delle prestazioni di carattere previdenziale".
16. Del resto una interpretazione nel senso che il fatto costitutivo del diritto del lavoratore di ottenere i benefici per cui è causa sarebbe l'esposizione ad amianto e che le norme citate avrebbero inteso fare salva l'applicazione della disciplina previgente indistintamente a tutti coloro che fossero stati esposti ad amianto prima del 2 ottobre 2003 si tradurrebbe in una lettura sostanzialmente abrogante della riforma senza dire che se il legislatore avesse realmente inteso mantenere ferma la disciplina previgente per tutti coloro che erano stati esposti ad amianto prima del 2 ottobre 2003 si sarebbe espresso esattamente e semplicemente in questi termini, senza identificare (e poi ulteriormente precisare) alcune specifiche categorie di lavoratori escluse dalla nuova disciplina.
17. Sulla base delle indicate disposizioni, come ribadito in numerose e recenti decisioni di questa Corte (per tutte, v. Cass. 24998/2014 e successive conformi), la disciplina previgente si applica: 1) a coloro che alla data del 2 ottobre 2003 avessero già maturato il diritto al più favorevole beneficio previdenziale di cui alla legge n. 257/1992; tale diritto aveva maturato solo chi avesse maturato il diritto alla pensione oppure avesse ottenuto il riconoscimento del diritto alla rivalutazione in via amministrativa o giudiziaria; 2) a coloro che alla data del 2 ottobre 2003 avessero già avviato un procedimento arrirninistrativo o giudiziario per l'accertamento del diritto.
18.1 numerosi interventi normativi in materia sono stati, altresì, connotati anche da un atto di normazione secondaria, il d.m. del 27 ottobre 2004, che all'art 1 recita: "1. I lavoratori che, alla data del 2 ottobre 2003, sono stati esposti all'amianto per periodi lavorativi non soggetti all'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali gestita dall'I.N.A.I.L. hanno diritto ai benefici previdenziali derivanti da esposizione ad amianto, alle condizioni e con le modalità stabilite dal presente decreto. 2. Ai lavoratori che sono stati esposti all'amianto per periodi lavorativi soggetti all'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, gestita dall'INAIL, che abbiano già maturato, alla data del 2 ottobre 2003, il diritto al conseguimento dei benefici previdenziali di cui all'art 13, comma 8, della legge 27 marzo 1992, n. 257, e successive modificazioni, si applica la disciplina previgente alla medesima data, fermo restando, qualora non abbiano già provveduto, l'obbligo di presentazione della domanda di cui all'art. 3 entro il termine di 180 giorni, a pena di decadenza, dalla data di entrata in vigore del presente decreto".
19. Tale decreto ministeriale, fonte regolamentare meramente attuativa delle disposizioni di cui all'art 47 del d.l. n. 269, conv., con modif., nella legge n. 326, non può che muoversi nel solco tracciato dalla fonte primaria, con la conseguenza che il riferimento, per l'applicazione della disciplina previgente, a coloro che abbiano già maturato, alla data del 2 ottobre 2003, il diritto al conseguimento dei benefici previdenziali di cui all'art 13, comma 8, della legge 27 marzo 1992, n. 257, e successive modificazioni, va necessariamente inteso con riferimento a coloro che abbiano già maturato il diritto a pensione.
20. Alla natura di fonte meramente attuatìva consegue che solo quando trovi applicazione il regime antecedente la riforma del 2003, l'interessato non sia soggetto al termine decadenziale (180 gg.) introdotto dal di n. 269/2003, che interessa, pertanto, solo determinate categorie di lavoratori (in tal senso v., da ultimo, Cass. 24998/2014 cit ed altre numerose conformi).
21. In tale complessa cornice normativa si inscrive la vicenda in esame per la quale non sussistono le condizioni per l'applicazione della previgente disciplina giacché l'attuale ricorrente non aveva maturato, al 2 ottobre 2003, il diritto al più favorevole beneficio previdenziale di cui alla legge n. 257/1992, nel senso sopra precisato (diritto alla pensione maturato eventualmente anche in forza della rivalutazione contributiva prevista dall'art 13, comma 8, legge 257 cit).
22. Anche i rilievi di incostituzionalità, riproposti con il ricorso, sono già stati offerti al vaglio di questa Corte e sono stati disattesi (v., ex multis, tra le più recenti, Cass.17503/2014) nei seguenti termini: «secondo i principi enunciati a più riprese dalla Corte Costituzionale (cfr., ex plurimis, Corte Costituzionale, nn. 349/1985; 822/1988; 573/1990; 390/1995), le disposizioni modificatrici in senso sfavorevole della precedente disciplina dei rapporti di durata emanate dal legislatore ai fini pensionistici, non devono concretare un regolamento irrazionale ed arbitrario, lesivo delle situazioni sostanziali poste in essere da leggi precedenti e frustrare l'affidamento dei cittadini nella sicurezza giuridica, che è elemento fondamentale dello Stato di diritto. Nella specie, tuttavia, la (comunque solo parziale) frustrazione delle aspettative pensionistiche dei destinatari della L. n. 257 del 1992, art 13, comma 8 (per quanto, ovviamente, già non avessero maturato il diritto alla pensione) non si connota da arbitrarietà ed irrazionalità, inserendosi al contrario in un complessivo quadro di trasformazione radicale dell'istituto, nei termini e per le ragioni già diffusamente esposti» (Cass.17503/2014 cit).
23. La Corte Costituzionale (sentenza n. 376 del 2008) ha già confermato l'opzione interpretativa secondo cui la maturazione del diritto al conseguimento dei benefici previdenziali di cui all'art. 13, comma 8 L. n. 257, prevista dall'art 3, comma 132 L. 350/2003 ( pur nella diversità del testo rispetto al comma 6-bis dell'art. 47 D.L.269/03, conv. nella L. 326/03 che fa riferimento alla maturazione del diritto al trattamento pensionistico) coincide con il diritto a pensione, per l'assorbente considerazione che la disposizione di cui all'art 13, comma 8 della L. 257/92 non ha istituito una nuova prestazione previdenziale, ma soltanto un sistema più favorevole di calcolo della contribuzione per la determinazione della pensione, di tal che non si può «configurare la maturazione del diritto ai benefici indipendentemente dal conseguimento del diritto a pensione».
24. Inoltre, quanto alla dedotta arbitraria discriminazione tra situazioni reputate uguali, i dubbi sollevati "trovano già risposta, nel senso della loro infondatezza, nelle considerazioni svolte dalla Corte Costituzionale nella ricordata sentenza n. 376/2008, ove viene puntualizzato che il legislatore ha dettato la disciplina transitoria inerente al passaggio da un regime ad un altro in correlazione con il mutamento di funzione e di struttura della misura disciplinata e che, considerando che tale passaggio comportava un trattamento meno favorevole, ha voluto far salve alcune situazioni ritenute meritevoli di tutela, introducendo disposizioni derogatorie rispetto all'immediata applicazione della nuova disciplina; ciò nell'ambito di quell'ampia discrezionalità che, secondo la costante giurisprudenza della Corte Costituzionale, va riconosciuta al legislatore "nella fissazione delle norme di carattere transitorio dettate per agevolare il passaggio da un regime ad un altro, tanto più ove si tratti di disciplina di carattere derogatorio comportante scelte connesse all'individuazione delle categorie dei beneficiari delle prestazioni di carattere previdenziale".
25. Gli argomenti svolti dal ricorrente, al fine di promuovere un nuovo giudizio di costituzionalità, non persuadono il Collegio a dissentire dalle precedenti decisioni di questa Corte.
26. In definitiva il ricorso va rigettato.
27. Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.


La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese liquidate in euro 100,00 per esborsi, euro 3.000,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge .
Così deciso in Roma, il 12 febbraio 2015