Cassazione Penale, Sez. 4, 27 gennaio 2015, n. 3797 - Dirigente sanitario delle Terme responsabile per infortunio ad una lavoratrice. Non idoneità alle mansioni di bagnina-fanghina


Guida alla lettura

 

 

Infortunio nel reparto fanghi delle Terme: la vittima aiutava una collega a far entrare una paziente nella vasca di idromassaggio quando la donna improvvisamente scivolava e si aggrappava appunto alla vittima che cercava di sostenerla.

La Corte afferma che non può dubitarsi della sussistenza di una posizione di garanzia da parte dell'imputata che in qualità di direttore sanitario dell'azienda autonoma Terme di Sciacca, ente pubblico economico, provvedeva all'assegnazione del personale; in particolare era stata proprio la dott.ssa, per sopperire alle numerose assenze per ferie, ad aver spostato la vittima, con apposita disposizione di servizio, presso il reparto dove è avvenuto l'infortunio. Neppure trovano fondamento le censure circa la mancata conoscenza formale da parte dell'imputata  della diagnosi di "non idoneità alle mansioni di bagnina-fanghina" effettuata dal dottor P. in data (OMISSIS). E' vero che questo certificato non è stato portato a conoscenza dell'imputata ma tuttavia le sentenze di primo e secondo grado hanno dimostrato che la medesima era pienamente consapevole dei problemi alla schiena della vittima; peraltro la stessa imputata ha ammesso nel corso della sua deposizione testimoniale di essere stata consapevole dei problemi della lavoratrice, tanto da aver raccomandato alla collega cui la affiancava, di evitare di sottoporla ad attività eccessivamente faticose.

Nessun comportamento abnorme o assenza di diligenza è ravvisabile da parte della vittima che si è limitata a prestare osservanza al compito che le era stato assegnata di collaborare con la collega.


 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ZECCA Gaetanino - Presidente -
Dott. BIANCHI Luisa - rel. Consigliere -
Dott. BLAIOTTA Rocco Marco - Consigliere -
Dott. DOVERE Salvatore - Consigliere -
Dott. DELL'UTRI Marco - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza


sul ricorso proposto da:
AZIENDA AUTONOMA DELLE TERME DI SCIACCA TERME SCIACCA S.P.A.;
nei confronti di:
S.P. N. IL (OMISSIS);
inoltre:
S.P. N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 1581/2013 CORTE APPELLO di PALERMO, del 02/12/2013;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 05/12/2014 la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUISA BIANCHI;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. FODARONI Maria Giuseppina che ha concluso per rigetto del ricorso dei responsabili civili annullam. Con rinvio della sentenza impugnata quanto al trattamento sanzionatorio; rigetto nel resto;
Udito, per la parte civile, l'avv. Omissis del foro di Sciacca che si associa alle conclusioni del PG;
Udito il difensore Avv. Omissis del foro di Sciacca per i responsabili civili che si riporta ai motivi chiedendone l'accoglimento;
avv. Omissis del foro di Palermo per S.P. che insistono per l'accoglimento del ricorso.

Fatto

1. S.P. nella qualità di direttore sanitario dell' Azienda Autonoma delle Terme di Sciacca è stata chiamata a rispondere del reato di cui all'articolo 590 codice penale in relazione alla contravvenzione di cui al D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 4, comma 5, lett. c) e art. 89 per aver cagionato alla dipendente R.M. lesioni consistite in un blocco vertebrale, disponendo che la R., che non era idonea alle mansioni di bagnina - fanghina ed alla quale era vietato in modo assoluto la movimentazione manuale dei carichi, prestasse servizio presso il reparto fanghi del Grand Hotel delle Terme, dove, sollevando una paziente, riportava le lesioni summenzionate; fatto avvenuto in (OMISSIS).

Il tribunale di Sciacca ha ritenuto la S. colpevole dei reati ascritti; concesse le circostanze attenuanti generiche e ritenuto il concorso formale la condannava a quattro mesi di reclusione nonchè, in solido con i responsabili civili Azienda Autonoma delle Terme di Sciacca e Terme di Sciacca S.p.A., al risarcimento del danno in favore della parte civile da liquidarsi in separata sede con una provvisionale immediatamente esecutiva di Euro 5000. La Corte di appello di Palermo, in parziale riforma della sentenza di primo grado, dichiarava non doversi procedere per il reato contravvenzionale perchè estinto per prescrizione e per l'effetto riduceva la pena a tre mesi di reclusione, confermando per il resto.

2. Avverso tale sentenza ha presentato ricorso per cassazione l'imputata affidando i motivi all'avvocato Omissis. Si deduce: 1) Inosservanza di legge e difetto di motivazione in relazione alla contestata contravvenzione per non aver tenuto conto della mancata conoscenza parte della dott. S., che non era direttore amministrativo delle Terme, della situazione della R. di inidoneità alle funzioni di bagnina; alla S. non era stato comunicato, nè avrebbe dovuto essere comunicato, il giudizio del medico competente che aveva dichiarato inidonea la lavoratrice. 2) Difetto di motivazione con riguardo alle modalità dell'incidente non essendo stato spiegato perchè la paziente, alla quale erano stati prescritti i fanghi aveva invece fatto un idromassaggio; inoltre vi erano contraddizioni tra le testimonianze rese dalla stessa persona offesa e la sua compagna di lavoro Ri.Ro. sul fatto che l'incidente si fosse verificato mentre la paziente stava entrando oppure uscendo nella vasca. 3) Inosservanza della legge penale, sempre con riferimento al D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 4 laddove si è contestato all'imputata di aver assegnato la R. al servizio di bagnina senza tenere conto che decisivi sono i compiti effettivamente attribuiti al lavoratore e non il servizio al quale lo stesso è destinato. 4) Difetto di motivazione e inosservanza di legge in relazione al nesso di causalità: si sostiene che la R., facendo effettuare alla paziente l'idromassaggio invece di un fango così come risultava dalla prescrizione, aveva violato le disposizioni interne secondo cui non si potevano sostituire le prestazioni dei pazienti; se avesse rispettato tali disposizioni l'incidente non si sarebbe verificato; si sostiene inoltre che se fosse stata usata la vasca speciale per disabili, opportuna in quanto la paziente era anziana ed obesa, l'incidente non si sarebbe verificato. 3) Sempre sotto il profilo del nesso di causalità si lamenta che non è stata data risposta alla censura secondo cui la bagnina, vista la situazione di pericolo che si prospettava, avrebbe dovuto la bagnina arrestarsi e segnalare il pericolo. 6) Si evidenzia che l'imputata non rivestiva la qualifica di dirigente richiesta dall'art. 4 del citato D.Lgs. per attribuire la responsabilità per l'infortunio. 7) Si deduce la illegalità della pena in quanto, essendo state riconosciute le attenuanti generiche, la stessa risultava fissata in misura superiore al minimo consentito pari a tre mesi. 8) Si contesta la concessione della provvisionale nonostante sia stato espresso il dubbio sulla sussistenza di un danno per inabilità al lavoro. 9) Si eccepisce la illegittimità e inefficacia della costituzione di parte civile per mancata notifica dell'atto di costituzione di parte civile presentata fuori udienza, anche al difensore dell'imputato, oltre che all'imputato. 10) Ci si duole della mancata risposta ai motivi di appello con cui si era sollecitata la compensazione delle spese tra le parti.

3. Nell'interesse dei responsabili civili Azienda Autonoma delle Terme di Sciacca e Terme di Sciacca S.p.A., ha presentato ricorso per cassazione l'avvocato Omissis. Con il primo motivo si censura la intervenuta dichiarazione di prescrizione per la contravvenzione ex art. 4 cit. D.Lgs. si sostiene che si sarebbe dovuta assolvere l'imputato per mancato perfezionamento dell'iter amministrativo di attribuzione della idoneità alla mansione. Con il secondo, si formulano rilievi di violazione dell'art. 41 c.p., comma 2 per mancata considerazione del comportamento tenuto dalla persona offesa che ha contravvenuto alle disposizioni del datore di lavoro erogando prestazioni non dovute. Con il terzo motivo ci si duole che non si è tenuto conto delle discrasia tra quanto aveva dichiarato la persona offesa e la teste Ri., collega di lavoro. Con il quarto si sostiene esservi mancanza di motivazione sulla posizione di garanzia dei responsabili civili, non essendovi stata delega di funzioni da parte dell'Azienda Autonoma Terme di Sciacca e/o delle Terme di Sciacca S.p.A. per effetto della quale i responsabili civili avrebbero potuto essere ritenuti responsabili dei danni. Con il quinto si formulano censure sulla quantificazione della provvisionale.

Diritto

1. I ricorsi, che possono essere, almeno in parte, congiuntamente esaminati, sono infondati tranne che con riferimento alla determinazione della pena.

1.1 Possono in primo luogo prendersi in considerazione i rilievi, comuni alla difesa dell'imputato e a quella dei responsabili civili, relativi alla posizione di garanzia della dott.ssa S.P., che viene contestata sostenendosi che la medesima non rivestiva la qualifica di datore di lavoro o di dirigente, presupposto necessario per l'applicazione del D.Lgs. n. 626 del 1994, artt. 4 e 89 e dunque dei doveri da esso previsti ed in particolare di quello di cui al quinto comma lett. C) che sancisce l'obbligo di tenere conto delle condizioni di salute del lavoratore nell'affidargli i compiti da svolgere. La censura è infondata: la sentenza qui impugnata, e soprattutto quella più diffusa ed analitica del tribunale di Sciacca, cui la corte di appello si è espressamente richiamata, motivano in maniera corretta e puntuale le ragioni per le quali non può dubitarsi della sussistenza di una posizione di garanzia da parte della S. che in qualità di direttore sanitario dell'azienda autonoma Terme di Sciacca, ente pubblico economico, provvedeva all'assegnazione del personale; in particolare era stata proprio la dott.ssa S. che nel mese di (OMISSIS), poco prima dell'infortunio, durante la stagione estiva, per sopperire alle numerose assenze per ferie, aveva spostato la R., con apposita disposizione di servizio, presso il reparto donne del Grande Albergo per aiutare addetta ai fanghi Ri.Ro., rimasta sola a svolgere quel servizio. Non può dunque dubitarsi della sussistenza della posizione di garanzia in capo alla medesima sia perchè soggetto che nella qualità di dirigente sanitario era legittimato ad attribuire le mansioni al personale dipendente, sia perchè in concreto è stata proprio la medesima S. a destinare la R. all'attività durante la quale si è verificato l'incidente. Neppure trovano fondamento le censure circa la mancata conoscenza formale da parte della S. della diagnosi di "non idoneità alle mansioni di bagnina-fanghina" effettuata dal dottor P. in data (OMISSIS). E' vero che questo certificato non è stato portato a conoscenza della S. ma tuttavia le sentenze di primo e secondo grado hanno dimostrato che la medesima era pienamente consapevole dei problemi alla schiena della R. emersi fin dal (OMISSIS), e risultanti in particolare dal certificati medici aziendali del (OMISSIS), tanto più che era stata la medesima dott.ssa S. ad adibire per tali ragioni la R. al reparto inalazioni dal (OMISSIS); peraltro la stessa imputata ha ammesso nel corso della sua deposizione testimoniale di essere stata consapevole dei problemi della lavoratrice, tanto da aver raccomandato alla collega Ri. cui la affiancava, di evitare di sottoporla ad attività eccessivamente faticose.

Risulta dunque pienamente provata la posizione di garanzia della imputata e la sua condotta colposa per non aver tenuto conto dei rischi collegati all'attività alla quale pur temporaneamente la aveva destinata. Per quanto riguarda poi le modalità di verificazione del fatto, puntuale e precisa è la ricostruzione di tutti profili della vicenda, contenuta specialmente nella sentenza di primo grado richiamata da quella di appello, da cui risulta chiaramente che l'infortunio è avvenuto mentre la R. aiutava la collega a far entrare la paziente nella vasca di idromassaggio, allorchè la donna improvvisamente scivolava e si aggrappava appunto alla R. che cercava di sostenerla; si trattava di una donna indubbiamente anziana e di corporatura pesante ma tuttavia in grado di deambulare, che dunque non necessitava di essere destinata alla vasca per i disabili; è stato inoltre chiarito che secondo una prassi vigente all'interno delle terme era possibile, almeno entro certi limiti, scambiare le prestazioni come è stato fatto nella specie avendo la Ri. dichiarato di essere stata lei ad autorizzare la paziente ad effettuare l'idromassaggio anzichè il fango più bagno risultante dal ticket, dal momento che la donna dichiarava di non sentirsi in grado di sottoporsi ad un fango. Nessun comportamento abnorme o assenza di diligenza è ravvisabile da parte della R. che si è limitata a prestare osservanza al compito che le era stato assegnata di collaborare con la collega Ri..

2. La difesa dell'imputata ha riproposto la questione, già respinta dal giudice di appello, di illegittimità e inefficacia della costituzione di parte civile per mancata notifica dell'atto di costituzione, presentata fuori udienza, anche al difensore dell'imputato, oltre che all'imputato medesimo. Trattasi di censura infondata. Ai sensi dell'art. 78 c.p.p., comma 2 la costituzione di parte civile presentata fuori udienza deve essere notificata, a cura della stessa parte civile, alle altre parti e produce effetto per ciascuna dal giorno in cui è eseguita la notifica. Correttamente la Corte di appello ha ritenuto che nel concetto di parte non sia compreso il difensore. Giova al riguardo considerare che nel vigente codice di rito la nozione di parte deve ritenersi riferita ai soggetti, attivo e passivo (pubblico ministero e imputato), dell'azione penale nonchè ai soggetti dell'eventuale azione civile proposta in sede penale (parte civile, responsabile civile, persona civilmente obbligata per l'ammenda). Ne sono invece esclusi i difensori, pur essendo gli stessi compresi (come pure il giudice e la polizia giudiziaria) tra gli altri "soggetti" disciplinati dal libro 1, ai quali si è dedicato il titolo 7. L'art. 78 che fa riferimento alle parti, non comprende dunque il difensore. E' vero che l'art. 99 espressamente estende al difensore facoltà e diritti che la legge riconosce all'imputato, ma tale norma non può estendersi a comprendere tutti gli avvisi di cui è destinatario l'imputato, ma è piuttosto destinata a garantire al difensore una piena iniziativa processuale e difensiva, salvi gli atti personalissimi; di ciò è riscontro la circostanza che il codice regola espressamente gli avvisi di cui sono destinatari i difensori dell'imputato (v. ad es. art. 127, comma 1 e art. 128, u.p., art. 419, comma 2, art. 465, comma 2, art. 548, comma 2). Ulteriore conferma può trarsi dalla consolidata giurisprudenza di questa Corte che ritiene che l'obbligo della cancelleria di notificare senza ritardo l'atto di impugnazione del pubblico ministero alle parti private a norma dell'art. 584 cod. proc. pen. va inteso nel senso che le parti private, cui compete di ricevere la notificazione, sono soltanto esse, e non anche i rispettivi difensori (per tutte, v. sez. u. 29.1.2003 n. 12878 Rv. 223723).

3. Passando ad esaminare i motivi proposti dai responsabili civili, resta da precisare che il ricorso è inammissibile laddove assume che vi sarebbe un travisamento delle dichiarazioni della teste Ri. e una discrasia rispetto alle dichiarazioni dell'imputata, che però non emergono con la necessaria evidenza da quanto riferito nel ricorso stesso. Sostiene poi la parte civile che stante la delega di funzioni in favore della S. quale direttore sanitario e pertanto responsabile della sicurezza dei lavoratori, gli stessi non avrebbero dovuto essere considerati responsabili neppure agli effetti civili. La censura non ha fondamento in quanto confonde il piano della responsabilità penale e quello della responsabilità civile; presumibilmente, proprio in ragione della ripartizione dei compiti all'interno delle strutture aziendali al cui interno si è verificato l'incidente e in virtù del principio di personalità della responsabilità penale non sono stati formulati addebiti penali nei confronti degli amministratori dei due enti Azienda Autonoma delle Terme di Sciacca e Terme di Sciacca s.p.a; correttamente però gli stessi, quali datori di lavoro sono stati chiamati a rispondere civilmente dell'operato della S. ex art. 185 c.p. e art. 84 c.p.p..

4. Risultano fondati i rilievi formulati quanto alla determinazione della pena; infatti per effetto della concessione delle circostanze attenuanti generiche seppur equivalenti alla aggravante della violazione alla normativa sugli infortuni sul lavoro, la pena base per il reato di lesioni è quella di tre mesi e dunque non poteva essere determinata, come è invece avvenuto nella sentenza di primo grado, sul punto non riformata in appello, nella misura di quattro mesi e 15 giorni di reclusione.

5. La sentenza non è censurabile per quanto riguarda la determinazione della provvisionale, essendo pacifica la giurisprudenza di questa Corte, già dalla Corte di appello richiamata, secondo cui il provvedimento del giudice di merito che assegna alla parte civile una somma da imputarsi alla liquidazione definitiva del danno non è impugnabile in cassazione sia per la sua intrinseca discrezionalità di merito sia perchè è per natura provvisorio e non suscettibile di passare in giudicato essendo la provvisionale destinata ad essere assorbita dall'effettiva liquidazione dell'integrale risarcimento nella competente sede civile. Prive di fondamento sono anche le censure svolte con riferimento alla mancata considerazione del risarcimento da parte dell'INAIL, ben potendo sussistere un danno ulteriore dell'infortunato rispetto a quanto liquidato dall'Inail anche in relazione ai danni morali. La condanna alle spese del procedimento in favore della parte civile vittoriosa disposta in primo grado è stata oggetto di motivata conferma da parte della corte di appello.

7. In conclusione la impugnata sentenza deve essere annullata limitatamente alla determinazione della pena con rinvio per nuovo esame sul punto alla Corte di appello di Palermo mentre nel resto il ricorso di S.P. è da rigettare. Vanno rigettati interamente i ricorsi dei responsabili civili con la conseguente condanna al pagamento delle spese del procedimento nonchè alla rifusione delle spese sostenute per questo giudizio di cassazione dalla parte civile liquidate come al dispositivo.

P.Q.M.

Annulla la impugnata sentenza limitatamente alla determinazione della pena con rinvio per nuovo esame sul punto alla Corte di appello di Palermo. Rigetta nel resto il ricorso di S.P.. Rigetta i ricorsi dei responsabili civili e li condanna al pagamento delle spese del procedimento nonchè alla rifusione delle spese sostenute per questo giudizio di cassazione dalla parte civile e liquidate in Euro 3000,00 oltre accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 5 dicembre 2014.

Depositato in Cancelleria il 27 gennaio 2015