Cassazione Civile, Sez. 6, Ordinanza 08 giugno 2015, n. 11758 - Infortunio e preteso diritto alla rendita


 

Presidente: CURZIO PIETRO Relatore: GARRI FABRIZIA Data pubblicazione: 08/06/2015


FattoDiritto

La Corte di appello di Napoli ha accolto il gravame proposto dall'Inail e, riformando la sentenza del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere ha rigettato la domanda di F.M. volta ad ottenere il riconoscimento di una rendita per l'infortunio sul lavoro occorsole il 24 settembre 1993.
La Corte territoriale, ritenuta infondata l'eccezione di intervenuta prescrizione del diritto alla rendita ha poi rinnovato gli accertamenti medico legali in esito ai quali i postumi accertati sono risultati non indennizzabili (8%).
Per la cassazione della sentenza ricorre la F.M. che articola quattro motivi.
Resiste con controricorso l'Inail. Tanto premesso e sui motivi di ricorso si osserva quanto segue.
I primi due motivi di ricorso con i quali ci si duole della inidoneità delle censure formulate in appello a scalfire la sentenza di primo grado sono inammissibili.
Il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione - che trova la propria ragion d'essere nella necessità di consentire al giudice di legittimità di valutare la fondatezza del motivo senza dover procedere all'esame dei fascicoli di ufficio o di parte - vale anche in relazione ai motivi di appello rispetto ai quali si denuncino errori da parte del giudice di merito; ne consegue che, ove il ricorrente denunci la violazione e falsa applicazione dell'art. 342 cod. proc. civ. conseguente alla mancata declaratoria di nullità dell'atto di appello per genericità dei motivi, deve riportare nel ricorso, nel loro impianto specifico, i predetti motivi formulati dalla controparte (cfr in termini Cass. 12 maggio 2010 n. 11447 ed anche 27 giugno 2013 n. 16210). A tale specifico incombente la ricorrente non ha adempiuto e dunque per tale profilo le censure non sono ammissibili.
Con il terzo motivo di ricorso è denunciata la violazione e falsa applicazione del d.P.R. 1124 del 1965 ed il vizio di motivazione. Sostiene la ricorrente che la valutazione medico legale operata dal ctu e seguita dalla Corte di appello sarebbe viziata in quanto sarebbero state adottate tabelle fissate per altri tipi di settore infortunistico assicurativo il cui indice medio è riferito ad una capacità lavorativa generica e non a quella specifica da prendere invece in considerazione. Con il quarto motivo, infine, la ricorrente si duole dell'omessa valutazione da parte del ctu e della Corte di documentazione sanitaria pure valutata dall'ausiliere e dal giudice di primo grado. Anche tali censure sono in parte inammissibili e comunque infondate. Va premesso che, ancora una volta, la ricorrente omette del tutto di specificare quali siano i documenti trascurati dalla Corte e dal suo consulente che, ove presi in considerazione avrebbero determinato un esito diverso della controversia e neppure indica dove sarebbero rinvenibili. La censura risulta dunque assolutamente generica e irrispettosa dei canoni dettati dall'art. 366 e 369 c.p.c. Quanto alla pretesa utilizzazione di tabelle fissate per "altri tipi di settore infortunistico assicurativo" va rilevato che dalla sentenza risulta che il consulente d'appello e la Corte hanno esplicitamente avuto riguardo alle tabelle allegate al d.P.R. n. 1124 del 1965 - le sole utilizzabili e che, con valutazione di merito qui non censurabile, hanno specificatamente ricostruito l'incidenza invalidante dei postumi dell'infortunio.
In conclusione, alla luce delle esposte considerazioni, il ricorso deve essere rigettato con ordinanza ex art. 375 cod. proc. civ., n. 5 perché in parte inammissibile ed in parte manifestamente infondato.
Le spese del giudizio di legittimità ex art. 152 disp. att. c.p.c. devono essere dichiarate non ripetibili mentre sussistono i presupposti per il versamento dell'ulteriore somma a titolo di contributo unificato pari a quello già versato.

P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso.
Dichiara non ripetibili le spese del giudizio di legittimità. Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma dell'art. 13 comma 1 bis del citato d.p.r.. Così deciso in Roma il 21 aprile 2015