Categoria: Cassazione penale
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Cassazione Penale, Sez. 4, 19 giugno 2015, n. 25913 - Morire travolti da una trave del peso di circa 15-18 quintali. Responsabilità del supervisore e direttore dei lavori


 

Presidente: ZECCA GAETANINO Relatore: ESPOSITO LUCIA Data Udienza: 26/02/2015

Fatto


1. La Corte d'Appello di Napoli, revocando le statuizioni civili, confermava nel resto la sentenza del giudice di primo grado che aveva ritenuto T.G. e DM.G., in cooperazione tra loro, il primo in qualità di legale rappresentante della T. s.r.l., il secondo in qualità di dirigente, responsabili del reato di omicidio colposo in danno di Z.L.. Ai predetti era mosso l'addebito di imprudenza, negligenza e imperizia, nonché di inosservanza delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, in particolare per non aver redatto o fatto rinvenire nel cantiere il Piano Operativo di Sicurezza, per non aver attuato quanto previsto nel Piano di Sicurezza e Coordinamento e nel POS, per non aver designato il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione, per non aver nominato il medico competente, per non aver effettuato l'informazione dei lavoratori, per non aver compiuto, prima dei lavori di demolizione, una verifica delle condizioni di stabilità delle strutture da demolire, né le necessarie opere di rafforzamento e di puntellamento della zona e per non avere convenientemente delimitato e sbarrato la zona sottostante la demolizione. In conseguenza della descritta condotta Z.L., durante i lavori di manutenzione e smontaggio delle travi di scorrimento del carro-ponte dai pilastri di sostegno, lavori commissionati dalla "G. Costruzioni Metalliche s.r.l." alla "T. s.r.l." di cui era dipendente, veniva investito da una trave del peso di circa 15-18 quintali e decedeva a causa di shock traumatico, shock emorragico e paralisi cerebrale dovuti a traumatismo contusivo.
2.In fatto era risultato che la G. Costruzioni s.r.l., avendo necessità di procedere alla sostituzione di un carro ponte montato all'interno di un capannone, aveva preso contatti con DM.G., esperto in materia ed operante in autonomia, in qualità di titolare di impresa individuale "M.C.S."; che il DM.G. operava, con riguardo ai lavori in oggetto, per conto della T. s.r.l., società alla quale i lavori erano stati formalmente affidati dalla G. Costruzioni s.r.l. I lavori, iniziati lo stesso giorno dell'infortunio, furono materialmente eseguiti dal DM.G. e dallo Z.L., con le modalità suindicate, comprensive di quella della sostituzione delle travi da rimuovere con altre di sezione maggiore. Il DM.G. svolgeva mansioni di gruista con l'ausilio di un ponte mobile, con il quale lo Z.L. procedeva, in primo luogo, alla rimozione delle piastre e, successivamente, al fissaggio della trave da smontare con una corda. La trave, una volta collegata alla corda, veniva calata a terra attraverso la gru azionata dal DM.G.: durante tali operazioni la terza trave, pesante dai quindici ai diciotto chili, libera a causa della movimentazione effettuata per la rimozione della seconda trave, si era sganciata ed era caduta al suolo. Era stato accertato, altresì, che, prima dell'inizio delle operazioni di smontaggio, non era stata effettuata alcuna verifica in ordine alla stabilità delle travi, né alcun controllo dei vari punti di aggancio delle stesse; che l'area sottostante rispetto al punto in cui le travi venivano calate non era stata delimitata al fine di impedire l'accesso a terzi ed agli stessi lavoratori, né era stato predisposto alcun sistema di imbracatura delle travi prima di procedere allo smontaggio.
3.Al DM.G., nel contesto dei rapporti con DP.S., amministratore unico della G. Costruzioni s.r.l., era stato attribuito il ruolo di supervisore e direttore dei lavori. Si constatava a seguito di sopralluogo effettuato da parte della ASL di Caserta, che le condizioni di sicurezza sul cantiere erano del tutto assenti : furono riscontrati la mancanza del Piano operativo di sicurezza, la mancata attuazione di quanto prescritto dallo stesso, il difetto di informazione dei lavoratori e di formazione degli stessi, la mancanza dei dispositivi di protezione e di sicurezza. Prima dei lavori di demolizione, inoltre, non era stata effettuata alcuna verifica delle condizioni di stabilità delle strutture da demolire e non erano state eseguite le necessarie opere di rafforzamento e puntellamento, atte a evitare il verificarsi di crolli intempestivi e la zona sottostante a quella in cui doveva essere effettuata la demolizione non era stata previamente delimitata.
4. Avverso la sentenza il DM.G. propone ricorso per cassazione, illustrato con memorie, articolando due motivi di censura.
4.1.Con il primo motivo deduce difetto di motivazione in ordine al primo motivo d'appello. Osserva che nell'atto d'appello erano state poste in rilievo alcune circostanze decisive circa la soggettiva riferibilità delle infrazioni determinanti il sinistro e, di conseguenza, del sinistro stesso. Rileva, in particolare, che era stato dedotto che il DM.G. non aveva sottoscritto il documento con cui veniva indicato quale responsabile del servizio di prevenzione e protezione e che sui temi della mancata sottoscrizione e conoscenza del documento e dell'incertezza riguardo all'effettivo ruolo svolto dall'imputato, tutti incidenti sulla responsabilità del medesimo, in quanto determinanti il venire meno del suo ruolo di preposto, era mancata qualsiasi risposta da parte della Corte territoriale.
4.2. Con il secondo motivo deduce difetto di motivazione in ordine al secondo motivo d'appello, con il quale era stata sollecitata una rideterminazione della pena con contenimento dei minimi edittali e la concessione delle attenuanti generiche nella massima estensione. Rileva che la richiesta si fondava sull'entità dell'apporto causale alla determinazione dell'evento e sulla personalità dell'imputato, incensurato, nonché sul comportamento processuale dello stesso. Osserva, inoltre, che la Corte d'Appello aveva dato atto della transazione avvenuta tra le parti, in conseguenza della quale erano state revocate le statuizioni civili. Rileva che su tutte tali deduzioni era mancata completamente la motivazione nella sentenza impugnata.

Diritto

 

1.Il primo motivo di ricorso è privo di fondamento. Ed invero la Corte territoriale motiva adeguatamente in punto di affermazione della sussistenza della posizione di garanzia dell'imputato, dando conto delle censure mosse con i motivi d'appello. La circostanza relativa all'attribuzione al DM.G. del ruolo di supervisore e direttore dei lavori è desunto, infatti, dalle dichiarazioni rese dagli altri dipendenti, i quali riferirono dei compiti direttivi svolti dal predetto nell'esecuzione dei lavori in carico alla T., nonché dai rapporti, desunti anche dalle ammissioni dell'imputato, tra il predetto e l'amministratore della G. Costruzioni s.r.l. Gli elementi indicati sono stati ritenuti dalla Corte in linea con la delega di funzioni, ancorché non sottoscritta, desumibile dagli atti, nell'ambito di un quadro unitario idoneo a delineare in capo al DM.G. una posizione di garanzia nei confronti del lavoratore rimasto vittima dell'incidente. La Corte ha giustificato, altresì, la suddetta ricostruzione evidenziando che la delega di funzioni non necessita di prova per iscritto, non potendo consentire il difetto di forma l'inosservanza delle norme poste a tutela dell'incolumità e della vita dei lavoratori. Il ragionamento della Corte si manifesta rispettoso delle norme e offre una ricostruzione degli eventi congrua e priva di vizi logici. A fronte di esso il motivo in disamina si risolve in una censura tesa a proporre una ricostruzione dei fatti alternativa a quella esposta dai giudici di merito con argomentazioni esaustive e logicamente correlate agli elementi probatori acquisiti. Né è ravvisabile alcun vizio di omessa disamina delle questioni poste con l'atto d'appello, tutte adeguatamente affrontate.
2. Allo stesso modo è infondato il secondo motivo di ricorso. Ed invero la Corte territoriale motiva adeguatamente in ordine alla determinazione del trattamento sanzionatorio, ponendo in evidenza la molteplicità e gravità delle violazioni poste in essere dal ricorrente, atte a neutralizzare gli elementi a favore dello stesso evidenziati dalla difesa. Anche con riferimento a quest'ultima censura, pertanto, non è ravvisabile alcun vizio di omesso esame dei motivi d'appello.
3. Il ricorso, pertanto, va rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.