Cassazione Civile, Sez. 6, 21 luglio 2015, n. 15343 - Riconoscimento del beneficio della rivalutazione contributiva per esposizione all'amianto ex art. 13, comma 8, della legge n. 257/1992. Differenza tra diritto alla rivalutazione contributiva e diritto alla pensione


 

 

Presidente: CURZIO PIETRO Relatore: MAROTTA CATERINA Data pubblicazione: 21/07/2015



Fatto



Con sentenza depositata in data 17.7.2013 la Corte di appello di Salerno confermava la sentenza del Tribunale della stessa sede  che aveva rigettato la domanda proposta da M.M. intesa ad ottenere il riconoscimento del beneficio della rivalutazione contributiva per esposizione all'amianto ex art. 13, comma 8, della legge n. 257/1992 e successive modifiche, in relazione all'attività lavorativa svolta alle dipendenze della M. Sud S.p.A.. Differenti erano state le ragioni che avevano indotto i giudici di merito a respingere l'azionata domanda. Il giudice di primo grado aveva, infatti, ritenuto l'improponibilità della domanda per aver la ricorrente omesso di presentare all'I.N.P.S. l'istanza per il conseguimento degli invocati benefici. La Corte territoriale riteneva che fosse maturata la prescrizione decennale decorrente dalla data di pensionamento (rilevando che, senza ulteriori atti interruttivi, la domanda giudiziaria nei confronti dell'I.N.P.S. era stata presentata dopo la scadenza del suddetto termine di prescrizione).
Avverso tale sentenza G.S. propone ricorso per cassazione fondato su due motivi.
Resiste con controricorso l'I.N.P.S. e formula altresì ricorso incidentale condizionato.
L'I.N.A.I.L. ha depositato procura speciale in calce al ricorso notificato.
La ricorrente e l'I.N.P.S. hanno depositato memorie ai sensi dell'art. 378 cod. proc. civ..

Diritto


1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione ed erronea applicazione degli artt. 2934, 2935, 2938 cod. civ., 112, 329, 346 e 436 cod. proc. civ. (art. 360, n. 3 e n. 4, cod. proc. civ.). Si duole del fatto che il diritto alla rivalutazione contributiva non sia stato considerato imprescrittibile, dovendosi ritenere, invece, colpiti da prescrizione i ratei maturati oltre il termine decennale. Lamenta in ogni caso che non sia stato considerato che la fondatezza dell'eccezione di prescrizione per mancato esercizio del diritto comporta l'esistenza di un diritto che non viene esercitato laddove, nel caso di specie, se pure potesse prefigurarsi una nascita ex lege del diritto alla maggiorazione contributiva, era necessaria per la sua sussistenza una "correlazione con il relativo presupposto" e cioè che fosse accertata l'avvenuta esposizione ultradecennale al rischio qualificato amianto. Sostiene, conseguentemente, che il dies a quo per la decorrenza del termine prescrizionale non potesse essere individuato nella erogazione della prestazione pensionistica non integrata ma nel rilascio della certificazione da parte dell'INAIL (solo da questo momento, infatti, il diritto poteva essere fatto valere). Si duole anche del fatto che la Corte territoriale abbia ritenuto fondata una eccezione di prescrizione ("quinquennale ovvero decennale dei ratei") solo genericamente sollevata dall'I.N.P.S..
2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia l'omessa decisione in ordine all'ammissione delle prove per testi ed alla nomina di un consulente tecnico d'ufficio per l'accertamento dell'esposizione ambientale a rischio amianto.
3. Con l'unico motivo di ricorso incidentale l'I.N.P.S. denuncia la violazione degli artt. 7 e 8 della legge 11 agosto 1973, n. 533 e dell'art. 443 cod. proc. civ. (art. 360, n. 3, cod. proc. civ.). Censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto proponibile la domanda pur in assenza di preventiva domanda amministrativa di prestazione all'I.N.P.S. e della conseguente non assoggettabilità dell'azione giudiziaria alla decadenza di cui all'art. 47 del d.P.R. n. 639/1970.
4. Il primo motivo di ricorso principale non è fondato (e determina l'assorbimento del secondo motivo di ricorso principale oltre che del ricorso incidentale).
Quanto al rilievo relativo alla genericità dell'eccezione di prescrizione formulata dall'I.N.P.S., questa Corte ha già da tempo affermato che, in tema di prescrizione estintiva, elemento costitutivo della relativa eccezione è l'inerzia del titolare del diritto fatto valere in giudizio, mentre la determinazione della durata di questa, necessaria per il verificarsi dell'effetto estintivo, si configura come una "quaestio iuris" concernente l'identificazione del diritto stesso e del regime prescrizionale per esso previsto dalla legge. Ne consegue che la riserva alla parte del potere di sollevare l'eccezione implica che ad essa sia fatto onere soltanto di allegare il menzionato elemento costitutivo e di manifestare la volontà di profittare di quell'effetto, non anche di indicare direttamente o indirettamente (cioè attraverso specifica menzione della durata dell'inerzia) le norme applicabili al caso di specie, l'identificazione delle quali spetta al potere - dovere del giudice, di guisa che, da un lato, non incorre nelle preclusioni di cui agli artt. 416 e 437 cod. proc. civ. la parte che, proposta originariamente un'eccezione di prescrizione quinquennale, invochi nel successivo corso del giudizio la prescrizione ordinaria decennale, o viceversa; e, dall'altro lato, il riferimento della parte ad uno di tali termini non priva il giudice del potere officioso di applicazione (previa attivazione del contraddittorio sulla relativa questione) di una norma di previsione di un termine diverso - cfr. Cass. Sez. un. n. 10955 del 25 luglio 2002; id. Cass. n. 21377 del 10 novembre 2004; Cass. n. 25025 del 24 novembre 2006; Cass. n. 11843 del 22 maggio 2007; Cass. n. 21752 del 22 ottobre 2010; Cass. n. 1064 del 20 gennaio 2014 -.
Nella fattispecie, quindi, la Corte di appello, nell'esaminare l'eccezione di prescrizione (tempestivamente sollevata dall'I.N.P.S. in sede di comparsa di costituzione nel giudizio di primo grado e riproposta in sede di appello), ben poteva d'ufficio, nell'ambito della "quaestio iuris" ritualmente devolutale, non solo determinare il regime prescrizionale applicabile, bensì anche identificare il termine di decorrenza della prescrizione stessa.
Quanto alle ulteriori censure, vanno innanzitutto rilevati alcuni profili di inammissibilità.
A sostegno della imprescrittibilità del diritto per cui è causa la ricorrente richiama la pronuncia di questa Corte a sez. unite n. 10955 del 25/7/2002 ed il passaggio contenuto nella stessa secondo cui: "....ferma restando l'imprescrittibilità del diritto alla prestazione previdenziale o assistenziale garantita dall'art. 38 Cost. in quanto connesso ad uno status del cittadino, si prescrivono (oppure da essi si può decadere), invece, i diritti esclusivamente patrimoniali, cioè i singoli crediti periodicamente risorgenti (che maturano per ciascun mese o da scadenza di un periodo più lungo), in quanto sono espressione del diritto alla prestazione e vengono denominati ratei". Tuttavia la ricorrente non specifica le ragioni per le quali il beneficio di cui si discute dovrebbe essere assimilato ad alcuno dei diritti presi in considerazione nella decisione sopra citata.
In ogni caso la giurisprudenza di questa Corte ha ormai da tempo affermato, anche con riferimento alle domande giudiziarie avanzate da soggetti già pensionati, che ciò che si fa valere non è il diritto al ricalcolo della prestazione pensionistica, ovvero alla rivalutazione dell'ammontare dei singoli ratei erroneamente (o ingiustamente) liquidati in sede di determinazione amministrativa, bensì il diritto a un beneficio che, seppure previsto dalla legge "ai fini pensionistici" e ad essi, quindi, strumentale, è dotato di una sua specifica individualità e autonomia, operando sulla contribuzione ed essendo ancorato a presupposti propri e distinti da quelli in presenza dei quali era sorto (o sarebbe sorto) - in base ai criteri ordinari - il diritto al trattamento pensionistico. E' stato così innanzitutto chiarito: "È opportuno anche rilevare che dal sistema è ricavabile l'onere degli interessati di proporre all'istituto gestore dell'assicurazione pensionistica la domanda di riconoscimento del beneficio per esposizione all'amianto, nonostante incertezze lessicali del legislatore (cfr. Cass. n. 15008/2005)". E' stato, poi, precisato che "nel caso di specie si tratta di rivalutare non già l'ammontare di singoli ratei bensì i contributi previdenziali necessari a calcolare la pensione originaria" - Cass. 12685 del 19 maggio 2008; Cass. n. 7527 del 29 marzo 2010; Cass. n. 8926 del 19 aprile 2011; Cass. n. 6331 del 19 marzo 2014; Cass. n. 7934 del 4 aprile 2014; Cass. n. 13578 del 13 giugno 2014 - ed anche specificato che neppure è validamente invocabile il principio di imprescrittibilità del diritto a pensione, in quanto "tale particolarissimo regime non si estende a tutte le singole azioni relative alla costituzione della posizione contributiva. E del carattere sostanzialmente costitutivo del procedimento amministrativo e dell'azione in giudizio diretto al riconoscimento del beneficio contributivo per esposizione all'amianto sembra non potersi dubitare, stanti i vincoli sostanziali, temporali e procedurali posti dalla legislazione in materia" - cfr. Cass. n. 1629 del 3 febbraio 2012; id. Cass. n. 11400 del 6 luglio 2012; Cass. n. 14531 del 16 agosto 2012; Cass. n. 14472 del 14 agosto 2012; Cass. nn. 20031 e 20032 del 15 novembre 2012; Cass. n. 27148 del 4 dicembre 2013; Cass. n. 4778 del 27 febbraio 2014 -. L'affermazione che la protezione costituzionale del diritto previdenziale - che ne determina l'imprescrittibilità - "non si estende a tutte le singole azioni relative alla costituzione della posizione contributiva" era stata già contenuta nelle decisioni di questa Corte n. 7138 del 29 marzo 2011 e n. 12052 del 31 maggio 2011.
In senso analogo si è espressa Cass. n. 11399 del 6 luglio 2012 che ha valorizzato la circostanza che l'esposizione all'amianto e la sua durata sono "fatti" la cui esistenza è conosciuta soltanto dall'interessato, tenuto, pertanto, a portarli a conoscenza dell'ente previdenziale onerato dell'applicazione del moltiplicatore contributivo attraverso un'apposita domanda amministrativa e a darne dimostrazione.
Nella sentenza n. 6382 del 24 aprile 2012, e con riguardo alla questione della decadenza "generale" di cui all'art. 47, si è ancora più espressamente operata una distinzione tra il diritto per cui è causa ed il diritto a pensione così precisandosi: "La richiamata decisione di questa Corte n. 12720/2009 appare non pertinente nel caso in esame perché, come già detto, nella presente controversia non si dibatte del diritto all'adeguamento della prestazione previdenziale già ottenuta. La sollevata questione di legittimità costituzionale della norma di cui all'art. 47 per violazione dell'art. 38 Cost. ( ) appare comunque
manifestamente infondata in quanto il termine decadenziale appare congruo in ordine ad una piena ed effettiva tutela e garanzia dell'interesse costituzionalmente garantito del diritto a pensione, che -nel caso in esame - peraltro non viene affatto travolto in quanto tale dalla norma in discussione. Si tratta di benefici aggiuntivi che, richiesti in via amministrativa, andavano poi rivendicati entro un termine del tutto ragionevole, al Giudice, il che non è avvenuto per fatto addebitabile al ricorrente, il quale certamente così agendo non ha perso l'effettività del diritto (nel suo nucleo sostanziale) riconosciutogli all'art. 38 Cost.".
Va anche richiamata la pronuncia della Corte cost. 26 febbraio 2010, n. 71 che, ribadendo che il diritto a pensione, come già affermato dalla precedente Corte cost. 22 luglio 1999, n. 345, è "fondamentale, irrinunciabile e imprescrittibile", ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, comma 504, della 1. 24 dicembre 2007, n. 244, osservando che "la norma censurata non contrasta, poi, con gli artt. 31 e 37 della Costituzione, in quanto non incide sull'an del diritto alla pensione, ma solo marginalmente sul quantum; laddove il mancato aumento del trattamento previdenziale goduto da chi, alla data di entrata in vigore del d.lgs. n. 151 del 2001, già era in pensione, non vale a far considerare tale emolumento insufficiente ai fini della tutela imposta dalle norme costituzionali indicate".
La giurisprudenza di legittimità è, dunque, ormai attestata sulla configurabilità del beneficio della rivalutazione contributiva della posizione assicurativa come un diritto autonomo rispetto al diritto a pensione (solo questo primario ed intangibile - Cass., sez. un., 10 giugno 2003, n. 9219 -) che sorge in conseguenza del "fatto" della esposizione ad amianto e determina una maggiorazione pensionistica avente in un certo qual modo natura risarcitoria, e ciò perché nel sistema assicurativo-previdenziale la posizione assicurativa, nonostante la sua indubbia strumentalità, "costituisce una situazione giuridica dotata di una sua precisa individualità", potendo spiegare effetti molteplici, anche successivamente alla data del pensionamento, e costituire oggetto di autonomo accertamento.
Non si è, allora, in presenza di una prestazione previdenziale a sé stante ovvero di una pretesa all'esatto adempimento di una prestazione previdenziale (pensione) riconosciuta solo in parte ma di una situazione giuridica ricollegabile ad un "fatto" in relazione al quale viene ad essere determinato - in via meramente consequenziale -, con la maggiorazione, il contenuto del diritto alla pensione ("la disposizione di cui all'art. 13, comma 8, della legge n. 257 del 1992 [...] non ha istituito una nuova prestazione previdenziale, ma soltanto un sistema più favorevole di calcolo della contribuzione per la determinazione della pensione" - così Corte cost. 20 novembre 2008, n. 376 -).
Il lavoratore, laddove abbia la consapevolezza della esposizione ad amianto, può, a prescindere dalla questione se sia o meno pensionato e da quando, agire in giudizio, previa domanda amministrativa, per far valere il suo autonomo diritto. Non, dunque, per rivendicare una componente essenziale del credito previdenziale da liquidarsi ovvero già liquidato (parzialmente), bensì per chiedere qualcosa di nuovo e di autonomo.
Alla luce del suddetto orientamento (confermato dalla recentissima Cass. n. 17941 del 13 agosto 2014) non vi è ragione per non ritenere che, proprio perché vi è differenza tra diritto alla rivalutazione contributiva e diritto alla pensione nonché diritto ai singoli ratei, la prescrizione del diritto alla rivalutazione è definitiva e non può incidere solo sui singoli ratei (di maggiorazione).
Nella fattispecie in esame la Corte territoriale ha ritenuto, con una motivazione in fatto che non ha formato oggetto di specifica censura da parte della ricorrente (ancorché nella prospettiva della novella di cui all'art. 54, primo comma, lett. b, del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, nei termini chiariti da Cass., Sez. Un., n. 8053 del 7 aprile 2014), che detta consapevolezza fosse coincisa con il pensionamento (essendo già a tale data "nota e rimediabile la lesione del già maturato diritto alla maggiorazione contributiva, in sussistenza delle medesime condizioni di esposizione all'amianto già accertate da questa Corte"); era da tale momento che la lavoratrice poteva agire in giudizio.
Né vale ad incidere sul regime della prescrizione nei termini indicati, il richiamato art. 1, comma 115, della legge n. 190 del 23/12/2014, trattandosi di norma che attribuisce solo ad alcune categorie di assicurati ed in presenza di determinati presupposti (e così, in particolare, agli assicurati "all'assicurazione generale obbligatoria, gestita dall'I.N.P.S., e all'assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali, gestita dall'I.N.A.I.L., dipendenti da aziende che hanno collocato tutti i dipendenti in mobilità per cessazione dell'attività lavorativa, i quali abbiano ottenuto in via giudiziale definitiva l'accertamento dell'avvenuta esposizione all'amianto per un periodo superiore a dieci anni e in quantità superiori ai limiti di legge e che, avendo presentato domanda successivamente al 2 ottobre 2003, abbiano conseguentemente ottenuto il riconoscimento dei benefici previdenziali di cui all'articolo 47 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326") il più favorevole incremento contributivo di cui all'art. 13, co. 8, 1. 27 marzo 1992 n. 257, a condizione che ottemperino all'onere di presentare all'I.N.P.S. apposita istanza amministrativa entro il termine del 30 giugno 2015 (come prorogato dall'art. 12 vicies bis del D.L. 31 dicembre 2014, n. 192 convertito con modificazioni nella legge 27 febbraio 2015, n. 11) e con l'ulteriore delimitazione che "le prestazioni conseguenti non possono avere decorrenza anteriore al 1° gennaio 2015".
5. Alla luce delle considerazioni che precedono il ricorso principale deve essere rigettato (con assorbimento di quello incidentale).
6. La controvertibilità e complessità delle questioni trattate giustifica la compensazione tra le parti delle spese processuali.
7. La circostanza che il ricorso sia stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013 impone di dar atto dell'applicabilità dell'art. 13, comma 1 quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall'art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228. Invero, in base al tenore letterale della disposizione, il rilevamento della sussistenza o meno dei presupposti per l'applicazione dell'ulteriore contributo unificato costituisce un atto dovuto, poiché l'obbligo di tale pagamento aggiuntivo non è collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo - ed altrettanto oggettivamente insuscettibile di diversa valutazione - del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l'impugnante, dell'impugnazione, muovendosi, nella sostanza, la previsione normativa nell'ottica di un parziale ristoro dei costi del vano funzionamento dell'apparato giudiziario o della vana erogazione delle, pur sempre limitate, risorse a sua disposizione (così Cass. Sez. Un. n. 22035/2014).

P.Q.M.


La Corte riunisce i ricorsi, rigetta il ricorso principale, assorbito l'incidentale condizionato; compensa le spese del presente giudizio di legittimità.
Ai sensi dell'art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente principale dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13. Così deciso in Roma il 20 maggio 2015.