SENATO DELLA REPUBBLICA
XVII LEGISLATURA
Giunte e Commissioni

Resoconto stenografico

Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali, con particolare riguardo al sistema della tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro

Seduta n. 19, martedì 23 giugno 2015

Audizione del presidente e di rappresentanti dell’INAIL in ordine ai profili gestionali inerenti il Fondo vittime amianto
Audizione di rappresentanti delle organizzazioni sindacali CUB Trasporti e USB, in ordine ai profili di sicurezza e salubrità degli ambienti di lavoro connessi al recente incendio sviluppatosi all’aeroporto Leonardo da Vinci di Fiumicino

Presidenza della presidente FABBRI


Intervengono per l'INAIL il presidente, professor Massimo De Felice, il direttore generale, dottor Giuseppe Lucibello e il direttore centrale Prestazioni, dottor Luigi Sorrentini; interviene per CUB Trasporti Marco Bottiglieri, del coordinamento territoriale CUB; intervengono per USB i coordinatori Elena Casagrande e Guido Lutrario.

SULLA PUBBLICITÀ DEI LAVORI

PRESIDENTE
Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata attraverso il resoconto sommario e il resoconto stenografico nonché, ai sensi dell'articolo 13, comma 2, del Regolamento interno, attraverso l'attivazione dell'impianto audiovisivo. Poiché non vi sono obiezioni, resta così stabilito.

PROCEDURE INFORMATIVE
Audizione del presidente e di rappresentanti dell’INAIL in ordine ai profili gestionali inerenti il Fondo vittime amianto

PRESIDENTE
L’ordine del giorno reca lo svolgimento di audizioni.
La prima audizione prevista per oggi è quella dei rappresentanti dell'INAIL in ordine ai profili gestionali inerenti il Fondo vittime amianto
Diamo il benvenuto e ringraziamo il presidente, professor Massimo De Felice, il direttore generale, dottor Giuseppe Lucibello, e il direttore centrale Prestazioni, dottor Luigi Sorrentini.
Prima di lasciarvi la parola, vorrei brevemente ricordare che abbiamo recentemente effettuato una missione a Casale Monferrato. In tale ambito, tra gli altri, abbiamo audito anche il presidente e due consiglieri dell’Associazione familiari vittime dell'amianto (AFEVA), che si sono soffermati sul tema del provvedimento inserito nella legge di stabilità e sul Fondo nazionale vittime dell'amianto, nello specifico fornendoci copia della lettera che l'INAIL avrebbe inviato (al riguardo auspico che ci fornire tutte le informazioni del caso) al Ministero in merito ad alcune criticità legate all'ampliamento della platea dei soggetti beneficiari, così come previsto dalla scorsa legge di stabilità.
Per completezza nei confronti dei colleghi commissari, vorrei puntualizzare che tale lettera è stata ovviamente inviata ai vertici dell'INAIL per avere una traccia su cui ragionare insieme, non solo a proposito delle informazioni che assumeremo nel corso dell'audizione, ma anche su quanto saremo chiamati a riferire agli interlocutori incontrati nell'ambito della citata recente missione.
Lascio quindi la parola al professor De Felice.

DE FELICE
Signora Presidente, vorrei anzitutto ringraziare lei e i membri della Commissione per l'invito rivoltoci.
L'INAIL ha studiato abbastanza dettagliatamente il problema. Lo studio, come risulta dalla documentazione, riguarda anzitutto le risorse finanziarie a disposizione del Fondo e contiene anche un'analisi, che ritengo essere rilevante per i ragionamenti che verranno svolti, e che riguarda: la platea dei beneficiari, il tipo di prestazione economica e, non ultimi, i requisiti per l'accesso alla prestazione. Tale analisi è stata svolta dagli uffici tecnici dell'INAIL ed il dottor Lucibello ne potrà sintetizzare i termini. Credo che, dopo aver scorso questa problematica, si potrà rispondere ad eventuali richieste di approfondimento.

PRESIDENTE
Grazie, professor De Felice.
Lascio quindi la parola al dottor Lucibello.

LUCIBELLO
Signor Presidente, ringrazio anzitutto la Commissione per l'opportunità offertaci.
La nota di cui siete venuti in possesso segnala determinate criticità che nascevano, appunto, dalla complessa riconduzione in un quadro organico di una scelta legislativa che doveva condurre a talune soluzioni in ordine, come prima sottolineato dal presidente De Felice, all'individuazione puntuale degli aventi diritto per esposizione ambientale e familiare, alla misura della prestazione e delle risorse. Infatti, la disposizione in oggetto non individuava uno stanziamento ad hoc per la prevista estensione della tutela. Se pertanto si volesse dare immediata attuazione a tale disposizione, ciò sarebbe possibile attraverso l'individuazione delle risorse generali già destinate al Fondo gestito presso l'INAIL.
A questo riguardo, il 15 aprile scorso si è tenuta una riunione tecnica con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e con la Ragioneria generale del Ministero dell'economia e delle finanze, e in relazione alle indicazioni formulate in tale sede, in tempi abbastanza rapidi, il 30 aprile (cioè dopo quindici giorni) sono state fornite le basi tecniche per una scelta da parte dei Ministeri che, sostanzialmente, possono essere riassunte nei termini seguenti (rinvio per gli aspetti più tecnici al dottor Sorrentini).
Nello specifico, non potendo immaginare una riduzione delle prestazioni per i titolari della maggiorazione della rendita, quindi i destinatari del Fondo, l'unica fonte di copertura rinvenibile si è individuata nei residui del periodo 2008-2010, per un ammontare pari a circa 30,8 milioni di euro, detraendo la somma di 2,1 milioni di euro necessaria ad evitare una riduzione della percentuale di incremento della rendita. Con la somma residua, pari a poco più di 28 milioni di euro, operando una stima sulla base delle informazioni in nostro possesso, si può immaginare, per un triennio sperimentale, il riconoscimento di una prestazione una tantum pari a circa 5.600 euro, in relazione ad una platea che, sempre a livello di stima, è composta all'incirca da 5.140 soggetti.
C'è quindi una proposta tecnica per il triennio, superato il quale, trattandosi di risorse che andranno a finire, bisognerà anzitutto saggiare l'eventuale tenuta e sufficienza di questa prestazione e l'effettiva platea dei destinatari. Infatti, oggi stiamo operando in base ad una stima, laddove trascorso il triennio occorrerà nelle sedi competenti decidere se rifinanziare tale fattispecie, se ritenuta sufficiente, oppure richiedere, previo approfondito esame, l'articolazione di un diverso sistema di tutela.

PRESIDENTE
Grazie dottor Lucibello.
Do ora la parola al dottor Sorrentini.

SORRENTINI
Signora Presidente, onorevoli senatori, la lettera cui è stato fatto prima riferimento si inserisce sostanzialmente in un percorso iniziato con i primi emendamenti presentati al disegno di legge di stabilità, rispetto ai quali l'INAIL aveva prontamente rappresentato alcune problematiche. Successivamente all'emanazione della norma, l'INAIL ha svolto alcuni approfondimenti sulla formulazione ed ha poi partecipato ad una riunione tecnica nell'ambito della quale, insieme ai Ministeri competenti, ha ipotizzato delle proposte di soluzione alle criticità che la stessa formulazione della norma pone.
Ad esempio, occorre considerare che l'INAIL dispone ovviamente di informazioni dettagliate sulle esposizioni di origine lavorativa, mentre ha una conoscenza meno approfondita delle esposizione di origine non lavorativa. Ciò nondimeno, a seguito dell'incorporazione con l'ISPESL, sulla base dei dati non totalmente completi forniti dal Registro nazionale mesoteliomi (ReNaM) previsto dalla normativa salute e sicurezza, alimentato dai Centri operativi regionali (COR), si è tentato di stimare una platea, utilizzando peraltro anche i dati presenti in banca dati. Il ReNaM registra sia le esposizioni familiari, che quelle lavorative, sulla base - però - di interviste.
L'INAIL è andata anche oltre, cercando di individuare, come prevede la norma, un'ipotesi di soluzione (per altro sulla base di indicazioni emerse nel corso della riunione tecnica citata poc'anzi) nelle economie che si sono generate nei primi tre anni di applicazione del Fondo in favore dei lavoratori e dei loro superstiti. Queste economie si sono prodotte per effetto del fatto che, per il primo triennio, la misura della prestazione aggiuntiva è stata prevista in misura fissa, cioè in un'aliquota. La prestazione aggiuntiva è oggi erogata con due acconti ed un conguaglio: i primi due acconti sono finanziati con trasferimento delle risorse dello Stato, mentre il conguaglio con l'addizionale a carico delle imprese. A questo punto, l'Istituto ha ipotizzato di utilizzare gran parte di queste economie così generatesi nel Fondo. Peraltro, tali economie, sulla base delle indicazioni degli stessi Ministeri competenti, erano state preventivamente assegnate a contenere il normale decremento della percentuale della prestazione aggiuntiva in favore di lavoratori e superstiti: Ricordo, infatti, che questo decremento nasce dal fatto che il Fondo ha una dotazione fissa, mentre la platea è ovviamente crescente: sappiamo bene che le malattie asbesto correlate, in particolare il mesotelioma, purtroppo continuano ad avere un trend crescente, a causa del diffuso uso e della lunga latenza dell'amianto che pure è stato messo al bando da oltre venti anni.

LUCIBELLO
Mi sembra importante ricordare anche che la copertura del Fondo prevedeva 40 milioni per i primi due anni (2008-2009), che poi scendevano a 29,3 milioni una volta a regime. Quindi, bisognava necessariamente tenere conto di risorse decrescenti in presenza di una crescente platea di destinatari.

SORRENTINI
Pertanto, si è ipotizzato di utilizzare gran parte di queste economie a finanziamento di questa misura. La legge di stabilità, infatti, stabilisce che questa misura sperimentale si copre con la dotazione attuale del Fondo, ma non specifica in quale misura e in quale entità. Per questo, come abbiamo puntualmente evidenziato, occorrerà definire quale sia la quota parte da destinare alla nuova misura sperimentale, diversamente, vi saranno impatti anche sulla gestione corrente del Fondo. Quanto alla parte detratta, le economie erano state assegnate a contenere il decremento della prestazione in favore dei lavoratori e dei loro superstiti. Quindi, i circa 28 milioni testé citati sono stati individuati come possibile copertura della misura sperimentale.
Dopodiché, sulla base dei dati del ReNaM e delle informazioni disponibili, abbiamo stimato una platea di circa 5.140 destinatari. In relazione poi all'ulteriore passaggio della norma prevista dalla legge di stabilità ove si parla di esposizione familiare a lavoratori o ambientale, abbiamo ipotizzato che tale esposizione fosse comunque non lavorativa (un malato è un malato). Quindi, tra l'esposizione familiare e quella ambientale non cambia granché.
Abbiamo anche ipotizzato che la prestazione debba essere necessariamente una tantum, e questo perché l'attuale regolamento attuativo del Fondo, che oggi prevede che la prestazione aggiuntiva sia una percentuale della rendita diretta o a superstiti, non è applicabile per questi soggetti.
Indi, siccome vi è un tasso molto elevato di mortalità per questo tipo di patologie (per quanto riguarda il nostro portafoglio, questo tasso ha riguardato il 55 per cento delle rendite nel primo biennio e il 75 per cento nel quinquennio), abbiamo immaginato che una prestazione secca sarebbe stata significativa e con ciò mi riferisco a quei 5.600 euro corrispondenti alla spalmatura sulla platea di quelle risorse di cui ho detto poc'anzi.
Abbiamo fornito prontamente ai Ministeri vigilanti, partecipanti a quella riunione tecnica, questa nota tecnica per le valutazioni ai fini dell'attuazione della norma e quindi l'estensione dei benefici anche ai soggetti malati di mesotelioma per esposizione non lavorativa.

PRESIDENTE
Questa riunione tecnica con il Ministero si è tenuta?

SORRENTINI
Sì, il 15 aprile scorso. Segnalo che noi siamo a disposizione per la messa a punto del decreto, qualora questa scelta fosse condivisa.

PRESIDENTE
In sintesi, quindi, siamo in attesa delle decisioni del Ministero.

BORIOLI
Signora Presidente, io ringrazio il presidente, il direttore generale e il direttore Prestazioni dell'INAIL ai quali vorrei porre due domande.
Mi pare di avere inteso che, per quanto riguarda la vostra istruttoria tecnica, oggi abbiate definito una platea desunta dai dati ReNaM e che per ciascuno dei soggetti che la compongono nello schema da voi illustrato, sarebbe ipotizzata, l'erogazione una tantum di 5.600 euro, con cui si andrebbe a saturare quel residuo di 28 milioni esistente nel Fondo.
Faccio queste due brevi considerazioni, avendo avuto modo di seguire, per banali questioni territoriali, la costruzione di questo processo che ha portato alla definizione, nell'ambito della legge di stabilità, del comma che prevede l'ampliamento della platea dei destinatari. La decisione di formulare tale norma scaturì essenzialmente dagli incontri avuti con la Presidenza del Consiglio dei ministri a seguito della sentenza della Corte di cassazione che mandò assolto il responsabile del processo Eternit. La norma nasceva da una delle richieste avanzate dalle associazioni dei familiari delle vittime in qualche modo poi recepita dal Governo.
Sono quindi al corrente del fatto che in tale contesto si ritenne di agire per non determinare un incremento di spesa pubblica, andando a quindi a reperire le risorse necessarie in quello che veniva descritto come un fondo di circa 30 milioni.
Vorrei quindi avere delle informazioni sull'attivazione di questo meccanismo e anche sapere quando sarà pronto il decreto che, se ho ben compreso, non dovrebbe andare ad intaccare il quadro delle prestazioni erogate ai soggetti già titolati in questo triennio sperimentale.
Seconda questione. Mi interesserebbe conoscere la ragione per cui nella costruzione dell'istruttoria tecnica, cioè nel percorso che vi ha portato a sedimentare questo tipo di impostazione, non si sia mai ritenuto di dover svolgere un approfondimento con chi aveva la gestione del problema, cioè con il presidente (attualmente in regime di prorogatio) del Fondo per le vittime dell'amianto istituito presso INAIL.
Personalmente ho segnalato, peraltro prima del 15 aprile, alla responsabile che si stava occupando di questa pratica presso il Ministero l'esigenza di condurre approfondimenti per determinare quelle soluzioni tecniche che la norma, così come era scritta, non definiva in maniera sufficientemente chiara. Mi riferisco qui al colloquio avuto con la dottoressa Concetta Ferrari prima del 15 aprile, nel corso del quale lei mi sottolineò l'esigenza di avere un confronto con il Fondo nazionale per le vittime dell'amianto. Feci in modo di fornirle i necessari contatti, ma mi risulta che questo incontro non vi sia stato.
Mi piacerebbe però capire, essendo tale Fondo istituito presso INAIL, perché non si sia ritenuto di fare un approfondimento per capire quali potessero essere le implicazioni ed eventualmente apportare dei correttivi.
L'ultima questione è in realtà la richiesta di una semplice informazione. Voi avete dichiarato di aver licenziato gli atti tecnici in favore del Governo e dei Ministeri competenti; nel merito mi è anche stato riferito, sempre da una responsabile della struttura, circa un mese fa, che sarebbe ormai praticamente ultimato il decreto, recante la firma congiunta del Ministero dell'economia e delle finanze e del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Mi interesserebbe pertanto sapere se abbiate avuto notizie del decreto, visto che ci avete riferito di aver consegnato al Ministero la vostra valutazione tecnica, mettendovi anche a disposizione per tutto ciò che potesse servire a supporto del Ministero. In sintesi, non avete poi più avuto notizia circa l'iter del decreto successivamente all'invio degli atti presso il Ministero del lavoro da voi effettuato?

SORRENTINI
No.

BORIOLI
Ovviamente, è chiaro che la misura è di carattere sperimentale e tarata sul triennio. Io considero positivo il fatto che voi abbiate chiuso l'istruttoria, perché ciò dovrebbe aver fornito al Ministero gli strumenti necessari per adottare gli atti necessari a procedere.
Il carattere sperimentale della misura, infatti, e la sua limitazione al triennio implicano, evidentemente che, qualora la sperimentazione desse luogo all'esigenza o alla volontà, anche politica, di procedere, bisognerà poi pensare a delle modalità di rifinanziamento del Fondo. Questo era evidente fin dall'inizio.

SORRENTINI
Con riferimento alla prima questione con la quale si chiede di sapere se la destinazione di quote dell'economia incida sulla prestazione aggiuntiva attualmente erogata dal fondo in favore dei lavoratori e dei loro superstiti la risposta è affermativa perché ad oggi, essendo la dotazione del fondo fissa e la platea crescente, è evidente che quella percentuale non possa che decrescere. Per ovviare a questo decremento, antecedentemente all'introduzione della legge di stabilità e quindi dell'articolo 1, comma 116, d'intesa con il comitato e i Ministeri vigilanti e su proposta dell'Istituto, fu valutato e scelto di utilizzare quelle economie a mantenimento nel decennio del decremento di quella percentuale. È evidente che quei 28 milioni di euro non potranno più supplire a questo decremento, che è strutturale in un fondo concepito con una dotazione fissa e una platea crescente.

BORIOLI
Quale è la misurazione di questo effetto sul triennio in cui si applica la sperimentazione?

SORRENTINI
Degli oltre 30 milioni, 2,1 milioni ci servono per mantenere in equilibrio la percentuale fino al 2014. Dopodiché, questo meccanismo non funzionerà più e quindi la percentuale decrescerà perché la platea crescerà. Rispetto alla misura sperimentale e alla prestazione nei confronti dei non lavoratori, ciò non determina alcun effetto perché quelle risorse vengono destinate a copertura dei 5.600 euro per ciascuno dei malati di mesotelioma. La situazione, comunque, sarebbe in un certo equilibrio. Su questa ipotesi, anche nel corso della più volte richiamata riunione, è stata manifestata qualche perplessità e si è ravvisata la necessità di ulteriori approfondimenti da parte del Ministero dell'economia e delle finanze perché questo meccanismo avrebbe significato un'uscita maggiore in termini di cassa. Questo aspetto forse avrebbe dovuto essere oggetto di riflessione, ma ci stiamo riferendo ad un problema di interrelazione nella fase di costruzione del decreto tra il Ministero del lavoro e il Ministero dell'economia e delle finanze.
Quanto alla seconda questione posta dal senatore Borioli, faccio presente che quella riunione tecnica è stata convocata in virtù del fatto che la formulazione della norma poneva realmente dei problemi applicativi, peraltro ben noti alle associazioni delle vittime dell'amianto con le quali avendo contatti continui e anche proficui, avevamo avuto modo di constatare che spesso da parte loro c'era stata una concordanza di rilievi. Ciò nondimeno, abbiamo cercato di arrivare a quella riunione con delle ipotesi per cercare di trovare una soluzione a problemi dovuti a una norma forse scritta di fretta. Il tema vero però non è questo, ma il fatto che in quella fase abbiamo fornito delle valutazioni; all'interno del comitato, ancorché allocato presso l'INAIL, sono presenti gli stessi Ministeri che hanno partecipato alla riunione tecnica e laddove queste valutazioni fossero state totalmente condivise, noi ce ne saremmo fatti carico, ancorché i Ministeri stessi avrebbero potuto portare le loro valutazioni in quanto propedeutiche alla definizione di un decreto di loro paternità all'interno del comitato. Peraltro, il comitato non si è riunito per la nota ragione del rinnovo delle cariche. In quella fase probabilmente, proprio per una ragione di correttezza nei confronti dei Ministeri, i quali dovevano approfondire le ipotesi formulate in sede tecnica dall'Istituto, abbiamo ritenuto che questo aspetto dovesse essere colmato diversamente.
Per quanto riguarda invece l'ultima questione, ovvero quella relativa a una bozza di decreto, segnalo che all'INAIL non è stato chiesto di fornire il proprio apporto tecnico.

FUCKSIA
Vorrei un piccolo chiarimento.
Quando fate una previsione sui casi, a tal fine utilizzando il registro dei mesoteliomi, le indennità previste sono soltanto per i casi ipotizzati di malati di mesotelioma oppure l'indennità amianto viene estesa anche ad altre condizioni?
Mi interessava anche un altro chiarimento. In passato sono state erogate le famose indennità da esposizione ad amianto a molti lavoratori alcuni dei quali forse non erano stati poi così esposti; oggi invece ci troviamo di fronte a patologie di mesotelioma accertate e diagnosticate, ma non abbiamo la copertura finanziaria per l'erogazione delle indennità. Mi interessava quindi sapere dai nostri ospiti, che hanno una visione chiara della situazione almeno dal 2002, quando è stato istituito il registro dei mesoteliomi, un indirizzo e un consiglio per poter legiferare tenendo insieme il rapporto tra causa, effetto e risarcimento, evitando così possibili errori di valutazione.

SORRENTINI
Ricordo che il comma 116 dell'articolo 1 della legge di stabilità estende le prestazioni del fondo esclusivamente ai malati di mesotelioma. Faccio una breve premessa sottolineando che per quanto riguarda le patologie asbesto correlate il mesotelioma rappresenta la gran parte della platea delle malattie professionali. Peraltro, l'INAIL ne riconosce circa 600 casi l'anno, ne riconosce l'85 per cento quindi una percentuale molto elevata. Peraltro, non c'è un disallineamento, ma una quasi concordanza tra i dati registrati fino al 2012 dal Registro nazionale dei mesoteliomi (ReNaM) e i nostri. Il comma 116 aggiunge la prestazione del Fondo, con una particolare modalità che abbiamo in precedenza descritto, anche a malati di mesotelioma per esposizione non professionale.
Per quanto riguarda i lavoratori, è evidente che quelli titolari di rendita per una patologia asbesto correlata continuano a percepire le prestazioni INAIL e anche la maggiorazione prevista dal Fondo. È chiaro che l'erogazione delle prestazioni del fondo - parlo degli acconti - sono connesse ai trasferimenti che lo Stato fa all'Istituto e che - mi preme segnalarlo - non sono sempre tempestivi. L'Istituto si allinea ai tempi con cui i Ministeri trasferiscono le risorse.

PRESIDENTE
Verificheremo con il Ministero dell'economia e delle finanze e con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali lo stato dell'arte a proposito del decreto perché credo che, al di là delle difficoltà, sia importante dare attuazione prima possibile a quel dispositivo.
Congedo e ringrazio i nostri ospiti, dichiaro conclusa l'audizione e sospendo brevemente la seduta.

I lavori sospesi alle ore 14,05, sono ripresi alle ore 14,10.


Audizione di rappresentanti delle organizzazioni sindacali CUB Trasporti e USB, in ordine ai profili di sicurezza e salubrità degli ambienti di lavoro connessi al recente incendio sviluppatosi all’aeroporto Leonardo da Vinci di Fiumicino

PRESIDENTE.
È ora prevista l'audizione di rappresentanti delle organizzazioni sindacali CUB Trasporti e USB, in ordine ai profili di sicurezza e salubrità degli ambienti di lavoro connessi al recente incendio sviluppatosi all'aeroporto Leonardo da Vinci di Fiumicino.
Sono presenti Marco Bottiglieri, del coordinamento territoriale CUB, Elena Casagrande e Guido Lutrario, coordinatori USB,
Cedo la parola ai nostri ospiti.

CASAGRANDE
Signora Presidente, onorevoli senatori, buongiorno a tutti.
Tralascio di soffermarmi sulla parte relativa a come si è sviluppato l'incendio, che penso non sia oggetto di discussione in questa sede, per passare direttamente alla illustrazione dei dati che interessano questa Commissione che si occupa di infortuni sul lavoro.
Vorrei ripercorrere brevemente alcuni passaggi, a nostro avviso significativi, relativi alle dichiarazioni pubbliche rese dalle autorità aeroportuali. Come risulta dal verbale della prefettura, Aeroporti di Roma ed ENAC, il 12 maggio scorso (quindi appena cinque giorni dopo l'incendio), hanno dichiarato pubblicamente che i lavoratori che avevano dovuto ricorrere alle cure del pronto soccorso erano 120, un dato quindi già significativo. Ricordo che al tavolo istituito presso la prefettura cui abbiamo partecipato, sempre il 12 maggio scorso, abbiamo segnalato che il numero di 120 persone non era però esaustivo di tutti i lavoratori che erano ricorsi alle cure sanitarie, considerato che ve ne erano altri che si erano rivolti anche a strutture ospedaliere di Roma, tra questi il Sant'Andrea e il Sant'Eugenio dove per l'appunto si erano recati quei lavoratori che non rientravano nel numero citato che, torno a ribadire, per noi era comunque già significativo ed importante.
Successivamente, nella riunione del 3 giugno scorso sempre presso la prefettura, la ASL ha dichiarato di aver ricevuto 250 certificati da parte del pronto soccorso dell'aeroporto ed anche in quella sede siamo tornati a sottolineare che quel numero non era complessivo, perché c'erano tutta una serie di certificati che non erano stati rilasciati dal pronto soccorso dell'aeroporto.
C'è un'anomalia che ho registrato in tutta questa vicenda. Nello specifico occorre osservare che nella fase iniziale i lavoratori hanno presentato specifiche patologie, tutte riconducibili all'insalubrità dell'ambiente in cui lavoravano; non a caso, tutti presentavano la stessa sintomatologia, che può essere riassunta in vertigini, senso di nausea e infiammazione delle vie respiratorie, tanto è vero che - cito un solo certificato, ma potrei citarne tanti altri rilasciati dall'ospedale Sant'Eugenio di Roma - si parla di ustione al naso e alla gola per contatto con sostanze caustiche così come di sanguinamenti dal naso e di congiuntiviti. Sono quindi specificate le patologie lamentate dai lavoratori che più o meno presentavano tutti, a ripetizione, le stesse sintomatologie.
L'anomalia che si è verificata, che penso debba essere oggetto di indagine, è la seguente. Nella prima fase, i lavoratori che, anche per svenimento, sono stati portati al pronto soccorso dell'aeroporto, sono stati registrati come lavoratori che stavano subendo un'intossicazione a causa di quanto successo dopo l'incendio. A loro è stata data una prognosi di 7,8 o 10 giorni, a seconda del giudizio del medico che li ha visitati e correttamente è stata aperta la procedura di infortunio sul lavoro. Dopo la prima settimana nel corso della quale si è assistito a questa prassi, c'è stato un cambio repentino nell'atteggiamento del pronto soccorso dell'aeroporto, che ha iniziato a rilasciare certificati di diversa natura (naturalmente quanto sto dicendo può essere confermato sulla base di atti a nostra disposizione). Nello specifico è accaduto che anche laddove il lavoratore presentava una sintomatologia grave e significativa, è stato rilasciato un certificato con prognosi di un giorno. Inoltre, non è stata più aperta la procedura di infortunio sul lavoro, invitando il lavoratore, qualora lo volesse, a rivolgersi all'INAIL.
Ritengo questa una prassi veramente anomala e ingiustificata, visto che tanti medici di base a cui si sono rivolti i lavoratori usciti dal pronto soccorso hanno aperto la procedura di infortunio e inviato la relativa certificazione; ad altri lavoratori, invece, è stata riconosciuta la malattia. Si è quindi assistito ad un'azione difforme a seconda della struttura e del medico cui il lavoratore si è rivolto. Molti lavoratori, usciti dal pronto soccorso con un giorno di prognosi, si sono poi recati nelle strutture ospedaliere di Roma, dove sono stati addirittura ricoverati per riconosciuta gravità dello stato di intossicazione che presentavano.
Questo è il primo dato significativo che desideriamo sottoporre all'attenzione di questa Commissione che si occupa di infortuni sul lavoro. A nostro avviso, tutti i casi di coloro che si sono sentiti male a seguito dell'incendio in aeroporto devono essere considerati infortuni sul lavoro dovuti alla insalubrità del luogo e contemplati secondo quanto al riguardo previsto. Infatti, anche il caso del lavoratore che, uscito dal lavoro, si è recato dal medico di base che gli ha riscontrato una forma di intossicazione (noi abbiamo certificati rilasciati da medici di base in cui si parla, appunto, di intossicazione) è comunque infortunio. Il lavoratore, infatti, si è recato dal medico di base dopo aver prestato servizio dentro l'aeroporto, in quelle condizioni. Quindi, non si tratta di malattia, ma di infortunio.
Questo non è però avvenuto e credo si tratti del primo dato significativo di quanto è successo in aeroporto.
Dopodiché, vorrei accennare ad un tema che non so però se sia oggetto di esame da parte della Commissione. Nello specifico mi riferisco al fatto che dall'8 maggio in poi non siano state messe in atto tutta una serie di misure di prevenzione e precauzione a tutela della salute dei lavoratori, attraverso il ricorso a dispositivi di protezione individuale (ma non solo), come mascherine e occhiali. Inoltre, alcuni medici competenti, nello specifico quelli della Polizia di Stato, hanno deciso che il proprio personale non potesse permanere in quell'ambiente, perché insalubre, personale che quindi è stato protetto; diversamente, il medico competente aziendale dopo aver visitato alcuni lavoratori ha dichiarato che in quello stesso ambiente c'erano le condizioni per lavorare, per cui questi lavoratori hanno continuato a lavorarvi e, per la prima settimana, anche senza fare ricorso ad alcun dispositivo di protezione individuale. Quindi, è evidente che anche gli infortuni che si sono verificati sono da addebitare alle autorità competenti che hanno omesso di intervenire su un tema così importante e delicato come la salute dei lavoratori.
Quanto alla situazione attuale, va segnalato che i lavoratori hanno cronicizzato una serie di patologie e di infiammazioni, che le nuove prescrizioni della ASL riescono a contenere. Tuttavia, tali prescrizioni non vengono applicate uniformemente a tutti i lavoratori, per cui ci sono lavoratori di alcune aziende che sono protetti, e quelli di altre aziende che non lo sono. È vero che i tempi di permanenza massima di quattro ore e l'uso costante e continuativo della mascherina protettiva per le vie respiratorie hanno limitato il danno, che, però, era già avvenuto. Tant'è che, come dicevo, molti lavoratori hanno cronicizzato addirittura stati infiammatori alle vie respiratorie, congiuntiviti ed altri sintomi. Per questa ragione, credo che l'emergenza non sia terminata.
Mi sembra importante segnalare che T'Istituto superiore di sanità, nella sua ultima relazione abbia indicato in maniera chiara la necessità di una bonifica di quelle aree, che definisce compromesse, rilevando come il fenomeno dell'inquinamento sia spazialmente diffuso all'interno dell'aeroporto e quindi anche la necessità di effettuare rilevamenti in altre aree, prendendo in esame anche altri inquinanti che non si è ancora avuto il tempo di analizzare.
In merito alle responsabilità, ritengo che meritino attenzione le dichiarazione rese ai lavoratori anche oggi da Aeroporti di Roma che nell'arco di 24 ore dall'incendio del 7 maggio scorso, era evidentemente già in grado di affermare che l'ambiente era salubre e che i lavoratori potevano lavorare, quando è ormai acclarato (non da me, che non ho le competenze, ma dall'Istituto superiore di sanità, dall'ARPA e dalla ASL) che in 24 ore gli inquinanti non possono essere rilevati, tant'è che la società privata che ha effettuato le prime analisi per conto di Aeroporti di Roma non solo non ha rilevato le diossine, ma non le ha neanche ricercate, così come non si è indagato sulla presenza di metalli. Ad ogni modo, già da quelle analisi risultavano significative concentrazioni di naftalene, che è noto a tutti essere una sostanza cancerogena.
Tornando alla situazione attuale, nella relazione dell'Istituto superiore di sanità si evidenzia in maniera chiara la necessità di una bonifica, ma ciò è accaduto tardivamente, dopo ben 40 giorni dall'incendio in cui i lavoratori hanno continuato a lavorare in quella condizione. Basti pensare che il personale addetto al terminal T3 opera tuttora in un'area in cui sono presenti pannelli di chiusura che non si comprende bene se coprano o meno parte delle bonifiche che si stanno effettuando; aggiungo che anche gli esperti della Belfor, la società tedesca cui si è rivolta Aeroporti di Roma, e che sta operando in aeroporto, segnalano misure insufficienti a bonificare l'area e sottolineano la necessità di chiudere il terminal T3 ai fini della sua completa bonifica attraverso l'utilizzo di apparecchiature specifiche.
Noi rimarchiamo, in conclusione, la nostra preoccupazione a fronte di comportamenti da cui sono conseguiti gravi danni per la salute dei lavoratori, e che hanno provocato infortuni significativi e pesanti, sia in termini numerici, sia dal punto di vista delle sintomatologie manifestatesi. Auspichiamo quindi che tale situazione non abbia più a ripetersi nel futuro, dal momento che sappiamo bene che queste sostanze possono portare negli anni all'insorgere di patologie.
A tal riguardo, mi interesserebbe sapere se lo screening medico predisposto dalla Regione Lazio continuerà nel tempo e come sarà effettuato. Mi piacerebbe pensare che anche l'INAIL potesse interessarsi alla valutazione di questi infortuni sul lavoro, relativamente alle conseguenze che potranno svilupparsi nel tempo.
La nostra preoccupazione tuttavia permane perché, nonostante la richiesta di bonifica da parte dell'Istituto superiore di sanità, i lavoratori continuano a lavorare nelle aree definite come critiche. Riteniamo anche che qualora la bonifica non dovesse essere effettuata seriamente, si continuerà ad esporre i lavoratori ai rischi che hanno subito dal 7 maggio ad oggi.

BOTTIGLIERI
Signora Presidente, sono un coordinatore territoriale della CUB Trasporti ma, come noterete dalla divisa, sono anche un lavoratore che presta la propria opera nell'area del famigerato terminal T3 dell'aeroporto di Fiumicino.
Non ho molto da aggiungere alla perfetta cronistoria fatta dalla mia collega Elena Casagrande dell'USB, se non un breve accenno su come tutto ciò abbia avuto inizio, anche per evitare di incorrere, in futuro, in casi analoghi in cui si è costretti a fronteggiare infortuni di tale gravità ed entità.
Occorrerebbe anche riflettere per capire come sia potuto avvenire un incendio di quel tipo, che ha provocato quel genere di danni in un aeroporto che, da questo punto di vista, avrebbe dovuto trovarsi al livello più elevato dal punto di vista delle misure di sicurezza e prevenzione, e per quanto riguarda il sistema antincendio e le porte frangifiamme. Sotto questo profilo ci aspettiamo che, almeno da parte della magistratura, sia fatta luce, al fine di evitare di trovarsi un giorno di nuovo a dover affrontare questo grande numero di infortuni. Ci stiamo infatti riferendo ad alcune centinaia di casi, come confermato da Aeroporti di Roma, da cui, come ben sapete, dipende il pronto soccorso a cui molti lavoratori sono ricorsi.
Tengo anche a sottolineare che abbiamo molto apprezzato l'intervento della Commissione. Finora, infatti, abbiamo riscontrato, per usare una espressione soft, alcune carenze da parte delle istituzioni pubbliche, per non parlare poi del silenzio vero e proprio delle istituzioni più politiche e, quindi, dei vari Ministeri. Ad oggi, infatti, non mi risulta che tali organi abbiano, nello specifico, fatto nulla se non auspicare la riapertura del terminal T3, oppure detto qualcosa di significativo e pregnante sulla pesante situazione che si è creata per la salute dei lavoratori, ed anche dei passeggeri.
Abbiamo assistito a grandi ritardi, ma anche - secondo una usanza molto diffusa in questo Paese - ad un rimpallo di responsabilità e ad una timidezza delle istituzioni interessate e mi riferisco alla ASL, all'ARPA e all'Istituto superiore di sanità, che per l'appunto sono intervenuti con molto ritardo.
Vorremmo poi capire come sia stato possibile che, in una prima fase, la società Aeroporti di Roma, probabilmente sostenuta in questo dall'ENAC, sia stata lasciata a ricoprire il ruolo dell'autorità tanto da poter decidere all'indomani dell'incendio, sulla riapertura del terminal T3 e, successivamente, su quella del molo D. Come ricorderete, il molo D è stato chiuso e posto sotto sequestro soprattutto per l'intervento della magistratura, sollecitata in tal senso anche da due nostri esposti alla procura.
Ora se è vero che Aeroporti di Roma è l'ente gestore aeroportuale a cui attengono tutta una serie di responsabilità, occorre tuttavia considerare che si tratta pur sempre di una società privata che, come tale, è comprensibile che tenda a prendere più in considerazione la necessità di rideterminare i modelli di operatività e di business dell'area interessata dall'incendio e delle aree limitrofe, piuttosto che considerare questioni che dovrebbero essere di maggiore pertinenza delle istituzioni pubbliche.
La collega Casagrande ha riportato benissimo la scansione delle date. L'Istituto superiore di sanità, se ben ricordo, ha diffuso i risultati delle analisi, che sono abbastanza esaustivi e, pur nell'impossibilità istituzionale di sancire una decisione rispetto a chiusure o meno di aree, o sulla modalità con cui condurre le bonifiche, mi pare sia giunto a conclusioni chiarissime, allorquando i risultati parlano di una sorgente ancora attiva di emissione di agenti contaminanti. Altrettanto chiare mi sembrano le indicazioni circa la qualità di questi agenti contaminanti e la spazialità, ovvero la diffusione ben al di là dell'area interessata dall'incendio di queste sostanze.
E qui torniamo alla questione che a mio avviso non è stata mai affrontata così come invece avrebbe dovuto. Mi riferisco alla bonifica, che non può essere portata avanti in aree che continuano, comunque, ad essere a contatto con i settori, le strutture e gli spazi dove lavorano e transitano gli addetti aeroportuali e dove stazionano i passeggeri.
Questo, nello specifico, è il caso dell'area del terminal T3 allo stato aperta e dell'area di imbarco C. Si tratta di aree completamente assimilabili al molo D, che tuttora non è operativo, anche se dissequestrato per permettere le operazioni di bonifica.
L'area del terminal T3 è stata parzialmente chiusa da qualche giorno ma, come riferiva esattamente la collega Casagrande, per mezzo di teloni che non sono assolutamente isolanti e attraverso i quali transitano, sollevandoli, gli operai della ditta Belfor, a volte trasportando all'area aperta del materiale che depositano in container posti davanti al terminal T3. Quindi, questi operai transitano in aree rimaste aperte al passaggio di addetti e a passeggeri, il che da profano non mi sembra certo un modo idoneo per condurre la bonifica di un'area che sembra risultare contaminata da sostanze abbastanza importanti quanto ai loro effetti sulla salute.
La questione del molo D è quella forse più richiamata sulle pagine dei giornali, e anche dai telegiornali, molto spesso, più che per sottolineare le nostre preoccupazioni, per manifestare espressioni di giubilo per la riapertura di un'area ai fini del progressivo raggiungimento del massimo livello operativo dello scalo.
È però rimasta da sempre sottaciuta la questione del terminal T3, ovvero della zona direttamente antistante e contigua all'area dell'incendio, così come lo è lo stesso molo D. L'area d'imbarco C è l'area di imbarco interna, molto vicina all'area dell'incendio tanto che ancora oggi a livello olfattivo si percepiscono gli odori derivanti dalla combustione dei materiali.
Noi avevamo fatto delle sollecitazioni a tale riguardo e, per quanto tale problema non sia di diretta competenza di questa Commissione, nel merito desideriamo rivolgervi un appello. Se il molo D è stato sequestrato e poi dissequestrato, se tuttora non è operativo e se sembra siano state poste, giustamente, delle pesanti condizioni sulle modalità di bonifica, a questo punto anche il terminal T3 dovrebbe essere sottoposto a misure analoghe.
Segnalo che alcuni addetti hanno continuato a lavorare fino alle 21 del giorno precedente nelle aree che poi sono state sottoposte a chiusura. Per un mese circa abbiamo continuato a lavorare e continuiamo a lavorare nell'area rimasta aperta del terminal T3, e nell'area di imbarco C, che presentano condizioni direttamente assimilabili a quelle del molo D, dove, tra l'altro, si è registrato il maggior numero di malori tra i lavoratori che si sono recati al pronto soccorso e presso strutture sanitarie esterne all'aeroporto.
Questo è l'intervento che abbiamo richiesto sin dall'inizio e rispetto al quale abbiamo invece riscontrato una timidezza, un ritardo e forse anche un'incapacità di capire a chi spettasse prendere le decisioni. Questo dato è emerso anche in prefettura. In tale sede si è compreso che per quell'aeroporto - che è un hub internazionale di grandissima importanza, che muove miliardi di investimento da parte di Aeroporti di Roma per progetti di ampliamento, considerato che i trend di traffico sono fortunatamente in aumento da anni e forse lo saranno anche in futuro- non era previsto un piano d'intervento che stabilisse a chi spettasse il coordinamento sulle cose da fare e su come e quando farle. Solo in prefettura, al momento della firma del verbale, che né CUB né USB hanno sottoscritto, si è posto questo problema tra le parti sociali e i soggetti istituzionali intervenuti. Anche questo è un aspetto che a mio avviso meriterebbe attenzione proprio per evitare che in futuro accada di nuovo che si riapra l'aeroporto di Roma il giorno dopo ad un incendio sulla base dei risultati di analisi commissionate da una società privata ad un'altra società privata che, da quanto ho capito - non sono biochimico o un esperto della materia - sono state anche sbugiardate dalle successive analisi dell'ARPA e dell'Istituto superiore di sanità.
Credo che anche su questa vicenda andrebbe fatta un po' di luce. C'è poi la questione del terminal T3 a cui, secondo noi, non viene dedicata la dovuta attenzione in termini di misure di sicurezza, che dovrebbero essere analoghe a quelle prese per il molo D.
Accanto a questo c'è il discorso del monitoraggio perché i numerosissimi casi di malore ci indicano che le sostanze contaminanti hanno avuto un effetto in fase acuta. Noi a tale riguardo stiamo redigendo un dossier, chiedendo ai lavoratori di fornirci i certificati attraverso i quali ricostruiremo tutta la vicenda, possibilmente dando vita anche ad una vera e propria pubblicazione. Sul punto, come CUB e USB, abbiamo chiesto una consulenza a degli esperti di fama internazionale in materia di nanoparticelle e di nanopatologie quali sono i professori Montanari e Gatti. Al riguardo si pone un grossissimo punto interrogativo sugli effetti a medio e lungo termine e se mi è consentito citerò in proposito un episodio divertente: la segretaria territoriale della CGIL ci ha accusato di voler spaventare i lavoratori e di farli così morire di infarto. Noi non vogliamo far morire nessuno, noi siamo sinceramente preoccupati. Uno dei due consulenti cui ci siamo rivolti, come dicevo, è la professoressa Gatti, che ha lavorato sul post attentato alle Torri gemelle - un evento sicuramente non paragonabile per dimensioni e rilevanza a livello internazionale all'incendio di Fiumicino, fermo restando che la tipologia di sostanze prodotte dalla combustione è assimilabile - e che aveva previsto che probabilmente ci sarebbe stato un grosso numero di patologie direttamente connesse a quell'evento. Noi non vogliamo che questo si avveri e per questa ragione richiamiamo l'attenzione della Commissione, così come quella di tutte le istituzioni pubbliche che hanno responsabilità nel campo della salute e della sicurezza dei lavoratori e dei passeggeri. Io lavoro nel settore passeggeri e dal 9 maggio fino ad oggi ho visto tantissimi passeggeri transitare nelle aree dove i colleghi avevano accusato dei malori. Così come ho visto anche passeggeri sentirsi male e bambini e anziani prendere aerei passando attraverso quelle stesse aree. Questo per quanto riguarda la fase acuta.
Per quanto riguarda la fase media e a lungo termine spererei che, di concerto con l'ASL e con l'Istituto superiore di sanità, sollecitati da questa Commissione e con la collaborazione dell'INAIL, si riesca almeno su questo livello in maniera tempestiva, puntuale, continuativa e approfondita a mettere in piedi un sistema serio di monitoraggio e screening della salute di tutti i lavoratori che hanno lavorato e continuano a lavorare in quella area perché non ci piacerebbe proprio che tra venti anni qualcuno ex post si dovesse trovare costretto a dirci: avevate ragione. Non vogliamo avere ragione, ma lavorare tranquilli in un luogo che, essendo un aeroporto intercontinentale, pensavamo fosse il tempio della salute, della sicurezza e della regola d'arte applicata a tutti gli impianti e sistemi di prevenzione e protezione. Non vorremmo, ripeto, avere ragione tra venti anni, ma ci piacerebbe che le nostre preoccupazioni e sollecitazioni fossero accolte immediatamente.

PRESIDENTE
Prima di dare la parola ai colleghi per eventuali domande, per ragioni di completezza di informazione, mi preme segnalare che una delegazione della Commissione ha effettuato un sopralluogo proprio per cercare di capire la vicenda che ha riguardato il secondo sequestro del molo D e la questione, che anche voi avete affrontato, del terminal T3. Abbiamo fatto approfondimenti cercando spiegarci perché al riguardo ci fossero confusione, dati diversificati e informazioni parcellizzate. Abbiamo, quindi, voluto renderci conto di persona se la situazione fosse quella denunciata.
Interpretando anche il pensiero degli altri colleghi, posso dire che la situazione ha «sorpreso» anche noi perché tra l'utilizzo della maschera e il mancato utilizzo della stessa la sensazione percepita è stata completamente diversa. Abbiamo anche notato che i vostri colleghi del terminal T3 indossavano la mascherina, ma questa misura, se non ricordo male - mi risulta sia stata adottata molti giorni dopo l'incendio e cioè quando, più o meno contestualmente, è stato sottoposto a sequestro il molo D e hanno cominciato a circolare i primi dati circa la presenza di contaminanti e di aria non salubre.
Ci sono ovviamente responsabilità sulle quali questa Commissione intende indagare senza omettere nulla e senza esasperare gli animi, considerato che per noi l'interesse prioritario e primario è quello della tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro. Noi indaghiamo anche sulla causa scatenante dell'incendio, ma questa è l'elemento che ci conduce a ragionare su quello che ci interessa capire, ovvero se prima dell'incendio fosse assicurato il rispetto delle norme in materia di sicurezza e prevenzione dei lavoratori e dei passeggeri e se a incendio avvenuto siano state garantite le stesse misure. Attraverso questo lavoro - spero non particolarmente lungo - auspichiamo di farci una quadro abbastanza chiaro della situazione per l'appunto ai fini della tutela della sicurezza dei lavoratori
Rivolgo una breve domanda alla signora Casagrande. Lei prima ha sottolineato che, nonostante fossero passati diversi giorni dall'incendio, i lavoratori del terminal T3 dovevano essere protetti da mascherina. In tale frangente ricordo che il comunicato stampa diffuso ufficializzava anche il dimezzamento degli orari di impiego da quattro a due ore, da sei a tre. Lei prima diceva invece che, al di là della questione del personale della Polizia di Stato, e nonostante le prescrizioni alcuni lavoratori risultano e altri ancora no.
Infine, essendo la nostra una Commissione d'inchiesta, vi chiediamo di farci pervenire tutto il materiale, quale ad esempio copie di certificati, dichiarazioni, denunce, ai fini della completezza delle informazioni e anche per arrivare ad ottenere i risultati cui accennavo poc'anzi.

CASAGRANDE
Signora Presidente, quanto alla prima questione da lei sollevata, posso dire che io sono una delle lavoratrici che non sta lavorando nell'area adiacente a quella interessata dall'incendio perché il medico competente della mia azienda ha dichiarato che l'aria in quel settore è insalubre e pone a rischio i lavoratori che quindi non vi debbono stazionare. Questo vale per i dipendenti della mia azienda e per il personale della Polizia di Stato, che è stato sostituito. Occorre considerare che tale personale è necessario in affiancamento ai lavoratori di Aeroporti di Roma che si occupano della sicurezza dei passeggeri. I primi giorni i lavoratori di ADR hanno lavorato in completa violazione della normativa perché svolgevano attività di sicurezza senza l'affiancamento della Polizia, come invece obbligatoriamente previsto per il controllo, non solo dei passeggeri, ma anche del personale aeroportuale addetto.
Come addetta aeroportuale, nelle giornate dell'8, 9 e 10 maggio sono entrata nella zona extradoganale con il tesserino aeroportuale ed ho subito la perquisizione da parte dell'addetto alla sicurezza di Aeroporti di Roma, in assenza della Polizia di Stato, la cui presenza - ripeto - è obbligatoria anche per il controllo di noi dipendenti. Dopodiché, il personale della Polizia di Stato è stato sostituito da quello della dalla Guardia di finanza e dei Carabinieri e quindi l'affiancamento viene ora garantito da finanzieri e carabinieri.
Nelle zone adiacenti, una serie di aziende non hanno mai riaperto, perché i medici competenti hanno dichiarato che non era bene che i lavoratori permanessero in quelle aree. La Polizia ha spostato i propri addetti nella caserma all'interno del sedime portuale, ma all'esterno dell'area aeroportuale. Questo è il primo dato.
Seconda questione. Le prescrizioni della ASL sull'uso della mascherina sono state fornite, per la prima volta, il 29 maggio scorso. Il 30 maggio Aeroporti di Roma, in qualità di gestore dell'aeroporto, ha diramato la comunicazione a tutte le aziende. Ricordo che questo è avvenuto a distanza di 22 giorni dalla data dell'incendio. Aggiungo che le prescrizioni sono state fornite dalla ASL e diramate da Aeroporti di Roma anche per quanto riguarda il molo C, di cui parlava il collega, che è una zona adiacente, direi contigua a quella interessata dall'incendio e dove, tra l'altro, si trova tutta l'area commerciale, all'interno della quale si sono verificati infortuni piuttosto pesanti; come certificato, infatti, alcune lavoratrici del commercio sono finite al pronto soccorso per crisi asmatiche acute e gravi ed è stato loro somministrato cortisone per endovena, pur tuttavia sono state rimandate a lavorare. In tal caso, quindi, le prescrizioni non sono state osservate, tanto che si lavora per otto ore al giorno senza mascherina. Al riguardo abbiamo quindi ripetutamente chiesto una verifica da parte della ASL e del Servizio di prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro (SPRESAL), verifica che però credo si sia omesso di fare, visto che da quanto ho potuto riscontrare la situazione in quell'area non sembra essersi modificata. Ad ogni modo, dispongo del verbale della prefettura del 3 giugno scorso, dove si può leggere il resoconto dettagliato della ASL in ordine a tutti gli interventi e ai dati dell'ARPA, e che se volete, possiamo lasciare agli atti della Commissione.

PELINO
Ringrazio anzitutto gli auditi per il contributo offerto, e mi unisco a quanto già sottolineato dalla Presidente, avendo anch'io partecipato al sopralluogo presso l'aeroporto.
Non farò alcun commento, mi limiterò a titolo personale a rilevare che l'intera vicenda è stata un po' sottovalutata. Con il senno del poi siamo tutti capaci di valutare ed intervenire, ma occorre considerare i danni che si sono verificati allora e le eventuali ripercussioni di oggi.
Voi avete accennato alla situazione dei lavoratori che operano soprattutto nella zona C, dove si respira un'aria pesante. Anche con riferimento a questo aspetto mi sento di dire che si sottovaluta il problema: mi riferisco alla assenza dell'obbligatorietà dell'uso della mascherina e all'esigenza dei relativi controlli. Io e la Presidente abbiamo per così dire "intervistato" alcuni lavoratori dell'aeroporto durante il sopralluogo Negli esercizi commerciali, dove naturalmente si avvertono ancora problemi, i lavoratori non indossano le mascherine, perché reca loro fastidio, dal momento che non permette di parlare né di indossare gli occhiali. Al riguardo servirebbero quindi dei controlli, perché non ci si può soffermare solo sulle conseguenze dei danno già fatti, ma è bene anche cercare di prevenirne di ulteriori. Per questa ragione, credo che bisognerebbe insistere affinché vengano effettuati controlli quotidiani, perché stiamo parlando di un'area in cui la gente transita.
Abbiamo visto delle tabelle affisse - immagino a cura della ASL - nelle aree che vengono considerate a "disco verde", ovvero luoghi in cui è possibile permanere.

PRESIDENTE
A cura della società privata incarica da Aeroporti di Roma.

PELINO
Vengono considerate "a disco verde", ma i casi di intossicazione che ci sono stati riportati sono reali. Infatti, non immagino che tutti i certificati medici riportino dati non corrispondenti alla realtà, magari in alcuni casi si sarà anche esagerato, ma non bisogna trascurare che i fenomeni di intossicazione ci sono stati.
La Commissione si è recata in aeroporto a distanza di un mese dall'incendio e l'odore nell'aria ancora si percepiva bene. In base al monitoraggio è stato consentito il transito, naturalmente non attraverso il molo D, o il terminal T3, perché sono chiusi, ma nelle aree adiacenti nelle quali però - torno a ribadirlo - l'odore dovuto alla combustione ancora si sente. Quindi, occorre rendere obbligatorio l'uso di queste protezioni, proprio perché non sappiamo se oggi il rischio permanga ancora. Questo è quello di cui dobbiamo renderci conto proprio ai fini della sicurezza, perché attraverso quelle aree transitano persone. Alla luce di quanto detto sento di poter affermare che forse si continua tuttora a sottovalutare la vicenda.

BAROZZINO
Signora Presidente, ringrazio anzitutto gli auditi per la loro presenza. Grazie anche per le diverse segnalazioni che ci sono da loro pervenute. Di qualcosa eravamo già al corrente; ad esempio eravamo informati del fatto che vi sono stati comportamenti diversi tra i lavoratori, tra coloro che godono di maggiori garanzie (mi riferisco all'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori) e chi invece non avendo garanzie tiene un atteggiamento diverso.
Signora Presidente, desidero porre due o tre domande. Non sono molto d'accordo con quanto testé sottolineato dalla senatrice Pelino. Ho svolto il ruolo di rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (RLS) e mi sento di poter dire che i dispositivi di protezione individuale (DPI) vanno utilizzati, ma se c'è qualcosa che non va, bisogna intervenire alla radice, non si può pensar di risolvere i problemi con i DPI. Questi ultimi sono uno strumento da utilizzare per tamponare una situazione per qualche giorno, ma qui parliamo ormai di mesi.
Da quanto ho capito, i medici competenti hanno tenuto degli atteggiamenti diversi. Gli RLS di stabilimento hanno chiesto, con urgenza, una riunione periodica per capire la ragione alla base di questa diversità di comportamenti? Infatti, se tutti i lavoratori hanno subito il medesimo infortunio, dovuto all'inalazione di fumi, in qualità di RLS la prima cosa che chiederei (e immagino sia stato fatto) è una riunione periodica, così come tra l'altro previsto dal decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, nell'ambito della quale i medici competenti siano chiamati a dichiarare agli RLS e all'opinione pubblica la ragione di tali atteggiamenti diversificati. Qual è il dato che fa cambiare un referto medico? A mio avviso questo è un aspetto veramente preoccupante e chiedo alla Presidente e all'intera Commissione di farsi carico di questo problema.
Al di là dell'obbligo della mascherina, la prima cosa per comprendere a fondo la situazione, è collocare dei rilevatori ambientali che funzionino costantemente nelle aree che i nostri ospiti ci hanno segnalato essere quelle in cui si ravvisano le maggiori criticità.

PRESIDENTE
Ci sono già.

BAROZZINO
Ci sono già? E allora perché questi dati arrivano così in ritardo?

PRESIDENTE
Senatore Barozzino, noi saremo chiamati ad audire anche chi fa questo tipo di rilevazione. Ad ogni modo, questi apparecchi ci sono già.

BAROZZINO
Si è parlato di 120 certificati, ma alla fine i certificati sono stati 250 e, secondo alcuni, anche di più. Ma in concreto, noi sappiamo oggi quanti sono i lavoratori interessati da tutta questa vicenda? Personalmente ho ricevuto una mail che riportava una cifra ancora superiore ai 250 casi; in conclusione, sarei interessato a conoscere il numero esatto dei lavoratori che hanno subito infortuni a seguito dell'incendio.

CASAGRANDE
Per quanto riguarda i rilevamenti sono costantemente attivi i presidi dell'Istituto superiore di sanità e quelli dell'ARPA. Quindi, l'aerea è sottoposta a un continuo monitoraggio. I dati raccolti finora dicono che il gradiente di sostanze tossiche presenti nell'area è ancora elevato.
Quanto ai certificati, posso dire che al riguardo c'è un problema. La ASL ha dichiarato pubblicamente in prefettura di avere richiesto a tutti i presidi ospedalieri di Roma di esibire i certificati dei lavoratori aeroportuali che si sono rivolti a loro strutture. Noi, però, non possiamo avere contezza di quanti siano questi lavoratori perché, ovviamente, i certificati andranno alla ASL.
Pertanto, se audirete anche esponenti della ASL sicuramente essi saranno in grado di fornire il dato complessivo di tutti i certificati raccolti dalle strutture ospedaliere di Roma.
In merito all'azione degli RLS, senatore Barozzino, posso risponderle solo parzialmente, perché le organizzazioni sindacali, non hanno RLS dappertutto. Posso però dirle che gli RLS di Alitalia sono stati convocati periodicamente in riunione. Alitalia è infatti una tra le società che ha tentato, almeno parzialmente, di limitare il danno ai lavoratori, ad esempio spostandoli al terminal T1. Ma in questo modo si è creata una ulteriore difformità di comportamento, in questo caso tra i dipendenti di Alitalia, e quelli di Aviation service, di Aviapartner, di Consulta e di Ata che operano nel terminal T3, posto che mentre i dipendenti di Alitalia potevano uscire a respirare ogni quarto d'ora, gli altri lavoratori dovevano restare ai banchi per tutte le otto ore di turno.
Gli RLS dell'Alitalia sono stati dunque convocati, sono state date loro tutte le informazioni e Alitalia stessa ha commissionato al CNR i rilievi dell'aerea interessata e delle postazioni Alitalia.
Quanto alle altre riunioni che si stanno facendo, dovreste sentire Aeroporti di Roma perché, come ha detto il collega precedentemente intervenuto, alla prima riunione tenutasi in prefettura il 12 maggio scorso, la USB e la CUB si sono rifiutate di firmare il verbale, proprio per le contraddizioni in esso riportate.
In quel verbale si istituiva un coordinamento costante e permanente tra tutte le parti interessate (quindi anche le organizzazioni sindacali) con a capo Aeroporti di Roma. Di tale coordinamento che, in teoria, doveva monitorare la situazione dell'aeroporto, noi però non facciamo parte. Non siamo stati convocati, per cui non so dire se il coordinamento si è riunito e che cosa abbia deciso.
Confermo che vi sono medici competenti che hanno dichiarato non sussistere le condizioni di sicurezza per impiegare i lavoratori, e medici altrettanti competenti che hanno affermato il contrario, a partire da quelli del presidio di Aeroporti di Roma, quello più importante e che ha dato il via libera, nella fase iniziale, alla riapertura dell'aeroporto.

LUTRARIO
Signora Presidente, aggiungo una brevissima considerazione a proposito della catena di comando che ha consentito la tempestiva riapertura del molo D e del terminal T3, perché di questo non siamo venuti a capo, né durante la prima né durante la seconda riunione in prefettura.
Non si è capito quale sia stata l'autorità (i Vigili del fuoco, l'ENAC, Aeroporti di Roma) che ha dato il via libera alla riapertura dell'attività aeroportuale, pur non avendo a disposizione gli elementi di conoscenza per poterlo fare. Noi abbiamo partecipato a questi tavoli, e nessuna delle autorità presenti ha rivendicato questo ruolo; anzi, si è assistito ad un continuo scaricabarile per cui in primo luogo si doveva fare riferimento alla ASL che a sua volta si sarebbe rivolta all'Istituto superiore di sanità. In realtà, però, c'è stato qualcuno che, prima dell'intervento della ASL e quello dell'Istituto superiore di sanità, ha in ogni caso fatto riaprire i battenti del terminal T3, ma non siamo riusciti a individuare chi sia stato e temiamo che questo diventi un caso di scuola. Nell'eventualità , infatti, dovessero ripetersi casi analoghi (ovviamente non lo auspichiamo, ma sappiamo anche come va il mondo), vorremmo che la vicenda di Fiumicino definisse il modello da seguire. Qualcuno deve quindi assumersi la responsabilità, dopo aver svolto una analisi attenta delle condizioni ambientali e, sulla base di quelle, decidere se riaprire o meno l'attività.

FUCKSIA
Signora Presidente, in primo luogo occorre ricordare che le leggi che regolano questi casi già esistono. Quindi, se qualcuno non ha fatto ciò che doveva, vorrà dire che è incorso in un inadempimento di legge.
Devo dire che mi stupiscono diversi aspetti. In particolare, mi stupisce l'atteggiamento della ASL, perché, di fatto, avrebbe dovuto gestire tutta la situazione e, in teoria, avere anche gli strumenti per effettuare direttamente le misurazioni. La ASL avrebbe quindi sin da subito dovuto incaricare i diversi Servizi di prevenzione e protezione di effettuare tali misurazioni.
Sarebbe stato anche utile (e se non lo avete fatto, vi invito a farlo) chiedere per tutti i lavoratori esposti una visita da parte del medico competente. È vostro diritto farlo e, disponendo dei risultati del monitoraggio ambientale, vi sarebbe la possibilità di valutare anche un eventuale monitoraggio biologico, per stabilire la reale ed effettiva esposizione.
Questi certificati medici sono sì utili ma, rilasciati dal pronto soccorso o dal medico di famiglia, dicono veramente poco. Sarebbero state molto più utili e attendibili le visite fatte dal medico competente che, conoscendo bene i rischi, poteva inquadrare meglio la situazione.
Io vorrei sapere alla fine che cosa si è monitorato. Spero siano presenti centraline per il monitoraggio dell'aria. Chiedo se le mascherine usate siano del tipo FFP3 e se se l'orario di lavoro sia stato ridotto. Non è possibile, infatti, lavorare con una mascherina FFP3 oltre un numero ben preciso di ore. Nessuno che lavori in ambiente ad obbligo di mascherina dovrebbe lavorare più del 50 per cento dell'orario normale di lavoro.

PAGLINI
Signora Presidente, vorrei vere qualche chiarimento in ordine all'ultima parte degli interventi, nello specifico per quanto attiene al verbale firmato il 12 maggio, cinque giorni dopo l'incendio.
In primis, chiedo se sia possibile avere una copia del verbale, proprio per riuscire a capire chi abbia dato l'autorizzazione alla riapertura, e soprattutto su quali basi, ma anche per chiarire quali forme di garanzia abbiano ricevuto i sindacati principali: CGIL, CISL e UIL e UGL. Immagino, infatti, che si pervenga alla tutela anche attraverso forme di garanzia.
Chiedo poi se esistano documenti che abbiano in qualche modo tranquillizzato i rappresentanti dei lavoratori. Se non ho capito male, CUB e USB si sono rifiutati di firmare il verbale relativo alla riunione svoltasi in prefettura e quindi mi interessava conoscere la ragione di questo rifiuto, immagino per una mancanza di elementi. Aggiungo che se passando per quell'area dopo un mese e mezzo dall'incendio, anche io ho avvertito che la qualità dell'aria era preoccupante, immagino che disastro potesse esserci a distanza di cinque giorni!

BOTTIGLIERI
Signora Presidente, questa emergenza è sicuramente la più drammatica che si sia verificata a Fiumicino (ed io vi lavoro dal 1989). Abbiamo però dovuto registrare reiterate emergenze a livello occupazionale, perché una delle contraddizioni massime di quell'aeroporto, prima di questa vicenda, era dovuta al fatto che a fronte di un trend di traffico in costante aumento vi fossero migliaia e migliaia di licenziamenti.
Questo fa capire come, già dal punto di vista della catena di comando rispetto alle relazioni industriali e all'assetto produttivo, qualcosa stonasse. Tanto è vero che, essendo abbastanza grande da ricordarla, mi capita di ripetere una vecchia battuta, mi riferisco a quando si diceva che la Costituzione si fermava davanti ai cancelli della FIAT.
Quella, però, era almeno una realtà completamente privata, pur in presenza di tanti finanziamenti pubblici. In questo caso, invece, ci stiamo riferendo ad un servizio pubblico concesso in monopolio; stiamo parlando di un settore in cui i lavoratori sono sottoposti alla rigidissima regolamentazione della legge n. 146 del 1990 sul diritto di sciopero, che secondo noi limita tantissimo l'esercizio reale, efficace ed effettivo di questo diritto.
È come se quell'aeroporto godesse di una sorta di extraterritorialità, cosa che abbiamo verificato in maniera drammatica in questa vicenda. Basti considerare quello che abbiamo detto - e sono felice che la Commissione l'abbia potuto constatare persona in loco - e cioè che il terminal T3 è stato riaperto a distanza di un giorno dall'incendio. La senatrice Pelino sbaglia a dire che il terminal T3 è chiuso. Il T3 non è chiuso, è stato parzialmente chiuso con dei teloni qualche giorno fa, dopo che per più di venti giorni i lavoratori hanno continuato a lavorare nell'area contigua ai passaggi che portavano all'area interna di transito del T3 direttamente interessata dall'incendio e dove in alcune giornate, forse per effetto della temperatura che si innalzava e delle correnti di aria, l'aria era irrespirabile persino con le mascherine. Il terminal T3 è quindi ancora aperto. Questa mattina, ad esempio, ho lavorato per due ore al T3 indossando la mascherina e i passeggeri continuavano a chiedermi: «Why do you have a mask on your face?».
Questo è il problema segnalato dal collega Lutrario. L'aeroporto è comunque territorio della Repubblica italiana e, quindi, quand'anche affidato ai regimi di monopolio alla concessionaria Aeroporti di Roma, ci sono soggetti come l'ENAC, il Ministero dei trasporti, il Ministero del lavoro e, in questo caso, il Ministero della salute che mantengono le loro competenze e non è possibile che ancora oggi non si capisca chi abbia dato l'okay a riaprire il terminal dopo tale incendio (immagino che sicuramente abbiate visto le fiamme di cui davano conto i video riportati sui social. Non si è ancora capita la causa di quell'incendio. Ad oggi non si riesce ancora a capire chi, stante delle analisi i cui risultati sono per noi inequivocabili, dovrebbe decidere che in quelle aree permane un rischio per i lavoratori che - ve lo dico sinceramente - hanno la percezione di essere delle cavie da laboratorio. Non posso stare tranquillo avendo letto, non da biochimico ma conoscendo un po' l'italiano, il documento dell'Istituto superiore di sanità, né mi tranquillizza lavorare in un'area posta a brevissima distanza da una zona separata da un telone da cui escono lavoratori tutti bardati con mascherine e tuta bianca, che estraggono materiale neanche coperto a dovere e lo portano non si sa dove, trasferendo chissà quali particelle dove noi continuiamo a lavorare.
Per quanto riguarda gli RLS, non voglio fare polemiche sindacali - non è il luogo e il momento - ma, stante le disposizioni di legge, gli RLS nelle grandi aziende vengono designati all'interno delle rappresentanze sindacali aziendali (RSA) dei sindacati cosiddetti riconosciuti. La CUB non è tra questi e quindi non ha propri RLS, non siamo sindacati cosiddetti firmatari. Nella mia azienda e nelle altre dove mi capita di intervenire a livello personale o sindacale non ho contezza, a parte l'Alitalia, di interventi di un certo rilievo. Forse non ci sono stati proprio interventi da parte degli RLS. Questa domanda vi invito a rivolgerla alle strutture sindacali che mi risulta abbiate già audito.
Per quanto riguarda le mascherine, a quanto ci consta grazie alle nostre consulenze e a letture personali sparse, non sono adeguate al 100 per cento. Se si parla di diossina, furani, PCB e metalli pesanti, le mascherine FFP3 non servono. Da quanto ho capito servirebbero quelle a doppia valvola con i filtri che si cambiano periodicamente. Sarebbero le maschere antigas, quelle che si usano quando nei cortei vengono sparati lacrimogeni. Non sono un esperto, però qualcuno ci dice che, se si sono liberate le sostanze che si sospetta che un incendio di quel tipo possa produrre con la combustione dei materiali, allora quelle mascherine non sono il top. Le sostanze inoltre si depositano anche sul corpo e sugli indumenti. A un metro da me c'è l'operaio della Belfor che lavora con la tuta, mentre io lavoro senza tuta; poi torno a casa indossando le stesse scarpe ed indumenti che indosso nel posto di lavoro e anche qui c'è un grosso punto interrogativo perché le sostanze di cui si parla sono tante e varie. Io non sono un esperto, ma vorrei che persone competenti ci dicessero in maniera inequivocabile che non stiamo correndo rischi, che l'aria è salubre e che sono da escludersi una serie di conseguenze. A tutto'oggi questo però non è avvenuto. Stiamo lavorando in un laboratorio come delle cavie perché a fianco a noi ci sono le centraline che continuamente monitorano un'aria che l'Istituto superiore di sanità affermato essere non salubre.

CASAGRANDE
Dalla disposizione rilasciata da Aeroporti di Roma rilevo un dato, considerato che siamo tenuti ad accompagnare i passeggeri immediatamente al gate per non far respirare loro quell'aria, mentre i lavoratori in quell'aria ci stazionano otto ore.
Rispetto alle mascherine, a parte quello che ha detto il collega sulla loro idoneità, nel verbale del 3 giugno, che vi ho messo a disposizione, c'è una frase emblematica della ASL che sostiene che tali strumenti sono «ragionevolmente sufficienti». Questa espressione non significa però che siano idonei. Speriamo quindi che siano sufficienti a garantire la sicurezza. Questo è quanto afferma la ASL.
La senatrice Fucksia ha chiesto per quale ragione i lavoratori non utilizzino la mascherina. Al riguardo abbiamo fatto solleciti continui alla ASL affinché verificasse il motivo di tale mancato utilizzo; vi posso anche dire con certezza a proposito dell'area commerciale che i grandi stilisti non apprezzano che la commessa indossi la mascherina mentre vende il capo firmato e quindi si fanno pressioni sulle lavoratrici affinché non la indossino e non ci sono autorità che al riguardo effettuino dei controlli.
Il 12 maggio non abbiamo firmato il primo verbale della prefettura, il che ha sancito la nostra esclusione dal coordinamento. C'è un motivo semplice per cui non abbiamo firmato: la ASL in quel tavolo ha dichiarato apertamente di essere intervenuti solo l'11 maggio e che solo il 12 maggio l'ARPA aveva iniziato a fornire i primi rilievi, e che pertanto non erano in grado assicurare che i lavoratori stessero lavorando in sicurezza. Questo era per noi un dato sufficiente per non firmare. Se la ASL stessa, che è l'autorità competente, non riesce a dichiarare se c'è uno stato di sicurezza per i lavoratori, è evidente che il terminal va chiuso.

PRESIDENTE
Ringrazio nuovamente e congedo i nostri ospiti e dichiaro concluse le audizioni odierne.


Note: Bozze non corrette dai relatori
Fonte: Senato della Repubblica