Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale
Direzione Generale Rapporti di Lavoro - Div. VII
Circolare 25 gennaio 2001, n. 16/2001
PROT. 20121/RI.3A
Modifiche al decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, Titolo VI, "uso delle attrezzature munite di videoterminali". Chiarimenti operativi in ordine alla definizione di "lavoratore esposto" e "sorveglianza sanitaria".


ALLE DIREZIONI REGIONALI E PROVINCIALI DEL LAVORO
LORO SEDI
ALLA DIREZIONE GENERALE AA.GG. E DEL PERSONALE - DIV. VII
AGLI ASSESSORATI ALLA SANITÀ DELLE REGIONI
ALLE PROVINCE AUTONOMA DI TRENTO E BOLZANO
ALLE ORGANIZZAZIONI RAPPRESENTATIVE DEI DATORI DI LAVORO
ALLE ORGANIZZAZIONI RAPPRESENTATIVE DEI LAVORATORI
LORO SEDI

 

Con la legge 29 dicembre 2000, n. 422, "Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee - legge comunitaria 2000", pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale S. O. n. 14/L del 20 gennaio 2001, sono state apportate modifiche al decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, Titolo VI, in tema di sicurezza e salute dei lavoratori addetti ad attrezzature munite di videoterminali.
Dette innovazioni, che riguardano il campo di applicazione della normativa - il quale ne risulta significativamente ampliato - nonché le modalità di espletamento della sorveglianza sanitaria, comportano notevoli riflessi sull’organizzazione del lavoro nelle imprese e sulle modalità di adempimento delle prestazioni.
Il legislatore non ha ritenuto opportuno dettare norme transitorie e conseguentemente la nuova disciplina sarà applicabile decorsi i termini ordinari di vacatio legis; si ritiene pertanto opportuno fornire i seguenti chiarimenti al fine di richiamare l’attenzione sulle innovazioni intervenute e sugli adempimenti conseguenti.

AMBITO DI APPLICAZIONE
L’art. 21 della legge comunitaria citata, che modifica la lettera c) dell’art. 51 del D.Lgs. 626/94, definisce lavoratore addetto all’uso di attrezzature munite di videoterminali il lavoratore che utilizza un’attrezzatura munita di videoterminali in modo sistematico o abituale, per venti ore settimanali, dedotte le interruzioni di cui all’art. 54, e non più il lavoratore che utilizza dette attrezzature per almeno quattro ore consecutive giornaliere per tutta la settimana lavorativa, come disposto dalla normativa precedente.
Tale disposizione, prescindendo dalla modalità di organizzazione dei tempi di lavoro, ha ampliato il campo di applicazione del Titolo VI. Rientrano infatti nella definizione di lavoratore addetto ai videoterminali anche quei lavoratori la cui prestazione, pur comportando l’uso di videoterminali per venti ore settimanali, si articola in modalità che non prevedono l’uso continuativo degli stessi per il periodo di quattro ore consecutive considerato in precedenza, e che non rientravano prima nel campo di applicazione della normativa.
Il datore di lavoro è pertanto tenuto ad aggiornare la valutazione del rischio di cui all’art. 4 alla luce della nuova definizione di lavoratore, in esito alla quale valuterà la necessità o meno di nuove misure di prevenzione e protezione della salute dei lavoratori e i riflessi sull’organizzazione del lavoro.
Infatti, per i lavoratori compresi nella definizione di cui sopra è previsto l’obbligo di sorveglianza sanitaria di cui all’art. 55, nonché di formazione e informazione di cui all’art. 56. 
Non sono state apportate, invece, modifiche all’art. 54 (modalità di svolgimento della prestazione quotidiana), che sancisce il diritto del lavoratore, qualora svolga la sua attività per almeno quattro ore consecutive, ad una interruzione della sua attività mediante pause ovvero cambiamento di attività, con modalità stabilite dalla contrattazione collettiva anche aziendale, o, in mancanza, di quindici minuti ogni centoventi minuti di applicazione continuata al videoterminale. Tale disposizione è funzionale alla prevenzione dell’affaticamento visivo determinato dall’uso del videoterminale per un periodo sufficientemente lungo, che allo stato delle conoscenze scientifiche disponibili, si è ritenuto di quantificare nelle predette quattro ore. È evidente, pertanto, che tale regime di interruzioni trova applicazione non più nella generalità dei casi disciplinati dal Titolo VI, com’era implicito nella vigenza della precedente definizione di lavoratore addetto all’uso di videoterminali, ma nelle sole ipotesi in cui la prestazione lavorativa quotidiana preveda almeno quattro ore consecutive di uso delle attrezzature munite di videoterminali.

SORVEGLIANZA SANITARIA
Le modifiche apportate all’art. 55 in tema di sorveglianza sanitaria sono state dettate dalla necessità di adeguare la norma all’interpretazione fornita dalla Corte di Giustizia CE con la sentenza 12 dicembre 1996 e ai rilievi mossi dalla Commissione CE in ordine al recepimento della direttiva 90/270/CEE relativamente alla mancata previsione, per tutti i lavoratori, del controllo sanitario periodico, nonché alla mancata previsione del controllo oftalmologico in relazione a tale sorveglianza sanitaria periodica.
A fronte del precedente obbligo di sottoposizione a visita periodica, con cadenza almeno biennale, i soli lavoratori giudicati idonei con prescrizioni all’esito della visita preventiva e quelli di età superiore ai quarantacinque anni, l’art. 21 della legge comunitaria citata, con le disposizioni contenute nei commi 3, 3 bis, 3 ter e 4, in parte introduce una disciplina nuova e in parte e chiarisce obblighi già sussistenti ai sensi della normativa previgente.
In tal senso, la disposizione introdotta al comma 3 non introduce ex novo l’obbligo di sorveglianza sanitaria per i lavoratori di cui al Titolo VI, essendo tale obbligo già esistente, ma ha la funzione di costituisce una specificazione della disciplina generale di cui all’art. 16 che prevede accertamenti preventivi e periodici, effettuati dal medico competente, ai fini della valutazione della idoneità dei lavoratori alla mansione specifica.
Analoga funzione illustrativa ha il successivo comma 3 bis, ai sensi del quale le visite di controllo, sia preventive che periodiche, sono effettuate con le modalità di cui ai commi 1 e 2; è chiaro infatti che la necessità di esami specialistici può derivare dall’esito delle visite periodiche, oltre che dalla visita preventiva.
Il comma 3 ter stabilisce la periodicità delle visite di controllo, disponendo che la stessa, fatti salvi i casi particolari che richiedono una frequenza diversa stabilita dal medico competente, è almeno biennale per i lavoratori classificati come idonei con prescrizioni e per quelli che abbiano compiuto il cinquantesimo anno di età; ha frequenza almeno quinquennale per i lavoratori giudicati idonei senza prescrizioni all’esito della visita di controllo preventiva di cui al comma 1.
Si segnala, al riguardo l’elevazione dell’età per cui è previsto l’obbligo di visita di controllo con periodicità almeno biennale, che passa da quarantacinque a cinquanta anni.
Il comma 4 sottolinea il legame funzionale fra la sorveglianza sanitaria e l’obbligo del controllo oftalmologico, precisando che quest’ultimo discende, oltre che da apposita richiesta del lavoratore che sospetti un’alterazione della funzione visiva, confermata dal medico competente, anche dall’esito dei controlli preventivi e periodici.
Alla luce di quanto sopra, appare evidente che le modifiche introdotte richiedono un attento riesame dei profili organizzativi e delle procedure aziendali nonché complessi adempimenti conseguenti alle innovazioni intervenute. Ne scaturisce, infatti, la necessità di un aggiornamento puntuale della valutazione del rischio, volto ad individuare ed attuare adeguate misure di prevenzione e protezione, quali:
• l’introduzione della sorveglianza sanitaria, con conseguente necessità di nomina del medico competente ove già non presente;
• la programmazione ed attuazione delle visite preventive e periodiche per i soggetti non rientranti in precedenza nel campo di applicazione della normativa;
• l’elaborazione di un piano specifico di informazione e formazione di detti soggetti e la sua applicazione (art. 56).
Non appare superfluo ricordare, inoltre, che l’aggiornamento della valutazione del rischio va effettuata previa consultazione del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (art. 19) e con la collaborazione del medico competente (art. 4 comma 6), e che la predisposizione del piano di formazione prevede il coinvolgimento degli organismi paritetici (art. 22, comma 6).
Da quanto sopra discende che, stante la già ricordata assenza di una disciplina transitoria, appare necessaria una immediata attivazione da parte dei datori di lavoro, sia pubblici che privati, ai fini del rispetto delle nuove disposizioni, che peraltro richiederanno i necessari tempi tecnici oggettivamente inevitabili per l’adeguamento alle nuove disposizioni, tempi tecnici dei quali gli organi di vigilanza non potranno non tenere conto.

IL SOTTOSEGRATARIO DI STATO DELEGATO
(On. Paolo Guerrini)