Responsabilità di un datore di lavoro per aver omesso di separare adeguatamente, all'interno dei locali dell'azienda ed attraverso idoneo sconfinamento, le lavorazioni del vetroresina da tutte le altre; e per il reato di cui al D.P.R. n. 303 del 1956, artt. 20 e 58 per avere omesso di installare idoneo impianto di aspirazione dei vapori - Il ricorso si fondava sulla circostanza dell'eliminazione delle suddette situazioni di pericolo ma con modalità diverse rispetto alle prescrizioni - Sussiste.

La Corte afferma: "Orbene, a prescindere dalla circostanza che a mente del comma 1 del cit. D.Lgs., art. 24 la contravvenzione si estingue alla duplice condizione che il contravventore adempia alla prescrizione impartita dall'organo di vigilanza nel termine ivi fissato e provveda al pagamento previsto dal D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 21, comma 2, e che nella specie difetterebbe comunque il pagamento stesso, si deve ritenere a parere del Collegio che la fattispecie in esame debba essere piuttosto ricondotta al dettato del D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 24, comma 3.
Recita infatti quest'ultimo che: "L'adempimento in un tempo superiore a quello indicato nella prescrizione, ma che comunque risulta congruo a norma del D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 20, comma 1, ovvero l'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose della contravvenzione con modalità diverse da quelle indicate dall'organo di vigilanza, sono valutate ai fini dell'applicazione dell'art. 162 bis c.p..
In tal caso, la somma da versare è ridotta al quarto del massimo dell'ammenda stabilita per la contravvenzione commessa".
Non sembra lasciare dubbi, quindi, il dettato normativo citato sul fatto che l'adempimento con modalità diverse da quelle indicate nel verbale di prescrizioni - come avvenuto nella specie - rende possibile unicamente l'accesso all'oblazione ai sensi dell'art. 162 bis c.p., nella specie non richiesta."


 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GRASSI Aldo - Presidente -
Dott. ONORATO Pierluigi - Consigliere -
Dott. PETTI Ciro - Consigliere -
Dott. TARDINO Vincenzo - Consigliere -
Dott. SARNO Giulio - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
1) S.G., N. IL (OMISSIS);
avverso SENTENZA del 11/12/2007 TRIB.SEZ.DIST. di FANO;
visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere Dr. SARNO GIULIO;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dr. PASSACANTANDO Guglielmo, che ha concluso per l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata.

Fatto

S.G., condannato dal tribunale di Pesaro - Sezione distaccata di Fano - in data 11.12.2007 alla pena di giustizia per il reato di cui al D.P.R. n. 303 del 1956, artt. 19 e 58 perchè nella qualità di responsabile della Dominator s.r.l. ometteva di separare adeguatamente, all'interno dei locali dell'azienda ed attraverso idoneo sconfinamento, le lavorazioni del vetroresina da tutte le altre; e per il reato di cui al D.P.R. n. 303 del 1956, artt. 20 e 58 per avere omesso di installare idoneo impianto di aspirazione dei vapori, propone, per il tramite del proprio difensore, ricorso per Cassazione deducendo:
- erronea applicazione del D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 7 sul rilievo che il datore di lavoro delle persone addette alla resinatura non era da identificarsi nella Dominator srl bensì in altra ditta - M.C. Production sas - la quale aveva in appalto i lavori di resinatura come si rileva dai due contratti allegati;
- erronea applicazione del D.Lgs. n. 626 del 1994, artt. da 20 a 24 in quanto, pur avendo eliminato - come riconosciuto in sentenza -, sia pure con modalità diverse da quelle contenute nelle prescrizioni, le situazioni di pericolo evidenziate nel corso del sopralluogo, non era stata dichiarata l'estinzione del reato ai sensi del citato D.Lgs., art. 24.
Diritto

Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato.
Sulla questione dedotta con il primo motivo rileva il ricorrente che per mero errore materiale al giudice di prime cure era stato prodotto un contratto del 2005 e che, di conseguenza, il giudicante era stato tratto in errore sulla situazione relativa all'anno 2004 per il quale vigeva anche il rapporto di appalto, come si evidenzia nella documentazione che si intende in questa sede produrre.
Ciò posto, occorre in via preliminare ricordare che, come costantemente affermato da questa Corte, i documenti esibiti per la prima volta in sede di legittimità non sono ricevibili perchè il nuovo codice di rito non ha previsto all'art. 613 c.p.p., diversamente dall'abrogato art. 533 c.p.p., tale facoltà, sicchè in Cassazione possono essere prodotti esclusivamente documenti che l'interessato non era in grado di esibire nei precedenti gradi di giudizio (ex plurimis Sez. 4, n. 1835 del 04/11/2005 Rv. 233183).
Si deve quindi affermare con riferimento alla questione sollevata che siccome la mancata produzione della documentazione relativa all'anno 2004 è imputabile a mero errore e non già ad impossibilità di sorta, quest'ultima non può essere in questa sede prodotta ed esaminata.
Peraltro si afferma anche in sentenza che quand'anche vi fosse stata la prova dell'appalto, tale circostanza non poteva e non doveva fare venire meno in capo alla ditta Dominator il dovere di eliminare situazioni pericolose che, per la tipologia delle lavorazioni, ponevano a rischio sia l'incolumità dei dipendenti della predetta sia quelli della ditta appaltatrice.
E dunque, in mancanza di contestazioni sul punto, appare comunque ininfluente la questione relativa alla esistenza del contratto di appalto anche per l'anno 2004.
Sul secondo motivo l'aspetto nodale è rappresentato dal fatto che l'adempimento alle prescrizioni sarebbe avvenuto con modalità diverse da quelle indicate dal rappresentante della Asur.
Orbene, a prescindere dalla circostanza che a mente del comma 1 del cit. D.Lgs., art. 24 la contravvenzione si estingue alla duplice condizione che il contravventore adempia alla prescrizione impartita dall'organo di vigilanza nel termine ivi fissato e provveda al pagamento previsto dal D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 21, comma 2, e che nella specie difetterebbe comunque il pagamento stesso, si deve ritenere a parere del Collegio che la fattispecie in esame debba essere piuttosto ricondotta al dettato del D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 24, comma 3.
Recita infatti quest'ultimo che: "L'adempimento in un tempo superiore a quello indicato nella prescrizione, ma che comunque risulta congruo a norma del D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 20, comma 1, ovvero l'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose della contravvenzione con modalità diverse da quelle indicate dall'organo di vigilanza, sono valutate ai fini dell'applicazione dell'art. 162 bis c.p..
In tal caso, la somma da versare è ridotta al quarto del massimo dell'ammenda stabilita per la contravvenzione commessa".
Non sembra lasciare dubbi, quindi, il dettato normativo citato sul fatto che l'adempimento con modalità diverse da quelle indicate nel verbale di prescrizioni - come avvenuto nella specie - rende possibile unicamente l'accesso all'oblazione ai sensi dell'art. 162 bis c.p., nella specie non richiesta.
Anche per tale verso il ricorso deve essere pertanto rigettato.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 25 settembre 2008.
Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2008