Tribunale di Aosta, Sez. Pen., 02 marzo 2012 - Responsabilità di un preposto di fatto: art. 299 del D.Lgs. 81/08


 

 


All'odierno imputato viene attribuita, ai sensi dell'art. 299 D.Lgs. n. 81 del 2008, una posizione di garanzia relativa ai soggetti di cui all'art. 2 comma 1 lett. e) del medesimo decreto, per avere esercitato di fatto, in assenza di regolare investitura, i poteri giuridici del preposto, definito dal citato art. 2 quale "persona che, in ragione delle competenze professionali e nei limiti di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell'incarico conferitogli, sovrintende alla attività lavorativa e garantisce l'attuazione delle direttive ricevute, controllandone la corretta esecuzione da parte dei lavoratori ed esercitando un funzionale potere di iniziativa".


Lo specifico profilo di colpa che gli viene addebitato è quello ricadente sul preposto ex art. 19 comma 1 lett. f) D.Lgs. n. 81 del 2008, per avere omesso "di segnalare tempestivamente al datore di lavoro o al dirigente sia le deficienze dei mezzi e delle attrezzature di lavoro e dei dispositivi di protezione individuale, sia ogni altra condizione di pericolo che si verifichi durante il lavoro".

In altri termini, egli era ben consapevole che gli operai svolgevano le mansioni alle quali erano addetti con strumenti di lavoro inadeguati e privi di dispositivi di protezione individuale ed avrebbe dovuto segnalare tali pericoli al datore di lavoro.

Dall'omissione di tale segnalazione, discende nel caso in esame l'affermazione di responsabilità del preposto di fatto.


In tale quadro, non ha rilievo la mancanza di una formale investitura a preposto, poiché l'istruttoria ha evidenziato che egli svolgeva di fatto mansioni identiche a quelle del preposto stesso, ed è inesatto affermare, per le ragioni sopra esposte, che non disponesse di poteri o di responsabilità di tipo organizzativo all'interno dell'impresa.


Neppure ha rilievo la circostanza che non rivestisse incarichi in materia di sicurezza sul lavoro, poiché il preposto di fatto risponde autonomamente anche in mancanza dell'assunzione della - diversa - qualità di responsabile della sicurezza.


Certamente egli non era, come sostenuto dalla difesa, il datore di lavoro, ma non di meno egli risponde in sede penale proprio in ragione della qualità di preposto di fatto e non di datore di lavoro.




REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE ORDINARIO DI AOSTA


In composizione monocratica

Giudice dr. TORNATORE MARCO

Ha pronunciato la seguente

SENTENZA



Alla pubblica udienza del 10/2/2012

nel procedimento penale contro:

C.D., nato il (...) a I. (T.) residente in D. (A.), fr. C. 25, ivi domiciliato.

Difensore: avv. Maria Letizia Tosco del foro di Torino e avv. Nilo Rebecchi del foro di Aosta.

LIBERO (L) - assente

IMPUTATO

art. 590 c.3 c.p. perché, in qualità di preposto presso la COGEM srl, per colpa, cagionava al lavoratore B.O., dipendente con qualifica di operaio e mansioni di manovale in genere, lesioni personali consistenti in frattura dell'ulna e del radio del braccio destro e frattura della IX costola destra e dalle quali è derivata una malattia di gg. 221 (con rientro al lavoro in data 2.3.2010) in quanto, recatosi sul cantiere con il B. e due artigiani al solo fine di prendere visione dei lavori di ristrutturazione di un rudere e provvedere alle necessarie misurazioni, incaricava il B. di salire su un muro di spina per rimuovere alcuni listelli di legno del tetto: operazione durante la cui esecuzione il muro cedeva, con conseguente caduta a terra del B.;

fatto commesso per negligenza, imprudenza, imperizia e con violazione, tra l'altro delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro di cui agli artt. 299 in rel. agli artt. 2 c.1 lett.e) e 19 lett. f) D.Lgs. n. 81 del 2008 come mod. dal D.Lgs. n. 106 del 2009 perché, decidendo di procedere a lavori -non previsti- di rimozione delle macerie ed eseguiti in altezza, che esponevano i lavoratori a tipologie di rischio non valutate (quali crolli e cadute dall'alto), non impediva lavorazioni potenzialmente pericolose e non interrompeva i rilievi, omettendo di segnalare tempestivamente al datore di lavoro le condizioni di pericolo esistenti.

In Issime il 24.7.2009

PARTE CIVILE: B.O., nato a C. il (...), assistito e difeso dall'avv. Giovanni Mazzola del foro di Torino.

FattoDiritto


L'istruttoria dibattimentale ha consentito di accertare, senza margini di dubbio, le modalità dell'infortunio accaduto in Issime (AO) il 24/7/2009.

Quel giorno B.O. era stato incaricato da C.F., legale rappresentante di COGEM s.r.l., di recarsi in un alpeggio ad alta quota sito in Comune di Issime (TO), per assistere C.D. nel compimento di talune misurazioni necessarie per predisporre un preventivo da sottoporre ad un cliente della società.

B. e C., insieme ad altri due operai di nazionalità serba, tali L. e S., si recavano sul posto a bordo di una jeep. I quattro ultimavano poi il tragitto verso l'alpeggio a bordo di un elicottero.

Giunti sul posto, il C. ordinava ai tre operai di "togliere tutti i travi, le lose e buttarli fuori, metterle tutte fuori perché bisognava pulire tutta la falda che era crollata".

L'intento era di rimuovere tutte le macerie e le parti pericolanti del fabbricato per eseguire le misurazioni utili per la predisposizione di un preventivo in vista di una possibile ristrutturazione del rudere.

I quattro avevano con sé pochissimi attrezzi: una corda, un palanchino di ferro ed un piede di porco. Non vi erano dispositivi di protezione individuale, né scale, trabattelli o imbragature. Lo stesso imputato confermava di non avere portato alcun attrezzo o dispositivo di protezione, perché non stavano nell'elicottero.

Appena iniziato il lavoro, C. ordinava al B. di andare sul tetto per schiodare taluni listelli: "io ho fatto il giro di quel casolare, ... dove si trova la falda che è bassa e arriva proprio sul terreno, sul prato, allora ho fatto il giro di dietro ... sono salito su e ho schiodato questi listelli, quando sono arrivato più o meno in mezzo, dove c'è il muro maestro, era un muro maestro largo ...ho messo la gamba sinistra sul trave e quella destra sul muro portante che è bello solido, invece mentre ero lì che stavo schiodando ... l'ultimo listello, le pietre sono volate via sotto i piedi... e io sono volato giù con la schiena e ho spezzato il radio".

Secondo il C., B. avrebbe dovuto rimuovere alcune lose allo scopo di misurare con esattezza il muro di spina ancora eretto: "avevamo una rotella, io leggevo da una parte e qualcuno doveva tenermi il metro dall'altra parte ... B., mi stava tenendo lo zero sul muro di spina. Io ero girato che stavo per leggere, ho sentito il rumore, mi sono girato e l'ho visto cadere".

U.L. è uno dei due fratelli serbi che si sono recati all'alpeggio insieme a C. e O.. Sentito come testimone all'udienza del 22/11/2011, egli dichiarava che, all'epoca, lavorava per la COGEM s.r.l. e, il giorno precedente al sopralluogo, era stato contattato dal C., il quale gli aveva chiesto di accompagnarlo ad Issime per eseguire non meglio precisati lavori di pulizia.

Giunti sul posto, ai due fratelli C. chiedeva di ripulire il rudere. Mentre era intento a svolgere tale incarico, l'U. udiva C. ordinare al B. di recarsi sul tetto. Poco dopo notava quest'ultimo cadere dall'alto.

A seguito della caduta, B.O. si procurava lesioni personali consistite nella frattura dell'ulna e del radio del braccio destro e la frattura della IX costola destra, dalle quali è derivata una malattia di giorni 221 e, dunque, un'incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per un periodo superiore a giorni 40 (con rientro al lavoro solo il successivo 2/3/2010).

Così riassunte le emergenze processuali, può affermarsi che la caduta dall'alto di B.O. è avvenuta durante i lavori di rimozione delle macerie e di pulitura di un rudere, allo scopo di consentire le misurazioni indispensabili per la redazione di un preventivo dei costi di ristrutturazione, da esibire ad un cliente dell'impresa.

Non vi è dubbio che i lavori presentavano rischi per l'incolumità dei lavoratori addetti, sia in relazione ai pericoli di crollo per la vetustà dell'edificio, ridotto allo stato di rudere, sia in relazione ai pericoli di caduta dall'alto, avveratisi in occasione dell'esecuzione di talune misurazioni.

Nonostante ciò, il soggetto preposto non solo non valutava in alcun modo gli specifici rischi ai quali i lavoratori erano esposti, ma neppure si adoperava per fornire loro le attrezzature di lavoro e/o i dispositivi di protezione individuali che avrebbero potuto evitare o ridurre i rischi connessi alle lavorazioni.

E' infatti pacificamente emerso nel corso dell'istruttoria che sulla località si recavano il C. e tre operai, tra cui l'odierna parte civile, sostanzialmente privi di tutto, persino degli ordinari strumenti di lavoro, perché non vi era posto sull'elicottero, utilizzato per raggiungere rapidamente l'alpeggio.

In altri termini, gli operai avevano dovuto eseguire i rispettivi compiti di rimozione delle macerie e di talune parti pericolanti del fabbricato a mani nude, senza alcuno strumento di lavoro e senza la protezione di alcun dispositivo individuale. Lo stesso B. era salito sul tetto dietro semplice ordine del C., senza alcuna dotazione utile ad evitare il pericolo di caduta dall'alto.

Se la negligenza risulta di tutta evidenza - né risulta sostanzialmente contestata dalla difesa dell'imputato - appare invece problematica l'imputazione della responsabilità nei confronti di C.D., quale preposto di fatto di COGEM s.r.l.

A tenore di contestazione, all'odierno imputato viene attribuita, ai sensi dell'art. 299 D.Lgs. n. 81 del 2008, una posizione di garanzia relativa ai soggetti di cui all'art. 2 comma 1 lett. e) del medesimo decreto, per avere esercitato di fatto, in assenza di regolare investitura, i poteri giuridici del preposto, definito dal citato art. 2 quale "persona che, in ragione delle competenze professionali e nei limiti di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell'incarico conferitogli, sovrintende alla attività lavorativa e garantisce l'attuazione delle direttive ricevute, controllandone la corretta esecuzione da parte dei lavoratori ed esercitando un funzionale potere di iniziativa".

Lo specifico profilo di colpa che gli viene addebitato è quello ricadente sul preposto ex art. 19 comma 1 lett. f) D.Lgs. n. 81 del 2008, per avere omesso "di segnalare tempestivamente al datore di lavoro o al dirigente sia le deficienze dei mezzi e delle attrezzature di lavoro e dei dispositivi di protezione individuale, sia ogni altra condizione di pericolo che si verifichi durante il lavoro".

La difesa dell'imputato ha sostenuto che C.D. non poteva considerarsi un soggetto preposto di fatto, ai sensi della vigente normativa, poiché egli, all'epoca dell'infortunio, era un libero professionista, estraneo all'organizzazione del lavoro di COGEM s.r.l., privo di incarichi in materia di sicurezza o di altre mansioni di responsabilità e non aveva poteri direttivi sui dipendenti di quest'ultima.

Inoltre, il giorno dell'infortunio, B.O. veniva incaricato di recarsi all'alpeggio dal C., legale rappresentante di COGEM s.r.l., e non dal C., il quale neppure aveva il compito di allestire un cantiere, dovendo egli semplicemente eseguire un sopralluogo e redigere un preventivo per un cliente dell'impresa.

L'imputato, nel corso del suo esame, ha riferito di avere costituito la COGEM s.r.l. nel gennaio 2008 e di averla successivamente ceduta a C.F. e a F.A.. Al momento dell'infortunio, egli era libero professionista e consulente della società: "facevo innanzitutto un discorso di procacciamento dei lavori, di trovare dei clienti per la ditta, poi seguivo l'esecuzione dei lavori dal punto di vista tecnico ... perché ero io che facevo i preventivi poi andavo a verificare che le cose venissero fatte correttamente perché poi il rapporto con il cliente ce l'avevo io e quindi facevo poi la contabilità dei lavori ".

Egli negava di avere mai assunto la direzione di cantieri per conto della società, o di avere mai dato ordini o impartito direttive ai dipendenti di COGEM s.r.l..

Per quanto riguarda i lavori da eseguirsi il giorno dell'infortunio, l'imputato asseriva che "era successo che questa baita era crollata, io avevo contatti con il proprietario che mi aveva chiesto un preventivo per l'eventuale rifacimento dei tetto e quindi mi sono dovuto recare sul posto per effettuare queste misurazioni e stilare poi il preventivo per la ditta Cogem da dare al proprietario ... Io ho comunicato al signor C. che c'era questo preventivo da fare, che c'era questa opportunità di lavoro, questa baita da ristrutturare, però necessitava fare un preventivo e io da solo non ero in grado di andare su a prendere le misure da solo perché con la rotella metrica bisogna essere comunque in due".

All'interno di COGEM s.r.l., è non solo emerso che il C. curava, da circa due anni, i rapporti con la clientela e procacciava gli affari, ma seguiva i cantieri della società vigilandone in modo stabile l'andamento, rilevando eventuali criticità e redigendo infine la contabilità delle lavorazioni svolte.

A seguito dei problemi di salute che affliggevano il C., molte incombenze venivano demandate proprio al C.: egli si occupava "un po' di tutto ... anche lui sul cantiere si interessava e mi relazionava quando veniva giù, com'era andato il cantiere, che quantità di lavoro era stata fatta ... il geometra C. faceva quello che facevo io".

Dalle dichiarazioni, di contenuto sostanzialmente coincidente, rese dal C. e dal C., emerge in modo evidente che l'odierno imputato era il fiduciario dei vertici sociali, ossia l'uomo al quale affidare i compiti più importanti e delicati, quali il procacciamento degli affari, la vigilanza sull'andamento dei cantieri, la redazione della contabilità delle lavorazioni ed il mantenimento delle relazioni con i clienti.

Non vi era stata alcuna investitura formale all'interno della società, ma le mansioni in concreto svolte - ed ammesse dallo stesso imputato - non lasciano dubbi in ordine all'effettività e all'importanza dei compiti espletati, tali addirittura da impegnare la società nei confronti dei clienti.

Il sopralluogo avvenuto il 24/7/2009 rientra nell'ambito delle mansioni relative al procacciamento della clientela ed alla correlata attività di redazione del preventivo da sottoporre al proprietario della baita, interessato alla sua ristrutturazione.

In quell'occasione, il C. pone a disposizione del C., su sua segnalazione, il dipendente B.O..

L'imputato, di sua iniziativa, chiama direttamente un dipendente di COGEM (U.L., detto L.) e lo convoca per il mattino successivo per il sopralluogo da eseguirsi presso la baita, insieme al fratello tale S., non meglio identificato, artigiano lavoratore autonomo.

Il teste U., citato dalla difesa, è fondamentale per smentire una delle tesi sostenute dalla difesa medesima, secondo la quale il C. non aveva il potere di disporre dei dipendenti di SOGEM.

L'U., invece, fornisce la prova che il C. non solo disponeva direttamente dei dipendenti, riferendo di avere ricevuto la telefonata che lo convocava il mattino successivo per il sopralluogo, ma dimostra, altresì, che l'imputato aveva addirittura il potere di conferire autonomamente incarichi per conto della società a lavoratori autonomi (tale S. non meglio identificato), qualora egli ne ravvisasse la necessità.

C., dunque, non aveva soltanto l'incarico di procacciare gli affari della società e di redigere i preventivi, ma aveva un vero e proprio potere direttivo sull'impiego del personale, postogli a sua disposizione dalla società ed aveva altresì il potere di convocare direttamente altri dipendenti, allorché si trovava presso potenziali clienti della società.

L'imputato aveva inoltre a disposizione mezzi anche rilevanti della società, stabiliva quali strumenti di lavoro portare o meno e, come si è detto, disponeva pienamente del personale dipendente della società una volto giunto sulla località.

E' pacificamente emerso che egli dapprima adibiva i due fratelli serbi allo sgombero delle macerie esistenti all'interno del rudere, quindi ordinava direttamente al B. di recarsi sul tetto parzialmente crollato della baita per rimuovere alcuni listelli che impedivano di eseguire una corretta rilevazione metrica del muro di spina.

I tre operai eseguivano gli ordini del C., ben consapevoli che si trattava di un geometra stabilmente incaricato dal loro datore di lavoro di impartire direttive sia nell'ambito dei cantieri della società, sia in sede di sopralluogo.

Da quanto precede, è opinione di questo Giudice concludere che, in occasione dell'infortunio occorso il 24/7/2009, C.D. rivestisse le mansioni di preposto di fatto, ai sensi dell'art. 299 D.Lgs. n. 81 del 2008, in relazione all'art. 2 comma 1 lett. e) del medesimo decreto.

A tale conclusione, si perviene evidenziando che:

- l'imputato aveva una adeguata competenza professionale fornitagli non solo dal titolo di studio e dalle precedenti esperienze professionali, ma anche dalla particolare fiducia che il legale rappresentante di COGEM s.r.l. riponeva in lui in un momento di rilevante difficoltà personale, causato da ragioni di salute;

- egli svolgeva di fatto una ampia gamma di mansioni, da quelle tecniche a quelle commerciali, disponendo di ampi poteri di iniziativa e di impulso, esercitati di fatto in piena autonomia;

- nell'ambito di tali mansioni, sovrintendeva all'attività lavorativa dei dipendenti dell'impresa, vigilando la corretta esecuzione delle opere e delle direttive impartite dal datore di lavoro (nell'ambito dei cantieri) o da se medesimo (nell'ambito dei sopralluoghi finalizzati al procacciamento di affari o commesse);

- disponeva direttamente della manovalanza dell'impresa e ne ripartiva i compiti, allorché si trattava di svolgere lavori che gli permettessero di assolvere gli incarichi ricevuti.

Rivestendo tale mansione di fatto, egli avrebbe potuto e dovuto, ai sensi dell'art. 19 comma 1 lett. f) D.Lgs. n. 81 del 2008, "segnalare tempestivamente al datore di lavoro ... sia le deficienze dei mezzi e delle attrezzature di lavoro e dei dispositivi di protezione individuale, sia ogni altra condizione di pericolo che si verifichi durante il lavoro".

In altri termini, egli, prima del sopralluogo, era ben consapevole che gli operai svolgevano le mansioni alle quali erano addetti con strumenti di lavoro inadeguati e privi di dispositivi di protezione individuale ed avrebbe dovuto segnalare tali pericoli al datore di lavoro.

Dall'omissione di tale segnalazione, discende nel caso in esame l'affermazione di responsabilità del preposto di fatto.

In tale quadro, non ha rilievo la mancanza di una formale investitura a preposto, poiché l'istruttoria ha evidenziato che egli svolgeva di fatto mansioni identiche a quelle del preposto stesso, ed è inesatto affermare, per le ragioni sopra esposte, che non disponesse di poteri o di responsabilità di tipo organizzativo all'interno dell'impresa.

Neppure ha rilievo la circostanza che non rivestisse incarichi in materia di sicurezza sul lavoro, poiché il preposto di fatto risponde autonomamente anche in mancanza dell'assunzione della - diversa - qualità di responsabile della sicurezza.

Certamente egli non era, come sostenuto dalla difesa, il datore di lavoro, ma non di meno egli risponde in sede penale proprio in ragione della qualità di preposto di fatto e non di datore di lavoro.

Per quanto concerne poi l'omessa formulazione di addebiti a carico di C.F. e a F.A., legali rappresentanti di COGEM s.r.l. e dunque di datori di lavoro, tale censura può riguardare l'iniziativa del Pubblico Ministero nell'esercizio dell'azione penale, ma non vale certamente ad escludere la responsabilità del preposto di fatto, il quale, al più, potrebbe concorrere (o meglio cooperare, ai sensi dell'art. 113 c.p.) con il datore di lavoro, ma non anche restare esente da ogni responsabilità per il solo fatto dell'omessa citazione a giudizio del datore di lavoro.

In conclusione, alla luce di quanto precede, le prove assunte nel corso del dibattimento permettono di concludere che C.D. è colpevole, al di là di ogni ragionevole dubbio, del reato a lui ascritto.

Per quanto concerne il trattamento sanzionatorio, si osserva che il grado particolarmente elevato della colpa (gli operai venivano adibiti ai lavori del tutto sprovvisti di ogni dispositivo di protezione individuale, solo perché non c'era posto in elicottero), l'entità delle conseguenze dannose derivate (la parte civile è stata sottoposta ad intervento chirurgico, ha subito un lungo periodo di inabilità e non riesce tuttora a svolgere la propria attività lavorativa a causa dell'infortunio) ed il precedente specifico risultante dal certificato penale non consentono di irrogare la sola pena pecuniaria o di contenere la pena detentiva entro il minimo di legge.

Si deve dunque stimare congrua, valutati i parametri previsti dall'art. 133 c.p. nella prospettiva della rieducazione del reo delineata dall'art. 27 Cost., la pena di mesi due di reclusione.

Le sopra evidenziate circostanze escludono di per sé la concessione delle circostanze attenuanti generiche, nonché della sospensione condizionale della pena, non potendosi in proposito formulare una prognosi di non recidiva fondata su elementi seri ed oggettivi.

Alla condanna segue il pagamento delle spese processuali.

Per quanto concerne le statuizioni civili, l'istruttoria ha evidenziato che B.O. ha subito un ingiusto danno derivante dall'entità delle lesioni personali conseguenti al comportamento colposo tenuto dall'odierno imputato.

La mancanza di uno specifico accertamento medico legale impedisce però una completa liquidazione del danno, con la conseguenza che, ai sensi dell'art. 538 c.p.p., va pronunciata unicamente condanna generica al risarcimento del danno e le parti private vanno rimesse dinanzi al competente giudice civile per la sua quantificazione.

Come richiesto dalla parte civile, va in questa sede disposta una provvisionale immediatamente esecutiva che si stima equo e prudente determinare in Euro 20.000, tenuto conto del risarcimento già liquidato in sede amministrativa dall'INAIL, della verosimile rilevante entità del danno biologico, dell'intervento chirurgico subito, del lungo periodo di inabilità temporanea, nonché del danno non patrimoniale derivante dall'ingiusto perturbamento dello stato d'animo.

Tale importo dovrà essere imputato alla definitiva liquidazione del danno, qualora questa sia superiore.

Ai sensi dell'art. 541 c.p.p. e 9 D.L. n. 1 del 2012, l'imputato va condannato alla refusione delle spese di costituzione e difesa della parte civile, liquidate come nel dispositivo che segue, senza il concorso di oneri aggiuntivi se non quelli previdenziali (CPA) e tributari (IVA).

 

P.Q.M.



Il Giudice, visti gli artt. 533 e 535 c.p.p., dichiara C.D. colpevole del reato a lui ascritto e lo condanna alla pena di mesi due di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali.

Visto l'art. 538 c.p.p., condanna l'imputato al risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile B.O., danni da liquidarsi in separato giudizio.

Visto l'art. 539 comma 2 c.p.p., condanna l'imputato al pagamento in favore della parte civile di una provvisionale immediatamente esecutiva di Euro 20.000, da imputarsi alla definitiva liquidazione del danno.

Visti gli artt. 541 c.p.p. e 9 D.L. n. 1 del 2012, condanna l'imputato al pagamento in favore della parte civile di Euro 2.000 a titolo di refusione delle spese di costituzione e difesa.

Riserva il deposito della motivazione della presente sentenza nel termine di giorni quaranta.