Tribunale di Monza, Sez. Pen., 26 settembre 2011 - Pressa meccanica IMV


 

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI MONZA
SEZIONE PENALE


Innanzi al Tribunale di Monza - in composizione monocratica - in persona del giudice Dott.ssa Rosaria Pastore,
alla pubblica udienza in data 29 giugno 2011 ha pronunziato, all'esito di Giudizio con Rito Abbreviato e mediante lettura del solo dispositivo, la seguente
SENTENZA



nei confronti di:
T.S., nato (...); residente a Carugate in via (...); elettivamente domiciliato presso il Difensore Fiduciario, Avv. G.S., con studio in Monza alla via (...);
Libero, Presente;
Difensore di Fiducia: Avv. G.S. del Foro di Monza.

Imputato
del reato p. e p. dall'art. 590/3 co. c.p.:
per avere, nella qualità di amministratore unico della "S. S.r.l.", per colpa consistita in imprudenza, negligenza ed inosservanza delle norme sulla prevenzione antinfortunistica - violando in particolare: l'art. 35 comma 1) D.Lgs. 626/94 per avere messo a disposizione dei lavoratori una pressa meccanica inadeguata ai fini della sicurezza; l'art. 35 comma 2) D.Lgs. 626/94 per non avere attuato misure tecniche adeguate per ridurre al minimo i rischi connessi all'uso della pressa di cui sopra consentendo in particolare al lavoratore di scegliere liberamente (tra l'altro) l'utilizzo della macchina con il comando a pedale pur in assenza di misure atte ad evitare lesioni alle mani o ad altre parti del corpo del lavoratore; l'art. 38 D.Lgs. 626/94 per non avere fornito ai lavoratori una formazione adeguata sull'uso delle presse meccaniche - cagionato a G.F., la cui mano destra veniva schiacciata dal punzone della pressa meccanica presso la quale egli lavorava, lesioni personali guarite in un tempo superiore a gg. 40.

 

 

FattoDiritto

 

Con decreto emesso in data 14.8.2009 dal PM in sede, T.S. veniva tratto a giudizio per rispondere del reato in epigrafe indicato;
all'udienza dibattimentale del 9.2.2011 - cui le precedenti venivano differite su concorde richiesta delle parti in pendenza di accordi transattivi, anche in conseguenza della nomina di nuovo difensore fiduciario, poi non andati a buon fine - veniva verbalizzata la richiesta dell'imputato di definizione anticipata del processo a mezzo di Rito Abbreviato per cui, accertata la regolare costituzione della parte civile, veniva ammesso il rito richiesto e, acquisita la documentazione medica attestante le lesioni patite dalla p.o. aggiornate alle attuali condizioni di salute, veniva disposto il differimento all'odierna udienza per la relativa discussione; in data odierna, all'esito di questa ex artt. 442 c.p.p., le parti hanno concluso come da separato verbale e come riportato in epigrafe.


Delineata per estrema sintesi l'attività processuale espletata nel corso del giudizio, occorre quindi illustrare il fatto - reato ascritto all'imputato come lo stesso risulta emerso dagli atti dai quali è risultato quanto segue:
che l'ufficiale di P.G. B.R., in servizio presso la ASL/(...) di Monza - Unità Operativa di Ornago in qualità di tecnico per la prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro, eseguiva un primo sopralluogo presso la sede operativa della società "S. S.r.l." sita ad Agrate Brianza, Viale (...), nell'immediatezza dell'infortunio occorso alle ore 12,00 circa del giorno 8.2.2008 in danno del dipendente G.F. nel reparto tranceria sulla macchina "pressa meccanica IMV" del tipo "collo di cigno" Mod. 80 tonnellate, individuata con la matricola n. (...), anno di costruzione 1976;
che la prima ispezione del luogo in cui si era verificato l'infortunio e del macchinario utilizzato dall'infortunato consentiva all'UPG di circoscrivere la dinamica dell'incidente nei termini di uno schiacciamento della mano destra del lavoratore rimasta chiusa tra il pezzo in lavorazione e lo stampo superiore a causa del movimento di discesa del punzone, inavvertitamente azionato dal pedale;
in particolare, già dai primi accertamenti emergeva che l'infortunato riportava le gravi lesioni alle dita della mano destra durante le operazioni di piegatura di profilati metallici con l'utilizzo della predetta pressa meccanica che risultava impostata con "modalità di funzionamento a pedale" per cui la lavorazione avveniva in sequenza nel seguente modo:
posizionamento manuale del pezzo sotto lo stampo - risultato del tipo aperto e quindi con possibilità di completo inserimento delle dita - azionamento del pedale e rimozione del pezzo dalla sede dello stampo per cui, in pratica, una prima ipotesi ricostruttiva dell'infortunio vedeva la p.o. inserire, dopo avere eseguito la piegatura di un numero di pezzi che il dispositivo "conta pezzi" predisposto sulla macchina indicava già in numero di 119, un nuovo pezzo sotto lo stampo introducendolo con la mano destra ed azionare inavvertitamente il pedale provocando la chiusura dello stampo ed il conseguente schiacciamento delle dita, rimaste chiuse tra il pezzo in lavorazione e lo stampo superiore (così la prima informativa trasmessa dal B. con telefax 8.2.2008).
L'approfondimento degli accertamenti tramite le dichiarazioni rese dalla stessa p.o. e dai colleghi di lavoro (C.S., sentito il giorno stesso dell'infortunio, e P.C. sentito il successivo 25 febbraio) oltre quelle rese dal datore di lavoro ed oltre all'analisi della documentazione esibita dal datore di lavoro, consentiva di evidenziare le seguenti ulteriori circostanze (come da C.n.R. n. 44282 del 19.8.2008 ed allegati rilievi fotografici, verbb. di "s.i.t." e documenti provenienti dalla società):
che la società "S. S.r.l." esercitava all'epoca del fatto, nello stabilimento di Agrate Brianza, attività di attrezzeria e tranciatura metalli con l'ausilio di circa nove addetti;
che il ciclo di lavorazione consisteva nella deformazione plastica di semilavorati metallici già tranciati per la realizzazione di fori, pieghe e simili, e veniva eseguito con ausilio di presse e trance a funzionamento sia manuale che automatico;
che la macchina utilizzata dall'infortunato, come sopra individuata, risultava costruita nel 1976 e successivamente modificata in sede di straordinaria manutenzione per l'installazione di barriere fotoelettriche di sicurezza e di un nuovo quadro di comandi idoneo a consentire tre diverse impostazioni delle modalità di lavorazione:
"modalità Lavoro" = azionando il pedale o il doppio pulsante il punzone copre il ciclo completo di lavorazione arrestandosi al punto morto superiore;
"modalità Continuo" = azionando indipendentemente il doppio pulsante o il pedale la macchina esegue il sopra descritto ciclo di lavorazione in modo continuo (funzionamento automatico) e l'arresto avviene azionando il pulsante di emergenza posto sulla pulsantiera manuale; "modalità Impulsi" = utilizzata durante le fasi di cambio e messa a punto degli stampi, azionando cioè i doppi pulsanti o il pedale per far compiere al punzone soltanto un piccolo movimento;
che, al momento dell'infortunio, sulla pressa in questione era montato uno stampo del tipo c.d. "aperto" sulla cui parte mobile superiore ("punzone") era incastrato un profilato dai cui bordi fuoriuscivano i resti delle falangi della mano destra del G.;
che la pressa, risultata provvista sia di una pulsantiera del tipo "comando a due mani" sia di un "comando a pedale" - tramite un cavo di alimentazione collegato alla pulsantiera ed ubicato sotto il piano macchina - appariva al momento del sopralluogo impostata in modalità di lavoro con funzionamento a pedale e che tale impostazione era quella effettivamente operativa al momento dell'infortunio (circostanza pacificamente acquisita agli atti e non confutata nemmeno dalla versione difensiva);
che tale impostazione non consentiva l'operatività delle barriere fotoelettriche in quanto idonee a svolgere la loro funzione di sicurezza solo quando alla macchina veniva imposta la modalità di lavorazione in "Continuo/Automatico" giacché solo in tale condizione di lavoro l'avvicinamento delle mani alla zona del punzone comporta la fermata automatica della pressa per la conseguente immediata interruzione del fascio luminoso;
che pertanto il G., al momento dell'infortunio, utilizzava la pressa in modalità manuale con l'introduzione dei pezzi sotto lo stampo, uno alla volta, e con azionamento del pedale per la discesa del punzone, per tal modo svolgendo un'operazione dall'elevatissimo grado di pericolosità perché la presenza di uno stampo del tipo "aperto" consentiva l'introduzione delle mani all'interno della zona dello stampo con conseguente rischio per il lavoratore in caso di accidentale discesa del punzone azionato dal comando a pedale, non apparendo sufficiente ad evitare tale rischio la dotazione sulla pressa del "sistema antiripetitore del colpo" che richiede di tenere premuto costantemente il pedale (o il doppio pulsante, a seconda della modalità operativa scelta) così come si accertava che il comando a doppio pulsante non era del tipo "simultaneo" in quanto la discesa del punzone poteva avvenire anche senza il contemporaneo azionamento dei due pulsanti (la discesa del punzone poteva avvenire tramite l'azione di un solo pulsante tenendo premuto costantemente l'altro).


Sulla base delle dichiarazioni della p.o. e dei colleghi di lavoro, la dinamica dell'infortunio veniva inoltre ricostruita dall'U.P.G. anche nell'antefatto avendo il G. dichiarato quanto segue:
che aveva provveduto, su disposizione del datore di lavoro odierno imputato, a piazzare lo stampo sulla pressa in questione chiamando successivamente il dipendente P.E. (autore della modifica dello stampo di cui era cambiato il materiale) per la regolazione della corsa al fine di verificare la corretta piegatura dei pezzi, e di avere ricevuto dal direttore di produzione, M.L., l'ordine di lavorare sulla pressa in questione anche dopo la supervisione del P. e nonostante il difetto dello stampo giacché il pezzo, una volta stampato, rimaneva attaccato alla parte superiore dello stampo;
che il giorno dell'infortunio il G. eseguiva la lavorazione nel seguente modo:
impilamento di un certo numero di pezzi sul piano della pressa con conseguente inserimento, utilizzando un'apposita pinza metallica tenuta con la mano sinistra, di un pezzo alla volta sulla base dello stampo; azionamento del comando a pedale per la discesa del punzone con successivo distacco del pezzo a mezzo di una barra metallica trattenuta con la mano destra; presa del pezzo, una volta caduto sulla base dello stampo, con la pinza tenuta nella mano sinistra ed ubicazione del pezzo lavorato in un cassone posto alla destra della macchina;
che, al momento dell'infortunio, il G. aveva già lavorato un centinaio di pezzi (119 per la precisione) e si accingeva a staccare il profilato con la barra metallica quando questo cadeva all'interno dello stampo ivi incastrandosi, con la conseguente impossibilità di prelevarlo con la pinza;
che, perciò, il G. inseriva la mano destra nello stampo per sbloccare il pezzo e in quell'istante il punzone si rimetteva in moto, eseguendo la sua corsa verso il basso, con il conseguente schiacciamento delle dita dell'operaio che non faceva in tempo a togliere la mano dalla zona pericolosa;
che il G. non riusciva a spiegare la discesa del punzone che, a suo dire, avrebbe potuto dipendere da un involontario azionamento del pedale o da un contatto elettrico in grado di provocare l'eccitazione dell'elettrovalvola che comanda la discesa del punzone, pur tendendo l'infortunato ad escludere la prima ipotesi ritenendosi "abbastanza coordinato nei movimenti" (sequenza "mano - piede");
tra le dichiarazioni rese all'U.P.G. dai due lavoratori presenti al momento dell'infortunio, risultavano non rilevanti ai fini della ricostruzione della dinamica quelle rese dal collega P.C. - impegnato su altra pressa - mentre quelle dell'altro operaio, C.S., confermavano le modalità di lavorazione descritte dal G. "con l'utilizzo del pedale e in particolare posizionava con le mani il pezzo sotto lo stampo e poi azionava il pedale ...." (cfr. rispettivi verbb. "s.i.t." allegati alla citata C.n.R.).
L'UPG B.R., dunque, evidenziava un elevato elemento di rischio operativo nella utilizzazione della macchina pressa in questione con particolare riferimento all'uso del comando a pedale e richiamava, sotto tale profilo, l'inadeguatezza delle modalità di lavorazione in concreto adottate, giacché:
la presenza di uno stampo del tipo "aperto" consentiva l'introduzione delle mani all'interno della zona dello stampo con conseguente rischio per il lavoratore in caso di accidentale discesa del punzone azionato dal comando a pedale;
l'utilizzo della pinza per l'introduzione ed il prelievo dei pezzi sotto lo stampo, pur limitando il rischio di schiacciamento, non impediva che per accidentalità o per imperizia o negligenza del lavoratore le mani potessero raggiungere la pericolosa zona di azione del punzone;
l'elevata frequenza dei cicli di lavoro ben poteva comportare la conseguente possibilità di affievolito o mancato coordinamento delle operazioni manuali del lavoratore che, mentre la mano entra nella zona pericolosa dello stampo, può inavvertitamente con il piede azionare il pedale con la conseguente discesa della slitta porta - stampo;
l'inidoneità delle condizioni di sicurezza installate sulla pressa non consentiva di impedire l'inserimento delle mani nella zona pericolosa o il funzionamento della macchina in simile frangente, accorgimenti che, invece, ben avrebbero potuto venire garantiti per ciascuna delle due diverse modalità di lavorazione, utilizzando cioè, per quelle a "comando a pedale", uno stampo del tipo "chiuso" o dotato dei necessari ripari atti a consentire soltanto il passaggio del pezzo ma non delle dita del lavoratore, o utilizzando quelle "a doppio pulsante" che comportano l'introduzione delle mani nella zona dello stampo per il posizionamento del pezzo ma con disimpegno degli arti da tale zona pericolosa per l'azionamento dei doppi pulsanti;
identica conseguenza di inidoneità veniva rilevata anche per le pinze metalliche il cui impiego viene previsto e consentito, non a caso, solo per le lavorazioni di meccanica minuta e con macchine di piccole dimensioni (tale non è certo una pressa meccanica da 80 tonnellate né lo erano i singoli pezzi da questa lavorati) e sempre che risultino installati dispositivi di sicurezza adeguati (schermi fissi che permettano il solo passaggio del materiale di piccole dimensioni o dispositivi che impediscano la discesa del punzone quando le mani o altre parti del corpo del lavoratore si trovino in posizioni di pericolo, dispositivi questi ultimi applicabili anche a macchinari come la pressa in questione che, peraltro, è suscettibile di ulteriori sistemi di protezione quali schermi mobili di completa protezione della zona pericolosa che non consentano la discesa del punzone se non quando si trovano in posizione di chiusura oppure apparecchi "scansamano" comandati automaticamente dagli organi mobili della macchina stessa);
il tecnico UPG accertava che, per contro, al momento del fatto nessuna procedura operativa indicava invece particolari precauzioni da adottare per le operazioni in questione posto che ciò non emergeva da alcun protocollo né cartellonistica o modulistica nei pressi o sul macchinario in esame e che, inoltre, se anche solo dall'infortunato proveniva l'indicazione della lavorazione in questione come una modalità operativa integrante ormai una vera e propria "prassi consolidata", tale circostanza veniva comunque acquisita in termini di certezza all'esito dei rilievi di P.G. per diretta constatazione dell'U.P.G. che ispezionava tutte le altre presse presenti in azienda verificando che "la maggior parte erano con lo stampo del tipo aperto e il selettore impostato sul comando a pedale" (a prescindere dall'indiretto ed implicito riferimento testimoniale degli altri lavoratori, tanto quello addetto alla medesima operazione del G., come l'operaio P.C. che ricordava come "prima dell'infortunio .... uno poteva scegliere il tipo di funzionamento della macchina" in quanto "le chiavi erano sempre inserite nel quadro di comando", quanto l'operaio C.S. che, impiegato in altra lavorazione, era comunque a conoscenza del funzionamento della pressa in questione con le modalità adottate dall'infortunato).
Dai predetti rilievi emergeva, pertanto, un'operazione dal carattere se non abituale certamente non eccezionale e, soprattutto, un'operazione che veniva effettuata con il comando a pedale senza alcuna indicazione di un particolare dispositivo alternativo, ed emergeva altrettanto inequivocabilmente la possibilità per ogni singolo lavoratore di libera gestione del tipo di funzionamento della macchina, attesa la costante presenza delle chiavi nei selettori di comando, con la conseguente esposizione degli operai a situazioni di rischio non adeguatamente governate;
se a tali circostanze si aggiunge l'accertata mancanza di partecipazione del G. (ed anche del P.) a corsi di formazione in materia di sicurezza ed igiene del lavoro, risultando l'informazione e la preparazione affidate al padre dell'odierno imputato (T.S. che, al tempo delle rispettive assunzioni dei lavoratori nel 2004, aveva "spiegato verbalmente il funzionamento delle macchine ...", così il G., ovvero che "aveva istruito sul lavoro da svolgere sulle trance", così il P.), ben si comprende l'elevazione delle odierne contestazioni che, sulla base delle violazioni come sopra accertate, vengono imputate ex artt. 35 e 38 D.Lgs. 626/94 al T.S. individuato come datore di lavoro dell'infortunato in ragione della sua qualità di Amm.re Unico/legale rappresentante della società "S. S.r.l.", e data l'accertata assenza di soggetti "delegati" in materia di sicurezza e prevenzione degli infortuni.
La ricostruzione dell'infortunio operata dal tecnico/UPG B. non risulta certo smentita dall'imputato che, sottrattosi al contraddittorio, affidava alla "memoria" datata 5.10.2010 la propria versione difensiva fondata, in sostanza, sulla prospettazione della piena conoscenza nell'infortunato dei rischi connessi alla scelta della modalità di lavorazione in concreto adottata, dell'adeguatezza della formazione a tal fine ricevuta (compreso l'uso della "pinza metallica" in caso di inceppamento), dell'ininfluenza della modifica dello "stampo" sulla dinamica dell'infortunio e, soprattutto, fondata sulla "disattenzione e imperizia del danneggiato" che - come riferito dal lavoratore C.S. - "mentre lavorava parlava e cantava come fa di solito" per tal modo "spostando la soglia di vigilanza in un range diverso da quello generalmente necessario per svolgere correttamente e senza danni, o perlomeno limitandoli, la propria mansione" e il tutto, per di più, nell'ambito di un lavoro dove "sussiste il rischio residuo di schiacciamento" (così la citata "memoria");
nessuna confutazione, perciò, della ricostruzione delle modalità esecutive dell'infortunio così come operata dall'U.P.G. (e recepita nel capo di incolpazione), nessuna indicazione di qualsivoglia dispositivo particolare eventualmente adottato, o comunque esistente, per impedire la discesa del punzone a seguito della pressione involontaria del piede sul comando a pedale, nessuna spiegazione della mancata adozione di uno qualsiasi degli accorgimenti a tutela del lavoratore dagli organi operatori della macchina fra tutti quelli indicati dall'U.P.G., né giustificazioni alla possibilità di opzione e libera gestione del tipo di funzionamento della pressa lasciata al singolo lavoratore (come non solo indicata dalla p.o. e dal teste P. ma obiettivamente emergente dai riscontri ispettivi sugli altri macchinari).
Orbene, tutto ciò premesso in fatto e come acquisito agli atti, non v'è alcun dubbio che quanto fin qui evidenziato integri obiettivo riscontro all'ipotesi accusatoria consentendo altresì un giudizio di assoluta attendibilità della persona offesa delle cui verosimili dichiarazioni non v'è alcun motivo di dubitare sottolineandosi, in proposito, il principio più volte affermato dalla Suprema Corte in materia di valutazione della testimonianza rilasciata dalla persona offesa del reato, per definizione non disinteressata, secondo il quale tale deposizione è di per sé sola sufficiente a fondare un giudizio di penale responsabilità senza la necessità di riscontri oggettivi alla stregua di un chiamante in correità purché sottoposta ad un rigoroso vaglio critico e di attendibilità;
e, sul punto, si richiama l'assenza di qualsivoglia serio motivo per dubitare della credibilità del G.F. in considerazione sia del tenore delle dichiarazioni dallo stesso rese in sede di indagini, giacché logiche e coerenti e scevre da acrimonia o animosità nei confronti dell'imputato, sia dei riscontri oggettivi sopra illustrati in quanto idonei questi ultimi - tanto in relazione agli accertamenti medico - legali quanto con riferimento ai sopralluoghi ed ai rilievi eseguiti dal tecnico/ASL nonché in relazione ai riscontri testimoniali degli altri lavoratori - ad escludere la plausibilità e verosimiglianza di qualsivoglia ulteriore prospettazione dei fatti diversa da quella della persona offesa;
la ricostruzione della vicenda proveniente dalla p.o. risulta, infatti, riscontrata dalle risultanze processuali fin qui dettagliatamente riportate e di seguito sintetizzate:
i rilievi di P.G. eseguiti dal tecnico/ASL hanno obiettivamente evidenziato la violazione di norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro e, segnatamente, di quelle indicate nel capo di imputazione, non essendo sorto dubbio alcuno sulle seguenti circostanze:
l'omissione della doverosa valutazione, in termini di correttezza ed adeguatezza, del rischio connesso all'utilizzo della macchina individuata come "pressa meccanica IMV" (matricola n. (...)) mediante il comando a pedale non essendo state adottate, in siffatte ipotesi, misure di protezione - alternative a quella rappresentata dall'uso dei doppi pulsanti ed altrettanto efficaci - atte ad evitare il pericolo di contatto delle mani dell'operatore con gli organi lavoratori del macchinario;
le predette misure di protezione, da valutare e da adattare alla singola organizzazione del lavoro, risultavano peraltro da imporre ed esigibili in base alle più elementari norme di prudenza e diligenza trattandosi di organi meccanici di natura offensiva la cui zona di operazione può costituire pericolo per il lavoratore;
né l'operazione in concreto eseguita dal G. integrava modalità di lavorazione insolite o addirittura imprudentemente adottate di iniziativa dell'infortunato essendo emerso, al contrario, sia l'abitualità dell'uso di quel tipo di comando del punzone - "a pedale" anziché con "doppi pulsanti" - a scelta del singolo operatore sia la rimessione della relativa scelta al singolo lavoratore la cui opzione non è risultata regolata da alcuna indicazione (né viene spiegata dallo stesso imputato) ed il cui elevato grado di rischio esigeva una specifica misura di prevenzione a protezione dell'impiego diretto delle mani dell'operatore, cioè proprio del tipo di esecuzione più pericoloso consentito dalle caratteristiche operative della pressa;
ciò, peraltro, a prescindere dalla considerazione che il dispositivo di protezione "deve potere fronteggiare persino il comportamento eventualmente imprudente dei lavoratori che non si configura quale causa sopravvenuta idonea ad interrompere il nesso di causalità fra la condotta colposa del datore di lavoro e l'evento, poiché esso non costituisce un fattore eccezionale ed atipico" (Cass. Pen. sez. IV, 27.8.1986, n. 8664).

Dunque:
deve ritenersi accertato che la causa dell'infortunio occorso al G. è da individuare nell'avergli consentito di eseguire l'operazione mediante il comando a pedale omettendo di adottare misure di protezione alternative, al punto che la mano del lavoratore rimaneva schiacciata dal punzone che lo stesso infortunato aveva azionato premendo involontariamente il pedale della macchina (non essendovi prova della diversa potenziale causa di non voluta discesa dello stampo, giacché del guasto elettrico non v'è traccia);
ciò a prescindere dall'impiego o meno della "pinza metallica", posto che l'infortunio si verificava per l'introduzione della mano nella zona pericolosa dello stampo sulla cui esposizione a rischio ben poco poteva influire la dotazione della "pinza", mentre ben altro e diverso sistema protettivo doveva evitare la perdita di stabilità della pressione del piede sul pedale con l'involontario azionamento della discesa del punzone, vale a dire un accorgimento tale da impedire proprio quell'azione del tutto accidentale presente nel tipo di comando a pedale e che invece l'imposizione del comando a doppi pulsanti (o altro dispositivo di sicurezza quelli elencati dall'U.P.G.) intende evitare conseguendo certamente lo scopo;
è altrettanto accertato che la frequente esecuzione di tale tipo di lavorazione avrebbe dovuto comportare a carico del responsabile della sicurezza maggiore diligenza non tanto e non solo nell'assicurare la conoscenza da parte di tutti i lavoratori delle modalità operative corrette (atteso che lo stesso imputato, nel lasciare al singolo operatore la possibilità di scelta delle due diverse modalità di lavorazione, ha evidentemente ritenuto la correttezza di entrambe, compresa quella di maggiore pericolosità), ma soprattutto avrebbe dovuto comportare maggiore prudenza e perizia nel verificare l'idoneità e adeguatezza delle modalità a tal uopo utilizzate dai lavoratori, posto che dalle dichiarazioni non solo del soggetto passivo ma anche del teste P. non è emersa la frequentazione di corsi di formazione ed informazione, essendo stati questi limitati alle "istruzioni verbali" a suo tempo impartite dal padre dell'imputato (per giunta all'atto dell'assunzione dell'infortunato, vale a dire nel 2004 allorquando, cioè, la macchina non era stata ancora sottoposta alle essenziali modifiche per l'installazione delle barriere fotoelettriche e, soprattutto, del nuovo quadro di comandi);
d'altra parte, proprio la diversa modalità adottata dall'azienda successivamente all'infortunio in questione - che, secondo il teste P., escludeva l'inserimento costante delle chiavi nel quadro - denota la "prevedibilità" del rischio insito nell'uso del comando a pedale e la non particolare difficoltà di individuazione della condotta di prevenzione da seguire;
nessuna rilevanza può attribuirsi, infine, alle osservazioni difensive circa l'attribuzione allo stesso infortunato della totale ed esclusiva responsabilità dell'incidente (o "causa principale" di questo) in ragione della sua piena conoscenza di tutte le precauzioni necessarie e dallo stesso disattese, giacché:
per quanto attiene all'uso della "pinza meccanica", va sottolineata la riscontrata ininfluenza della stessa nel determinismo dello schiacciamento ad opera dello stampo che, anche in presenza della pinza, sarebbe comunque disceso qualora non comandato volontariamente dall'operatore travolgendone la mano;
per quanto attiene alla asserita incongruità ed imprevedibilità della manovra eseguita dall'infortunato, si richiamano tutte le osservazioni e considerazioni fin qui svolte a carico dell'imputato in ordine al dovere di valutazione del rischio e ci si riporta in ogni caso all'orientamento giurisprudenziale in tema di inidoneità ad interrompere il nesso di causalità da parte di una condotta del lavoratore che, per quanto imprudente o distratta (caratteristiche che, comunque, nessuno dei testimoni ha addebitato alla odierna p.o. né sono rilevabili aliunde) o di assuefazione al pericolo per eccessivo affidamento alla propria esperienza (circostanza quest'ultima da escludere per il caso concreto posto che il G. era un giovane assunto da soli quattro anni, proveniente da precedenti lavori di "elettricista non esperto di macchine di tranciatura" e posto che la dichiarata "coordinazione dei movimenti" può ben integrare anche una mera dote personale indipendente dall'esperienza), non riveste il carattere della assoluta atipicità ed eccezionalità, caratteristiche queste da escludere nel caso concreto attesa la frequenza proprio del tipo di lavorazione eseguito dal G.F. e considerata l'abitualità delle modalità di esecuzione dell'operazione di stampo da questi adottate incombendo, dunque, sul datore di lavoro l'obbligo di provvedere "anche in mancanza di specifiche indicazioni della legge e, se del caso, oltre le stesse quando vi siano, tutti quegli accorgimenti che meglio o più efficacemente realizzano la sicurezza del lavoratore o che tengano anche conto della distrazione o di atti automatici o involontari dello stesso e dai quali possa derivare pericolo al medesimo ..." (Cass. Pen., sez. IV, 11.7.1983 n. 7682);
né, infine, può rilevare l'asserzione difensiva della esenzione da responsabilità del datore di lavoro per le caratteristiche strutturali di una macchina prodotta in conformità delle norme della comunità europea, dovendosi in proposito sottolineare la "esclusività dell'obbligo per i datori di lavoro di verificare la corrispondenza dei macchinari alle norme per la prevenzione degli infortuni" (Cass. Pen., sez. IV, sent. 25.11.1980, n. 7380) posto che "... nel momento dell'acquisto, l'acquirente subentra al venditore nell'obbligo di applicare i dispositivi di sicurezza e di disporre le modalità del funzionamento secondo le disposizioni dell'ente nazionale per la prevenzione degli infortuni" (Cass. Pen., sez. IV, sent. 12.2.1982, n. 7037) e posto che la conformità di un macchinario alle norme comunitarie rappresenta il requisito minimo indispensabile per la "marcatura CE" da integrare, eventualmente, con la valutazione delle condizioni di sicurezza ulteriormente necessarie in relazione al ciclo di lavorazione in concreto svolto dalla macchina stessa e da adattare al tipo specifico di lavorazione ed alle modalità esecutive del caso concreto.
Tutto ciò considerato, in fatto e in diritto, deve ritenersi dimostrato con assoluta certezza come la condotta illecita oggetto di contestazione sia azione da ricondurre alla condotta dell'odierno imputato T.S. la cui qualità di soggetto destinatario delle norme sulla prevenzione degli infortuni - e la conseguente responsabilità penale per l'infortunio determinato dalla loro violazione - emerge inequivocabilmente dalla carica (non confutata dalle osservazioni difensive) di legale rappresentante della società datore di lavoro dell'infortunato, quale Amministratore Unico e in assenza di un'eventuale delega a terzi o di qualsiasi altro atto di investitura nei confronti di terzi della relativa posizione di garanzia che, allo stato, non risulta conferita ad alcuno;
per cui nessun dubbio che, in tale qualità, il T. sia chiamato a rispondere dell'inosservanza, in generale, delle più elementari regole di prudenza e, in particolare, della violazione delle seguenti disposizioni:
art. 35 comma 1) D.Lgs. 626/94 per avere messo a disposizione dei lavoratori una pressa meccanica inadeguata ai fini della sicurezza;
art. 35 comma 2) D.Lgs. 626/94 per non avere attuato misure tecniche adeguate per ridurre al minimo i rischi connessi all'uso della pressa di cui sopra consentendo in particolare al lavoratore di scegliere liberamente (tra l'altro) l'utilizzo della macchina con il comando a pedale pur in assenza di misure atte ad evitare lesioni alle mani o ad altre parti del corpo del lavoratore;
art. 38 D.Lgs. 626/94 per non avere fornito ai lavoratori una formazione adeguata sull'uso delle presse meccaniche.
Quanto alle conseguenze lesive dell'infortunio si osserva quanto segue:
la sede del corpo, la natura e l'entità delle lesioni riportate dal soggetto passivo depongono per la verosimiglianza delle modalità esecutive dell'infortunio descritte dal G. e così come accertate all'esito della verifica operata dall'U.P.G. e come, peraltro, non smentite dagli altri testimoni e come non confutato nemmeno dall'imputato, non venendo revocato in dubbio da alcuno che l'infortunio sia stato determinato dallo schiacciamento della mano nelle circostanze di cui all'imputazione;
nessun dubbio, inoltre, è emerso quanto alla ravvisabilità del nesso eziologico fra le modalità esecutive dell'evento e le lesioni riportate dall'infortunato, consistite nella "amputazione falange 2 e 3 dito, 4 attaccato a lembo di cute, trauma complesso 2, 3, 4 dito mano destra" che, giudicate inizialmente guaribili in gg. 20, comportava invece numerose medicazioni ambulatoriali successivi al trattamento chirurgico, interventi di incisione ed affidamento a servizi riabilitativi fisioterapici e di psicologia clinica "per disturbo della personalità dovuto a disagio psicologico da infortunio lavorativo", con esiti definitivi da amputazione traumatica ed inabilità pari al 16% ed autorizzazione INAIL alla ripresa dell'attività lavorativa alla data del 5 settembre 2009;
alla data del 27.4.2010 - epoca di redazione del parere medico-legale nell'interesse della p.o. a firma dott. F.A. - risulta perciò residuare un complesso menomante che incide negativamente sulla funzione prensile della mano destra (anche per ipotesi di diagnosi di compressione del nervo mediano al polso di destra), per giunta arto dominante, ed un disturbo psicologico stimato nell'ordine del 25% (cfr. relazione citata prodotta dalla p.c. a ud. 27.10.2010 unitamente alla copiosa documentazione medica, clinico - ospedaliera, nonché certificazione anche assicurativa prodotta all'odierna udienza attestante la liquidazione di 60mila Euro in favore della p.o., come da "quietanza" in atti).
Quanto al trattamento sanzionatorio cui in concreto l'odierno giudicabile Tr. Stefano deve essere sottoposto, va sottolineata la non modesta gravità del fatto allo stesso ascrivibile in ragione sia della entità delle lesioni patite dal soggetto passivo che della intensità del grado della colpa ascrivibile all'imputato trattandosi pur sempre di una colposa ed ingiustificata sottovalutazione del rischio circa le modalità di esecuzione di un'operazione che ben poteva venire agevolmente arginata nei suoi profili generali di pericolosità; la considerazione, tuttavia, dello stato di assoluta incensuratezza dell'imputato e della condotta processuale (comunque caratterizzata dalla partecipazione) consente la concessione delle circostanze attenuanti generiche con giudizio di equivalenza rispetto alla contestata aggravante;
per cui, osservati altresì i criteri di cui all'art. 133 e 133 bis c.p. e ritenuto che l'entità complessiva del fatto come sopra considerata rende idonea ed adeguata al caso concreto l'irrogazione della sanzione pecuniaria, pena equa stimasi quella di Euro 200,00 di multa così determinata:
Pena Base = Euro 300,00 di multa (attesa l'equivalenza delle concesse attenuanti generiche rispetto alle contestate aggravanti), ridotta all'inflitto per la diminuente del rito abbreviato; consegue per legge la condanna al pagamento delle spese processuali;
l'imputato va condannato, infine, al risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile, da liquidarsi con separato giudizio nella competente sede, nonché alle spese di costituzione e difesa della parte civile medesima che si liquidano nella complessiva somma di Euro 2.000,00 come da dispositivo che segue, compresa la richiesta provvisionale che viene concessa nei limiti di Euro 10.000,00 tenuto conto del periodo di ricovero e degenza e della non modesta entità dell'invalidità conseguitane tali da determinare un consistente danno esistenziale e di relazione.

P.Q.M.

Visti gli artt. 533, 535 c.p.p. in relazione agli art. 438 e segg. c.p.p.,
Dichiara T.S. colpevole del reato ascrittogli e - concesse la circostanze attenuanti ex art. 62 bis c.p. ritenute equivalenti alle contestate aggravanti e già operata la riduzione per effetto del rito Abbreviato - lo condanna alla pena di Euro 200,00 di multa oltre al pagamento delle spese processuali.
Visti gli att. 538 e segg. c.p.p.
Condanna T.S. al risarcimento in favore della costituita parte civile del danno da liquidarsi nella competente sede con separato giudizio assegnando sin d'ora alla medesima parte civile una provvisionale immediatamente esecutiva di Euro 10.000,00.
Condanna T.S. alla rifusione in favore della parte civile delle spese di costituzione e difesa che liquida nella complessiva somma di Euro 2.000,00 comprensiva di diritti e onorari oltre IVA e CPA.
Motivazione Riservata entro gg. 90.