Tribunale di Trento, Sez. Pen, 18 luglio 2011 - Macchina insaccatrice continua sottovuoto e mancanza di requisiti di sicurezza


 

 

 

Responsabilità di un datore di lavoro per lesioni personali gravi consistite in "amputazione traumatica - apice tele falange 3 dito mano destra" di un lavoratore entrato in contatto con gli elementi di una macchina insaccatrice continua sottovuoto priva dei necessari requisiti di sicurezza - Sussiste.

"Nel caso di specie, in effetti, la deposizione della p.o. si presenta nel complesso come verosimile, disinteressata (tanto che neppure vi è stata, da parte sua, costituzione in giudizio o richiesta di risarcimento del danno), coerente con tutte le emergenze obiettive e non contraddetta da sicuri elementi contrari, per cui può essere ritenuta credibile e, quindi, posta a fondamento del giudizio di colpevolezza.

Premette il Tribunale di non dubitare (e tantomeno viene dedotto in contestazione) che all'infortunato, dopo l'assunzione, fu impartita una rapida formazione antinfortunistica. Ciò tuttavia non consente di revocare in dubbio quanto riferito dall'infortunato, circa la mancanza di una specifica formazione" ...
"Va anche ribadito, per fugare ogni dubbio in punto di diritto, che la scelta delle attrezzature di lavoro, implicando una valutazione dei rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, non è delegabile per espressa volontà di legge (cfr. il combinato disposto degli artt. 4 co. 1 ed 1 co. 4 ter del D.L.vo. n. 626/1994; dato normativo oggi rafforzato, dopo l'entrata in vigore del D.Lvo. n. 81/2008, con particolare riferimento agli artt. 2 co. 1 lett. b, 16 co. 1 prima parte e 17, che richiamano l'espressa esclusione della delega di funzioni da parte del datore di lavoro in tale settore nevralgico). Il che, beninteso, non rende la delega integralmente invalida, ma consente l'esplicazione dei suoi effetti solo per la parte relativa alle funzioni invece delegabili, evitandosi in ogni caso una eccessiva diluizione degli obblighi di prevenzione".


 



REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI TRENTO
SEZIONE PENALE


Il Tribunale, in composizione monocratica, presieduto dal Giudice dr. Guglielmo Avolio alla pubblica udienza del 12.7.11 ha pronunciato e pubblicato mediante lettura del dispositivo la seguente

SENTENZA

 



nel procedimento penale
CONTRO
S.F. nato a Rovereto il ***, res. a Trento; difeso di fiducia dall'avv. A.A. del Foro di Trento
Libero contumace

IMPUTATO
del reato p. e p. dall'art. 590 commi 3 e 5 c.p. anche in rif. all'art. 71 D.lgs. 81/2008 perché in qualità di legale rappresentante dell'omonima società nonché datore di lavoro di D.S., per colpa cagionava a quest'ultimo le lesioni personali gravi consistite in "amputazione traumatica - apice tele falange 3 dito mano destra" con prognosi complessiva di 79 gg. come da certificati medici in atti. Colpa consistita in negligenza, imprudenza ed imperizia, nonché nella specifica violazione delle norme antinfortunistiche di cui sopra perché metteva a disposizione dei lavoratori la macchina insaccatrice continua sottovuoto Modello RS 5000 (numero matricola (...) anno di fabbricazione 1992) che non presentava i richiesti requisiti di sicurezza in ordine al rischio cesoiamento dovuto alle parti in movimento della stessa, in quanto l'accesso per raggiungere la prestazione di lavoro sopraelevata ed eseguire l'operazione di spingimento dei rimasugli di carne all'interno della bocca di carico permetteva al lavoratore di entrare in contatto con gli elementi della macchina in movimento eludendo la protezione offerta dalla pedana dotata di microinterruttore ed utilizzata senza alzarla come scalino. Proprio eseguendo la manovra come appena descritta la mano destra del D. veniva trascinata all'interno del rotore a palette in movimento che gli procurava le lesioni di cui sopra.
In Trento il ***.

FattoDiritto



Si è proceduto, a seguito di rituale opposizione a decreto penale di condanna, nella dichiarata contumacia dell'imputato. Si è dato luogo all'esame dei numerosi testi ammessi e quindi, sull'accordo delle parti, alla dichiarazione di utilizzabilità di tutti gli atti contenuti nel fascicolo per il dibattimento. All'esito le parti hanno concluso come da verbale di udienza.
La prova a carico, si anticipa, risiede sostanzialmente nelle dichiarazioni rese in udienza dalla p.o. D.S., dipendente della ditta datrice di lavoro, il quale ha riferito di essere stato addetto, al momento del grave incidente, ad una macchina insaccatrice continua sottovuoto e di essersi trovato, come accadeva di consueto, nella necessità di accedere alla bocca di carico per spingere all'interno dei rimasugli di carne (cfr. la foto n. 6 in atti per il riscontro della sua posizione).
Il lavoratore accedeva al sito semplicemente issandosi, senza aprirla, su una pedana dotata di micro - interruttore di blocco. La macchina veniva nel frattempo avviata da altro lavoratore, Bi., mediante azionamento dell'apposita ginocchiera - paletta, per cui la mano destra del malcapitato veniva trascinata all'interno del rotore a palette in movimento, con l'esito traumatico (amputazione di parte di un dito) di cui in rubrica.


Il teste B., per sua stessa dichiarazione lavoratore esperto e punto di riferimento dei colleghi di reparto, ha riferito invece di essersi trovato addetto al funzionamento della macchina, dall'altra parte della struttura, e di non avere neppure percepito la manovra imprevedibile ed improvvida del collega; questi, a suo dire, senza che ve ne fosse neppure la necessità, si era issato fino alla bocca di carico servendosi, senza aprirla, della pedana di sicurezza, che altrimenti avrebbe subito bloccato gli organi lavoratori; si era praticamente tuffato nella cavità, mettendo la mano dx a contatto con gli organi lavoratori, ed aveva subito iniziato ad urlare. B. aveva pertanto bloccato la macchina e portato i primi soccorsi. Il teste ha aggiunto, coerentemente con la documentazione dimessa dalla difesa ma in contrasto con quanto affermato dalla p.o., che D. lavorava in S. da diversi anni, aveva seguito un corso per la sicurezza e comunque non avrebbe dovuto porre in essere quella manovra, riservata a fine giornata, mai compiuta da alcuno e rigorosamente vietata dalla direzione, sotto pena di gravi comminatorie, spinte fino al licenziamento. L'Ispettrice del lavoro M. ha riferito di avere constatato la scarsa sicurezza della macchina, in quanto dotata di una protezione che poteva essere facilmente elusa, semplicemente montando sul "gradino" per accedere alla bocca di carico, senza aprirlo, e senza dunque provocare il blocco degli organi lavoratori. Era stato perciò prescritto almeno di assottigliare la sporgenza ed invertirne il senso di apertura, e la ditta (come confermato anche dal teste Z.) aveva dal canto suo facilmente realizzato l'eliminazione tout court di detta criticità, escludendo dunque in radice qualsiasi possibilità di ripetizione di incidenti del genere.
Sono stati sentiti gli altri testi della difesa (B., M., C., Z., nessuno dei quali però presente al momento dell'incidente), che coralmente hanno escluso la prassi di intervenire nel vano di carico della carne con la macchina in movimento, e confermato di avere ricevuto idonea formazione antinfortunistica.
È stato infine sentito l'ing. T., dipendente della casa produttrice della macchina, il quale, con dovizia di particolari tecnici, ne ha lodato la sicurezza e proclamato l'inspiegabilità della manovra posta in essere dal lavoratore infortunato, ribadendo che gli organi lavoratori, anche prima delle prescrizioni dell'Ispettore del lavoro, si sarebbero bloccati a seguito della semplice apertura dello scalino, e che per far ripartire la macchina sarebbe stato necessario riarmarla, con ciò escludendosi - il che, però, è a sua volta escluso per tabulas - qualsiasi possibilità di incidente agli addetti.


Orbene, il Tribunale ricorda che nel caso in esame si è in presenza di testimonianza, seppure resa dalla p.o.. Invero, come ripetutamente ha affermato la S.C., in tema di valutazione della prova e con specifico riguardo alla prova testimoniale il Giudice, pur essendo tenuto a valutare criticamente, verificandone l'attendibilità, il contenuto della testimonianza, non è però tenuto ad assumere come base del proprio ragionamento l'ipotesi che il teste dica scientemente il falso o si inganni su ciò che forma l'oggetto essenziale della propria deposizione, salvo sussistere riconoscibili e specifici elementi atti a rendere fondato un sospetto di tal genere. Ciò significa che, in assenza di siffatti elementi, il giudice deve partire invece dal presupposto che il teste, fino a prova contraria, riferisca correttamente quanto a sua effettiva conoscenza, e deve perciò limitarsi a verificare se sussista o meno incompatibilità fra quello che il teste riporta come certamente vero, per diretta conoscenza, e quello che emerge da altre eventuali fonti probatorie di pari valenza. Detta incompatibilità, inoltre, deve essere ravvisata solo quando incida sull'elemento essenziale della deposizione, e non su elementi di contorno relativamente ai quali appaia ragionevolmente prospettabile l'ipotesi che il teste possa essere caduto in errore di percezione o di ricordo, senza per ciò perdere di obiettiva credibilità per ciò che attiene all'elemento centrale della narrazione.
Si osserva quindi che nulla osta, in via di principio, a che la deposizione della persona offesa sia anche da sola assunta come fonte di prova, ove sottoposta ad indagine positiva sulla credibilità soggettiva ed oggettiva e non innestata in situazioni concrete che inducano a dubitare della attendibilità, tra l'altro neppure necessitando di riscontri esterni (giurispr. costante; cfr. p.e., tra le tante, Cass. Pen. Sez. IV, 13.7.2007 n. 27738, M.; Sez. II, 14/6/2007 n. 23383, S.; Sez. III, 14.2.2005 n. 5460, M.; Sezione V, 21.7.2004 n. 31720, A.; Sezione IV, 26.3.2004 n. 14873, M.; Sez. V, 24.7.2003 n. 31403, M.; Sezione V, 30.1.2003 n. 4303, G.; Sez. III, 23.1.2003 n. 3162, H.).

Nel caso di specie, in effetti, la deposizione della p.o. si presenta nel complesso come verosimile, disinteressata (tanto che neppure vi è stata, da parte sua, costituzione in giudizio o richiesta di risarcimento del danno), coerente con tutte le emergenze obiettive e non contraddetta da sicuri elementi contrari, per cui può essere ritenuta credibile e, quindi, posta a fondamento del giudizio di colpevolezza. Premette il Tribunale di non dubitare (e tantomeno viene dedotto in contestazione) che all'infortunato, dopo l'assunzione, fu impartita una rapida formazione antinfortunistica (teste M.), come risulta dal foglio registrazione presenze 30.5.2006, all. 2 nota difensiva 30.3.2011). Ciò tuttavia non consente di revocare in dubbio quanto riferito dall'infortunato, circa la mancanza di una specifica formazione, né di ritenere per ciò solo maggiormente attendibili le dichiarazioni in primis del B., e quindi degli altri (neppure presenti) dipendenti della ditta S.. Invero la posizione del B. è pericolosamente contigua ad una potenziale imputazione per "concorso" di colpa, ed è agevole ritenere, per motivi fin troppo ovvi, che anche gli altri lavoratori dipendenti possano avere delle ritrosie a confermare l'esistenza di una prassi così pericolosa, ma puntualmente verificatasi nella fattispecie concreta, qual è quella riferita da D..
Va anche ribadito, per fugare ogni dubbio in punto di diritto, che la scelta delle attrezzature di lavoro, implicando una valutazione dei rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, non è delegabile per espressa volontà di legge (cfr. il combinato disposto degli artt. 4 co. 1 ed 1 co. 4 ter del D.L.vo. n. 626/1994; dato normativo oggi rafforzato, dopo l'entrata in vigore del D.Lvo. n. 81/2008, con particolare riferimento agli artt. 2 co. 1 lett. b, 16 co. 1 prima parte e 17, che richiamano l'espressa esclusione della delega di funzioni da parte del datore di lavoro in tale settore nevralgico). Il che, beninteso, non rende la delega integralmente invalida, ma consente l'esplicazione dei suoi effetti solo per la parte relativa alle funzioni invece delegabili, evitandosi in ogni caso una eccessiva diluizione degli obblighi di prevenzione (cfr., ex plurimis, Cass. Pen. Sez. IV, 31.1.2008 n. 8620, S.).

È appena il caso di aggiungere che sussiste un perfetto nesso di causalità materiale e giuridica fra la condotta omissiva enucleata e l'evento, posto che, con l'assoluto grado di certezza agevolmente raggiungibile attraverso il consueto congegno retrospettivo della prognosi postuma, ed esclusa - anche in quanto non invocata neppure da parte della difesa, per il radicale difetto di qualsiasi elemento a sostegno - l'interferenza di fattori causali alternativi, il grave infortunio non avrebbe avuto modo di verificarsi, laddove il garante per la sicurezza si fosse tempestivamente attivato nel senso poi prescritto ed attualmente vigente, e posto pure che la cautela in questione era diretta a scongiurare proprio gli infortuni del tipo di quello purtroppo verificatosi. Non può peraltro essere riconosciuta alla condotta del lavoratore infortunato alcuna concorrente efficacia giuridica ai fini della produzione dell'evento. Anzitutto non si ravvisa nella sua condotta alcun profilo di abnormità, che può assumere il valore di causa sopravvenuta, di per sé sufficiente a cagionare l'evento, solo quando - come chiaramente non è nel caso di specie - possa considerarsi imprevedibile ed eccezionale, cioè assolutamente estranea al processo produttivo o alle mansioni in concreto attribuite all'interessato. È d'altra parte noto che le norme di prevenzione mirano a tutelare il lavoratore anche in ordine ad infortuni che possano derivare da sua imprudenza o negligenza laddove, come nel caso di specie, l'infortunio discenda direttamente dall'omissione od inidoneità applicativa di dette norme, essendo l'evento da collegare giuridicamente, con esclusione d'altro, alla mancanza o insufficienza delle enucleate cautele, che - come è di immediata evidenza - se adottate, sarebbero sicuramente valse, a parità di condizioni, a neutralizzare il rischio dell'evento dannoso.

Pena equa ex art. 133 c.p. per S., data la non indifferente gravità del fatto e la presenza di numerosi precedenti specifici, è quella di mesi 2 di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali. Pena detentiva sostituita con Euro 2.280 di multa. Viene fissato il termine di gg. 30 per il deposito della sentenza, per la relativa complessità delle questioni trattate.

 

P.Q.M.

 


Visti gli artt. 533 - 535 c.p.p.
Dichiara S.F. colpevole del reato a lui ascritto e lo condanna alla pena di mesi 2 di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali. Sostituisce la pena detentiva con Euro 2.280 di multa. Fissa il termine di gg. 30 per il deposito della sentenza.