• Datore di Lavoro
  • Delega di Funzione
  • Lavoratore
  • Infortunio sul lavoro
  • Informazione, Formazione, Addestramento

Responsabilità di due datori di lavoro per le lesioni riportate da un lavoratore precipitato da un ponteggio mentre, con modalità del tutto incongrue, tentava di passare al collega che si trovava sul piano del ponteggio sottostante un pezzo della tramoggia che doveva essere montata - Il comportamento della parte offesa nella circostanza denota che la stessa non era consapevole del rischio al quale era esposta - Sussiste.

"A parere di questo giudicante non possono nutrirsi dubbi sulla penale responsabilità dei datori di lavoro dell'infortunato, individuati nella loro qualità di amministratori e rappresentanti della S.n.c. Edilizia D.
Presso tale società non è stata rilasciata alcuna delega di funzioni in materia di sicurezza degli ambienti di lavoro e di prevenzione degli infortuni.
Alla luce di quanto riferito dalla parte offesa appare evidente che a quest'ultima non era stata fornita alcuna informazione preventiva dei rischi ai quali sarebbe stata esposta nello svolgimento dell'attività lavorativa che mai in precedenza aveva svolto.
Né potrebbe sostenersi che l'infortunio si è verificato esclusivamente per la condotta imprudente dell'infortunato dato che, per consolidato indirizzo giurisprudenziale, l'eventuale colpa concorrente dei lavoratori non può spiegare alcun effetto esimente per uno dei soggetti indicati dall'art. 4 del D.P.R. n. 547/55 che si sia reso responsabile di specifiche violazioni di prescrizioni in materia antinfortunistica in quanto la normativa è diretta a prevenire pure gli effetti delle condotte colpose dei lavoratori per la cui tutela è adottata".
"Il comportamento tenuto nella circostanza dalla parte offesa costituisce proprio la conferma della sua inconsapevolezza del rischio al quale sarebbe stata esposta sporgendosi in modo eccessivo dal ponteggio nell'intento di passare il pezzo di tubo al collega che si trovava sul piano sottostante del ponteggio."


 
 
FattoDiritto
 
 
Con decreto di citazione emesso dal pubblico ministero e regolarmente notificato D.G. e M.A. erano citati in giudizio per rispondere del reato in epigrafe. All'udienza fissata per il dibattimento gli imputati non comparivano senza addurre alcun legittimo impedimento e venivano dichiarati contumaci; l'ordinanza dichiarativa della contumacia era, tuttavia, revocata nel prosieguo del processo, essendo gli imputati comparsi in alcune delle successive udienze nelle quali è stato necessario articolare l'istruttoria dibattimentale.

Dopo il rinvio dell'udienza del 1/4/2009 per un'astensione dalle udienze degli avvocati, all'udienza del 29/4/2009 erano ammesse le prove documentali e orali richieste ed erano sentiti, in qualità di testimoni, la parte offesa P.D., C.G. e i tecnici della Asl n. (omissis) C.A. e A.F. All'udienza del 17/7/2009 si procedeva all'esame dei giudicabili e alla successiva udienza del 14/10/2009 erano sentiti i testi indicati dalla difesa dei prevenuti (M.C. e P.R.). All'udienza del 22/1/2009, dopo la discussione, le parti formulavano le conclusioni riportate al verbale di udienza e il processo era definito all'udienza del 1/2/2010 come da dispositivo letto in udienza.

L'istruttoria dibattimentale e l'attività svolta nel corso delle indagini preliminari hanno consentito di ricostruire con sufficiente precisione i fatti posti alla base delle imputazioni elevate nei confronti dei giudicabili.

La parte offesa P.D. ha dichiarato che all'epoca del fatto svolgeva attività di operaio asfaltista presso la società Edilizia D. e le sue mansioni prevalenti erano quelle di curare la manutenzione dei terrazzi degli edifici. Il giorno in cui si era verificato l'incidente egli si era recato con il collega C. e il geometra M.A. presso il condominio sito nella via (omissis) di Genova ove la società per la quale prestava attività lavorativa aveva in corso i lavori di rifacimento della copertura del terrazzo condominiale. Il geometra M. aveva loro spiegato che occorreva montare una tramoggia nella quale scaricare i detriti provenienti dalle opere di demolizione che sarebbero state eseguite sul terrazzo e aveva indicato la posizione in cui la tramoggia doveva essere montata, precisando che andava in primo luogo collocata la bocca della tramoggia e successivamente i vari pezzi del condotto che dovevano essere agganciati l'uno con l'altro procedendo dall'alto verso il basso. Il geometra M. si era, tuttavia, allontanato prima che i lavori di montaggio della tramoggia avessero inizio. Dato che in precedenza egli non aveva mai eseguito questo tipo di lavoro, l'attività era svolta in modo prevalente dal collega che avrebbe aiutato passandogli gli elementi con i quali sarebbe stata realizzata la tramoggia. Essendo in precedenza stata ultimata l'impalcatura necessaria per l'esecuzione dei lavori, egli dal quarto piano del ponteggio aveva cercato di passare il primo pezzo di tubo al collega che si trovava al piano del ponteggio sottostante e durante il passaggio del pezzo di tubo, nel momento in cui aveva mollato la presa, era precipitato in avanti cadendo nel varco lasciato per il montacarichi. La sua caduta era stata fortunatamente rallentata dal ponteggio contro il quale era andato varie volte a sbattere prima di finire a terra su un tratto in cui vi era una moquette e una corda attorcigliata che avevano ridotto la violenza dell'impatto. Da tale caduta aveva riportato molto spavento e traumi in varie parti del corpo per le quali era stato ricoverato in ospedale fino al (omissis), data in cui era stato dimesso. In seguito era stato risarcito del danno ed era andato in pensione senza riprendere più il lavoro.

Il teste C. ha confermato che il geometra M.A. gli aveva spiegato dove doveva essere montata la tramoggia per lo scarico dei detriti e che il lavoro era da lui svolto con l'ausilio del P., essendo i soli lavoratori presenti in quel momento nel cantiere. Dopo aver sistemato la parte iniziale della tramoggia (la c.d. bocca), era sceso al piano inferiore del ponteggio e aveva chiesto al P., che era rimasto sull'ultimo piano del ponteggio, di passargli il primo pezzo di tubo della tramoggia e il P., invece di passargli il tubo in verticale, si era accucciato tra i due tubi del parapetto del ponteggio e si era sporto in modo eccessivo, perdendo l'equilibrio nel momento in cui aveva mollato la presa del tubo ed era precipitato non riportando fortunatamente lesioni troppo gravi, essendo il movimento di caduta stato rallentato dall'impalcatura del ponteggio e per la presenza al suolo di una moquette e di una corda avvolta in più giri.

Il tecnico della Asl n. (omissis) C. ha dichiarato di essere intervenuto sul luogo ove era stato segnalato l'infortunio subito dopo che quest'ultimo si era verificato e quando la parte offesa era già stata portata in ospedale con l'ambulanza. Egli e il collega A.F. avevano constatato che il ponteggio, pur ultimato, non era stato realizzato nel pieno rispetto di tutte le norme in materia di sicurezza sul lavoro dato che in diversi punti tra il ponteggio e i muri dell'edificio vi era un distacco superiore ai 20 centimetri e alcune tavole non erano assicurate per prevenire eventuali spostamenti delle medesime. Il castello collegato al ponteggio e realizzato per consentire il sollevamento e la discesa dei materiali mediante montacarichi non era munito di tavola fermapiede alta almeno 30 centimetri. Era stato inoltre accertato che nel piano di sicurezza non erano state individuate idonee procedure da adottare per la posa in opera dei canali adibiti al convogliamento del materiale di demolizione. Era stata quindi inviata alla società rappresentata dai prevenuti una prescrizione nella quale era stata contestata la violazione dell'art. 23 co. 3 del D.P.R. n. 164/56, dell'art. 56 co. 2 dello stesso D.P.R. n. 164/56 e dell'art. 4 co. 2 del D.Lgs. 626/94.

L'imputato M.A., in sede di esame, ha dichiarato che all'epoca del fatto era socio amministratore della Edilizia De. e il giorno in cui si era verificato l'infortunio si era recato sul cantiere insieme con il P. e il C. e aveva spiegato loro che era necessario installare la tramoggia utilizzando diversi pezzi di tubo in plastica che dovevano essere agganciati tra loro. Il ponteggio era stato ultimato nei giorni precedenti da una ditta specializzata alla quale era stato in precedenza affidato l'incarico. Le operazioni di montaggio della tramoggia erano molto semplici, dovendo essere semplicemente agganciati con due moschettoni i diversi pezzi di tubo che componevano la tramoggia medesima. Non era necessario utilizzare le cinture di sicurezza, che pure erano disponibili nella baracca ove erano contenuti gli attrezzi necessari per le lavorazioni, dato che i lavoratori avrebbero lavorato su un ponteggio ormai completato. Lo stesso ha aggiunto che i lavoratori della Edilizia D. avevano tutti seguito corsi di formazione e periodicamente erano informati da un incaricato (l'ing. P.R.) delle novità legislative in materia di sicurezza e dell'igiene del lavoro e delle innovazioni di carattere tecnico.

Il coimputato D.G. ha riferito di essere socio amministratore della società e di svolgere all'epoca del fatto le funzioni di responsabile del servizio di sicurezza e protezione dell'azienda. Nel corso della sua attività aveva sempre prestato molta attenzione al problema della sicurezza dei lavoratori che aveva sottoposto a corsi di formazione e di aggiornamento e sovente aveva personalmente richiamato i singoli lavoratori all'utilizzo dei dispositivi di protezione individuale.

Il teste P.R. ha confermato di avere tenuto, per conto della Edilizia D., corsi di formazione e di aggiornamento dei lavoratori dipendenti di tale azienda, ha ribadito che il montaggio della tramoggia non necessitava dell'uso di cinture di sicurezza e che le operazioni di montaggio della tramoggia, se eseguite correttamente, non erano pericolose e non presentavano per i lavoratori addetti a tali operazioni rischi di alcun genere.

Una volta ricostruite le modalità dell'incidente che appaiono precise e non meritevoli di dubbi alla luce delle deposizioni testimoniali, si deve stabilire in primo luogo se nella fattispecie sussistono: violazioni alle norme sulla prevenzione degli infortuni che, unitamente all'entità delle lesioni riportate dalla parte offesa, guarite in un tempo superiore ai quaranta giorni, renderebbero il reato ex art. 590 c.p. procedibile di ufficio. Dal tenore letterale del capo di imputazione non si ricava l'indicazione di una precisa norma di prevenzione degli infortuni che si assume violata, ma risulta contestata ai due imputati, oltre a una colpa generica, la violazione di leggi e di regolamenti nello svolgimento dei propri compiti di direzione e di vigilanza. Nello stesso capo di accusa viene, tuttavia, contestato ai due giudicabili di aver omesso di fornire ai lavoratori adeguate istruzioni circa le modalità da seguire nelle lavorazioni da effettuarsi in zona esposta a grave rischio e di dotare i dipendenti di idonei presidi antinfortunistici e segnatamente di fornire agli stessi le prescritte cinture di sicurezza. Si deve quindi ritenere che nel caso di specie vi sia stata la contestazione di specifiche violazioni di norme in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro. In tale contestazione correttamente non sono state comprese le violazioni dell'art. 23 co. 3 del D.P.R. n. 164/56 e dell'art. 56 co. 2 dello stesso D.P.R. n. 164/56 concernenti, rispettivamente, il distacco del ponteggio dall'edificio per una distanza superiore ai 20 centimetri e la misura della tavola fermapiede del castello di tiro dal momento che tali violazioni non hanno svolto alcun ruolo causale nel determinare il sinistro.

A parere di questo giudicante, all'esito delle risultanze dell'istruttoria dibattimentale deve essere esclusa la violazione relativa all'omissione della fornitura delle cinture di sicurezza dato che i lavoratori hanno confermato che le cinture di sicurezza erano presenti nel cantiere e, attese le caratteristiche del lavoro che doveva essere svolto e della situazione dei luoghi, il loro uso non era obbligatorio, potendo le lavorazioni essere eseguite in sicurezza utilizzando il ponteggio che era ormai completato e che, a parte le lievi difformità riscontrate dai tecnici della asl e sopra ricordate, era risultato conforme alle prescrizioni di legge.

Alla luce delle modalità con le quali il sinistro si è verificato, appare invece evidente che non possano nutrirsi dubbi in ordine alla violazione delle altre norme di prevenzione degli infortuni che sono state contestate. Le lesioni riportate dall'infortunato sono state causate dalla caduta dal ponteggio mentre, con modalità del tutto incongrue, tentava di passare al collega che si trovava sul piano del ponteggio sottostante un pezzo della tramoggia che doveva essere montata. Il comportamento della parte offesa nella circostanza denota che la stessa non era consapevole del rischio al quale era esposta. D'altronde, come sopra si è già ricordato, il P. ha dichiarato che era la prima volta che svolgeva quel tipo di lavoro e che non aveva ricevuto dalla Edilizia D. precise informazioni circa le modalità attraverso le quali la tramoggia doveva essere montata. Inoltre nel piano di sicurezza predisposto dall'azienda non erano state individuate idonee procedure da adottare per posa in opera dei canali adibiti al convogliamento del materiale di demolizione. É vero che i giudicabili e il teste P. hanno giustificato l'omissione sostenendo che, attesa la semplicità della procedura di montaggio della tramoggia, non vi erano rischi per i lavoratori, ma è altrettanto vero che, essendo la prima volta che il P. svolgeva questo tipo di lavoro, lo stesso avrebbe dovuto essere informato delle concrete modalità con le quali le operazioni di montaggio della tramoggia dovevano essere eseguite. Invece è emerso dalle dichiarazioni dei testi P. e C. che il geometra M., dopo aver spiegato ai lavoratori dove avrebbe dovuto essere montata la tramoggia, si era allontanato dal cantiere prima che il lavoro avesse inizio.

Tali violazioni delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro hanno tutte svolto un ruolo causale nel verificarsi dell'incidente. Se, infatti, il lavoratore fosse stato preventivamente informato del rischio connesso alla mansioni alle quali era adibito per la prima volta nella sua esperienza lavorativa e fosse stato edotto delle corrette modalità con le quali la tramoggia doveva essere allestita, molto probabilmente non si sarebbe sporto dal ponteggio nell'intento di passare al C. che si trovava sul piano del ponteggio sottostante il pezzo di tubo che doveva essere agganciato agli altri elementi che componevano la tramoggia, ma si sarebbe recato al piano inferiore del ponteggio utilizzando le scale o si sarebbe legato con le cinture di sicurezza (che, a quanto riferito dai lavoratori, erano presenti sul cantiere) prima di sporgersi dal parapetto del ponteggio.

Si tratta a questo punto di valutare se le violazioni alle norme di prevenzione degli infortuni sul lavoro che hanno concorso a determinare l'infortunio e già sopra evidenziate siano o meno addebitabili agli imputati.

A parere di questo giudicante non possono nutrirsi dubbi sulla penale responsabilità dei datori di lavoro dell'infortunato, individuati nella loro qualità di amministratori e rappresentanti della S.n.c. Edilizia D. Presso tale società non è stata rilasciata alcuna delega di funzioni in materia di sicurezza degli ambienti di lavoro e di prevenzione degli infortuni. Alla luce di quanto riferito dalla parte offesa appare evidente che a quest'ultima non era stata fornita alcuna informazione preventiva dei rischi ai quali sarebbe stata esposta nello svolgimento dell'attività lavorativa che mai in precedenza aveva svolto. Né potrebbe sostenersi che l'infortunio si è verificato esclusivamente per la condotta imprudente dell'infortunato dato che, per consolidato indirizzo giurisprudenziale, l'eventuale colpa concorrente dei lavoratori non può spiegare alcun effetto esimente per uno dei soggetti indicati dall'art. 4 del D.P.R. n. 547/55 che si sia reso responsabile di specifiche violazioni di prescrizioni in materia antinfortunistica in quanto la normativa è diretta a prevenire pure gli effetti delle condotte colpose dei lavoratori per la cui tutela è adottata (Cass. Sez. IV 14712/1999; Cass. Sez. IV 49492/2003). Il comportamento tenuto nella circostanza dalla parte offesa costituisce proprio la conferma della sua inconsapevolezza del rischio al quale sarebbe stata esposta sporgendosi in modo eccessivo dal ponteggio nell'intento di passare il pezzo di tubo al collega che si trovava sul piano sottostante del ponteggio.

Ai giudicabili possono essere concesse le attenuanti generiche per la loro incesuratezza e per aver provveduto a risarcire del danno la parte offesa (non essendovi una prova documentale circa la data in cui il risarcimento è avvenuto, non è possibile riconoscere l'attenuante ex art. 62 n. 6 c.p.) e tali attenuanti vengono riconosciute equivalenti alle aggravanti contestate, anche la fine di adeguare la pena alla concreta gravità del fatto.

Valutati tutti gli elementi di cui all'art. 133 c.p. e, in particolare, la minima capacità a delinquere dei prevenuti desunta dai loro certificati penali e la non eccessiva gravità del fatto, attesa la concomitante presenza di fattori, tra i quali anche il comportamento della parte offesa, che hanno reso possibile l'infortunio, si stima equa la pena di Euro 300,00 di multa per ognuno dei due imputati.

Essendo stata inflitta una pena pecuniaria, non appare conveniente per i giudicabili la sospensione condizionale della pena. Può invece essere riconosciuto il beneficio della non menzione della condanna.

Essendo il reato stato commesso in epoca anteriore al (omissis), la pena inflitta rientra nell'indulto ex lege n. 241/06.

All'affermazione della penale responsabilità segue la condanna dei giudicabili al pagamento delle spese processuali ex art. 535 c.p.p. e di tutte quelle previste dalla legge.

In considerazione della complessità delle questioni da affrontare in sede di motivazione della sentenza il termine per il deposito viene fissato in giorni trenta.

P.Q.M.
 
Visti gli artt. 533 - 535 c.p.p. dichiara D.G. e M.A. responsabili del reato a loro ascritto, nei limiti della motivazione e, concesse a entrambi gli imputati le attenuanti generiche ritenute equivalenti alle contestate aggravanti, li condanna entrambi alla pena di Euro 300,00 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali e di legge.

Visto l'art. 175 c.p. concede agli imputati il beneficio della non menzione della condanna. Vista la legge n. 241/06 dichiara la pena inflitta interamente condonata.

Visto l'art. 544 c.p.p. indica in giorni trenta il termine per il deposito della motivazione.

Così deciso in Genova l'1 febbraio 2010.

Depositata in Cancelleria il 18 febbraio 2010