Cassazione Penale, Sez. 4,  26 settembre 2016, n. 39828 - Infortunio di un apprendista operaio. Lavori in quota e responsabilità in caso di appalto e subappalto


 

 

 

Presidente: PICCIALLI PATRIZIA Relatore: SAVINO MARIAPIA GAETANA Data Udienza: 26/04/2016

 

Fatto

 

F.B., a mezzo del difensore di fiducia, ha proposto ricorso per Cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Milano emessa in data 23.12.2015 a conferma della sentenza del Tribunale di Milano del 21.7.2014 con la quale il predetto, insieme ai coimputati M.P., R.F., F.E. è stato ritenuto colpevole dei reati di cui agli artt. 590, 583 c.p. perché per colpa, imprudenza, imperizia, violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro, M.P., in qualità di datore di lavoro, R.F.  quale direttore tecnico e responsabile del cantiere, F.E. quale coordinatore per la sicurezza in fase di progettazione e di esecuzione, F.B. quale titolare dell’affidataria CON.IM, questi non verificando le condizioni di sicurezza dei lavori affidati, consentendo la rimozione delle reti in mancanza di protezione per il pericolo di caduta attraverso i lucernari (ex art. 97 d.lvo 81/2008), tutti gli imputati non impedendo che S.M., alle dipendenze dell’impresa La F. s.r.l., impegnato nella pulizia della copertura in lamiera provvista di lucernai, calpestasse il lucernario Velux, determinandone l’apertura e, così, cadesse dall’alto attraverso la struttura, cagionavano al lavoratore predetto trauma della teca cranica e dell’osso occipitale e trauma toracico con prognosi di giorni 86.
Come risulta dalla ricostruzione del sinistro effettuata dai giudici di merito il S.M. - operaio apprendista della ditta La F. s.r.l., subappaltatrice della CON.IM s.r.l. per l’esecuzione di lavori di bonifica di manufatti in cemento armato e di rifacimento della copertura di un capannone con posa in opera dei lucernari, di proprietà della società 01 Bugatti s.r.l. - mentre si trovava sulla copertura del tetto in lamiera grecata, sulla quale erano stati installati i lucernari, impegnato nella fase della pulitura al termine dei lavori - per disattenzione aveva calpestato il vetro determinandone l’apertura e cadendo nel vuoto all’interno di esso. A sostegno del ricorso per Cassazione il F.B. ha dedotto erronea applicazione della legge penale con riferimento agli artt. 40, 42 c.p., 97 co. 1 e 3, 26 co. 3 d.lvo 81/08 e vizio di motivazione della sentenza. Rileva in proposito che la F. s.r.l. era l’unica impresa che operava sulle coperture e che aveva accesso ad esse, quindi quello della caduta dall’alto non era un rischio comune alle altre imprese operanti nello stesso cantiere, bensì un rischio specifico dei lavori di competenza della sola impresa subappaltatrice delle opere di rifacimento del tetto. Rileva, inoltre, che l’infortunio si è verificato quando la sostituzione della copertura era ormai terminata e il S.M., contravvenendo le istruzioni impartitegli dal datore di lavoro, era salito sul tetto unicamente per pulire la superficie dai residui della lavorazione senza indossare la fune di sicurezza della quale era provvisto. Le specifiche opere di sicurezza collettive previste dai piani di sicurezza erano state rimosse dal personale della F. su disposizione del coordinatore per la sicurezza ing. F.E., atteso l’avvenuto completamento dell’opera comunicatogli dall’impresa esecutrice. Di conseguenza, nessuna responsabilità può essere posta a carico dell’imputato non avendo egli preso tale decisione, nè essendo informato della necessità di operare ancora sul tetto, potendo essere i lavori di completamento e pulitura effettuati rimanendo a bordo dei ponteggi. Peraltro l’attività lavorativa non contemplava operazioni quali quelle poste in essere dal S.M. di pedonamento delle Velux, che integrano gli estremi della assoluta imprevedibilità ed abnormità della condotta.
Il rischio di caduta all'interno per sfondamento, in caso di calpestio di un Velux o altra finestra a tetto, è astrattamente prevedibile ma solo se il calpestio costituisca un’operazione strettamente pertinente alla specifica attività posta in essere. Se, invece, per l’attività non è previsto l’accesso all’area del velux, non può ragionevolmente richiedersi all’appaltatore, che non ha le conoscenza tecniche dello specialista in copertura, di spingere il proprio onere di coordinamento sino alla previsione del mantenimento di opere di protezione collettiva anche dopo la conclusione dei lavori.
Infine la difesa si duole del giudizio di equivalenza tra la contestata aggravante e le attenuanti generiche operato dal giudice di prime cure e confermato dalla Corte di appello.
 

Diritto


Il ricorso è infondato. Come evidenziato dai giudici di merito, al di sotto dei lucernari non era presente alcun sistema di protezione collettiva (tavolato o impalcato) per impedire la precipitazione e nessuna rete anticaduta per limitare l’altezza di caduta. Al di sopra dei lucernari non era presente alcuna misura di protezione atta ad impedire il pedonamento accidentale. Inoltre, contrariamente a quanto affermato dalla difesa, i lavori non erano terminati in quanto era ancora in corso la fase della finitura dei lucernari ed uno dei blocchi del capannone presentava ancora la copertura in cemento amianto da bonificare e da rifare. Di conseguenza, la presenza del lavoratore sul tetto non costituiva una iniziativa estemporanea imprevedibile, improvvisa attuata al di fuori delle mansioni assegnategli tale da essere ritenuta abnorme - e quindi idonea ad interrompere il nesso di causalità ponendosi come causa esclusiva dell’evento dannoso - considerato che il camminamento sul tetto costituiva un’attività necessaria per l’esecuzione delle opere e che, peraltro le mansioni con le quali il S.M. era stato assunto erano proprio quelle di “apprendista operario copritetto”. Esclusa l’abnormità del comportamento del dipendente, la Corte di appello ha correttamente ravvisato una precisa posizione di garanzia a carico - oltre che del M.P., quale datore di lavoro, del R.F. quale responsabile di cantiere, del F.E., quale coordinatore per la sicurezza - anche dell’odierno ricorrente F.B., quale titolare dell’impresa CON.IM che aveva subappaltato i lavori all’impresa la F. di cui era dipendente l’operaio infortunatosi.
Con riferimento alla sua posizione, rileva la Corte di appello, che la caduta dall’alto non era un rischio specifico proprio dell’attività dell’impresa subappaltatrice - tale quindi da escludere la responsabilità della società appaltatrice - ma al contrario, trattandosi di protezione dell’ambiente di lavoro, era un rischio percepibile da qualunque operatore senza necessità di specifica competenza settoriale. Ciò in conformità al costante orientamento di questa Corte in base al quale n tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, qualora il lavoratore presti la propria attività in esecuzione di un contratto d'appalto, il committente è esonerato dagli obblighi in materia antinfortunistica, con esclusivo riguardo alle precauzioni che richiedono una specifica competenza tecnica nelle procedure da adottare in determinate lavorazioni, nell'utilizzazione di speciali tecniche o nell'uso di determinate macchine (Cass. Sez. III n. 12228/2015 RV 262757). Di conseguenza, il mancato assolvimento dell’obbligo di prevenzione del suddetto rischio, mediante l’adozione delle misure antinfortunistiche previste nei piani di sicurezza, determina una responsabilità anche all’impresa appaltatrice che aveva a sua volta subappaltato i lavori.
Quanto al motivo inerente la conferma del trattamento sanzionatorio il giudizio di equivalenza tra attenuanti ed aggravanti, involgendo aspetti fattuali, è ambito riservato al giudice del merito e come tale sottratto al sindacato di legittimità. Peraltro la conferma in questione appare in linea con la gravità del fatto.
Al riscontro dell’infondatezza dei motivi di doglianza avanzati dall’imputato segue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
 

P.Q.M.


Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, in data 26 aprile 2016.