Cassazione Penale, Sez. 4, 13 settembre 2016, n. 38063 - Caduta dalla scala a pioli e mancanza di cinture di sicurezza. Estinzione del reato


Presidente: ROMIS VINCENZO Relatore: BELLINI UGO Data Udienza: 12/05/2016

 

Fatto

 

1. La Corte di Appello di Bari con sentenza pronunciata in data 22 Ottobre 2014 confermava in punto a responsabilità la sentenza emessa dal Tribunale di Trani in data 22.11.2010 che dichiarava DN.B., quale titolare dell'omonima ditta con sede in Barletta, colpevole del reato di lesioni colpose gravi ai danni del dipendente C.G. con violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni in ragione degli obblighi connessi alla osservanza delle misure di protezione: il C.G. si era procurato gravi lesioni alla testa e al torace precipitando da una scala a pioli mentre era intento a ripulire il secondo solaio di abitazione privata; oltre a profili di colpa generica era contestata all'imputato la inosservanza di specifiche disposizioni antinfortunistiche quali quella di cui all'art. 36 bis del d.lgs. 626/94 stante il carattere residuale dell'impiego di scala a pioli e dell'art.10 co. 1 dpr 164/56 che prescrive l'uso di cinture di sicurezza.
Il giudice di appello dichiarava peraltro prescritte le violazioni alle suddette disposizioni contravvenzionali, mentre riconosceva che la violazione delle suddette disposizioni, in particolare quella che fa obbligo al datore di lavoro di dotare i dipendenti di cinture di sicurezza per i lavori in quota sugli edifici e parti di essi, era collegata eziologicamente all'evento lesivo. La pena veniva rideterminata in un mese di reclusione
3. Avverso la suddetta pronuncia interponeva ricorso per Cassazione la difesa di DN.B. il quale, premessa la ricostruzione dei fatti per cui è processo e delle principali risultanze istruttorie, tra cui la testimonianza della stessa persona offesa e di un altro dipendente presente sui luoghi dell'infortunio, deduceva violazione di legge per erronea interpretazione ed applicazione delle disposizioni contravvenzionali contestate e difetto di motivazione per travisamento della prova.
4. Da un lato evidenziava come non ricorressero le ipotesi contravvenzionali ascritte, i cui precetti erano diretti a regolare attività lavorative diverse da quella posta in essere dalla persona offesa anche in considerazione delle caratteristiche e degli accessi già esistenti al luogo di lavoro;
sotto diverso profilo coglieva un difetto motivazionale laddove il giudice del merito aveva escluso che l'infortunio fosse attribuibile a caso fortuito rappresentato dall'improvviso malore che aveva colto il lavoratore, probabilmente a causa della calura della giornata estiva, laddove il fatto era stato riconosciuto dallo stesso lavoratore. 

 

Diritto


1. Questa Corte preliminarmente rileva che il delitto di lesioni colpose per cui si procede risulta medio tempore estinto per prescrizione nelle more del giudizio di cassazione, promosso con ricorso che prima facie non risulta manifestamente infondato, quantomeno nella parte in cui solleva la questione sulla durata del lavoro da eseguire in quota e della compatibilità dell'utilizzazione della scala con l'impiego di altri presidi di sicurezza.
2. Invero il termine di sei anni necessario a prescrivere il reato di lesioni personali colpose risulta spirato in data 2 Luglio 2013 ai sensi dell'art.157 c.p., al quale va aggiunto un ulteriore anno e mesi sei quale massimo aumento in virtù degli atti interruttivi con scadenza il 2.1.2015.
3. Sotto diverso profilo non ricorrono né risultano dedotti vizi di violazione di legge ovvero carenze motivazionali di tale evidenza e di immediata percezione tali da giustificare una pronuncia assolutoria di liquida declaratoria ex art.129 II comma c.p.p., né d'altro canto le doglianze del ricorrente risultano manifestamente infondate o chiaramente dilatorie, ma sono espressione di difese tecniche degne di essere considerate, anche se prive di evidenza ai fini di cui all'alt. 129 II co. c.p.p. (sez.U, 27.6.2001 Cavalera, Rv 219531; 22.3.2005, Bracale, Rv.231164).
4. Deve pertanto pronunciarsi l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata in ragione della sopravvenuta causa di estinzione del reato.
 

P.Q.M.


Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per prescrizione.
Così deciso in Roma, il 12.5.2016