Categoria: Cassazione civile
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Cassazione Civile, Sez. Lav., 16 agosto 2016, n. 17105 - Malattia professionale. Discordanza tra perizie


Presidente: MAMMONE GIOVANNI Relatore: BERRINO UMBERTO Data pubblicazione: 16/08/2016

 

Fatto


Con sentenza del 21/9/10 - 30/3/2011, la Corte d'appello di Bologna - sezione lavoro ha accolto l'impugnazione proposta dall'Inail avverso la sentenza del giudice del lavoro del Tribunale della stessa sede - che l'aveva condannato a corrispondere a M.C. la rendita per malattia professionale commisurata al grado di inabilità del 23%, nonché l'indennità giornaliera e le spese mediche sostenute nell'ammontare di € 1038,13 - e, per l'effetto, ha rigettato la domanda dell'assicurato, dopo aver condiviso le conclusioni del perito d'ufficio di secondo grado in ordine all'insussistenza della natura professionale della malattia denunciata.
Per la cassazione della sentenza propone ricorso il M.C. con sei motivi.
Resiste con controricorso l'Inail.
Le parti depositano memoria ai sensi dell'art. 378 c.p.c.
 

Diritto


1. Col primo motivo, proposto per violazione e falsa applicazione dell'art. 435 c.p.c., il ricorrente sostiene che l'appello avrebbe dovuto essere dichiarato improcedibile in quanto l'istituto appellante aveva provveduto a notificare il ricorso ed il pedissequo decreto di fissazione dell'udienza di secondo grado solo in data 7 novembre 2006, cioè oltre il termine di dieci giorni di cui all'art. 435, comma 2°, c.p.c. che, nella fattispecie, scadeva il 2 novembre 2006, nonostante che dal 23 ottobre 2006 fosse stata rilasciata all'appellante copia conforme all'originale del suddetto decreto presidenziale.
Obietta, invece, il controricorrente istituto che il predetto termine è ordinatorio e non perentorio e che, comunque, l'appellato si era costituito tempestivamente con memoria difensiva del 29 dicembre 2008 per l'udienza di discussione dell'8 gennaio 2009, dopo aver avuto comunicazione del gravame e del decreto di convocazione delle parti.
Il motivo è infondato, atteso che ciò che rileva nella fattispecie è che la notifica dell'atto d'appello consenti all'appellato dì esercitare effettivamente nella sua pienezza il diritto di difesa nel termine concessogli dall'art. 435, commi 3 (25 giorni) e 4 (60 giorni per la notifica all'estero), cod. proc. civ. (c.d. spatium deliberandi intercorrente tra il giorno della notifica e quello dell'udienza di discussione) nell'ambito del contraddittorio regolarmente instauratosi.
Invero, come questa Corte ha già avuto modo di statuire (Cass. Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 23426 del 16/10/2013), "nel rito del lavoro, la violazione del termine di dieci giorni entro il quale l'appellante, ai sensi dell'art. 435, secondo comma, cod. proc, civ., deve notificare all'appellato il ricorso, tempestivamente depositato in cancelleria nel termine previsto per l’impugnazione unitamente al decreto di fissazione dell'udienza di discussione, non produce alcuna conseguenza pregiudizievole per la parte, perché non incide su alcun interesse di ordine pubblico processuale o su di un interesse dell'appellato, sempre che sia rispettato il termine che, in forza del medesimo art. 435, terzo e quarto comma, cod. proc. civ., deve intercorrere tra il giorno della notifica e quello dell'udienza di discussione."
D'altra parte, in precedenza, con Ordinanza n. 60 del 2010 la Corte Costituzionale, nel ritenere manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 435, secondo comma, cod. proc. civ., nella parte in cui impone all’appellante il termine di dieci giorni per provvedere alla notifica all'appellato del ricorso e del decreto di nomina del relatore e di fissazione dell'udienza di discussione, per violazione degli artt. 24 e 111 Cost., ebbe già occasione di chiarire che il giudice remittente non aveva tenuto presente che nella fattispecie in esame, malgrado l'inosservanza del termine di cui all'art. 435, secondo comma, la notifica del ricorso e del decreto era intervenuta nel rispetto del termine di cui al successivo terzo comma, con la conseguente astratta possibilità dello svolgimento dell’udienza di discussione e della realizzazione del diritto di difesa dell'appellato.
2. Col secondo motivo il ricorrente deduce la nullità della sentenza impugnata per violazione dell'art. 112 c.p.c. in relazione all'art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., in quanto la Corte aveva omesso di pronunciarsi su una serie di eccezioni di merito, rilevanti ai fini della decisione, sollevate dalla sua difesa, tra le quali quelle attinenti alla ricostruzione della dinamica dei fatti ed alle relative deposizioni testimoniali, quelle concernenti le critiche svolte dalla consulente di parte dell'istituto alle conclusioni del perito d'ufficio di primo grado, nonché quelle riguardanti il parere, richiamato dall'Inail, espresso dal dott. V.G. del Centro Medico Legale dello stesso istituto assicuratore.
3. Col terzo motivo il ricorrente si duole dell'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, nonché dell'omesso esame dei rilievi mossi alle risultanze di ordine tecnico ed al procedimento tecnico seguito dal CTU nominato nel giudizio di secondo grado. Sostiene il ricorrente che la Corte si era limitata a trascrivere nella sentenza taluni passaggi della consulenza tecnica d'ufficio e a fondare la propria decisione sul convincimento erroneo che la stessa non era stata contestata dalle parti, quando, invece, in data 24 marzo 2010 la sua difesa aveva versato in atti un documento contenente numerose osservazioni critiche dello specialista in oftalmologia dr. Enrico M. alla relazione peritale ed una richiesta di chiarimenti o la nomina di uno specialista in oculistica con esperienza ospedaliera.
4. Col quarto motivo il ricorrente denunzia l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, nonché l'omessa motivazione del mancato accoglimento della richiesta di una rinnovazione della CTU formulata in data 24.3.2010 e ribadita all'udienza del 25.3.2010.
5. Col quinto motivo il ricorrente si duole dell'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, nonché dell'omessa motivazione in ordine alla preferenza accordata dalla Corte di merito alla CTU di secondo grado, posta a fondamento della decisione, rispetto a quella depositata nel giudizio di prime cure, le cui conclusioni sono state disattese senza alcuna ragione.
6. Col sesto motivo, dedotto per vizio di motivazione ai sensi dell'art. 360 n. 5 c.p.c., il ricorrente lamenta evidenti e gravi omissioni della consulenza tecnica d'ufficio disposta nel giudizio di secondo grado e riverberatesi nella sentenza impugnata che aveva recepito acriticamente le relative conclusioni.
Osserva la Corte che per ragioni di connessione il terzo ed il quinto motivo possono essere esaminati congiuntamente.
 

Tali motivi sono fondati.
Invero, a fronte della discordanza tra le perizie svolte nei due gradi di giudizio la Corte bolognese ha deciso di condividere l'esito della seconda, sfavorevole all'assicurato, senza spiegare, tuttavia, le ragioni del discostamento dalla prima relazione ed aderendo acriticamente a quella di seconde cure dalla quale, peraltro, non emergono le ragioni del dissenso rispetto alle conclusioni cui era pervenuto il perito di prime cure. Inoltre, la Corte di merito dà per certo che la seconda relazione peritale non fu contestata, quando, al contrario, l'odierno ricorrente indica gli atti in cui la sua difesa sollevò al riguardo specifiche censure, proponendo, nel contempo, istanza di chiarimenti o di rinnovo della perizia per il tramite di uno specialista in oculistica.
Si è, infatti, statuito (Cass. Sez. L, n. 19572 del 26/8/2013) che "in tema di consulenza tecnica di ufficio, se lo svolgimento di una prima consulenza non preclude l'affidamento di un’ulteriore indagine a professionista qualificato nella materia al fine di fornire al giudice un ulteriore mezzo volto alla più approfondita conoscenza dei fatti già provati dalle parti, è tuttavia necessario che il giudice che intenda uniformasi alle risultanze della seconda consulenza tecnica di ufficio non si limiti ad un'adesione acritica ad esse ma giustifichi la propria preferenza, specificando la ragione per la quale ritiene di discostarsi dalle conclusioni del primo consulente, salvo che queste abbiano formato oggetto di esame critico nell'ambito della nuova relazione peritale con considerazioni non specificamente contestaste dalle parti." (conf. a Cass. Sez. 2, n. 23063 del 30.10.2009)
Si è, altresì, affermato (Cass. Sez. L, n. 4657 del 25/2/2011) che "in sede di giudizio di appello, allorché venga disposta una nuova (rispetto a quella eseguita in prime cure) consulenza tecnica d'ufficio (nella specie, per accertare il diritto dell’assicurato all'assegno di invalidità ed all'indennità di accompagnamento), l'eventuale accoglimento, da parte del giudice del gravame, della tesi del secondo consulente d'ufficio non necessita di una confutazione particolareggiata delle diverse risultanze e valutazioni della prima consulenza, essendo necessario soltanto che detto giudice non si limiti ad una acritica adesione al parere del secondo ausiliario, ma valuti le eventuali censure di parte, indicando le ragioni per cui ritiene di dover disattendere le conclusioni del primo consulente." (in senso conf. v. anche Cass. Sez. 1, n. 5148 del 3/3/2011)
L'accoglimento del terzo e del quinto motivo comporta che rimane assorbita la disamina degli altri motivi che si incentrano sostanzialmente sul merito della controversia con particolare riguardo alla natura professionale della malattia oggetto di causa.
In definitiva, vanno accolti il terzo ed il quinto motivo, mentre va dichiarato infondato il primo motivo ed assorbiti gli altri. Conseguentemente la sentenza impugnata va cassata in relazione ai motivi accolti e la causa va rinviata, anche per le spese, alla Corte d'appello di Bologna in diversa composizione, la quale nel riesaminare il merito della questione si atterrà ai suddetti principi.
 

P.Q.M.
 

La Corte accoglie il terzo ed il quinto motivo, dichiara infondato il primo ed assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese, alla Corte d'appello di Bologna in diversa composizione.
Così deciso in Roma il 21 aprile 2016