Tribunale di Pescara, Giudice del Lav., 06 maggio 2016, n. 450 - Indumenti ad alta visibilità: dpi e risarcimento danni da parte del datore di lavoro per omesso lavaggio


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI PESCARA - GIUDICE DEL LAVORO
ha pronunciato la seguente
SENTENZA

 

 

 


OGGETTO: Risarcimento danni: altre ipotesi Conclusioni: come da atti introduttivi.
 

 

Fatto

 


Con separati ricorsi depositati  il 12.12.2014 i ricorrenti indicati in epigrafe, dipendenti della Omissis con mansioni di tecnico di manutenzione o capo tecnico di manutenzione , addetti presso il cantiere meccanizzato armamento dell'unità territoriale di Pescara, sito presso la stazione ferroviaria centrale di Pescara, chiedevano che, previo accertamento della violazione da parte della datrice di lavoro dell'art. 77 c. 4° lett. a) d.lgs. 81/2008 per inadempimento dell'obbligo di lavaggio degli indumenti di lavoro loro consegnati (tute, pantaloni, gilets, giubbotti e giacche ad alta visibilità), qualificati come dispositivi di protezione individuale venisse dichiarato il loro diritto al risarcimento del relativo danno patrimoniale derivante dall'essere stati costretti a provvedere autonomamente al lavaggio degli indumenti stessi. Il danno veniva quantificato in misura pari al costo del lavaggio professionale di detti indumenti per una volta alla settimana e, quindi, complessivamente, in € 940,00 annui.
Si costituiva in giudizio, in ciascuno dei processi, preliminarmente il difetto di allegazione in merito alla natura pericolosa delle singole specifiche attività svolte dai ricorrenti e a quella ... indumenti di volta in volta indossati, nonché l'assenza di prova circa l'effettivo lavaggio dei predetti indumenti, la frequenza dei lavaggi eventualmente eseguiti e, infine, dei costi effettivamente sostenuti. Nel merito la convenuta deduceva che: soltanto alcuni degli indumenti di lavoro consegnati ai lavoratori con mansioni di tecnico di manutenzione sono qualificabili DPI (calzature di sicurezza, elmetti, tute, giacconi e gilet ad alta visibilità, facciali e maschere filtranti, filtri antipolvere, cuffie, guanti ed occhiali di protezione), che tra essi, sono effettivamente lavabili solo giacconi, gilet e tute ad alta visibilità; che la frequenza di tali lavaggi è variabile in relazione alle condizioni climatiche che impongono l'utilizzo di ciascun indumento; che le tute sono monouso e vengono usate solo per le lavorazioni insudicianti o in presenza di liquidi; che i gilet ad alta visibilità sono di plastica leggera (tipo quelli da tenere obbligatoriamente in auto per le emergenze), hanno costo di €. 1,63 l'uno e vengono quindi forniti a consumo poiché non è conveniente lavarli, sicché vanno sostituiti quando non sono più idonei; che 1'unico indumento che fatto va sottoposto a lavaggio è il giaccone ad alta visibilità, utilizzato solo da ottobre a marzo salvo eccezionali ragioni climatiche; che i relativi costi di lavaggio, peraltro possibilmente anche domestico, erano inferiori a quelli indicati in ricorso, e stimabili (tenuto conto del periodo semestrale di utilizzo, delle effettive giornate lavorative prestate e dei periodi di ferie ed assenza dal lavoro, e del numero di quattro lavaggi necessari, trattandosi di giacche a vento) in circa € 14.00 anni. Eccepiva comunque la prescrizione per i crediti relativi al periodo anteriore al quinquennio precedente la notifica dei ricorsi introduttivi.
Riuniti i procedimenti per evidenti ragioni di connessione, sentiti i testi addotti dalle parti, all'odierna udienza la causa veniva discussa e decisa
 

 

Diritto

 


I ricorsi sono parzialmente fondati.
Preliminarmente va rigettata l'avanzata eccezione (qualificabile come di nullità per insufficiente allegazione dei relativi motivi di fatto) di inaccoglibilità dei ricorsi per insufficienti allegazioni fattuali e probatorie. Secondo pacifico orientamento giurisprudenziale, nel rito del lavoro per aversi nullità del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado per mancata determinazione dell'oggetto della domanda o per mancata esposizione degli elementi di fatto e delle ragioni di diritto su cui la stessa si fonda, non è sufficiente l'omessa indicazione dei corrispondenti elementi in modo formale; è necessario, invece, che attraverso l'esame complessivo dell'atto sia impossibile l'individuazione esatta della pretesa dell'attore, e che il convenuto non possa apprestare una compiuta difesa.
Ebbene, nel caso di specie, dalla lettura dei ricorsi unitamente alla documentazione allegata appare evidente come la domanda abbia ad oggetto il risarcimento del danno patrimoniale derivante dall'inadempimento del datore di lavoro all'obbligo di lavaggio degli indumenti ivi indicati, qualificati come DPI, consegnati ai lavoratori (e che i lavoratori hanno offerto di quantificare in misura pari al costo del lavaggio professionale di questi).
Tanto premesso, nel merito va osservato che, in materia di prevenzione e sicurezza sui luoghi di lavoro, sussiste a carico del datore di lavoro obbligo di lavaggio dei dispositivi di protezione individuale consegnati ai lavoratori dipendenti e da loro utilizzati, quale corollario del più generale obbligo di manutenzione in efficienza dei DPI. Ex art. 18 d.lgs. 81/2008, difatti, il datore di lavoro deve fornire ai lavoratori i necessari e idonei dispositivi di protezione individuale; ex art. 77 d.lgs. stesso, il datore di lavoro mantiene in efficienza i DPI e ne assicura le condizioni d'igiene, mediante la manutenzione, le riparazioni e le sostituzioni necessarie e secondo le eventuali indicazioni fornite dal fabbricante. Di contro i lavoratoti, in base alla medesima disposizione, devono limitarsi a provvedere alla cura dei DPI messi a loro disposizione (art. 77, n. 3, lett. a) d.lgs. cit.).
Al riguardo è difatti pacifico che il datore di lavoro è obbligato a provvedere al lavaggio degli indumenti da lavoro (o, in alternativa, a corrispondere al lavoratore il rimborso delle spese sostenute) ove si accerti che tali indumenti sono qualificabili come dispositivi di protezione individuale (cfr. Cass. sez. lav. 14/10/2014 n. 21658 Foro it. 2015, 2, I, 537; Cass. sez. lav. 28/04/2015 n. 8585 Foro it. 2015, 9, I, 2774).
Ciò in quanto l'idoneità degli indumenti di protezione che il datore di lavoro deve mettere a disposizione dei lavoratori in base alla normativa sopra richiamata deve sussistere non solo nel momento della consegna degli indumenti stessi, ma anche durante l'intero periodo di esecuzione della prestazione lavorativa. Le norme suindicate, infatti, finalizzate alla tutela della salute quale oggetto di autonomo diritto primario assoluto (art. 32 Cost.), solo nel suddetto modo conseguono il loro scopo che, oltre a quello della specifica protezione dei lavoratori contro i rischi connessi all'esecuzione della prestazione lavorativa, è in ogni caso quello di garantire condizioni di igiene nell'esecuzione della prestazione stessa. Ne consegue che, essendo il lavaggio indispensabile per mantenere gli indumenti in stato di efficienza, esso non può non essere a carico del datore di lavoro, quale destinatario dell'obbligo previsto dalle citate disposizioni (cfr. Cass. sez. lav. 14/11/2005 n. 22929 - Giust. civ. Mass. 2005 , 7/8; Cass. sez. lav. 23/06/2010 n. 15202 - DL Riv. criti ca dir. lav. 2010, 3, 853).
Ex art. 74 d.lgs. n° 81/2008 costituisce DPI qualsiasi attrezzatura destinata ad essere indossata e tenuta dal lavoratore allo scopo di proteggerlo contro uno o più rischi suscettibili di minacciarne la sicurezza o la salute durante il lavoro, nonché ogni complemento o accessorio destinato a tale scopo.
Non rientrano quindi tra i dispositivi di protezione individuale, le tute, di stoffa o monouso, fornite dal datore di lavoro, quando esse, per la loro consistenza, svolgono esclusivamente la funzione di preservare gli abiti civili dalla ordinaria usura connessa all'espletamento dell'attività lavorativa, e non anche quella (pur astrattamente configurabile) di proteggere il lavoratore contro uno o più rischi suscettibili di minacciarne la sicurezza o la salute durante il lavoro, sicché rispetto ad esse non è configurabile, in mancanza di specifiche previsioni contrattuali, un obbligo a carico del datore di lavoro di continua fornitura e di sistematico lavaggio (cfr. Cass. Sez. L. n. 2625 del 05/02/2014 rv. 629842).
Tali principi vanno applicati alla fattispecie di causa.
Va quindi osservato che è pacifico tra le parti che, in relazione alle mansioni svolte dai ricorrenti, gli unici indumenti, tra quelli di lavoro loro forniti dalla convenuta, aventi funzione di protezione contro i rischi connessi all'esecuzione delle prestazioni lavorative, sono gilet, tute e giacconi ad alta visibilità. Tali indumenti sono difatti, per quanto dedotto negli stessi ricorsi introduttivi, i soli che i ricorrenti indossano con continuità (a parte i caschi, i guanti e le scarpe antinfortunistiche, non oggetto di controversia).
Considerato che i ricorrenti operano quali tecnici manutentori sulle linee ferroviarie in esercizio, anche durante lo svolgimento dell'ordinario traffico ferroviario, i descritti indumenti, in quanto permettono la visibilità anche a grande distanza del lavoratore che li indossi, preservano contro lo specifico rischio di urto o investimento connesso all'esecuzione delle descritte mansioni, e sono quindi senz'altro qualificabili come DPI ex art. 74 dlgs. cit.. Gli indumenti stessi sono, peraltro, espressamente indicati da fornire agli addetti alla Divisione Armamento, di appartenenza dei ricorrenti, nel documento di valutazione dei rischi aziendale della convenuta (c:fr. prod 4 del fascicolo di parte).
Inoltre, per quanto previsto nella procedura operativa aziendale della convenuta di gestione dei DPI, la manutenzione può essere effettuata anche mediante riparazione o sostituzione dei dispositivi (cfr. doc. 5 prod convenuta).
Di fatto, come risulta dalle dichiarazioni dei testi escussi e dalle schede informative degli indumenti da lavoro agli atti (doc. 7 prod. convenuta), i ricorrenti utilizzano ordinariamente giacche a vento ad alta visibilità con corpetto interno staccabile ad alta visibilità, giacche e pantaloni impermeabili antipioggia ad alta visibilità, gilet leggeri in plastica ad alta visibilità con dorso traforato. Gli altri indumenti da lavoro forniti ai ricorrenti, a parte i caschi, i guanti e le scarpe antinfo1tunistiche, sono ordinarie tute da lavoro. I gilet leggeri vengono usati d'estate, il giaccone d'inverno, sopra le tute da lavoro, ed i gilet vengono sostituiti quando si usurano o si sgualciscono, a richiesta.
Non risultano quindi forniti ai ricorrenti pantaloni con bande ad alta visibilità, ma ordinari pantaloni o tute da lavoro, non aventi, per quanto sopra osservato, natura di DPI.
Deve quindi ritenersi che effettivamente, come peraltro sostenuto dalla convenuta senza contestazioni da parte dei ricorrenti, le giacche e i pantaloni impermeabili antipioggia vengano utilizzati solo in caso di pioggia e di necessità di operare, ciò nonostante, all'aperto, e che i gilet leggeri vengano frequentemente sostituiti.
Va inoltre considerato che si tratta di indumenti indossati sopra le tute da lavoro, e che quindi non assorbono direttamente il sudore dei lavoratori e che, come risulta dalla citata scheda informativa, le giacche a vento invernali sono composte da un tessuto esterno impermeabile, un tessuto interno, e dal corpetto interno (a sua volta formato da tessuto esterno impermeabile e tessuto interno).
Ne segue che di certo tali necessitano lavaggio, poiché, venendo utilizzati per lavori di manutenzione tecnica su linee ferroviarie, quindi all'aperto, si sporcano, ma vi è necessità di sporadico lavaggio di giacche e pantaloni antipioggia, conseguente all'uso non continuativo di essi, e di lavaggio periodico di giacche a vento e gilet, conseguente all'uso continuativo di essi.
Trattandosi di dispositivi che hanno, come detto, primaria funzione di garantire la visibilità dei lavoratori, ma che sono indumenti, questi vanno lavati sia quando si sporcano, per l'uso o per l'azione di elementi esterni o altri materiali da lavoro, in modo tale che non garantiscano adeguata visibilità del lavoratore, sia quando l'uso stesso per attività lavorativa li rende non più utilizzabili per motivi di igiene.
Ne segue che la periodicità del lavaggio deve ritenersi più frequente nel periodo estivo, in cui è fondatamente presumibile che, per le elevate temperature atmosferiche e le condizioni ambientali, i gilet, pur non a diretto contatto con il corpo dei lavoratori, ne assorbano comunque gli odori. La periodicità appare invece molto meno frequente nel periodo invernale, venendo le giacche a vento ed i corpetti interni indossati sopra il normale abbigliamento da lavoro, da ritenersi adeguato alla stagione e quindi di consistenza ben maggiore rispetto a quello estivo, con conseguente minore assorbimento di odori corporei.
Tale periodicità, inoltre, dipende anche dalla specifica tipologia di attività manutentiva svolta e dalle concrete condizioni ambientali in cui i ricorrenti operano, fattori da cui conseguono diversità di impegno fisico-manuale e quindi differente velocità di degrado igienico connesso all'uso, nonché diversa probabilità che gli indumenti si sporchino per effetto di agenti esterni o degli altri materiali di lavoro utilizzati.
Quanto ai gilet, non potrebbe ritenersi che la sostituzione periodica di essi effettuata dalla convenuta ne escluda totalmente la necessità di lavaggio, non essendo emersi elementi di prova precisi circa la :frequenza delle sostituzioni, ed avendo peraltro il teste P. riferito che gli indumenti veniva sostituiti quando si sgualcivano o si usuravano, non quando erano sporchi.
Avendo il teste riferito di avere sempre visto i ricorrenti indossare indumenti puliti, deve ritenersi che tali necessari lavaggi siano stati direttamente eseguiti o fatti eseguire dai ricorrenti, essendo peraltro pacifico che la convenuta non abbia approntato un servizio aziendale di lavaggio.
Vi è quindi prova sia dell'inadempimento da parte della convenuta al proprio obbligo di mantenere in efficienza, anche mediante lavaggio trattandosi di indumenti, gli indicati ... forniti ai ricorrenti e da essi utilizzati, sia dell'avvenuto lavaggio da parte dei ricorrenti stessi, e che essi hanno necessariamente dovuto eseguire per poter continuare ad utilizzare ... stessi.
Sussiste quindi l'obbligo della convenuta al risarcimento in favore dei ricorrenti del relativo danno ex artt. 1218 e 2087 e.e..
Non essendovi però risultanze istruttorie specifiche sulla specifica tipologia di attività manutentive svolte dai ricorrenti e sulle concrete modalità di esecuzione delle mansioni, e quindi sull'entità da un lato del deterioramento o imbrattamento che abbiano potuto subire per effetto di agenti esterni o altri materiali di lavoro, dall'altro del degrado igienico di essi connesso alle specifiche e concreto modalità d'uso, non vi è alcun elemento idoneo alla quantificazione di tale danno, sicché deve ricorrersi a valutazione equitativa ex art. 1226 c.c..
Non essendo state prodotte ricevute o fatture da parte di lavanderie specializzate, può solo ritenersi certo che i ricorrenti abbiano provveduto in proprio al lavaggio dei rispettivi indumenti.
Nemmeno i ricorrenti hanno in alcun modo dedotto di avere dovuto sottrarre tempo ad altre attività per dedicarne a tali operazioni di lavaggi o, sicché non appaiono configurabili danni non patrimoniali cd. esistenziali.
Per la quantificazione del danno subito dai ricorrenti deve quindi farsi riferimento ai costi medi di un lavaggio casalingo di indumenti, ed alla frequenza media dei lavaggi necessari.
Quanto ai costi, dalla nota informativa prodotta dai ricorrenti può evincersi che un singolo carico di lavaggio in macchina lavabiancheria comporti una spesa di €. 1.50 circa (comprensiva di costo di detersivo, acqua e corrente elettrica), spesa che va divisa per il numero di indumenti lavabili per ogni carico.
Il costo del lavaggio di un gilet del tipo di quelli utilizzati dai ricorrenti, trattandosi di indumento di peso e volume ridottissimi, è quindi minimo, e deve ritenersi assolutamente irrilevante, potendo l'indumento essere aggiunto a qualsiasi lavaggio casalingo di biancheria altrimenti effettuato per normali esigenze domestiche. Il costo del lavaggio di una giacca a vento con corpetto interno e di un completo giacca e pantalone antipioggia del tipo di quelli utilizzati dai ricorrenti è invece stimabile nella metà del costo di un carico di lavaggio, considerato il discreto volume degli indumenti.
Quanto alla frequenza dei lavaggi, dal maggiore degrado igienico dei gilet può dedursi la necessità di un lavaggio settimanale, ma, essendo notorio che le normali esigenze domestiche necessitino di per sé di almeno un carico settimanale di lavabiancheria, deve ritenersi che ai ricorrenti non sia stato necessario eseguire appositi lavaggi dei gilet, con conseguente insussistenza di qualsiasi voce di danno risarcibile.
Relativamente alle giacche a vento, dal discreto volume di esse e dall'utilizzo in attività lavorativa tecnico-manuale è di contro desumibile la necessità di appositi lavaggi, con frequenza maggiore rispetto a quello stagionale ordinariamente necessario per le giacche o giacconi di ordinario uso, stimabile nell'ordine di un lavaggio mensile, quindi, trattandosi di indumenti stagionali, in sei lavaggi l'anno, corrispondenti ad un costo di €. 4.50 (€. 0.75 x 6) annui.
Relativamente agli indumenti antipioggia, considerato l'uso sporadico, appare infine sufficiente un lavaggio annuale, corrispondente ad un costo di €. 0.75.
Non vi è, infine, alcun elemento da cui potersi desumere che abbisognassero di lavaggi più frequenti o di lavaggi separati perché particolarmente sporcatisi per effetto di agenti esterni o di altri materiali di lavoro.
L'eccezione di prescrizione avanzata dalla convenuta è infondata, poiché, vertendosi in materia di risarcimento del danno da inadempimento contrattuale, vigono termini di prescrizione decennali ex art. 2946 c.c..
In parziale accoglimento del ricorso, la convenuta va condannata al pagamento in favore del ricorrente ... della somma di €. 52,50 (risultando egli assegnato alle attuali mansioni da oltre un decennio ed essendo stata la domanda avanzata nei limiti della prescrizione); in favore del ricorrente ... la somma di €. 52,50 (risultando egli assegnato alle attuali mansioni da un decennio); in favore del ricorrente ...della somma di €. 42,00 (risultando egli assegnato alle attuali mansioni da otto anni); in favore del ricorrente ... della somma di €. 52,50 (risultando egli assegnato alle attuali mansioni da oltre un decennio ed essendo stata la domanda avanzata nei limiti della prescrizione); in favore del ricorrente ... della somma di €. 52,50 (risultando egli assegnato alle attuali mansioni da oltre un decennio ed essendo stata la domanda avanzata nei limiti della prescrizione); in favore del ricorrente ... la somma di €. 52,50 (risultando egli assegnato alle attuali mansioni da un decennio); in favore del ricorrente ... della somma di €. 52,50 (risultando egli assegnato alle attuali mansioni da un decennio); in favore del ricorrente ... della somma di €. 52,50 (risultando egli assegnato alle attuali mansioni da un decennio); in favore del ricorrente ... della somma di €. 42,00 (risultando egli assegnato alle attuali mansioni da otto anni); in favore del ricorrente ... della somma di €. 42,00 (risultando egli assegnato alle attuali mansioni da otto anni); in favore del ricorrente ... della somma di €. 42,00 (risultando egli assegnato alle attuali mansioni da otto anni).
Le spese del giudizio possono essere integralmente compensate tra le parti considerato l'accoglimento solo parziale del ricorso, in particolare quanto alla notevole differenza tra le somme domandate e quelle riconosciute ed all'esiguità di queste ultime.
 

 

P.Q.M.
 

 

definitivamente pronunciando, accertato che gli indumenti ad alta visibilità di cui in motivazione forniti ai ricorrenti dalla convenuta costituiscono dispositivi di protezione individuale ai sensi della disciplina di cui al d.lgs. n° 81/2008, dichiarato l'obbligo della convenuta di provvedere alla manutenzione di tali indumenti anche mediante lavaggio ed accertato l'inadempimento a tale obbligo, condanna la convenuta al pagamento in favore dei ricorrenti, a titolo di risarcimento del danno da essi subito per tale inadempimento, delle seguenti somme, oltre al cumulo di interessi e rivalutazione monetaria come per legge dalle singole scadenze al saldo: del ricorrente della somma di €. 52,50; del ricorrente della somma di €. 52,50; del ricorrente della somma di €. 42,00; del ricorrente della somma di €. 52,50; del ricorrente ella somma di €. 52,50; del rico1rente della somma di €. 52,50; del ricorrente somma di €. 52,50; del ricorrente della somma di €. 52,50; del ricorrente della somma di €. 42,00; del ricorrente della somma di €. 42,00; del ricorrente ella somma di €. 42,00; compensa integralmente tra le parti le spese del giudizio.
Così deciso in Pescara all'udienza del 6.5.2015.
IL GIUDICE DEL LAVORO
- dott. Massimo De Cesare -