Cassazione Penale, Sez. 4, 09 novembre 2016, n. 47054 - Folgorazione dell'elettrotecnico. Responsabilità del capo dell'unità tecnica della società


 

Presidente: D'ISA CLAUDIO Relatore: MENICHETTI CARLA Data Udienza: 21/09/2016

 

 

 

Fatto

 

1.1. La Corte d'Appello di Roma con sentenza 29 maggio 2015 confermava la sentenza del locale Tribunale di condanna di DG.F. alla pena di giustizia, quale responsabile del reato di lesioni colpose gravi gravissime ai danni di G.A., limitatamente alla condotta di cui alla integrazione della contestazione operata dal P.M. alla udienza del 25 maggio 2008, oltre al risarcimento dei danni in favore della parte civile, con assegnazione di una provvisionale immediatamente esecutiva.
2. Era stato contestato al DG.F., quale capo unità tecnica della società Met.Ro. s.p.a. - unitamente a M.A., legale rappresentante della medesima e datore di lavoro responsabile per la sicurezza, assolto fin dal primo grado - di aver azionato il quadro elettrico e di aver elevato il pantografo per l'immissione della corrente elettrica sul treno, senza essersi preventivamente assicurato del buon funzionamento del coperchio dell'interruttore extra-rapido, così da cagionare all'elettrotecnico G.A., che stava lavorando a contatto con le parti elettriche, lesioni da folgorazione, diffuse ustioni di terzo grado ed un modesto versamento pleurico.
3. La Corte territoriale, in risposta allo specifico motivo di appello in cui si assumeva che la causa della folgorazione fosse da attribuire alla residua corrente rimasta nei condensatori dell'extrarapido, considerava tale asserzione avulsa da ogni evidenza scientifica, e sottolineava la corretta indagine tecnica affidata a periti di specifica competenza, che avevano ricollegato la folgorazione della quale era rimasto vittima il G.A. all'elettrificazione del treno, conseguente all'elevazione del pantografo effettuata dal DG.F.. Escludeva poi l'interruzione del nesso di causalità per comportamento imprudente del lavoratore quanto, il giorno 18 agosto 2004, in cui si era verificato il fatto, i lavori sull'impianto elettrico della motrice in riparazione non erano ancora terminati, permanendo anomalie nella trasmissione della corrente elettrica, il DG.F. era consapevole che il G.A. stava lavorando nel turno pomeridiano, avendolo incontrato sul treno circa mezz'ora prima dal sollevamento del pantografo e,comunque, quale capo dell'unità tecnica, avendo notato quel pomeriggio la presenza sul treno di diversi operatori, avrebbe dovuto verificare, prima di elevare il pantografo, che non vi fossero dipendenti intenti a lavorare ai circuiti elettrici della motrice.
4. Ha proposto ricorso l'imputato, per il tramite del difensore di fiducia, articolando tre distinti motivi.
4.1. Con un primo motivo lamenta inosservanza o erronea applicazione dell'art.40 c.p. in relazione al nesso di causalità tra la condotta dell'imputato e l'evento lesivo, che non costituiva la concretizzazione del rischio che la norma cautelare intendeva prevenire.
Il G.A. non aveva poi rispettato le procedure specifiche di sicurezza, non avendo tenuto con sé durante la lavorazione la chiave che impediva l'attivazione della tensione sul binario e quella che impediva l'attivazione del pantografo, inserite la prima in un chiaviere e l'altra in un pannello, entrambi a blocco meccanico, in modo che qualora ne fosse mancata una l'impianto elettrico non si sarebbe attivato. Infine, era stato riscontrato, prima dai tecnici della ASL e poi dai consulenti del P.M., un guasto al sistema di sicurezza dell'impianto elettrico del treno, semplicisticamente ridotto dal Tribunale nella "mancanza del coperchio del quadro elettrico", cui era seguito il pagamento di un'oblazione che#tuttavia, pur facendo venir meno l'ipotesi contravvenzionale, non aveva eliso la responsabilità del datore di lavoro né il fatto storico che l'aveva generata.
4.2. Con un secondo motivo prospetta mancanza o manifesta illogicità della motivazione con riferimento all'interruzione del nesso causale, tanto da parte del soggetto leso, quanto in ragione del riscontrato guasto al sistema di sicurezza, aspetto quest'ultimo su cui era stata omessa ogni motivazione, con violazione dell'art.111, comma 6, Cost. La Corte territoriale aveva asserito, con argomentazione non esaustiva, che l'eventuale negligenza del G.A., nella sequenza causale del caso di specie, era antecedente all'azione del DG.F. e,dunque, non si poteva porre la questione nei termini voluti dalla difesa, poiché l'interruzione del nesso causale postula sempre un comportamento successivo a quello dell'agente. Secondo il ricorrente non era stato considerato che il G.A., con la sua inosservanza della procedura, aveva annullato tutto il sistema di sicurezza presente sull'impianto, ed inoltre non era stata accertata l'idoneità della condotta del DG.F. a produrre l'evento lesivo in assenza del comportamento scorretto dell'infortunato. Nessun cenno poi al guasto del sistema di sicurezza.
4.3. Con un terzo motivo infine deduce inosservanza o erronea applicazione dell'art.43 c.p. in riferimento agli artt.3, 24 e 111 Cost., in particolare sulla configurabilità dell'elemento soggettivo del reato, non avendo l'imputato alcuna conoscenza del G.A., sia perché operaio autonomo e non a lui subordinato, sia perché secondo i documenti di lavoro acquisiti non erano previste quel giorno lavorazioni nel sottocassa. Il DG.F. aveva osservato tutti i protocolli di sicurezza, l'evento si era verificato senza che fosse violata alcuna norma di condotta e ciò portava ad escludere ogni responsabilità.
 

 

Diritto

 

1. Il ricorso non è fondato.
2. Giova in primo luogo rilevare che la condotta colposa di cui il DG.F. è stato ritenuto responsabile è consistita - secondo la contestazione integrativa avvenuta alla udienza del 25 maggio 2008 - nell'aver azionato il quadro elettrico e nell'aver elevato il pantografo per l'immissione della corrente elettrica sul treno, senza aver preventivamente verificato l'efficienza del coperchio di protezione del sistema di sicurezza denominato "interruttore extrarapido", che avrebbe dovuto garantire la impossibilità di un passaggio di elettricità. L'elevazione del pantografo era avvenuta mentre il G.A. stava operando a contatto con le parti elettriche della motrice ed aveva costituito la causa delle lesioni da folgorazione subite dall'operaio.
2.1. Sul punto la sentenza impugnata è motivata in maniera corretta e congrua.
La Corte d'Appello ha, infatti, ritenuto infondata e meramente assertiva la tesi difensiva, secondo cui la causa dell'evento era da attribuire alla residua corrente rimasta nei condensatori dell'extrarapido, all'esito di attenta valutazione delle conclusioni cui erano pervenuti i periti, i quali appunto avevano scientificamente dimostrato come la folgorazione della quale era rimasto vittima il G.A. era ricollegata esclusivamente e con certezza all'elettrificazione del treno conseguente alla elevazione del pantografo effettuata dal DG.F..
Irrilevante quindi, per quanto qui interessa, l'avvenuta oblazione da parte del datore di lavoro della contravvenzione elevata ai sensi dell'art.35, comma 4, D.Lgs.n.626/94 per mancata messa in sicurezza dei luoghi.
3. Il ricorrente, come ulteriore argomento difensivo, ha prospettato la condotta imprudente del G.A. il quale, elettricista dotato di specifica esperienza e competenza nel campo, non aveva osservato, prima di intraprendere l'attività di riparazione, la precauzione di prelevare dal quadro elettrico la chiave che avrebbe impedito l'attivazione del sistema, così violando l'art. 5 D.lgs.n.624/1994. Il DG.F., si sostiene, avendo svolto l'unico accertamento cui era tenuto, di verificare cioè la presenza di tutte le chiavi nei loro alloggiamenti, ed ignaro che il G.A. stesse lavorando nel sottocassa ove quel giorno non era previsto alcun intervento, aveva sollevato il pantografo elettrificando il treno.
3.1. Anche detta censura è destituita di fondamento.
Vera la circostanza che il G.A. non aveva portato con sé la chiave per disattivare l'impianto elettrico, omissione certamente imprudente, tuttavia il DG.F., nella sua qualità di capo della unità tecnica, aveva comunque l'obbligo, prima di procedere alla elevazione del pantografo, di verificare se vi fossero operai al lavoro all'impianto elettrico.
In proposito la Corte capitolina - con motivazione immune da vizi logici e giuridici - ha preliminarmente osservato che era fuor di luogo parlare di interruzione del nesso causale tra l'azione del DG.F. e l'evento lesivo per cui è processo, in ragione dell'antecedenza del fatto colposo del lavoratore, collocatosi in un momento in cui la condotta dell'imputato ancora non si era realizzata.
Al di là del sottolineato rapporto temporale tra le due condotte, che da solo esclude l'ipotesi di una condotta del lavoratore incidente sul nesso eziologico, deve osservarsi che il rispetto delle generiche cautele nell'ambiente di lavoro e delle specifiche norme prevenzionali ha lo scopo di ridurre al minimo il rischio di incidenti che è fisiologico possano avere alla base l'errore dell'operatore, generato anche da imprudenza. Proprio al fine di scongiurare tali eventi nefasti, evitabili rispettando gli standard di sicurezza imposti dalla legge, vi sono soggetti chiamati al ruolo di garanzia in favore degli operatori esposti al rischio antinfortunistico: essi non possono pretendere esonero di responsabilità in caso di condotta inadeguata del lavoratore, fatto salvo il contegno abnorme, che si configura in caso di comportamento anomalo, assolutamente estraneo alle mansioni attribuite, esorbitante ed imprevedibile rispetto al lavoro posto in essere (Sez.4, 5 marzo 2015 n.16397, Rv.263386; Sez.4, 14 marzo 2014 n.22249, rv.259228) e non anche quando il lavoratore compia un'operazione che, seppure imprudente, non risulti eccentrica rispetto alle mansioni a lui specificamente assegnate.
Le dette argomentazioni, ben sviluppate in sentenza, fanno corretta applicazione dei principi più volte ribaditi da questa Corte Suprema in tema di responsabilità colposa del datore di lavoro, ovvero del soggetto chiamato a coprire una posizione di garanzia, per la cui affermazione è necessaria non solo la violazione di una norma cautelare, ma anche la constatazione che il rischio che la cautela intende presidiare si sia concretizzato nell'evento (c.d. causalità della colpa), poiché alla colpa dell'agente va ricondotto solo quell'evento che sia causalmente collegabile alla condotta omessa ovvero a quella posta in essere in violazione della regola cautelare (Sez.4, 11 ottobre 2011 n.43645, rv.251913; Sez.4, 3 ottobre 2014 n.1819, Rv. 261768).
Nel caso di specie, a causa della improvvida manovra di elevazione del pantografo da parte del DG.F. si è proprio verificato l'evento che doveva essere evitato e che la norma cautelare violata mirava a prevenire, cioè la elettrificazione della motrice a cui stava lavorando il G.A..
Dal punto di vista dell'elemento psicologico del reato, la Corte di Roma ha poi ben valorizzato la consapevolezza del DG.F. in quanto alla data del fatto i lavori all'impianto elettrico della motrice in riparazione non erano ancora terminati, permanendo anomalie nella trasmissione della corrente e in ragione del fatto che quello stesso pomeriggio il G.A. era addetto proprio a quella lavorazione, avendolo incontrato sul treno, insieme ad altri lavoratori, circa mezz'ora prima del verificarsi dell'incidente. Dunque l'imputato - come sostiene correttamente la Corte d'Appello - avendo notato quel pomeriggio la presenza sul treno di diversi operatori, avrebbe dovuto verificare, prima di elevare il pantografo, che non vi fossero dipendenti intenti a lavorare ai circuiti elettrici della motrice, tenuto anche in particolare conto che l'incontro pomeridiano tra il G.A. e il DG.F., poco prima del verificarsi dei fatti di causa, era avvenuto proprio sulla stessa motrice, teatro dell'incidente. 
4. Tali considerazioni portano al rigetto del ricorso, cui fa seguito la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla rifusione di quelle sostenute dalla parte civile, liquidate come da dispositivo.
 

 

P.Q.M.

 


Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali oltre alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile che liquida in complessivi € 2.500,00 oltre accessori come per legge.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 21 settembre 2016