• Amianto
 
Responsabilità del legale rappresentante di una società per aver omesso di osservare, durante i lavori di rimozione del cemento amianto in un cantiere, le modalità operative descritte nel piano e le prescrizioni imposte congiuntamente al nulla osta.
 
La Corte così motiva:
 
"Invero il fatto originariamente contestato è ora previsto dal D.Lgs. n. 626 del 1924, art. 59 septies, lett. d), inserito con D.Lgs. n. 257 del 2006, art. 2, il quale dispone che l'amianto deve essere stoccato e trasportato in imballaggi chiusi, nonchè dall'art. 59 quaterdecies, il quale al comma 3, dispone che possono essere addetti alla rimozione e smaltimento dell'amianto solo lavoratori che abbiano frequentato corsi di formazione ossia solo lavoratori muniti di patentino, ed in genere dall'art. 59 duodecies, che impone la predisposizione e presentazione del piano di lavoro nonchè l'osservanza delle prescrizioni ivi indicate.
Orbene tali condotte sono attualmente punite dal D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 89, lett. a), come modificato dal D.Lgs. n. 257 del 2006, art. 3, con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da Euro 1.549,00, ad Euro 4.131,00.
Dal raffronto appare evidente che, mentre è rimasta identica la pena detentiva, è stata notevolmente ridotta quella pecuniaria e quindi, per quanto concerne la fattispecie, la nuova legge è senza dubbio più favorevole all'imputato e deve essere applicata in questo giudizio a norma dell'art. 2 c.p., comma 3.
Peraltro nel caso in esame la pena inflitta è divenuta attualmente illegale perchè risulta irrogata in misura superiore al massimo edittale ora previsto nonostante la concessione delle circostanze attenuanti generiche.
La decisione deve essere quindi annullata sul punto.
Il giudice del rinvio dovrà irrogare la pena pecuniaria tenendo conto dei nuovi limiti fissati dal legislatore."
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VITALONE Claudio - Presidente -
Dott. PETTI Ciro - Consigliere -
Dott. IANNIELLO Antonio - Consigliere -
Dott. SENSINI Maria Silvia - Consigliere -
Dott. SARNO Giulio - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
A.G.M., nato a (OMISSIS) il (OMISSIS);
avverso la sentenza del tribunale di Milano del 9 febbraio del 2007;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. PETTI Ciro;
Sentito il sostituto procuratore generale Dott. DI POPOLO Angelo, il quale ha concluso per l'inammissibilità del ricorso;
letti il ricorso e la sentenza denunciata;
Osserva quanto segue:


Fatto

Il tribunale di Milano, con sentenza del 9 febbraio del 2007, condannava A.G.M. alla pena di Euro 5.500,00, di ammenda, quale responsabile del reato di cui al D.Lgs. n 277 del 1991, art. 34, comma 5, perchè, nella qualità di legale rappresentante della società System Coop s.r.l, aveva omesso di osservare, durante i lavori di rimozione del cemento amianto nel cantiere sito in Milano, le modalità operative descritte nel piano e le prescrizioni imposte congiuntamente al nulla osta.
Fatto commesso l'(OMISSIS) in (OMISSIS);
Secondo la ricostruzione fattuale contenuta nella sentenza impugnata il piano di lavoro e le prescrizioni erano state violate sotto tre profili:
a) per avere il prevenuto omesso di dotare di parapetti perimetrali le coperture a shed dove si svolgevano i lavori;
b) per avere omesso di incapsulare eventualmente anche con vernice trasparente su entrambi i lati le lastre di amianto;
c) per la presenza nel cantiere di un operaio non dotato del previsto patentino regionale.
Ricorre per cassazione l'imputato deducendo:
la violazione dell'art. 552 c.p.p., lett. c), per l'indeterminatezza del fatto, in quanto nel capo d'imputazione non si era indicato il nome dell'operaio presente nel cantiere non provvisto del prescritto patentino;
illogicità della motivazione con riferimento alle contestate violazioni del piano;
la violazione dell'art. 133 c.p., per l'eccessività della pena.

Diritto

Con riferimento al primo motivo si osserva che non sussiste la dedotta nullità del decreto di citazione per indeterminatezza del fatto.
Invero, secondo la contestazione, il piano di lavoro era stato violato sotto quattro profili:
a) per avere il prevenuto omesso di dotare di parapetti perimetrali le coperture a shed dove si svolgevano i lavori;
b) per avere omesso di incapsulare, eventualmente anche con vernice trasparente, su entrambi i lati le lastre di amianto;
c) per la presenza nel cantiere di un operaio non dotato del previsto patentino regionale;
d) perchè l'impresa non aveva fornito copia dell'idoneità specifica alla mansione e del patentino regionale per gli operai A. M. e B.Z..
Nella sentenza, con riferimento agli ultimi due rilievi, il tribunale ha chiarito che l'operaio non munito del patentino regionale e non indicato nel piano di lavoro era B.Z. mentre per l'altro operaio ( A.M.), in dibattimento, la difesa aveva dimostrato che era munito del patentino ed il suo nominativo era stato indicato nel piano di lavoro.
Quindi il soggetto sprovvisto del patentino e non segnalato nel piano di lavoro era l'operaio B., il cui nominativo era stato indicato nel capo d'imputazione.
In definitiva, a seguito della documentazione prodotta dal difensore, i rilievi di cui ai punti C) e D) della contestazione si sono ridotti ad uno solo.
Il secondo motivo è inammissibile perchè si risolve in censure in fatto sull'apprezzamento delle prove da parte del tribunale la cui motivazione non presenta vizi giuridici o palesi incongruenze.
Il terzo motivo, con cui si deduce l'eccessività della pena, è fondato, sia pure per una ragione diversa da quella indicata dal ricorrente, rilevabile però d'ufficio da questa corte ex art. 2 c.p., comma 3.
In proposito occorre ex officio precisare che il capo terzo del D.Lgs. n. 277 del 1991 è stato abrogato dal D.Lgs. n. 257 del 2006.
Però non si è verificata alcuna abolitio criminis perchè le norme contenute in tale capo sono state riprodotte negli artt 59 bis e seguenti inseriti nel D.Lgs. n. 626 del 1994.
E' solo in parte cambiata la sanzione per le singole fattispecie e segnatamente è cambiata la pena pecuniaria che è stata prevista in misura inferiore a quella originaria.
Il fatto contestato (inosservanza del piano e delle prescrizioni) era previsto dal D.Lgs. n. 277 del 1991, art. 34, comma 5, che è stato abrogato, ed era punito dal medesimo D.Lgs. art. 50, comma 1, lett. a), con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da Euro 5.164,00, a Euro 25.822,00.
Tale sanzione era espressamente prevista anche per i datori di lavoro ed i dirigenti che non osservavano le prescrizioni emanate dall'organo di vigilanza a norma degli articoli ivi indicati tra i quali figura l'art. 34, comma 5, contestato nella fattispecie.
Il tribunale ha irrogato la sola pena pecuniaria nella misura pressochè corrispondente al minimo edittale allora previsto.
Il fatto originariamente contestato non è attualmente contemplato da un'unica norma (inosservanza del piano o delle prescrizioni) ma è contenuto in disposizioni diverse tutte punite, per quanto riguarda la fattispecie, con la medesima sanzione, che, per quanto concerne la pena pecuniaria (quella detentiva è rimasta identica), nel massimo è inferiore a quella irrogata dal tribunale.
Invero il fatto originariamente contestato è ora previsto dal D.Lgs. n. 626 del 1924, art. 59 septies, lett. d), inserito con D.Lgs. n. 257 del 2006, art. 2, il quale dispone che l'amianto deve essere stoccato e trasportato in imballaggi chiusi, nonchè dall'art. 59 quaterdecies, il quale al comma 3, dispone che possono essere addetti alla rimozione e smaltimento dell'amianto solo lavoratori che abbiano frequentato corsi di formazione ossia solo lavoratori muniti di patentino, ed in genere dall'art. 59 duodecies, che impone la predisposizione e presentazione del piano di lavoro nonchè l'osservanza delle prescrizioni ivi indicate.
Orbene tali condotte sono attualmente punite dal D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 89, lett. a), come modificato dal D.Lgs. n. 257 del 2006, art. 3, con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da Euro 1.549,00, ad Euro 4.131,00.
Dal raffronto appare evidente che, mentre è rimasta identica la pena detentiva, è stata notevolmente ridotta quella pecuniaria e quindi, per quanto concerne la fattispecie, la nuova legge è senza dubbio più favorevole all'imputato e deve essere applicata in questo giudizio a norma dell'art. 2 c.p., comma 3.
Peraltro nel caso in esame la pena inflitta è divenuta attualmente illegale perchè risulta irrogata in misura superiore al massimo edittale ora previsto nonostante la concessione delle circostanze attenuanti generiche.
La decisione deve essere quindi annullata sul punto.
Il giudice del rinvio dovrà irrogare la pena pecuniaria tenendo conto dei nuovi limiti fissati dal legislatore.
Nel resto, per il principio della formazione progressiva del giudicato, la decisione si deve ritenere passata in giudicato e più precisamente si deve considerare ormai definitiva l'affermazione di responsabilità.

P.Q.M.
La Corte:
Letto l'articolo 623 c.p.p..
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla determinazione della pena, con rinvio al tribunale di Milano, altro giudice.
Così deciso in Roma, il 16 novembre 2007.
Depositato in Cancelleria il 19 dicembre 2007