Cassazione Penale, Sez. 4, 09 marzo 2017, n. 11426 - Infortunio con una sega circolare. Nessun comportamento abnorme del lavoratore


 

 

 

Presidente: ROMIS VINCENZO Relatore: MICCICHE' LOREDANA Data Udienza: 12/01/2017

 

 

 

Fatto

 

1. La Corte di Appello di Genova, con sentenza del 26 gennaio 2016, ha parzialmente riformato la sentenza emessa il 13 febbraio 2015 dal Tribunale di Massa nei confronti di G.G., ritenendo applicabile la sola pena pecuniaria della multa di €.300,00 in luogo della pena di mesi tre di reclusione inflitta dal primo giudice. Il G.G. veniva comunque riconosciuto colpevole del reato di cui all'art.590, 2 e 3 comma cod pen, in quanto, in qualità di datore di lavoro di C.M., per colpa consistita in imprudenza nonché nella violazione della normativa anti infortunistica, aveva cagionato al dipendente lesioni personali consistenti in ferita lacero contusa del primo dito della mano sinistra con perdita di sostanza ossea della falange distale, guarita in giorni 44.
2. Nella specie il C.M., per realizzare un utensile in legno necessario per effettuare il carico di lastre di marmo all'interno del container, stava tagliando una piccola tavoletta in legno utilizzando una sega circolare. A causa del contatto di un nodo particolarmente duro della tavoletta si determinava lo spostamento della sega, dunque il pollice della mano sinistra urtava contro la lama in movimento, procurando le lesioni sopra descritte. L'evento si era determinato in quanto nel compimento dell'operazione non era stato utilizzato un altro pezzo di legno sul quale appoggiare il legno in lavorazione, denominato spingi pezzo. La dotazione e l'uso dell'apposito spingi pezzo erano previste dal Documento di Valutazione dei rischi e dall'alt. 18, lett. f d.lgs 81/2008, inoltre, era stato accertato che il datore di lavoro non aveva corredato la sega circolare di libretto di istruzioni di uso e di manutenzione. Sulla base di tali considerazioni la Corte territoriale, disattendendo i motivi di gravame, confermava il giudizio circa la sussistenza della penale responsabilità dell'Imputato.
3. Lamenta il ricorrente, con unico motivo, violazione di legge e illogicità della motivazione, per non avere la Corte d'appello valutato, ai fini della esclusione del nesso causale, il fatto, del tutto certo, che il C.M. avesse utilizzato un pezzo di legno di soli 10 cm, nella piena consapevolezza che una tavoletta così piccola non potesse essere tagliata; di talché l'eventuale utilizzo del cd spingi pezzo sarebbe stato irrilevante sul piano eziologico. Il sinistro, pertanto, si era verificato esclusivamente per la condotta imprudente del lavoratore, del tutto eccentrica rispetto al rischio che la parte datoriale era chiamata a governare. La Corte, inoltre, non aveva adeguatamente valutato il fatto- anche questo accertato dall'istruttoria - che il C.M. avesse seguito un apposito corso di formazione in ordine all'uso della sega circolare e che fosse un lavoratore di lunga esperienza. Insisteva, pertanto, per l'annullamento della sentenza impugnata.
 

 

Diritto

 

1. Il ricorso è manifestamente infondato.
2. Va rammentato che è inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute, anche implicitamente, infondate dal giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici. La mancanza dì specificità del motivo, invero, dev'essere apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell'impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità conducente, a mente dell'art. 591 comma 1 lett. c), all'inammissibilità (cfr. sez. 4, n. 44139 del 27/10/2015, Dattis; sez. 4, n. 18826 del 09/02/2012, Pezzo, Rv. 253849; sez.4, n.5191 del 2000, Barone, Rv. 216473; Sez. 4, n. 256 del 18/09/1997, Ahmetovic, Rv. 210157.).
3. Nella specie, l'impugnata sentenza -unitamente a quella originaria (la cui motivazione si integra con quella del Giudice dell'appello, versandosi in ipotesi di sostanziale "doppia conforme")-, in realtà, ha reso compiuta motivazione, come tale non meritevole di alcuna censura, in ordine a tutte le doglianze sollevate con l'atto di appello (cfr. sez. 4, n. 16390 del 13/02/2015, Orlando).
4. La Corte territoriale ha infatti fondato l'affermazione di responsabilità del G.G. sul fatto che, anche in ordine al taglio dei pezzi di legno di soli dieci centimetri, e comunque di piccole dimensioni, il Documento di valutazione dei rischi prevedesse la dotazione dell'apposito spingi pezzo, smentendo così l'affermazione per cui un pezzo piccolo non poteva essere tagliato. La colpa datoriale, dunque, discende dalla violazione delle specifiche norme antinfortunistiche.
5. Detta affermazione non risulta neppure censurata in questa sede dal ricorrente, che si è limitato - reiterando le medesime doglianze già proposte in sede di appello e confutate dalla sentenza impugnata - ad insistere sulla eccentricità del comportamento del lavoratore, correttamente esclusa nella sentenza Impugnata proprio alla luce del presupposto sopra descritto. Va ricordato comunque a tal fine, che è abnorme soltanto il comportamento del lavoratore che, per la sua stranezza ed imprevedibilità, si ponga al di fuori di ogni possibilità di controllo da parte dei soggetti preposti all'applicazione della misure di prevenzione contro gli infortuni sul lavoro, e che tale non è il comportamento del lavoratore che abbia compiuto un'operazione comunque rientrante, oltre che nelle sue attribuzioni, nel segmento di lavoro attribuitogli, come certamente è accaduto nel caso in esame (Sez. 4, n. 23292 del 28/04/2011 Rv. 250710; Sez. 4, n. 7955 del 10/10/2013, Rv. 259313; Sez. 4, n. 16397 del 05/03/2015, Rv. 263386).
6. Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile. Il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonché -non ravvisandosi motivi di esonero (cfr. Corte costituzionale sentenza n. 186 del 2000)- al pagamento a favore della Cassa delle ammende di una somma che si stima equo determinare in € 2.000,00.
 

 

P.Q.M.

 


Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di €.2000,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 12 gennaio 2017.