Tipologia: Accordo
Data firma: 1° marzo 2017
Parti: Confindustria Toscana Nord, Confartigianato, CNA, Filctem-Cgil, Femca-Cisl, Uiltec-Uil
Settori: Tessili, Prato
Fonte: filctemcgil.it


Per il lavoro dignitoso e per il ripristino della legalità nel sistema produttivo illegale pratese del tessile-abbigliamento, Confindustria Toscana Nord, Confartigianato, CNA, Filctem-Cgil, Femca-Cisl, Uiltec-Uil, Prato, 1 marzo 2017

Premessa
Prato sta subendo da anni l'espansione di un sistema di attività produttive irregolari che si è ormai allargato ad altri settori tessili e a molte attività dell'artigianato e del commercio.
È un sistema, per la stragrande maggioranza a conduzione cinese, che si avvale della complicità di "professionisti" italiani scorretti, spesso non iscritti nemmeno agli ordini professionali, che hanno il compito di dargli una parvenza di legalità sugli specifici campi, specie nella sicurezza e nella gestione dei rapporti di lavoro.
Il sistema, partito dalle lavorazioni di maglieria e confezioni conto terzi, si è, in una prima fase, esteso a tutta l'industria dell'abbigliamento e alla sua commercializzazione e, successivamente, ha dilatato il suo perimetro risalendo la filiera produttiva rilevando aziende di filatura a cardato e impiantando o rilevando aziende di nobilitazione conto terzi, funzionali a una produzione sempre più celere e versatile. Dapprima con l'apertura di tintorie e stamperie in capo, successivamente con l'apertura di tintorie e stamperie in pezza, lavorazioni tipiche del distretto pratese tradizionale.
La progressiva penetrazione in queste fasi di lavorazione ha generato una concorrenza sleale nei confronti delle imprese sane e corrette che le svolgevano da anni, e che, sempre in più casi, sono state costrette a cessare l'attività.
Si parla della chiusura di quelle aziende che rappresentano la spina dorsale del distretto in quanto proprietarie di impianti fissi complessi e costosi, di competenze tecniche rilevanti, che occupano decine e decine di dipendenti e che svolgono quelle fasi di lavorazione dei filati e dei tessuti che qualificano i prodotti pratesi e li rendono appetibili per i mercati internazionali.
Il personale licenziato in seguito a queste cessazioni, non più reimpiegabile nella parte corretta del distretto, che si sta riducendo a causa della concorrenza sleale, diventa un esercito di riserva per le imprese illegali.
È doveroso mettere in risalto che una parte di questo personale specializzato è di origine extracomunitaria ed è ormai integrato, da anni, nella nostra città e nel nostro sistema produttivo. Si tratta quasi sempre di capifamiglia di prima generazione che quindi non dispongono di una rete familiare allargata in città. Per loro la perdita del lavoro rischia di attivare un processo di regressione dall'integrazione già raggiunta (dis-integrazione).
Lo sviluppo del sistema, che si basa sull'utilizzo di aziende terziste, è avvenuto senza una commisurata vigilanza, in particolar modo sulle condizioni di lavoro, del suo svolgimento in condizioni di sicurezza, delle retribuzioni corrisposte e delle contribuzioni e delle imposte versate, e ciò ha permesso il consolidamento strutturale di produzione di ricchezza al di fuori di ogni legalità.
I controlli effettuati con il Piano per il Lavoro Sicuro promosso dalla Regione Toscana, hanno riguardato quasi sempre i pronto moda e le confezioni e in particolare alcuni aspetti quali l'utilizzo delle bombole di gas negli ambienti di lavoro, la presenza di dormitori, l'adeguatezza degli impianti elettrici.
Lo sforzo effettuato è significativo e merita apprezzamento perché ha portato alle regolarizzazione di molte situazioni rispetto alle criticità prima indicate e al recupero anche di risorse economiche attraverso le sanzioni comminate. Ed è pertanto auspicabile che tali controlli diventino più incisivi e strutturali perché il fenomeno delle ripetute chiusure e riaperture di queste aziende richiede un'azione continua e costante di verifica.
Questi controlli non possono però essere sufficienti, perché riguardano come detto in particolare le confezioni e solo alcuni aspetti delle irregolarità presenti. Le verifiche devono invece riguardare prioritariamente le poche tintorie e stamperie in pezza funzionali al sistema illegale e devono essere indirizzate anche ad altre criticità come quelle relative ai rapporti di lavoro e alle questioni di carattere retributivo, contributivo e fiscale. Per queste tipologie occorrono competenze e professionalità che gli ispettori Asl o la polizia municipale non possono avere.
È quindi indispensabile che i controlli a queste specifiche aziende diventino prioritari e che abbiano la massima efficacia nel contrasto del "sistema". Per questo è essenziale che siano eseguiti da gruppi interforze, in grado di fare interventi a 360 gradi. In special modo sulle modalità di lavoro e di retribuzione attuate.
Modalità che non possono essere consentite in un paese civile e che devono essere riportate rapidamente alla condizione di dignità previste dalla nostra cultura sociale e giuridica. E, di conseguenza, ricondotte all'applicazione integrale e corretta dei contratti nazionali di lavoro di riferimento, al fine di garantire atteggiamenti corretti e una concorrenza leale.

Il sistema di produzione "illegale"
Il sistema di produzione "illegale" del tessile abbigliamento finalizzato al confezionamento dei capi finiti che si è sviluppato sul nostro territorio si è quindi dotato di tutte quelle attività che gli consentono di rispondere tempestivamente alle richieste e alle tendenze del mercato. È un sistema tutto orientato alla velocità della produzione dei capi del colore e del disegno giusto rispetto alle esigenze immediate del mercato, con costi bassissimi.
Per rispondere a tali esigenze, gran parte del tessuto che arriva a Prato, quasi tutto importato senza troppi controlli attraverso le frontiere europee, deve essere trasformato in tempi rapidi rispetto agli ordini pervenuti. E quindi servono a Prato tintorie e stamperie dedicate che, per essere impiantate, richiedono investimenti in impianti e macchinari per parecchi milioni di euro.
Si assiste quindi al fenomeno di imprenditori cinesi, spesso giovanissimi, che rilevano le attività pratesi di quel tipo, costrette a chiudere, oltre che per la crisi, anche a causa della concorrenza sleale che devono subire.
E sono proprio queste imprese che, una volta riaperte vengono messe al servizio di tale sistema di produzione "illegale".
C'è da rilevare però che diversamente dai laboratori di confezione, facilmente impiantabili e trasferibili (e con macchinari riscattabili dai sequestri con poca spesa), queste attività di nobilitazione dei tessuti e dei capi finiti, per la struttura notevole degli impianti fissi richiesta, possono essere più facilmente oggetto di controllo e, quindi, più agevolmente portate a operare secondo le regole.
Le tintorie e le stamperie alle quali ci riferiamo, occupano infatti superfici grandi, con macchinari e impianti fissi complessi e richiedono un alto numero di dipendenti. Diversamente da quello che succede nella confezione, non presentano generalmente il fenomeno dei dormitori interni alle aziende. Inoltre, trattandosi nella quasi totalità di aziende aperte recentemente sulla base delle autorizzazioni concesse, hanno spesso una situazione ambientale e di sicurezza, almeno formalmente e apparentemente, a norma.
Sono quindi aziende le cui peculiari caratteristiche non rispondono alla tipologia dei controlli svolti finora, coordinati dalla Regione attraverso le Asl che, in base ai criteri applicati, guardano a fenomeni della presenza di dormitori, bombole di gas, ecc. Infatti, dalla lettura dei dati che ci sono stati forniti sui controlli effettuati, si evince che questi sono stati fatti in aziende quasi esclusivamente sotto i 15 dipendenti (l'85 per cento sotto i dieci) e per la quasi totalità nei pronto moda o nelle confezioni, dove può verificarsi promiscuità tra lavoro e abitazione.
Per contrastare invece l'illegalità nelle fasi delle lavorazioni tessili e soprattutto in quelle della tintoria e della stampa, occorrono interventi mirati, con modalità basate sulle caratteristiche produttive specifiche di tali attività; in questo modo si andrebbero a "colpire" le poche aziende che alimentano il lavoro di molte confezioni e pronto moda e di conseguenza si ridurrebbe fortemente anche il flusso produttivo verso le confezioni illegali e specialmente verso i laboratori- dormitorio a rischio di incendio, tutelando la sicurezza delle persone, la dignità del lavoro e la legalità del sistema.
Tra l'altro, la mancanza di controlli mirati su questa parte del sistema industriale, ha consentito fino ad oggi l'impiego di risorse economiche spesso di dubbia provenienza e la generazione di ulteriore ricchezza attraverso la nascita di aziende ad alto investimento di capitali. Il tema delle risorse finanziarie di cui dispongono queste aziende è infatti molto interessante, perché sarebbe assolutamente opportuno capire la provenienza di capitali così ingenti necessari per rilevare e sviluppare queste aziende, messi a disposizione di titolari che spesso non hanno alcuna esperienza o competenza tecnica e frequentemente di età giovanissima. Anche in questo caso controlli specifici rispetto ai flussi dei capitali sarebbero estremamente opportuni.
Per intervenire efficacemente, tenendo conto anche della scarsità delle risorse in campo, è quindi essenziale individuare e svolgere gli interventi prioritari che possano generare quell'effetto deterrenza che è il vero disincentivo per la produzione illegale. Bisogna pertanto agire con attenzioni particolari e tenere sotto osservazione parametri specifici che "stonano" e che sono indice di forti criticità rispetto ad una gestione regolare nelle attività prese a riferimento.
A partire da come ci si lavora dentro.

Condizioni di lavoro, orari e retribuzioni
Le condizioni di lavoro, gli orari praticati e le modalità di retribuzione sono da ritenersi il cardine del vantaggio competitivo di queste aziende conto terzi. E sono in parte variabili in base al tipo di azienda.
Aziende di abbigliamento: in gran parte confezioni conto terzi
Le condizioni di lavoro e di vita nelle aziende di abbigliamento, pur se note da tempo, sono emerse prepotentemente agli occhi del mondo con la tragedia del 1 dicembre 2013, che è costata la vita a sette persone.
È apparso evidente che in tali realtà il luogo di lavoro coincideva con quello di vita, gli orari, lunghissimi, non erano determinabili e la retribuzione avveniva a cottimo.
Parte della manodopera era clandestina e "protetta" dall'alloggiare in azienda. E ovviamente retribuita totalmente in nero. Per la parte invece in possesso di un permesso di soggiorno, era possibile avere la copertura legale con un rapporto di lavoro part-time, conguagliato in nero in relazione ai pezzi prodotti e al netto del costo contributivo e amministrativo del proprio rapporto di lavoro.
Chiaramente, a tutti erano detratte dal compenso le spese di vitto e alloggio.
In seguito a questa strage sul lavoro, è stata istituita una struttura di controllo a tappeto, che ha riguardato sul territorio pratese tutte le aziende che ricadevano nell'ambito delle verifiche (circa quattromila). Tali controlli avevano un obiettivo determinato in ordine alla sicurezza sul lavoro, riguardante pochi punti specifici, e non sono andati oltre. Hanno però certamente limitato di molto il fenomeno dei capannoni dormitorio e hanno permesso una vera e propria mappatura di questa parte del sistema produttivo.
Non hanno però avuto nessun effetto sull'organizzazione del lavoro, sugli orari di lavoro e sulle modalità di retribuzione, che continuano ad essere le stesse.
In alcune di queste aziende è stata ultimamente riscontrata la presenza di lavoratori extracomunitari di origine asiatica o africana che, in funzione di un costo ancora minore, hanno in parte sostituito la manodopera cinese.
Aziende tessili di nobilitazione: in particolare stamperie e tintorie in pezza e alcune rifinizioni conto terzi
Queste aziende, se pur lavorando conto terzi, si caratterizzano per un alto livello di investimenti in impianti e macchinari. E il tipo di lavorazione esclude di per sé che vi si possano allestire dormitori se non, quando esistono, negli appartamenti di pertinenza dei capannoni.
Qui gli orari (tutti falsi part-time) e le retribuzioni (tutte conguagliate a nero) sono addirittura divisi su base etnica, in base alla mansione svolta e alla ricattabilità del lavoratore:
I lavoratori specializzati, italiani o di origine extracomunitaria già integrati
Tutti espulsi da aziende dello stesso tipo costrette a chiudere dalla concorrenza sleale -e che non hanno al momento alternativa alla disoccupazione- hanno in genere accordi per lavorare circa 10 ore per sei giorni settimanali per un salario che sarebbe decente per le sole otto ore ordinarie per cinque giorni settimanali. La retribuzione è erogata per dodici mesi ed è onnicomprensiva. Non vengono riconosciute retribuzioni differite come la tredicesima, e il Tfr finale sarà rapportato al falso part-time, in genere a sei ore giornaliere
I lavoratori cinesi
Viene fornito loro anche vitto (spesso in azienda) e alloggio (in appartamenti appositamente affittati), vengono spesso trasportati in fabbrica e riportati al luogo dove dormono a cura dell'azienda.
Hanno un salario che è onnicomprensivo e, malgrado il part time, l'orario non ce l'hanno proprio: arrivano quando serve e vengono portati via al termine del lavoro. Quasi sempre nelle ore pomeridiane, serali e notturne, compresi i sabati e le domeniche.
Gli altri lavoratori immigrati, di recente o nuova immigrazione, spesso africani, bengalesi o pakistani
Sono costretti a lavorare anche 14 ore al giorno (domenica compresa) per un compenso che raramente arriva ai mille euro.
Sono i soggetti più deboli perché "obbligati" a risultare assunti in attesa del rinnovo dei documenti. È probabile che quelli delle stesse etnie, trovati a lavorare nelle confezioni, siano nelle stesse condizioni.
Per questi lavoratori la busta paga, con part time a quattro ore giornaliere, per quanto mendace, rappresenta l'unica possibilità di permanenza legale sul territorio e per questo vengono spesso pagati anche con mesi di ritardo. Quando otterranno l'agognato documento saranno sempre in credito con l'azienda ma dovranno andare velocemente in altre zone d'Italia dove sia possibile trovare un lavoro migliore e non potranno certamente permettersi una causa. La loro debolezza è tale che si hanno già le prime segnalazioni di atteggiamenti razzisti e vessatori da parte dei titolari o dei preposti nei loro confronti.
È quindi evidente che anche il livello di subordinazione verso l'impresa, che non è certo quello previsto per il lavoro dipendente, è cosi rapportato su base etnica e che l'applicazione dei contratti nazionali di lavoro è solo una copertura formale.
Servono quindi in questo campo interventi mirati sul fenomeno da parte degli organi e degli istituti preposti al controllo dei rapporti di lavoro.
Dopo aver indicato il sistema di lavoro e le modalità retributive che ci risultano ad oggi, ci preme mettere in evidenza le principali "dissonanze" tra quanto dovrebbe avvenire a parità di tipo di impresa in caso di aziende corrette e quanto invece avviene, in modo da utilizzare la dissonanza come campanello d'allarme per gli interventi interforze.

La prima dissonanza: sviluppi aziendali a parità di settore
È già in atto una selezione inversa, che vede le aziende italiane di lavorazione tessile ed in particolare attualmente di tintoria e stamperia, attive da decenni, con macchinari e impianti già pagati, cessare l'attività, mentre aziende similari, che sostengono tutto il peso dei costi di avviamento, nascono, crescono e si sviluppano in un contesto economico difficile, magari, come abbiamo già visto in alcuni casi, non pagando per milioni di euro le forniture di gas o di energia elettrica.
Sono aziende che, in prevalenza, lavorano sul tessuto e ne producono decine di migliaia di metri al giorno alimentando il lavoro delle confezioni/dormitorio.
Le aziende storiche pratesi che ne subiscono la concorrenza licenziano 40, 50, 70, 80 dipendenti per volta quando chiudono. E purtroppo molte stanno chiudendo.
Quindi il primo criterio di cui occorre tener conto per effettuare controlli effettivamente efficaci, che contrastino il sistema e che non facciano solo "numero" senza nessun effetto di deterrenza, sono il confronto e la valutazione tra i metri quadrati occupati dalle attività, la tipologia e l'entità dei macchinari impiegati e delle lavorazioni eseguite e il numero dei dipendenti teorici che servono per far "girare" strutture di tale portata, rispetto a quelli effettivamente assunti ed ai contratti di lavoro stipulati nelle attività esistenti.

La seconda dissonanza: l'organizzazione del lavoro
Queste aziende, potenzialmente irregolari, iniziano a produrre nel pomeriggio e terminano le attività la notte o la mattina presto, e lavorano sia il sabato che la domenica.
Quindi i controlli effettuati negli orari "canonici" della mattina o del primo pomeriggio rilevano la presenza di pochissime persone, sempre "regolari", che svolgono funzioni di preparazione del lavoro per la sera o la notte seguente. Invece controlli fatti negli orari di effettiva produzione, cioè nel tardo pomeriggio, la notte e durante il fine settimana, rileverebbero la presenza di molta più manodopera utilizzata in gran parte a nero o con contratti "irregolari". A tal fine sarebbe necessario anche controllare con appostamenti prolungati o con telecamere gli effettivi orari di ingresso e di uscita dei lavoratori rispetto ai contratti, spesso part time, che li coprono.
Inoltre sarebbe opportuno verificare le attività formative effettivamente svolte, anche in ambito di salute e sicurezza, dalla manodopera impiegata rispetto alle mansioni assegnate e l'affidabilità delle Agenzie formative o dei consulenti che hanno rilasciato gli attestati per verificarne la regolarità. Non di rado, infatti, come emerso dal processo per il rogo di Teresa Moda, vengono prodotti attestati fasulli e redatti documenti di valutazione dei rischi mendaci.
Ciò è assolutamente prioritario ai fini della tutela della salute e della sicurezza dei luoghi da lavoro, considerando anche che si parla di strutture complesse, con rischi lavorativi più elevati rispetto ad altre attività, e che potrebbero portare a situazioni di criticità assai più elevate di quelle già gravissime che in passato si sono verificate in certe aziende di confezione.

La terza dissonanza: il rapporto tra fatturato o manodopera impiegata e consumi di energia, gas, acqua e prodotti chimici
Come detto, in queste aziende i dipendenti sono quasi tutti a part-time, rispetto a mansioni per le quali, nel nostro distretto, tale tipologia di contratto non è mai stata attivata dalle aziende tradizionalmente operanti nel settore. Questo perché la legislazione consente, all'imprenditore non corretto, di utilizzare tali tipi di contratti rispetto ai quali il lavoratore può in ogni momento essere "appena entrato" oppure "in procinto di uscire" e di redigere, il mese
successivo, le buste paga con una media, quando va bene, di quattro ore al giorno per dipendente. Quindi, come detto, occorre essere in grado di valutare la discrepanza tra le ore di lavoro pagate e la produzione effettuata e ciò non può prescindere da appostamenti per verificare sia i volumi di lavoro che gli orari effettivi dei dipendenti.
Inoltre, anche se sono possibili e già probabilmente in essere allacciamenti irregolari che consentono di prelevare abusivamente energia elettrica, o l'attivazione di contratti per la fornitura di gas da parte di aziende non più operanti che hanno lo stesso indirizzo di quelle attive, il confronto tra i consumi effettivi di energia elettrica, gas, altri combustibili, acqua, prodotti chimici e altri materiali rispetto al fatturato dichiarato e alle ore di lavoro denunciate può fornire parametri immediati per verificare, anche in modo preventivo, la presenza di produzione illegale e quindi poter "mirare" i controlli sulle aziende che probabilmente svolgono attività irregolari.

La responsabilità solidale tra i terzisti e i committenti
Un altro strumento che risulterebbe efficace per il contrasto alla illegalità nei settori del tessile tradizionale e dei pronto moda cinesi è quello previsto nelle norme del d.lgs 276/2003, poi convertito con legge 296/2006. L'articolo 29 di quella legge prevede infatti la responsabilità solidale fra committenti e appaltatori per il pagamento dei salari e dei contributi dovuti per i lavoratori utilizzati negli appalti.
Le commesse di lavorazione nel tessile sono appalti a tutti gli effetti, come emerso nei pareri espressi da autorevoli giuristi e come ribadito infine dal Tribunale di Prato con sentenza n. 53/2016 in relazione a una causa promossa dalla Filctem Cgil di Prato.
Tutto il sistema tessile pratese, sia quello tradizionale che quello del pronto moda cinese è caratterizzato da una spiccata segmentazione, attraverso la quale il committente appaltatore affida le varie fasi di lavorazione ad una pluralità di aziende appaltatrici.
Gli ispettori dell'Inps o della Direzione territoriale del lavoro che partecipano alle visite ispettive nei luoghi di lavoro, rilevando inadempienze contributive in quelle aziende, sono obbligati ad emettere "Verbali di notificazione per chiamata in solido" anche ai committenti di quelle lavorazioni. Tale obbligo è contenuto nella circolare Inps 106/2012 che prevede infatti che le contestazioni per le irregolarità sia di natura contrattuale che contributiva rilevate nelle aziende appaltatrici vengano estese anche alle aziende committenti. E se l'azienda appaltatrice non assolve ai pagamenti intimati, l'Inps e l'Inail dovrebbero richiederli agli appaltatori, cioè ai committenti stessi. Quindi con una sola verifica, per la medesima inadempienza verrebbero coinvolti molti più soggetti, creando di fatto un conseguente effetto moltiplicatore di deterrenza ed inducendo i committenti ad avvalersi di aziende appaltatrici corrette e non di quelle che, con prezzi stracciati proprio grazie alle inadempienze retributive e contributive, generano una concorrenza sleale all'interno del distretto. La sentenza del Tribunale di Prato sopra richiamata afferma proprio che «La responsabilità solidale risponde all'obiettivo di costituire un efficace incentivo alla scelta di partners contrattuali seri ed economicamente affidabili, evitando il ricorso al decentramento al fine di ridurre i costi di organizzazione».
Ad oggi vi è notizia di un solo caso, riportato dal giornale Tirreno di Prato del 5 febbraio 2014, dove un ispettore dell'Inps di Pistoia, durante una verifica in un laboratorio cinese insieme agli ispettori assunti dalla Regione Toscana ha redatto un verbale applicando quella legge. A differenza di quanto avviene in altre province italiane, nel contesto produttivo pratese le indicazioni contenute nella circolare Inps sopra richiamata non sono al momento applicate a causa di differenti interpretazioni della legge.

Conclusioni
Si richiede pertanto che alle azioni intraprese attraverso il Piano per il Lavoro Sicuro, che si prevede e si auspica divengano strutturali, venga affiancata una attività di controlli interforze prioritariamente mirati alle poche -tra dieci e venti- aziende di nobilitazione del tessuto e del capo finito -come le tintorie e le stamperie- che rispondono alle caratteristiche produttive e dimensionali che abbiamo descritto, ai rapporti di lavoro da esse attivati e alla loro veridicità, e alle conseguenti questioni retributive, contributive e fiscali, applicando pienamente anche la legge sulla responsabilità solidale. Tutto ciò richiede il coinvolgimento forte degli enti e degli istituti che su tali problematiche hanno competenza e professionalità.
Controlli mirati, ben preparati e basati anche su parametri di regolarità valutati a monte, a cura della squadra interforze, negli orari opportuni, che ricerchino le violazioni giuste e concentrati nel periodo di maggior lavoro annuale (come il periodo in arrivo) permetterebbero, sulla base delle modalità di lavoro descritte e delle violazioni riscontrate, di determinare il fermo produttivo delle attività irregolari fino alla effettiva messa in regola delle attività svolte.
Così come un maggior controllo della circolazione degli automezzi che trasportano i prodotti di tali attività in maniera non regolare, con sovraccarichi e mancanza di documentazione idonea, potrebbe essere assolutamente utile e porterebbe presumibilmente alla individuazione di traffici di merci irregolari, da sottoporre alle verifiche sulla composizione e sulla presenza di sostanze chimiche vietate.
Gli effetti prodotti da tali misure sanzionatorie costringerebbero coloro che hanno già fatto milioni di investimenti a regolarizzare il loro modo di operare e l'utilizzo della manodopera impiegata, in modo da lavorare nelle stesse condizioni e con gli stessi costi rispetto alle aziende tradizionali del settore, che stanno chiudendo a causa della concorrenza sleale che devono subire.
Controlli fatti invece senza l'utilizzo della competenza complessiva della squadra interforze, senza una preventiva preparazione dei controlli, negli orari o nei giorni sbagliati, produrrebbero soltanto la "legalizzazione" del sistema perché le aziende che li subiscono supererebbero indenni tali controlli e non sentirebbero l'esigenza di mettere a posto le loro attività, perpetrando così l'attuale sistema di concorrenza sleale che hanno messo al servizio del sistema di produzione illegale.
Allo stesso tempo necessita un coordinamento di tali azioni con l'attività di indagine svolta dalla Procura della Repubblica perché si arrivi all'effettivo contrasto di questo sistema illegale di produzione anche con la contestazione dei numerosi reati penali che effettivamente sottostanno alle fattispecie emerse.