Cassazione Penale, Sez. 4, 30 marzo 2017, n. 16123 - Taglio di arbusti in montagna: caduta mortale di un lavoratore irregolare. Non rileva l'imprudenza del lavoratore se manca la formazione


 

 

«Il datore di lavoro che non adempie agli obblighi di informazione e formazione gravanti su di lui e sui suoi delegati risponde, a titolo di colpa specifica, dell’infortunio dipeso dalla negligenza del lavoratore il quale, nell'espletamento delle proprie mansioni, pone in essere condotte imprudenti, trattandosi di conseguenza diretta e prevedibile della inadempienza degli obblighi formativi»


Presidente: ROMIS VINCENZO Relatore: IZZO FAUSTO Data Udienza: 16/11/2016

 

 

 

Fatto

 

1. Con sentenza del 25\5\2015 la Corte di Appello di Trieste confermava la pronuncia di condanna di primo grado emessa a carico di B.A. per il delitto di cui all'art. 589 cod. pen. per omicidio colposo in danno di M.S., nonché per la contravvenzione di cui agli artt. 29, comma 1, 55 d.lgs. 81 del 2008 (acc. in Tramonti di Sotto il 1\6\2012, decesso del 7\6\2012).
Con la sentenza veniva anche confermata la pena di anni tre di reclusione per l'omicidio e mesi quattro di arresto per la contravvenzione, nonché ribadite le statuizioni di condanna civili.
All'imputato, in qualità di titolare della omonima ditta di commercio all'ingrosso di legname, era stato addebitato di avere fatto svolgere al lavoratore M.S., assunto irregolarmente e privo di formazione professionale, lavori di taglio arbusti in zona impervia di montagna, senza predisporre l'adozione di misure di sicurezza e un servizio di primo soccorso, tenuto conto che nella zona non vi era "campo" per telefoni cellulari. In tale contesto il lavoratore, mentre si trovava con una motosega a tagliare arbusti su un costone ad altezza di circa 8 mt., scivolava impattando violentemente sull'asfalto e riportando lesioni che lo conducevano a morte.
Osservava la Corte di merito che, contrariamente alla tesi sostenuta dall'imputato, il M.S. era un vero e proprio dipendente assunto in "nero"; ciò lo si desumeva non solo dalle deposizioni testimoniali, ma anche dalla documentazione attestante i giorni e gli orari di lavoro svolti dalla vittima.
La palese violazione delle norme prevenzionali che avevano consentito il concretizzarsi del rischio, imponevano la conferma della condanna, non solo per l'omicidio colposo, quanto anche per la contravvenzione di cui all'art. 29 d.lgs. 81 del 2008, non avendo il B.A., datore di lavoro, elaborato il documento di valutazione dei rischi.
2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell'imputato, lamentando il vizio della motivazione laddove il giudice di merito non aveva rilevato che l'infortunio era stato il frutto di una grave negligenza del lavoratore il quale, nonostante gli fosse stato impartito l'ordine di non salire sugli alberi, si spostava da un albero ad un altro in modo spericolato e senza utilizzare scarpe idonee. Ha lamentato, inoltre la eccessività del trattamento sanzionatorio.
 

 

Diritto

 


1. Il ricorso è infondato e deve essere rigettato. 
2. Questa Corte ha più volte ribadito che, in materia di infortuni sul lavoro, la condotta incauta del lavoratore infortunato non assurge a causa sopravvenuta da sola sufficiente a produrre l'evento quando sia comunque riconducibile all'area di rischio propria della lavorazione svolta: in tal senso il datore di lavoro è esonerato da responsabilità solo quando il comportamento del lavoratore, e le sue conseguenze, presentino i caratteri dell'eccezionalità, dell'abnormità, dell'esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo e alle direttive di organizzazione ricevute (ex plurimis, Sez. 4, n. 21587 del 23/03/2007, Rv. 236721; Sez. 4, n. 7955 del 10/10/2013, dep. 2014, Rv. 259313; Sez. 4, n. 22249 del 14/03/2014, Rv. 259227; Sez. 4, n. 7267 del 10/11/2009, dep. 23/02/2010, Rv. 246695).
Nel caso in esame, come correttamente segnalato nella sentenza di merito, il M.S. ha patito l'infortunio mentre svolgeva la sua ordinaria attività di lavoro consistente taglio arbusti in zona di montagna.
Pertanto non ha posto in essere alcun comportamento anomalo tale da poter essere qualificato come abnorme ed idoneo ad interrompere il nesso causale tra la condotta omissiva dell'Imputato e l'evento.
3. Peraltro, anche volendo per mera ipotesi ritenere connotata da imprudenza la condotta della vittima, va tenuto conto che si trattava di lavoratore assunto in nero, il rischio del cui lavoro non era stato valutato e che non aveva avuto alcuna formazione ed informazione.
Pertanto opererebbe il principio già sancito da questa Corte, secondo il quale «Il datore di lavoro che non adempie agli obblighi di informazione e formazione gravanti su di lui e sui suoi delegati risponde, a titolo di colpa specifica, dell’infortunio dipeso dalla negligenza del lavoratore il quale, nell'espletamento delle proprie mansioni, pone in essere condotte imprudenti, trattandosi di conseguenza diretta e prevedibile della inadempienza degli obblighi formativi» (Sez. 4, Sentenza n. 39765 del 19/05/2015, Vallarli, Rv. 265178).
4. Quanto al trattamento sanzionatorio, la corte di merito ha ritenuto l'imputato non meritevole delle attenuanti generiche e diminuzioni di pena, tenuto conto della gravità delle modalità del fatto, che aveva mietuto come vittima un giovane di venti anni; nonché in ragione dei precedenti penali sul B.A. gravanti. La coerenza e logicità della motivazione rendono anche su tale punto incensurabile la sentenza.
Si impone per quanto detto il rigetto del ricorso a cui consegue, ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
 

 

P.Q.M.

 


Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 16 novembre 2016