Cassazione Civile, Sez. 6, 05 giugno 2017, n. 13950 - Rendita ai superstiti. Ricorso inammissibile


 

Presidente: CURZIO PIETRO Relatore: GHINOY PAOLA Data pubblicazione: 05/06/2017

 

 

 

Rilevato che:
1. la Corte d'appello di Potenza, pronunciando in sede di rinvio a seguito dell'ordinanza di questa Corte di cassazione n. 14499 del 2014 (che aveva rilevato che la Corte di merito nel dispositivo della sentenza non aveva esplicitato il decisum, statuendo soltanto sulle spese), aveva rigettato la domanda proposta da C.D. per ottenere la rendita di cui all’art. 85 del d.p.r. n. 1124 del 1965, quale erede di D.P..
2. La Corte d'appello riteneva che la domanda fosse preclusa per effetto del giudicato costituito dalla sentenza del Pretore del lavoro di Potenza del 23 giugno 1998 (confermata dal Tribunale) che, giudicando sulla domanda originariamente introdotta dal D.P., deceduto in corso di causa, aveva accertato la natura professionale della malattia da cui era affetto il de cuius e condannato l'Inail al pagamento delle relative prestazioni, ma aveva rigettato la domanda per la rendita ai superstiti proposta dagli eredi intervenuti in corso di causa, non essendo stata provata la sussistenza dei requisiti di cui all'articolo 85 del d.p.r. n. 1124 del 1965.
3. C.D. ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza della Corte potentina, a sostegno del quale deduce la violazione e falsa applicazione dell'articolo 2909 c.c. e degli articoli 324, 323, 346, 112 e 132 c.p.c. e contesta che la sentenza del Pretore di Potenza potesse costituire giudicato preclusivo della domanda proposta in questo processo, essendo diverso il petitum inizialmente formulato dal D.P. ed essendone parzialmente diverse le parti, essendo colà intervenuti gli eredi ex art. 302 c.p.c. Aggiunge di avere chiesto con l’appello incidentale proposto davanti al Tribunale di Potenza di correggere la motivazione del Pretore con statuizione d’inammissibilità anziché di rigetto della domanda degli eredi, ma che su tale aspetto il Tribunale non si era pronunciato, ritenendolo assorbito.
4. L'Inail ha resistito con controricorso
5. Il Collegio ha autorizzato la redazione della motivazione in forma semplificata.
 

 

Considerato che:
1. le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza n. 8077 del 2012, a composizione di un contrasto di giurisprudenza, hanno definitivamente chiarito che ove i vizi del processo si sostanzino nel compimento di un’attività deviante rispetto alla regola processuale rigorosamente prescritta dal legislatore, così come avviene nel caso che si tratti di stabilire se sia stato o meno rispettato il modello legale di introduzione del giudizio, il giudice di legittimità non deve limitare la propria cognizione all'esame della sufficienza e logicità della motivazione con cui il giudice di merito ha vagliato la questione, ma è investito del potere-dovere di esaminare direttamente gli atti ed i documenti sui quali il ricorso si fonda. Affinché questa Corte possa riscontrare mediante l’esame diretto degli atti l'intero fatto processuale, è tuttavia necessario che la parte ricorrente indichi gli elementi caratterizzanti il fatto processuale di cui si chiede il riesame, nel rispetto delle disposizioni contenute negli artt. 366, primo comma, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ. {ex plurimis, Cass. n. 24481 del 2014, Cass. n. 8008 del 2014, Cass. n. 896 del 2014, Cass. Sez. Un. n. 8077 del 2012, cit.). 
1.1. In applicazione di tale principio generale, si è poi affermato che, pur costituendo il giudicato la regola del caso concreto, la sua interpretazione, da parte del giudice di legittimità, è possibile solo se la sentenza da esaminare venga messa a disposizione mediante trascrizione nel corpo del ricorso, derivandone in mancanza l'inammissibilità del motivo, con cui si denuncia la violazione dell'art. 2909 cod. civ., restando preclusa ogni attività nomofilattdca (Cass. Sez. U, 27/01/2004 n. 1416, Cass. 11/02/2015 n. 2617, 16/07/2014 n. 16227).
2. Nel caso in esame, la sentenza del Pretore di Potenza che secondo l’avviso - qui contrastato- della Corte di merito costituisce giudicato esterno preclusivo dell’ulteriore esame, non è riprodotta dal ricorrente nel suo testo integrale, essendone riportati solo alcuni passaggi , né è allegata al ricorso, né se ne indica la collocazione in atti. Neppure è trascritta od allegata la pure richiamata sentenza del Tribunale di Potenza.
3. Resta quindi preclusa la possibilità di questa Corte di esaminare la fondatezza della doglianza, secondo i principi sopra richiamati, sicché il ricorso dev’essere dichiarato inammissibile.
4. La regolamentazione delle spese processuali segue la soccombenza.
5. Sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dall'art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, introdotto dall'art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 .
 

 

P.Q.M.

 


dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 2.500,00 per compensi, oltre ad € 200,00 per esborsi, rimborso spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell'art. 13, co. 1 quater, del d.lgs. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 5.4.2017