Categoria: Cassazione penale
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Cassazione Penale, Sez. 7, 14 settembre 2017, n. 41811 - Mancanza di certificato di prevenzione incendi. Responsabilità del direttore tecnico


Presidente: SAVANI PIERO Relatore: ROSI ELISABETTA Data Udienza: 28/04/2017

 

 

 

Rilevato che

 

con sentenza del Tribunale di Catania del 16 marzo 2016 LS.A. è stato condannato alla pena di 500 euro di ammenda per il reato di cui agli artt.110 c.p. e 36 e 37 D.P.R. n. 547 del 1955, sanzionato dall'art. 389 lett. b) e c) e art. 4 legge n. 966/65 per avere, quale direttore tecnico, in concorso con il legale rappresentante della societò DESI viaggi srl, depositato nel parcheggio all'interno di un cassone frigorifero in disuso, un serbatoio metallico contenente litri 5.001 di gasolio, senza essere in possesso del certificato di prevenzione anti-incendi e/o nulla osta rilasciato dai VVFF di Catania, in Fiumefreddo di Sicilia, accertato il 22 settembre 2010;
che l'imputato, per il tramite del difensore, ha presentato appello, chiedendo la revoca della sentenza perché il fatto non costituisce reato ex art. 129 c 1 c.p.p., in quanto è stato emanato il decreto legislativo n. 81 del 2008 che ha abrogato il D.P.R. n. 547 del 1955 espressamente (art. 304), in subordine ha chiesto la prescrizione del reato e, in ulteriore subordine, la mitigazione della pena, essendo state negate le circostanze attenuanti generiche e non avendo il giudice considerato tutte le circostanze, tenuto conto che si trattava di un fatto lieve;

 


Considerato che

 

il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato, essendo stato affermato con orientamento indiscusso che in materia di prevenzione infortuni sul lavoro, sussiste continuità normativa fra le fattispecie relative alla prevenzione incendi, originariamente contemplate dagli artt. 36 e 37 del d.P.R. 27 aprile 1955, n. 547 (decreto poi abrogato ad opera del D. Lgs. 9 aprile 2008, n. 81), ed il reato attualmente previsto dal combinato disposto dell'art. 16 del D. Lgs. 8 agosto 2006, n. 139, richiamato dall'art. 46 del citato D.Lgs. n. 81 del 2008 per ribadirne la perdurante vigenza (cfr. Sez.3, n. 5459/14 del 28/11/2013 Pietropaolo, Rv. 258844);
che dal pari manifestamente infondata è l'eccepita prescrizione, considerato che il termine di anni cinque è stato sospeso dal 25 febbraio 2015 al 4 novembre 2015, ma l'imputato non si è confrontato con quanto argomentato sul punto dalla sentenza di merito, per cui la censura risulta anche generica; che, infine, anche la doglianza in ordine alle invocate circostanze generiche ed alla dosimetria sanzionatoria non si sottrae ad un giudizio di genericità; va innanzitutto precisato che la concessione delle attenuanti generiche deve essere fondata sull'accertamento di situazioni idonee a giustificare un trattamento di speciale benevolenza in favore dell'imputato;
che nel caso di specie il ricorrente non ha posto in evidenza di aver richiesto tale concessione, indicando parimenti quali erano stati gli elementi e le circostanze che, sottoposte alla valutazione del giudice, avrebbero potuto convincerlo della fondatezza dell'istanza; 
che pertanto il ricorso è inammissibile, situazione che impedisce, atteso il mancato formarsi del rapporto impugnatorio (cfr. sez. U, n. 12602/16 del 17/12/2015, Ricci, Rv. 26681), la declaratoria di eventuali estinzioni del reato per prescrizione, e a tale inammissibilità del ricorso, in forza del disposto di cui all'art. 616 c.p.p., consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di duemila euro in favore della Cassa delle ammende;
 

 

P.Q.M.

 


dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro duemila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 28 aprile 2017.