Cassazione Penale, Sez. 4, 14 settembre 2017, n. 42003 - Infortunio con una pressa e mancata formazione. Necessario provare il nesso causale tra condotta omissiva e infortunio


 

E' vero che, secondo la giurisprudenza di legittimità, il datore di lavoro che non adempie agli obblighi di informazione e formazione gravanti su di lui e sui suoi delegati risponde, a titolo di colpa specifica, dell'infortunio dipeso dalla negligenza del lavoratore il quale, nell'espletamento delle proprie mansioni, pone in essere condotte imprudenti, trattandosi di conseguenza diretta e prevedibile della inadempienza degli obblighi formativi (cfr. Sez. 4, Sentenza n. 39765 del 19/05/2015, Vallani, Rv. 265178, cit.).
Tuttavia, la riferibilità causale a tale inadempienza dell'infortunio verificatosi nel caso di specie doveva essere approfondita in modo più ampio e argomentato dalla Corte distrettuale; e ciò, sulla scorta dell'indirizzo giurisprudenziale affermatosi sul punto, doveva essere accertato alla stregua di un giudizio di alta probabilità logica, che a sua volta doveva essere fondato, oltre che su un ragionamento di deduzione logica basato sulle generalizzazioni scientifiche, anche su un giudizio di tipo induttivo elaborato sull’analisi della caratterizzazione del fatto storico e sulle particolarità del caso concreto (Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014, Espenhahn e altri, Rv. 261103), e fra l'altro verificando se vi fosse l’alta probabilità logica che fossero da escludere fattori causali alternativi (Sez. U, Sentenza n. 30328 del 10/07/2002, Franzese, Rv. 222138).


 

Presidente: IZZO FAUSTO Relatore: PAVICH GIUSEPPE Data Udienza: 19/07/2017

 

 

 

Fatto

 

 

 

1. La Corte d'appello di Torino, in data 13 ottobre 2016, ha parzialmente riformato la sentenza con la quale il Tribunale di Alessandria, in data 29 maggio 2015, aveva condannato A.A. alla pena di giustizia in relazione al reato di lesioni colpose, con violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro, in danno di S.P., reato commesso il 1 gennaio 2010 presso lo stabilimento Michelin di Spinetta Marengo (Alessandria); per l'esattezza la Corte distrettuale ha condannato l'A.A. al risarcimento del danno in accoglimento della domanda in tal senso avanzata dalla parte civile costituita (ossia dal S.P.), domanda che il Tribunale di Alessandria aveva respinto; venivano invece confermate le statuizioni penali emesse in primo grado a carico dell'imputato.
L'episodio per cui é processo riguarda un infortunio sul lavoro occorso al S.P., dipendente della Mec System (società della quale l'A.A. era amministratore unico): il lavoratore era intento alla sostituzione dei c.d. "distanziali", dispositivi che servivano per regolare l'apertura e la chiusura della pressa denominata N 11: operazione che veniva sempre eseguita da una coppia di operai, uno dei quali era impiegato al quadro comandi e l'altro eseguiva l'operazione di sostituzione propriamente detta; dopo avere eseguito lo svitamento a pressa aperta dei bulloni che bloccavano i distanziali, il S.P. chiedeva al lavoratore G. F., che con lui cooperava quale impiegato al quadro comandi, di abbassare i settori per rimuovere i distanziali; in tale frangente, dopo avere svitato i bulloni e avere dato l'ok al collega per far scendere il pistone, il S.P. rimuoveva un bullone che aveva svitato e, dimenticando di avvisare il collega G. e senza attendere la sua autorizzazione, infilava la mano destra tra la piastra superiore e quella inferiore della macchina, per estrarre il distanziale; ma a quel punto egli veniva attinto alle dita dalla pressa che si chiudeva nuovamente, e ciò gli cagionava lesioni personali consistite nell'amputazione della I falange del I-II dito della mano destra, da cui derivava una malattia e un'incapacità di attendere alle proprie ordinarie occupazioni per un tempo superiore a 40 giorni.
All'A.A. si rimprovera in particolare di non essersi assicurato che il lavoratore ricevesse una formazione sufficiente ed adeguata in materia di sicurezza, con particolare riferimento ai rischi riferiti alle mansioni, ai possibili danni e alle conseguenti misure e procedure di prevenzione e protezione caratteristici del reparto di appartenenza.
Nel confermare l'affermazione di penale responsabilità dell'imputato, la Corte territoriale ha osservato che non risulta in alcun modo confermato che il S.P. partecipasse alle riunioni periodiche per la sicurezza, come invece sostenuto dall'A.A., e che del resto tali riunioni non avevano mai avuto ad oggetto le presse; il documento contenente le procedure da adottare nell'uso del macchinario (c.d. moto operatorio) era in realtà tenuto in un cassetto del "cassone" degli attrezzi forniti a ciascuna coppia di operai impiegati alle presse. Di fatto, le istruzioni d'uso erano state impartite al S.P. "sul campo" dagli operai più anziani ed esperti (il G., nonché tale GI. e forse tale B.), ma facendolo assistere soltanto a una o due operazioni; per cui la formazione del lavoratore a fini prevenzionistici non rispondeva ai requisiti previsti dalla normativa, e ciò si poneva in rapporto di causalità con l'accaduto, atteso che l'operazione affidata a S.P. comportava l'introduzione delle mani in prossimità di organismi meccanici in movimento. La Corte di merito ha evidenziato che vi era incertezza circa il periodo di affiancamento al S.P. di un operaio più esperto, e delle nozioni che questi gli avrebbe trasferito al fine di identificare e gestire i rischi; e che dopo la formazione "sul campo" trascorsero ben 42 giorni senza che fosse richiesto al S.P. di mettere in pratica le informazioni ricevute. Di qui il convincimento di una formazione inadeguata a fini prevenzionistici e causalmente rilevante nel prodursi dell'infortunio, essendo fra l'altro emersa l'assenza di fattori causali alternativi (come ad esempio un ipotetico malfunzionamento del macchinario).
In aggiunta a ciò, la Corte distrettuale ha disatteso la richiesta di applicazione della causa di non punibilità di cui all'art. 131-bis cod.pen., sul rilievo del grado di colpa sicuramente non lieve ravvisabile nella condotta dell'imputato.
2. Avverso la prefata sentenza ricorre l'A.A., con atto sottoscritto dal suo difensore di fiducia.
Il ricorso si articola in due motivi.
2.1. Con il primo l'esponente lamenta vizio di motivazione in relazione all'assunto secondo il quale il S.P. non avrebbe ricevuto una formazione adeguata a fini antinfortunistici. Risulta infatti pacifico che il lavoratore svolse attività di formazione sul campo da parte di operai più esperti; che tale formazione ebbe ad oggetto anche la procedura corretta da seguire nelle operazioni di cambio dei distanziali; che risulta accertato l'errore della persona/ offesa nell'esecuzione dell'operazione, per ammissione dello stesso lavoratore. Il ricorrente contesta che si possa porre a suo carico la responsabilità per le condotte poste in essere, del tutto discrezionalmente, dal lavoratore; e il fatto che costui non seguì le istruzioni ricevute non può essere posto in relazione con una presunta insufficienza del periodo di affiancamento, atteso che, sia sulla durata di tale periodo, sia sul tempo intercorso fra la formazione e l'infortunio, sia sul contenuto delle nozioni trasmesse al lavoratore, l'istruzione dibattimentale non ha fornito elementi di certezza. In sostanza, la Corte ha orientato la propria decisione sulla base di mere opinioni e congetture, e non su elementi di fatto.
2.2. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta vizio di motivazione in riferimento al nesso causale tra l'omissione contestata all'imputato e l'evento lesivo. Non é infatti sufficiente affermare, come fa la Corte di merito, che non vi sarebbero stati fattori causali alternativi, atteso che sarebbe stato necessario chiarire quale sarebbe stata la condotta omessa e che, soprattutto, non é esaustivo il riferimento a un possibile malfunzionamento del macchinario come unica possibile causa alternativa dell'accaduto, atteso che sarebbe stato necessario esaminare quale ulteriore fattore causale alternativo l'errore umano del G. (errore che in effetti vi fu, e consistette nell'aver egli pigiato due volte il comando di movimento del pistone).
3. All'odierna udienza il difensore della costituita parte civile ha depositato nota spese, chiedendo che il ricorso non venga accolto.
 

 

Diritto

 


1. Il primo motivo di ricorso deve ritenersi infondato.
Sotto il profilo della qualità e adeguatezza della formazione e dell'addestramento impartiti al S.P., la Corte distrettuale, attraverso la disamina delle prove raccolte, ha motivato in modo sufficientemente approfondito in ordine al fatto che, pur essendo il lavoratore assegnato a una mansione indubbiamente pericolosa, le istruzioni per il relativo espletamento si ridussero a una o due occasioni, attraverso indicazioni dal contenuto alquanto incerto fornitegli "sul campo" da operai più anziani; la Corte territoriale ha inoltre precisato che le riunioni periodiche per la sicurezza, alle quali non é stato neppure accertato che il S.P. avesse partecipato, non ebbero ad oggetto le operazioni sulle presse; e che il documento illustrativo denominato "moto operatorio" veniva tenuto in un cassetto del cassone degli attrezzi affidato alle coppie di operai, senza cioè che di tale documento risultasse fornita alcuna spiegazione ai lavoratori.
Da quanto precede la Corte ha tratto il convincimento dell'inadeguatezza della formazione del lavoratore infortunato: formazione che incombeva al datore di lavoro, e dunque all'A.A. nella sua qualità, tenuto conto del rischio insito nell'operazione cui il S.P. era adibito, rischio che l'odierno ricorrente era sicuramente tenuto a governare e a prevenire. Invero é noto che il datore di lavoro é tenuto a rendere edotti i lavoratori dei rischi specifici cui sono esposti e a fornir loro adeguata formazione in relazione alle mansioni cui sono assegnati, e risponde degli infortuni occorsi in caso di violazione di tale obbligo (cfr. Sez. 4, n. 11112 del 29/11/2011 - dep. 2012, Bortoli, Rv. 252729; Sez. 4, Sentenza n. 39765 del 19/05/2015, Vallani, Rv. 265178).
2. Fondato é, invece, il secondo motivo di ricorso.
E' infatti ben vero che, secondo la giurisprudenza di legittimità, il datore di lavoro che non adempie agli obblighi di informazione e formazione gravanti su di lui e sui suoi delegati risponde, a titolo di colpa specifica, dell'infortunio dipeso dalla negligenza del lavoratore il quale, nell'espletamento delle proprie mansioni, pone in essere condotte imprudenti, trattandosi di conseguenza diretta e prevedibile della inadempienza degli obblighi formativi (cfr. Sez. 4, Sentenza n. 39765 del 19/05/2015, Vallani, Rv. 265178, cit.).
Tuttavia, la riferibilità causale a tale inadempienza dell'infortunio verificatosi nel caso di specie doveva essere approfondita in modo più ampio e argomentato dalla Corte distrettuale; e ciò, sulla scorta dell'indirizzo giurisprudenziale affermatosi sul punto, doveva essere accertato alla stregua di un giudizio di alta probabilità logica, che a sua volta doveva essere fondato, oltre che su un ragionamento di deduzione logica basato sulle generalizzazioni scientifiche, anche su un giudizio di tipo induttivo elaborato sull’analisi della caratterizzazione del fatto storico e sulle particolarità del caso concreto (Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014, Espenhahn e altri, Rv. 261103), e fra l'altro verificando se vi fosse l’alta probabilità logica che fossero da escludere fattori causali alternativi (Sez. U, Sentenza n. 30328 del 10/07/2002, Franzese, Rv. 222138).
2.1. Ora, nel caso di specie, l'indagine sulle spiegazioni causali alternative eseguita dalla Corte distrettuale si é limitata all'esclusione di ipotetici malfunzionamenti del macchinario, ma tale asserto si appalesa del tutto insufficiente.
2.2. Invero, doveva sicuramente essere chiarito in modo più preciso in che termini l'infortunio potesse collegarsi causalmente alla ravvisata condotta omissiva (ossia a una carente e lacunosa cura della formazione del dipendente in rapporto alla specifica operazione nel cui ambito l'incidente si verificò); e ciò postulava una più puntuale ricostruzione dei singoli passaggi dell'episodio, sulla base della quale operare il c.d. giudizio controfattuale, riferito all'ipotesi in cui l'A.A. avesse tenuto il comportamento alternativo diligente (ossia avesse curato in modo adeguato la formazione del S.P.).
2.3. In secondo luogo, come correttamente osservato dal ricorrente, non é stato approfondito adeguatamente l'aspetto relativo alla rilevanza causale di altri fattori, fra cui la condotta dell'altro lavoratore adibito alla manovra (ossia il G.): invero, nella ricostruzione fattuale dell'evento, é emerso che costui schiacciò una seconda volta il pulsante perché sul monitor non si era accesa l'icona che confermava l'operazione ed egli non aveva visto il pistone scendere (pag. 5 sentenza impugnata); sul punto, la Corte di merito non chiarisce adeguatamente se tale condotta fosse riconducibile a una negligenza del S.P. - attribuibile a sua volta a una sua insufficiente formazione a fini prevenzionistici nell'espletamento dell'operazione - o a una condotta disattenta dello stesso G., così repentina da assumere rilevanza causale esclusiva rispetto all'evento lesivo.
3. Per tali ragioni la sentenza impugnata va annullata, con rinvio ad altra Sezione della Corte d'appello di Torino, cui va demandato inoltre il regolamento delle spese tra le parti di questo giudizio di cassazione.
 

 

P.Q.M.

 


Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d'appello di Torino, cui demanda anche il regolamento delle spese tra le parti di questo giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, il 19 luglio 2017.