Cassazione Penale, Sez. 4, 05 ottobre 2017, n. 45853 - Infortunio di un apprendista muratore. Ruolo del coordinatore per la sicurezza: anche se il coordinatore non può esimersi dal prevedere momenti di verifica, essi non possono avere cadenza quotidiana


 

 

"La giurisprudenza di questa Corte ha precisato il ruolo del coordinatore per la sicurezza e la correlata posizione di garanzia che si affianca a quella di altre figure, riservando ad esso compiti di "alta vigilanza" che si articolano nel controllo sulla corretta osservanza, da parte delle imprese, delle disposizioni contenute nel PSC e sulla scrupolosa applicazione delle procedure di lavoro a garanzia dell'incolumità dei lavoratori; nella verifica dell'idoneità del POS e nell'assicurazione della sua coerenza rispetto al PSC; nell'adeguamento dei piani in relazione alla evoluzione dei lavori e alle eventuali modifiche intervenute [cfr. in motivazione sez. 4 n. 3288 del 27/09/2016 Ud. (dep. 23/01/2017); in senso conforme, cfr. sez. 4 n. 44977 del 12/06/2013, Rv. 257167; n. 46991 del 12/11/2015, Rv. 265661; n. 47834 del 26/04/2016, Rv. 268255; n. 27165 del 24/05/2016, Rv. 267735].
Si è pure precisato che il controllo e le verifiche correlate alla posizione di garanzia in esame non possono essere meramente formali, ma vanno svolte in concreto, sebbene non sia richiesta la presenza quotidiana del coordinatore sul cantiere, ma la sola presenza rispetto ai momenti delle lavorazioni topici rispetto alla funzione di controllo esercitata o da esercitarsi. In altri termini, <<...il coordinatore opera attraverso procedure; tanto è vero che un potere- dovere di intervento diretto è previsto per tale figura solo quando constati direttamente gravi pericoli [art. 92 co. 1 lett. f) d. lgs. 81/2008]>> (cfr. sez. 4 n. 3288/2016 citata).
Pertanto, anche se il coordinatore non può esimersi dal prevedere momenti di verifica, essi non possono avere cadenza quotidiana e, parallelamente, <<l'accertamento giudiziale non dovrà ricercare segni di una presenza diuturna, ma le tracce delle azioni di coordinamento, di informazione, di verifica, e la loro adeguatezza sostanziale>> (cfr. sempre in motivazione sez. 4, sent. n. 3288/2016 citata), poiché il coordinatore ha una autonoma funzione di vigilanza che riguarda la generale configurazione delle lavorazioni, e non anche il puntuale controllo, momento per momento, delle singole attività lavorative, che è demandato ad altre figure operative (datore di lavoro, dirigente, preposto) [cfr. sez. 4 n. 18149 del 21/04/2010, Rv. 247536]."


 

Presidente: ROMIS VINCENZO Relatore: CAPPELLO GABRIELLA Data Udienza: 13/09/2017

 

 

 

Fatto

 

1. La Corte d'appello di Genova ha confermato la sentenza, appellata dalla parte civile L.L., con la quale il Tribunale di Imperia aveva assolto R.A.,dal reato di cui agli arti. 40, 113, 590, co. 2, 3 e 4 cod. pen.
2. Si è contestato al R.A. di avere cagionato, in concorso con B. Lino e B. Ivano, giudicati separatamente, nella qualità di coordinatore per la sicurezza in fase di progettazione ed esecuzione dei lavori edili da eseguirsi, tra l'altro, anche sulla recinzione di un campo di pallone avente un'altezza di cinque metri, nell'ambito di un appalto affidato dal comune di Pieve di Teco alla B. Lino & Ivano s.n.c., le lesioni personali meglio descritte nella imputazione al L.L., lavoratore dipendente della predetta società. I lavori riguardavano la realizzazione di un'area pubblica di sosta nel centro storico e, tra le opere da eseguire, era stato previsto anche lo smontaggio della recinzione, dell'altezza di circa due metri, che circondava l'area adiacente un campo sportivo, con sostituzione della stessa mediante posa in opera di una rete metallica nuova della stessa altezza. Il 25 febbraio del 2011, il lavoratore, assunto quale apprendista muratore nel 2009, era stato inviato sul cantiere da B. Ivano, con l'incarico di rimuovere la recinzione, avvalendosi nell'occorso di una scala costituita da un solo tronco, con un montante privo di dispositivo antisdrucciolo e troppo corta rispetto al tipo d'intervento richiesto. Il L.L. aveva, pertanto, posizionato la scala su una cisterna, appoggiandola ad un palo della luce e cadendo dalla stessa, procurandosi un trauma cranico.
Al R.A. era stato contestato di avere omesso, nella sua qualità di coordinatore per la sicurezza, di recarsi sul cantiere e di effettuare i necessari controlli, correlati alla qualifica ricoperta.
3. Avverso la sentenza ha proposto ricorso la parte civile a mezzo di difensore, formulando un unico motivo, con il quale ha denunciato vizio della motivazione e erronea applicazione e violazione di legge.
In particolare, la difesa, dopo avere ritrascritto l'atto di appello, ha rilevato che la Corte genovese si sarebbe limitata a confermare acriticamente la sentenza di primo grado sulla scorta di un'unica testimonianza (il teste P., collaboratore di studio dell'imputato, il quale aveva affermato che il R.A. aveva effettuato sopralluoghi sul cantiere a cadenza settimanale), non confortata dalle dichiarazioni della stessa parte civile e del lavoratore PA., i quali avevano affermato di non avere mai visto l'imputato sul cantiere, altresì rilevando che la sentenza avrebbe taciuto rispetto alle risultanze processuali.
4. Con propria memoria, la difesa di R.A. ha contestato il ricorso, rilevando che esso riproporrebbe le doglianze formulate con l'appello e non sarebbe autosufficiente, non essendo stato neppure denunciato un vizio specifico, né indicati i capi della sentenza oggetto di censura e le specifiche ragioni di doglianza. 

 

 

 

Diritto

 


1. Il ricorso va rigettato.
2. La Corte di merito ha respinto il gravame, proposto ai soli effetti civili, rilevando che il Tribunale aveva ritenuto che la lavorazione nel corso della quale si era verificato l'infortunio (eliminazione della rete di corda posta a recinzione superiore del campo di pallone) non era ricompresa tra quelle previste nel capitolato d'appalto e che non era neppure emerso che il R.A. avesse avuto conoscenza di eventuali direttive in deroga, impartite al lavoratore infortunato da parte del B. o di altri.
Rispetto alle doglianze formulate dall'appellante, con le quali si era lamentata, da un lato, la non corretta valutazione degli obblighi correlati alla qualifica rivestita dall'imputato (tra cui quelli di conoscenza dell'oggetto, dei termini e delle modalità di esecuzione del contratto di appalto e di controllo che l'esecuzione delle stesso fosse mantenuta nell'ambito della previsione contrattuale e in assoluta sicurezza), dall'altro l'erroneo scrutinio delle prove dichiarative acquisite (confermative, secondo l'appellante, dell'assenza del R.A. dal cantiere sia il giorno dell'infortunio che in quelli ad esso antecedenti), la Corte genovese ha ritenuto che i rilievi difensivi fossero astrattamente condivisibili, ma non pertinenti al caso concreto, nel quale erano emerse anomalie nell'affidamento dell'incarico al L.L. da parte del B., l'estraneità delle opere rispetto all'oggetto del capitolato d'appalto e la prova che il R.A., per fatto al medesimo non addebitabile, era all'oscuro di tali direttive in deroga.
In particolare, il giudice d'appello ha rilevato che, contrariamente a quanto sostenuto dall'appellante, sulla scorta di testimonianze contraddittorie, la rimozione della rete non era prevista nell'appalto, come confermato dall'esame del contratto e del PSC e dalla testimonianza del sindaco del comune appaltante e del responsabile del procedimento dell'ente. Peraltro, era pure documentalmente emerso che, ove erano contemplate opere da eseguirsi in altezza, era stato previsto l'uso di dispositivi di sicurezza adeguati.
Infine, con specifico riferimento alla presenza del R.A. sul cantiere, la Corte territoriale ha valorizzato la testimonianza P., il quale aveva dichiarato di essersi recato in cantiere insieme al R.A. con cadenza settimanale, in difetto di un obbligo di presenza quotidiana, nel caso di specie essendo pure emerso che il R.A. aveva verificato documentalmente e personalmente sul cantiere l'adeguatezza delle prescrizioni previste nel piano di sicurezza e la loro messa in opera.
3. Il motivo di ricorso è infondato.
Parte ricorrente è ritornata sul tema degli obblighi del coordinatore per la sicurezza, contestando la valutazione delle prove condotta dai giudici di merito in ordine alla presunta assenza del R.A. dal cantiere, ove era in corso la lavorazione durante la quale si è verificato l'infortunio.
4. Sul punto, deve premettersi che la giurisprudenza di questa Corte ha precisato il ruolo del coordinatore per la sicurezza e la correlata posizione di garanzia che si affianca a quella di altre figure, riservando ad esso compiti di "alta vigilanza" che si articolano nel controllo sulla corretta osservanza, da parte delle imprese, delle disposizioni contenute nel PSC e sulla scrupolosa applicazione delle procedure di lavoro a garanzia dell'incolumità dei lavoratori; nella verifica dell'idoneità del POS e nell'assicurazione della sua coerenza rispetto al PSC; nell'adeguamento dei piani in relazione alla evoluzione dei lavori e alle eventuali modifiche intervenute [cfr. in motivazione sez. 4 n. 3288 del 27/09/2016 Ud. (dep. 23/01/2017); in senso conforme, cfr. sez. 4 n. 44977 del 12/06/2013, Rv. 257167; n. 46991 del 12/11/2015, Rv. 265661; n. 47834 del 26/04/2016, Rv. 268255; n. 27165 del 24/05/2016, Rv. 267735].
Si è pure precisato che il controllo e le verifiche correlate alla posizione di garanzia in esame non possono essere meramente formali, ma vanno svolte in concreto, sebbene non sia richiesta la presenza quotidiana del coordinatore sul cantiere, ma la sola presenza rispetto ai momenti delle lavorazioni topici rispetto alla funzione di controllo esercitata o da esercitarsi. In altri termini, <<...il coordinatore opera attraverso procedure; tanto è vero che un potere- dovere di intervento diretto è previsto per tale figura solo quando constati direttamente gravi pericoli [art. 92 co. 1 lett. f) d. lgs. 81/2008]>> (cfr. sez. 4 n. 3288/2016 citata).
Pertanto, anche se il coordinatore non può esimersi dal prevedere momenti di verifica, essi non possono avere cadenza quotidiana e, parallelamente, <<l'accertamento giudiziale non dovrà ricercare segni di una presenza diuturna, ma le tracce delle azioni di coordinamento, di informazione, di verifica, e la loro adeguatezza sostanziale>> (cfr. sempre in motivazione sez. 4, sent. n. 3288/2016 citata), poiché il coordinatore ha una autonoma funzione di vigilanza che riguarda la generale configurazione delle lavorazioni, e non anche il puntuale controllo, momento per momento, delle singole attività lavorative, che è demandato ad altre figure operative (datore di lavoro, dirigente, preposto) [cfr. sez. 4 n. 18149 del 21/04/2010, Rv. 247536],
5. Nel caso all'esame, la Corte territoriale ha fatto applicazione dei sopra citati principi, precipitato del costante indirizzo ermeneutico di questa Corte, rilevando la puntuale verifica - non solo documentale, ma anche diretta - dell'adeguatezza delle prescrizioni previste nel POS e della loro messa in opera, rispetto alle opere previste nel capitolato d'appalto, tra le quali non rientrava l'eliminazione della rete di corda posta a recinzione della parte superiore del campo sportivo. Peraltro, la Corte territoriale ha pure precisato che dalla documentazione acquisita era pure emerso che, ove erano contemplate opere da eseguire in altezza, era stato previsto l'uso di dispositivi di sicurezza adeguati.
A fronte di tale ricostruzione fattuale, parte ricorrente ha opposto che il R.A. si sarebbe limitato ad un controllo formale di conformità del cantiere alle previsioni riguardanti la sicurezza, omettendo di compiere verifiche effettive, sulla scorta di testimonianze che, tuttavia, la Corte genovese ha svalorizzato, ritenendone la contraddittorietà. Di contro, quel giudice ha richiamato la testimonianza P., secondo cui gli accessi al cantiere da parte del R.A. erano avvenuti a cadenza settimanale e rispetto a tale ricostruzione la parte ricorrente si è limitata a richiamare le testimonianze anzidette (L.L. e PA.), riportandole in ricorso, attraverso la trascrizione dell'atto di appello che ha preceduto lo sviluppo del motivo. Tuttavia, a fronte di una motivazione logica e non contraddittoria, basata su una prova regolarmente acquisita e valutata unitamente a quelle di segno contrario in maniera del tutto congrua, le doglianze difensive si traducono in una interpretazione delle risultanze probatorie alternativa e antagonista rispetto a quella operata dai giudici di merito, attraverso la quale si sollecita a questa Corte una conferma che condurrebbe ad una valutazione di merito del tutto estranea a questo giudizio.
6. Quanto alla attendibilità del teste P., questa Corte ritiene che il motivo di ricorso sia del tutto aspecifico, essendosi la parte limitata ad affermare che trattasi di un collaboratore del R.A., evocando un possibile atteggiamento auto difensivo (correlato al timore di vedersi coinvolto nella vicenda) che non trova però alcun appiglio negli atti, non essendo emerso che costui abbia assunto qualifiche alle quali possa essere ricondotta una posizione di garanzia rispetto al cantiere e ai lavori che vi si svolgevano.
7. Al rigetto segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e alla rifusione della somma di €. 2.500,00 in favore R.A. ai sensi dell'art. 541 co. 2 cod. proc. pen., oltre accessori come per legge.
 

 

P.Q.M.

 


Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali; lo condanna inoltre a rimborsare ex art. 541, secondo comma, cod. proc. pen., al R.A. le spese sostenute per questo giudizio che si liquidano in euro 2.500,00, oltre accessori come per legge.
Così deciso in Roma il giorno 13 settembre 2017.