Categoria: Cassazione penale
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Cassazione Penale, Sez. 4, 25 ottobre 2017, n. 48940 - Infortunio con la pressa: posizione datoriale di fatto


 

Presidente: BLAIOTTA ROCCO MARCO Relatore: DOVERE SALVATORE Data Udienza: 13/07/2017

 

"La posizione di garanzia grava anche su colui che, non essendone formalmente investito, eserciti in concreto i poteri giuridici riferiti al datore di lavoro e ad altri garanti ivi indicati, sicché l'individuazione dei destinatari degli obblighi posti dalle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro deve fondarsi non già sulla qualifica rivestita, bensì sulle funzioni in concreto esercitate, che prevalgono, quindi, rispetto alla carica attribuita al soggetto, ossia alla sua funzione formale (Sez. 4, n. 18090 del 12/01/2017 - dep. 10/04/2017, Amadessi e altro, Rv. 269803)."


 

 

 

Fatto

 


1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di Brescia ha parzialmente riformato la pronuncia emessa nei confronti di C.M. dal Tribunale di Bergamo, sezione distaccata di Grumello del Monte, con la quale questi era stato giudicato responsabile del reato di cui all'art. 590, co. 1 e 3 cod. pen. e del reato di cui all'art. 87, co. 2 lett. b) d.lgs. n. 81/2008 e condannato alla pena ritenuta equa, nonché al risarcimento dei danni, da liquidare in separata sede, in favore della parte civile A.I..
La Corte di Appello, infatti, ha dichiarato non doversi procedere in merito alla contravvenzione perché estinta per prescrizione ed ha ridotto correlativamente la pena inflitta dal primo giudice, concedendo altresì la sospensione condizionale della pena, subordinata al pagamento entro il termine fissato dell'importo assegnato alla parte civile quale provvisionale (che ha rideterminato), ferma ogni altra statuizione.
2. La vicenda che occupa attiene all'infortunio sul lavoro patito da A.I. il 20.2.2010. Secondo l'accertamento condotto nei gradi di merito, in quel giorno l'A.I. stava lavorando ad una macchina sita all'interno del capannone della ditta individuale Bruzia Elettromeccanica di C.M. quando la sua mano sinistra veniva schiacciata dal punzone in discesa della pressa; nell'occorso il lavoratore subiva un trauma da pressoustione a tre dita, dal quale derivava una malattia guarita in un tempo superiore a quaranta giorni.
Il Tribunale, respinta l'eccezione di inutilizzabilità della consulenza tecnica disposta nel corso delle indagini preliminari dal P.M. ai sensi dell'art. 360 cod. proc. pen. e delle dichiarazioni della persona offesa, identificava nell'imputato il datore di lavoro di questa, così superando la diversa tesi difensiva, ed escludeva che il lavoratore avesse tenuto una condotta abnorme, tale da interrompere la relazione causale tra l'evento e la ritenuta violazione da parte del datore di lavoro della prescrizione prevenzionistica oggetto di contestazione.
La Corte di Appello ha convenuto sulle conclusioni del Tribunale, esaminate alla luce delle censure avanzate con l'atto di appello.
3. Avverso tale decisione ricorre per cassazione l'imputato a mezzo del difensore di fiducia, avv. Alberto C..
3.1. Con un primo motivo deduce violazione di legge e vizio della motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza in capo all'imputato della qualità di datore di lavoro. Afferma l'esponente che dalla documentazione versata in atti emerge che il lavoratore era alle dipendenze dell'impresa individuale Map di I.M.. Ciò nonostante la Corte di Appello ha asserito che al momento dell'infortunio il lavoratore stava operando su una pressa che apparteneva al C.M. all'interno del capannone ove operava l'impresa di questi. Sicché il C.M., a prescindere dall'esistenza o meno di un regolare rapporto di lavoro subordinato, aveva il dovere di mettere a disposizione di coloro che lavoravano all'interno della sua azienda delle macchine sicure. Quindi la Corte di Appello, in mancanza della qualità di datore di lavoro, ha applicato l'art. 70, co. 2 d.lgs. n. 81/2008, in relazione al punto 5.6.1. dell'all. V, con indebita estensione analogica del precetto, che si rivolge al solo datore di lavoro. Ad avviso dell'esponente la sentenza è contraddittoria perché da un canto asserisce che non trova riscontro in atti la tesi della dipendenza dell'infortunato dall'impresa del fratello e dall'altro ritiene di dover prescindere dal dato formale della relazione di collaborazione lavorativa della vittima con il proprio fratello.
3.2. Con un secondo motivo il ricorrente lamenta che la Corte di Appello abbia utilizzato una perizia disposta ai sensi dell'art. 360 cod. proc. pen. ma senza che di essa sia stato dato il prescritto avviso all'indagato; nullità tempestivamente dedotta, diversamente da quanto asserito dalla corte distrettuale.
 

 

Diritto

 


4. Il ricorso è inammissibile.
4.1. Occorre prendere le mosse dal rammentare che i motivi che svolgono censure che reiterano quelle già proposte ai giudici di merito e che non prendono in considerazione quanto dai medesimi argomentato in replica critica, persistendo in una prospettazione già superata senza cogliere quanto in essa vi è di viziato, condannano il ricorso, fondato sul vizio motivazionale, perché in definitiva aspecifico, nel senso di non correlato alla trama della motivazione impugnata (cfr. Sez. 4, n. 18826 del 09/02/2012 - dep. 16/05/2012, Pezzo, Rv. 253849).
Allo stesso modo e per i medesimi motivi risulta aspecifico il motivo che svolge le proprie censure a partire da premesse fattuali diverse da quelle assunte dai giudici.
Nel caso che occupa il tema della qualità di datore di lavoro del C.M. è stato risolto dalla Corte di Appello senza negare che dalla documentazione versata in atti dalla difesa emergeva il rapporto di collaborazione esistente tra il lavoratore infortunato ed il fratello. Ma il collegio distrettuale ha ritenuto che tale documentazione celasse il dato reale, emergendo per converso che al momento dell'infortunio: A.I. stava lavorando all'interno del capannone della impresa del C.M., operando su una pressa nella proprietà del medesimo; che l'infortunato aveva dichiarato in sede di indagini che da due anni lavorava irregolarmente per la ditta dell'imputato, al pari del fratello; che non era stata prodotta documentazione che attestasse la effettività e l'oggetto dei rapporti tra l'impresa del C.M. e quella di I.M..
In altri termini, sulla scorta degli elementi testé riportati, la Corte di Appello ha ritenuto che effettivo datore di lavoro dell'infortunato fosse proprio il C.M.. Il ricorrente non ha opinato la manifesta illogicità di tale motivazione o la sua contraddittorietà rispetto agli elementi di prova; ha solo prospettato - del tutto infondatamente alla luce di quanto appena rammentato - che la Corte di Appello abbia contraddittoriamente ritenuto di dover prescindere dal dato formale proprio mentre ne negava l'esistenza.
Se quindi il dato della posizione datoriale assunta in fatto dal C.M. non è superata dal ricorso (e rende incensurabile la conclusione della corte distrettuale, per la quale il C.M. aveva il dovere di mettere a disposizione di coloro che lavoravano all'interno della sua azienda delle macchine sicure), appare evidente che non è rinvenibile alcuna violazione di legge per aver posto a carico dell'imputato una violazione prevenzionistica che si indirizzerebbe tipicamente al datore di lavoro. Già prima che l'art. 299 d.lgs. n. 81/2008 positivizzasse la rilevanza della assunzione di fatto di funzioni tipiche della posizione datoriale la giurisprudenza di legittimità ha puntualizzato che in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, in base al principio di effettività, assume la posizione di garante colui il quale di fatto si accolla e svolge i poteri del datore di lavoro (e, similmente, del dirigente o del preposto) (Sez. 4, n. 22606 del 04/04/2017 - dep. 09/05/2017, Minguzzi, Rv. 269973).
Con riferimento all'art. 299 citato - e quindi alla disciplina alla quale occorre fare riferimento ratione temporis - si è affermato che la posizione di garanzia grava anche su colui che, non essendone formalmente investito, eserciti in concreto i poteri giuridici riferiti al datore di lavoro e ad altri garanti ivi indicati, sicché l'individuazione dei destinatari degli obblighi posti dalle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro deve fondarsi non già sulla qualifica rivestita, bensì sulle funzioni in concreto esercitate, che prevalgono, quindi, rispetto alla carica attribuita al soggetto, ossia alla sua funzione formale (Sez. 4, n. 18090 del 12/01/2017 - dep. 10/04/2017, Amadessi e altro, Rv. 269803).
Pertanto la motivazione impugnata trova conforto nei principi posti da questa Corte.
4.2. Parimenti inammissibile è il secondo motivo, in quanto manifestamente infondato. La giurisprudenza di legittimità ha più volte affermato che qualora il P.M. abbia proceduto ad accertamento tecnico irripetibile ex art. 360 cod.proc.pen. senza dare avviso alla persona sottoposta alle indagini, sussiste un'ipotesi di nullità di cui all'art. 178, lett. c), cod. proc. pen. Se però vi sia stata richiesta di rito abbreviato - come nel caso che occupa -, con l'accettazione da parte dell'imputato del giudizio allo stato degli atti, la scelta operata comporta la rinuncia ad eccepire la nullità detta (basterà citare, tra le più remote, Sez. 4, n. 360 del 11/11/1994 - dep. 18/01/1995, Presta ed altri, Rv. 201551, e tra le ultime oggetto di massimazione Sez. 1, n. 28459 del 23/04/2013 - dep. 02/07/2013, Ramella, Rv. 256106). Il fatto che l'eccezione di nullità dell'atto sia stata sollevata e tempestivamente non ha alcuna incidenza, proprio perché la scelta del rito abbreviato manifesta l'accettazione degli atti disponibili (salvo il caso del cd. abbreviato condizionato) e la contraddizione che si coglie tra la proposizione dell'eccezione e la richiesta del rito speciale non può che sciogliersi a favore di quest'ultima.
5. Segue alla declaratoria di inammissibilità del ricorso la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di duemila euro alla cassa delle ammende.
 

 

P.Q.M.

 


Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. e al versamento della somma di 2.000,00 euro in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 13/7/2017.