Il Tribunale di Salerno, decidendo in grado di appello, ha rigettato la domanda proposta da D.L. nei confronti dell'INAIL, diretta ad ottenere il ripristino della rendita per l'inabilità permanente conseguente all'infortunio sul lavoro subito il 15 agosto 1982, soppressa dall'Istituto a seguito del miglioramento accertato nella visita di revisione espletata nel 1994.
Nell'accogliere l'impugnazione dell'ente previdenziale, il giudice del gravame ha accertato, in base alle conclusioni del consulente tecnico di ufficio nominato in appello, che al D. era residuata, a seguito del trauma subito nell'infortunio, un'inabilità permanente del sette per cento, inferiore quindi al minimo indennizzabile.

La cassazione della sentenza è stata domandata dall'assicurato -  La Corte rigetta.

 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. RAVAGNANI Erminio - Presidente -
Dott. LAMORGESE Antonio - rel. Consigliere -
Dott. CURCURUTO Filippo - Consigliere -
Dott. TOFFOLI Saverio - Consigliere -
Dott. MAMMONE Giovanni - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 2568/2007 proposto da:
D.L., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA C. NERAZZINI 5, presso lo studio dell'avvocato BOCCHINI DILETTA, rappresentato e difeso dagli avvocati FERRARA ANGELA, TROTTA ERSILIA
giusta mandato a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro INAIL - ISTITUTO NAZIONALE PER L'ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO, in persona del Dirigente con incarico di livello generale Dott. V.P., Direttore della Direzione Centrale Prestazioni, nominato con delibera del Consiglio di Amministrazione dell'INAIL adottata il 22/12/2004 n. 184, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144, presso lo studio degli avvocati LA PECCERELLA LUIGI ed EMILIA FAVATA, che lo rappresentano e difendono, in virtù di procura speciale a rogito Notaio TUCCARI Carlo Federico di Roma in data 26/01/2007 rep. 72688 allegata in atti;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 166/2006 del TRIBUNALE di SALERNO, del 31/05/2005 depositata il 13/01/2006;
udito l'Avvocato COZZOLINO FABIO MASSIMO (per delega avv.ti FERRARA Angela e TROTTA Ersilia) per il ricorrente che si riporta agli scritti;
udito il P.G. in persona del Dott. MAURIZIO VELARDI che conferma le conclusioni scritte.
 
Fatto

Con sentenza depositata il 13 gennaio 2006, il Tribunale di Salerno, decidendo in grado di appello, ha rigettato la domanda proposta da D.L. nei confronti dell'INAIL, diretta ad ottenere il ripristino della rendita per l'inabilità permanente conseguente all'infortunio sul lavoro subito il 15 agosto 1982, soppressa dall'Istituto a seguito del miglioramento accertato nella visita di revisione espletata nel 1994.
Nell'accogliere l'impugnazione dell'ente previdenziale, il giudice del gravame ha accertato, in base alle conclusioni del consulente tecnico di ufficio nominato in appello, che al D. era residuata, a seguito del trauma subito nell'infortunio, un'inabilità permanente del sette per cento, inferiore quindi al minimo indennizzabile.
La cassazione della sentenza è stata domandata dall'assicurato con ricorso basato su un motivo, cui l'INAIL ha resistito con controricorso.
Disposta la trattazione del ricorso in camera di consiglio, il Procuratore Generale ha concluso per il rigetto del ricorso.

Diritto
 
L'unico motivo di ricorso denuncia erronea applicazione del D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 79 e insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia.
Deduce l'errore in cui è incorsa la sentenza impugnata nel determinare la misura dell'inabilità permanente poichè ha escluso dalla valutazione dei postumi la riscontrata lassità cronica del comparto mediale del ginocchio infortunato, ritenendola patologia insorta in epoca anteriore all'infortunio, e non ha considerato che la riduzione dell'attitudine al lavoro in conseguenza dell'infortunio risultava aggravata dalla condizione preesistente di lassità accertata, si che in sostanza questa si poneva come aggravante dell'inabilità derivante dall'infortunio.

Il ricorso è manifestamente infondato.
 
La sentenza impugnata prestando adesione alle conclusioni dell'ausiliare nominato in appello non ha considerato la lassità cronica dei legamenti nel determinare la misura dell'inabilità permanente derivante dall'infortunio, non perchè come sostiene il ricorrente non era ricollegabile a tale evento, ma perchè non era di "apprezzabile significato", non era nemmeno confermata dalla tac e non presentava segni semiologici obiettivamente riscontrabili.
E tanto è sufficiente ad escludere la violazione di legge denunciata.
Quanto al vizio di motivazione, la giurisprudenza di questa Corte è assolutamente costante nell'affermare che "qualora il giudice di merito fondi la sua decisione sulle conclusioni del consulente tecnico d'ufficio, facendole proprie, affinchè i lamentati errori e le lacune della consulenza determinino un vizio di motivazione della sentenza è necessario che essi si traducano in carenze o deficienze diagnostiche, o in affermazioni illogiche e scientificamente errate, o nella omissione degli accertamenti strumentali dai quali non possa prescindersi per la formulazione di una corretta diagnosi, non essendo sufficiente la mera prospettazione di una semplice difformità tra le valutazioni del consulente e quella della parte circa l'entità e l'incidenza del dato patologico; al di fuori di tale ambito, la censura di difetto di motivazione costituisce un mero dissenso diagnostico non attinente a vizi del processo logico, che si traduce in una inammissibile richiesta di revisione del merito del convincimento del giudice" (cfr. Cass. 17 aprile 2004 n. 7341, e v.
fra le numerose altre nello stesso senso, fra le più recenti Cass. 3 aprile 2008 n. 8654).
Così quindi deve essere qualificata la critica svolta dal ricorrente posto che questi deduce solo un "errore valutativo" commesso dal consulente di ufficio e condiviso dal giudice del merito, e si limita a sostenere una maggiore percentuale inabilitante per la lassità legamentosa.
Il ricorso va dunque rigettato.
Sebbene soccombente, il D. resta esonerato dal pagamento delle spese del giudizio di cassazione, ai sensi dell'art. 152 disp. att. c.p.c..

P.Q.M.
 
La Corte:
Rigetta il ricorso; nulla per le spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, il 6 febbraio 2009.
Depositato in Cancelleria il 6 aprile 2009