Cassazione Civile, Sez. Lav., 24 novembre 2017, n. 28090 - Istanza per il riconoscimento del beneficio alla rivalutazione contributiva per esposizione ad amianto. Decadenza


 

Presidente: MAMMONE GIOVANNI Relatore: MANCINO ROSSANA Data pubblicazione: 24/11/2017

 

Fatto

 


1. Con sentenza in data 31 marzo 2011, la Corte di appello di Roma ha confermato la sentenza di primo grado che, sulla domanda proposta dall'attuale ricorrente per il riconoscimento del beneficio della rivalutazione contributiva per esposizione ad amianto, ai sensi della L. n. 257 del 1992, art. 13, comma 8, per l'attività lavorativa prestata presso l'aeroporto di Fiumicino, con mansioni di tecnico aeronautico addetto alla manutenzione degli aeromobili dal 16 febbraio 1980 alla data del deposito del ricorso, rilevato che P.L., alla data del 2 ottobre 2003, non aveva maturato il requisito per la pensione né provveduto ad avviare un procedimento amministrativo o giudiziario, ha ritenuto maturata la decadenza, prevista dal d.l. n. 269 del 2003, art. 47, comma 5, convertito in legge n. 326 del 2003, come modificato dalla L. n. 350 del 2003, non avendo il ricorrente presentato nuova domanda all'INAIL entro il termine di legge.
2. La Corte di merito, rilevato che dalle acquisizioni documentali, nel corso del giudizio di primo grado, l'unica istanza indirizzata agli istituti previdenziali, e datata 5 settembre 2003, era stata ricevuta in epoca successiva al 3 ottobre 2003, riteneva: non provato dall'attuale ricorrente, nel corso del giudizio di primo grado, di versare nelle condizioni previste dalla normativa transitoria per avere maturato i requisiti per il diritto a pensione; che nessuna altra domanda amministrativa risultava acquisita agli atti e che era generico, sul punto, il gravame, non evincendosi alcun riferimento agli estremi e alle modalità di produzione dei documenti asseritamente non valutati dal primo Giudice; che neanche risultava allegata, in sede di gravame, l'unica istanza comprovante l'asserita tempestività dell'azione, circostanza che si aggiungeva alla genericità dell'atto di appello, incentrato sulla tempestività dell'azione; non apprezzabile la documentazione prodotta ("copia della domanda amministrativa in atti nel fascicolo di primo grado...") in ottemperanza ad ordinanza della Corte, volta ad acquisire copia della domanda amministrativa prodotta in primo grado, perché tardiva ed irrituale, trattandosi di documentazione attinente ad ulteriore domanda, non allegata al ricorso di primo grado ma neanche evocata negli atti introduttivi del gravame e nella richiesta di adempimenti istruttori con ordine di esibizione e richiesta di informativa all'INAIL, concernenti, questi ultimi, esclusivamente l'unica domanda prodotta, inidonea ad eludere il termine di decadenza (perché successiva al 3 ottobre 2003) e non reiterata nei 180 giorni successivi alla data di pubblicazione del d.m. 27 ottobre 2004, e comunque nei termini di cui al citato art. 47, comma 5; che analogo discorso andava fatto (in relazione all'istanza di esibizione formulata nei confronti dell'INPS) quanto al requisito contributivo, che la parte avrebbe potuto provare depositando certificazione attestante l'ammontare dei contributi ed i periodi coperti da contribuzione; che, in definitiva, il primo giudice aveva correttamente pronunciato sulla base della documentazione prodotta, non potendo consentirsi l'acquisizione documentale tardiva.
3. Avverso tale sentenza P.L. ha proposto ricorso affidato a 3 articolati motivi, dei quali il secondo ripartito in tre censure, al quale ha opposto difese l'INPS con controricorso.
 

 

Diritto

 


4. I motivi del ricorso sono così articolati:
- violazione e falsa applicazione dell'art.13,co.8,L.257/1992, dell'art. 47, co.5 e 6-bis L.326/2003, dell'art.3,co.132, L.350/2003, dell'art. 132,n.4 cod.proc.civ., dell'art. 111 Cost. e contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio relativo al deposito della domanda all'INAIL e all'INPS, rispettivamente in data 10 e 14 ottobre 2003, e all'epoca d'inizio del procedimento giudiziario (avviato con deposito in data 9 aprile 2004, dunque prima del 15 giugno 2005), e per avere ottemperato, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte territoriale, all'onere di deposito della domanda nel termine di cui all'art. 47, coma 5, legge n.326/2003 cit., e per avere già esperito l'intera procedura amministrativa, e iniziato il giudizio, entro il termine finale del 15 giugno 2005, indicato dal d.m.27 ottobre 2004 (primo motivo);
violazione e falsa applicazione degli artt. 437, secondo comma, 421, secondo comma, 115,116 cod.proc.civ., in relazione alle norme di cui all'art.47,co. 5, L. 326/2003 cit. e 13, co. 8, l. 257/1992 (motivo b 1) e in relazione a queste ultime norme, violazione degli artt. 24 e 111 Cost. in ordine alla presunta tardività della produzione documentale della domanda all'INAIL del 30 marzo 2005 prodotta ulteriormente in data 10 gennaio 2010, ferma l'acquisizione e la produzione di quella già depositata il 14 ottobre 2003 (motivo b2); difetto di motivazione, illogicità e violazione e falsa applicazione dell'art. 132,n.4 cod.proc.civ., e 111 Cost., per avere la Corte dichiarato la parte decaduta dal diritto al deposito in giudizio delle domande ridepositate all'INAIL e all'INPS in data 15 giugno 2005 (motivo b3);
violazione e falsa applicazione delle norme indicate nel primo motivo, e difetto di motivazione e contraddittorietà in ordine al presunto non raggiungimento del diritto a pensione alla data del 2 ottobre 2003, ai fini dell'applicazione della precedente e più favorevole normativa, per avere maturato il diritto a pensione (come da estratto contributivo che si allega al ricorso per cassazione) e, anche qualora si ritenesse non raggiunta l'anzianità contributiva di 37 anni, per avere comunque diritto al riconoscimento del benefici contributive per esposizione ad amianto con il coefficiente di 1,25 utile per conseguire la prestazione, attesa la domanda depositata in data 14 ottobre 2003 e l'ulteriore domanda ricevuta dall'INAIL il 15 giugno 2005 (terzo motivo);
I plurimi motivi, esaminati congiuntamente per la loro stretta connessione e parziale ripetitività, non sono meritevoli di accoglimento.
Va, innanzitutto, rilevato che il ricorrente non ha documentato di aver maturato i requisiti per il pensionamento, né alla data di entrata in vigore della legge n.326/2003, né alla data del deposito del ricorso, 9 aprile 2004, e la statuizione della Corte territoriale, incentrata sull'inosservanza dei relativi oneri, di allegazione e probatori, non è stata fatta segno di censura incrinando l'affermazione con la dimostrazione del puntuale assolvimento nei precedenti gradi di merito.
7. Inammissibilmente, pertanto, nel giudizio di cassazione, attraverso la deduzione di violazione di legge e vizio motivazionale enunciata nel terzo motivo, il ricorrente introduce la condizione di già pensionato alla data del 2 ottobre 2003, implicante una modificazione dei termini in fatto della controversia e, dunque, una questione di fatto nuova, non concernente solo profili di diritto (v., ex multis, Cass. n.9812/2002).
8. Così come, sempre nell'illustrazione del medesimo motivo, si evoca una domanda inviata all'INAIL in data 4 giugno 2005, e ricevuta dall'Istituto il 15 giugno 2005, introducendo nuova questione di fatto sottratta all'indaginoso iter del giudizio di gravame e delle deduzioni istruttorie, all'esito dei quali la Corte romana ha ribadito l'onere del lavoratore, non assolto, di allegare di aver reiterato la domanda nel termine previsto dall'alt. 47, comma 5, del d.l.n.269/2003 citato.
9. Tanto premesso, l'opzione interpretativa sulla quale il lavoratore fonda l'impugnazione, con la reiterazione, a tratti prolissa, dei plurimi argomenti critici svolti nei motivi di ricorso, muove dall'assunto secondo il quale la più favorevole normativa prevista dall'art. 13, comma 8, della legge 257/1992, invocata nella specie, non contempla una seconda domanda amministrativa all'INAIL, entro il 15 giugno 2005, per aver già presentato, alla data del 2 ottobre 2003, una domanda con conseguente inapplicabilità, nella specie, della decadenza speciale.
10. Tuttavia le argomentazioni difensive del ricorrente eludono l'impianto motivazionale della sentenza impugnata che ha, invece, escluso, alla data del 2 ottobre 2003, la presentazione della domanda o l'avvio del procedimento amministrativo richiamando i puntuali passaggi della laboriosa attività istruttoria volta all'acquisizione degli avvisi di ricevimento dell'unica istanza del 5 settembre 2003 (neanche depositata con l'atto di gravame) ricevuta dagli enti previdenziali dopo il 3 ottobre 2003 (il 10 ottobre 2003, dall'INPS, e il 14 ottobre 2003, dall'INAIL) con proposizione non fatta oggetto di alcuna doglianza per infirmarne la portata e non dibattuta in ordine alla condizione, legislativamente prefissata, di un procedimento amministrativo avviato entro un discrimine temporale, a fronte di un'istanza (così evocata . nella sentenza impugnata) inviata in data antecedente e pervenuta, agli enti pubblici di previdenza, in epoca successiva al predetto discrimine.
11. Tale premessa, alla quale consegue l'irretrattabilità, nella specie, della statuizione sul discrimine temporale del 2 ottobre 2003, assume ancor più rilievo nella delibazione delle censure incentrate sull'inammissibilità di una seconda domanda (entro il 15 giugno 2005) una volta che sia stata presentata già una domanda, giacché gli stessi argomenti svolti dal ricorrente, richiamando, a suffragio, la domanda amministrativa già presentata al 2 ottobre 2003, si rivelano non pertinenti al decisum e si fondano su premessa estranea alla fattispecie.
12. Non resta che ricordare il contenuto delle previsioni legislative che si sono succedute nel disciplinare il regime della contribuzione figurativa per esposizione ad amianto, alle quali, nella vicenda in esame, si è conformata la Corte di merito.
13. La legge n. 257 del 1992, emanata dopo la sentenza di condanna della Corte di Giustizia CE n. 240 del 1990, a seguito di una procedura d'infrazione, era principalmente finalizzata a favorire la cessazione dell'impiego dell'amianto e, tra le misure adottate per raggiungere tale obiettivo, si inserisce l'art. 13, comma 8, emanato con il fine precipuo di favorire l'esodo, dal mondo del lavoro, del maggior numero di lavoratori che avessero subito, sul piano occupazionale, le conseguenze della suddetta dismissione.
14. L'art. 13, comma 8, legge n. 257/1992 stabilì, pertanto, che "per i lavoratori che siano stati esposti all'amianto per un periodo superiore a dieci anni, l'intero periodo lavorativo soggetto all’assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali derivanti dall’esposizione all'amianto, gestita dall'INAIL, è moltiplicato, ai fini delle prestazioni pensionistiche, per il coefficiente di 1,5".
15. Il decreto-legge 5 giugno 1993 n. 169 limitava il riconoscimento del beneficio ai soli "lavoratori dipendenti dalle imprese che estraggono amianto o utilizzano amianto come materia prima, anche se in corso di dismissione o sottoposte a procedure fallimentari o fallite o dimesse". 
16. Il limitato riferimento a tali lavoratori (delle "imprese che estraggono o utilizzano amianto come materia prima...") è stato eliminato dalla legge di conversione 4 agosto 1993 n. 271 che ha preferito la soluzione risultante nel testo vigente (per le controversie non disciplinate dall'attuale art. 47 L. 362/2003) che, in considerazione della capacità dell'amianto di produrre danni sull'onanismo in relazione al tempo di esposizione, ha esteso la maggiorazione dell'anzianità contributiva per tutti i lavoratori che vi siano stati esposti per più di dieci anni, indipendentemente dal settore di appartenenza dell'impresa datrice di lavoro.
17. L'ampia platea dei lavoratori aventi diritto alla maggiorazione ha comportato, dopo un decennio, nel 2003, per l'immanente necessità di contenimento dei conti pubblici, un intervento normativo, con decretazione d'urgenza, sfociato nell'art. 47 del d.1.30 settembre 2003, n. 269 (pubblicato in supplemento ordinario n. 157 alla Gazzetta Ufficiale n. 229 del 2 ottobre 2003), convertito, con modificazioni, nella legge 24 novembre 2003, n. 326, che, rubricato "Benefici previdenziali ai lavoratori esposti all'amianto", ha previsto, nei commi 1 e 2, che: "A decorrere dal I^ ottobre 2003, il coefficiente stabilito dall'articolo 13, comma 8, della legge 27 marzo 1992, n. 257, è ridotto da 1,5 a 1,25. Con la stessa decorrenza, il predetto coefficiente moltiplicatore si applica ai soli fini della determinazione dell'importo delle prestazioni pensionistiche e non della maturazione del diritto di accesso alle medesime.
18. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche ai lavoratori a cui sono state rilasciate dall'INAIL le certificazioni relative all'esposizione all'amianto sulla base degli atti d'indirizzo emanati sulla materia dal Ministero del Lavoro e delle politiche sociali antecedentemente alla data di entrata in vigore del presente decreto.".
19.1 successivi commi, 5 e 6, del citato decreto-legge n. 269, nel testo originario, disponevano, inoltre, che: "I lavoratori che intendono ottenere il riconoscimento dei benefici di cui al comma 1, compresi quelli a cui è stata rilasciata certificazione dall'I.N.A.I.L. prima del Io ottobre 2003, devono presentare domanda alla sede I.N.A.I.L. di residenza entro 180 giorni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto interministeriale di cui al comma 6, a pena di decadenza del diritto agli stessi benefici.
20. Le modalità di attuazione del presente articolo sono stabilite con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto".
21. Viene, dunque, attribuito all'INAIL il potere di accertare e certificare la sussistenza e la durata dell'esposizione all'amianto; enunciato il criterio selettivo e qualificato di accesso al beneficio; fissato un termine, decadenziale, entro il quale i lavoratori che intendono ottenere il riconoscimento dei benefici previdenziali in esame (compresi quelli a cui sia stata rilasciata certificazione dall'INAIL prima del 2 ottobre 2003) devono presentare domanda alla sede INAIL di residenza.
22. In sede di conversione, ad opera della citata legge n.326 del 2003, all'articolo 47 è stato aggiunto il comma 6-bis, dettato per agevolare il passaggio da un regime ad un altro e garantire l'applicazione della più favorevole disciplina previgente, fra l'altro, in capo ai lavoratori che avessero maturato, prima del 2 ottobre 2003, il diritto alla pensione, del seguente tenore: "6.-bis. Sono comunque fatte salve le previgenti disposizioni per i lavoratori che abbiano già maturato, alla data di entrata in vigore del presente decreto, il diritto di trattamento pensionistico anche in base ai benefici previdenziali di cui all'art. 13, comma 8, della legge 27 marzo 1992, n. 257, nonché coloro che alla data di entrata in vigore del presente decreto, fruiscono di mobilità, ovvero che abbiano definito la risoluzione del rapporto di lavoro in relazione alla domanda di pensionamento".
23. La clausola di salvaguardia, introdotta in sede di conversione, non contemplava, tuttavia, i lavoratori che, alla predetta data del 2 ottobre 2003, avevano già ottenuto la certificazione dall'INAIL, e a tanto si è provveduto con la legge finanziaria per l'anno 2004.
24. L'art. 3, comma 132, legge 350/2003 ha, quindi, stabilito che: "in favore dei lavoratori che abbiano già maturato, alla data del 3 ottobre 2003, il diritto al conseguimento dei benefici previdenziali di cui all'art. 13, comma 8, della legge 27 marzo 1992, n. 257, e successive modificazioni, sono fatte salve le disposizioni previgenti alla medesima data del 2 ottobre 2003. La disposizione di cui al primo periodo si applica anche a coloro che hanno avanzato domanda di riconoscimento all'I.N.A.I.L. o che ottengono sentenze favorevoli per cause avviate entro la stessa data. Restano salve le certificazioni già rilasciate dall'I.N.A.I.L.".
25. Dunque, l'art. 3, comma 132, della legge n. 350, pur presupponendo e richiamando la disciplina introdotta dall'art. 47 d.l. n. 269/2003, conv. in legge n. 326/2003, è intervenuto ad escludere l'applicabilità della nuova disciplina introdotta dall'art. 47, e a far salva la previgente disciplina, per ulteriori categorie di assicurati, quali: - coloro che alla data del 2 ottobre 2003 avessero maturato il diritto a pensione (ai sensi dell'art. 47 co. 6-bis, eventualmente anche in forza della rivalutazione contributiva prevista dall'art. 13, comma 8, della legge n. 257/92); - coloro che alla stessa data avessero presentato domanda di riconoscimento del beneficio derivante dall'esposizione ad amianto; - coloro che a tale data avessero comunque introdotto una controversia giudiziale poi conclusasi con sentenza favorevole al lavoratore.
26. Con tali categorie di assicurati è risultata, così, ampliata la platea degli esclusi dall'art. 47 (vale a dire coloro che alla data del 2 ottobre 2003 fruissero dei trattamenti di mobilità e coloro che, a tale data, avessero già definito la risoluzione del rapporto di lavoro in relazione alla domanda di pensionamento).
27. Che la lettura della norma nel senso sopra indicato, risulti dal tenore testuale della disposizione e dall'interpretazione sistematica alla luce della normativa precedente, è già stato ripetutamente affermato da questa Corte (cfr., ex plurimis, Cass. nn. 21862/2004; 15008/2005; 15679/2006 e, più di recente, n.8649/2012) enunciando il seguente principio: "in tema di benefici previdenziali in favore dei lavoratori esposti all'amianto, la legge 24 dicembre 2003, n. 350, art. 3, comma 132, che - con riferimento alla nuova disciplina introdotta dal D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 47, comma 1 (convertito, con modificazioni, nella legge 24 novembre 2003, n. 326) - ha fatto salva l'applicabilità della precedente disciplina, prevista dalla legge 27 marzo 1992, n. 257, art. 13, per i lavoratori che alla data del 2 ottobre 2003 abbiano avanzato domanda di riconoscimento all'I.N.A.I.L. od ottenuto sentenza favorevoli per cause avviate entro la medesima data, va A interpretato nel senso che: a) per maturazione del diritto deve intendersi la maturazione del diritto a pensione; b) tra coloro che non hanno ancora maturato il diritto a pensione, la salvezza concerne esclusivamente gli assicurati che, alla data indicata, abbiano avviato un procedimento amministrativo o giudiziario per l'accertamento del diritto alla rivalutazione contributiva".
28. Sulla base delle indicate disposizioni, come ribadito in numerose decisioni di questa Corte (per tutte, v. Cass. n.24998/2014 e successive conformi; v., fra le più recenti, Cass. 5 maggio 2017, n. 11046), la disciplina previgente si applica: 1) a coloro che alla data del 2 ottobre 2003 avessero già maturato il diritto al più favorevole beneficio previdenziale di cui alla legge n. 257/1992; tale diritto aveva maturato solo chi avesse maturato il diritto alla pensione oppure avesse ottenuto il riconoscimento del diritto alla rivalutazione in via amministrativa o giudiziaria; 2) a coloro che alla data del 2 ottobre 2003 avessero già avviato un procedimento amministrativo o giudiziario per l'accertamento del diritto.
29. I numerosi interventi normativi in materia sono stati, altresì, accompagnati da un atto di normazione secondaria, il d.m. del 27 ottobre 2004, che all'art. 1 recita: "1. I lavoratori che, alla data del 2 ottobre 2003, sono stati esposti all'amianto per periodi lavorativi non soggetti all'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali gestita dall'I.N.A.I.L. hanno diritto ai benefici previdenziali derivanti da esposizione ad amianto, alle condizioni e con le modalità stabilite dal presente decreto. 2. Ai lavoratori che sono stati esposti all'amianto per periodi lavorativi soggetti all'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, gestita dall'INAIL, che abbiano già maturato, alla data del 2 ottobre 2003, il diritto al conseguimento dei benefici previdenziali di cui all'art. 13, comma 8, della legge 27 marzo 1992, n. 257, e successive modificazioni, si applica la disciplina previgente alla medesima data, fermo restando, qualora non abbiano già provveduto, l'obbligo di presentazione della domanda di cui all'art. 3 entro il termine di 180 giorni, a pena di decadenza, dalla data di entrata in vigore del presente decreto".
30. Tale decreto ministeriale, fonte regolamentare meramente attuativa delle disposizioni di cui all'art. 47 del d.l. n. 269 cit., non può che muoversi nel solco tracciato dalla fonte primaria, con la conseguenza che il riferimento, per l'applicazione della disciplina previgente, a coloro che abbiano già maturato, alla data del 2 ottobre 2003, il diritto al conseguimento dei benefici previdenziali di cui all'art. 13, comma 8, della legge 27 marzo 1992, n. 257, e successive modificazioni, va necessariamente inteso con riferimento a coloro che abbiano già maturato il diritto a pensione.
31. Alla natura di fonte meramente attuativa consegue che solo quando trovi applicazione il regime antecedente la riforma del 2003, l'interessato non sia soggetto al termine decadenziale (180 gg.) introdotto dal d.l. n. 269/2003, che interessa, pertanto, solo determinate categorie di lavoratori (in tal senso v. n. Cass. 24998/2014 cit. ed altre numerose conformi).
32. In tale complessa cornice normativa si inscrive la vicenda in esame per la quale non sussistono le condizioni per il riconoscimento del beneficio alla stregua del più favorevole regime, giacché l'attuale ricorrente: - non aveva maturato, al 2 ottobre 2003, il diritto al più favorevole beneficio previdenziale di cui alla legge n. 257/1992, nel senso sopra precisato (diritto alla pensione maturato eventualmente anche in forza della rivalutazione contributiva prevista dall'art. 13, comma 8, legge 257 cit.); - non aveva già avviato, alla predetta data del 2 ottobre 2003, un procedimento amministrativo o giudiziario per l'accertamento del diritto (l'azione è stata proposta con ricorso depositato il 9 aprile 2004) (v., per l'applicazione della clausola di salvaguardia, in fattispecie in cui il procedimento era già iniziato, ed era in corso, alla data del primo ottobre 2003, Cass. n.27602 del 2006).
33. Correttamente, pertanto, la Corte di merito ha ritenuto indimostrato, dal ricorrente, di versare, dunque, in alcuna della ipotesi che, a norma dell'art. 47 d.l. 269/2003, conv. in L. 326/2003, consentivano l'applicazione della più favorevole disciplina previgente ed è priva di fondamento normativo la ritenuta applicabilità sulla base della mera (e pretesa) esposizione ad amianto, alla data del 2.10.2003, a prescindere dalla presentazione di una domanda amministrativa o di un accertamento giudiziale.
Quanto alle condizioni per il riconoscimento del beneficio alla stregua del meno favorevole regime contributivo, il ricorrente solo nel giudizio di legittimità deduce (e allega) di aver presentato domanda amministrativa di prestazione all'INAIL, entro il 15 giugno 2005, e dunque di essersi attivato, senza in alcun modo incrinare la statuizione della sentenza impugnata in ordine al difetto di allegazione della predetta domanda con l'appello (depositato il 26 aprile 2008).
Infine, nessun dubbio, in relazione alla normativa CEDU, può essere sollevato sulla tenuta di tale assetto interpretativo, in quanto la normativa più volte richiamata (il comma 6 - bis dell'art. 47, introdotto dalla legge di conversione, e la Legge Finanziaria n. 350 del 2003, art. 3, comma 132), disciplina il regime transitorio in considerazione del mutamento delle finalità e dei presupposti della misura previdenziale in oggetto e tali norme hanno ampliato, e non ristretto, l'ambito applicativo del regime più favorevole, avendo voluto far salve alcune situazioni ritenute meritevoli di tutela ed introdotto allo scopo disposizioni derogatorie rispetto all'immediata applicazione della nuova disciplina (v., da ultimo, Cass. 21 marzo 2017, n. 7168 e, in precedenza, Cass. 25 marzo 2015, n. 5928, alla cui più ampia motivazione, sulla pretesa violazione di norme della CEDU e dei suoi Protocolli, si rinvia).
Per tutto quanto sopra considerato il ricorso deve essere respinto.
Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
 

 

P.Q.M.

 


La Corte rigetta il ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in euro 200,00 per esborsi, euro 2.500,00 per compensi professionali, oltre quindici per cento spese generali e altri accessori di legge.