Cassazione Penale, Sez. 4, 29 dicembre 2017, n. 57974 - Caduta del trapano miscelatore dal montacarichi. Lavoratore colpito al capo e analisi delle responsabilità di datori di lavoro e CSE


 

Presidente: PICCIALLI PATRIZIA Relatore: PAVICH GIUSEPPE Data Udienza: 24/11/2017

 

Fatto

 


1. La Corte d'appello di Genova, in data 19 gennaio 2017, ha confermato - fatta salva la revoca, per il solo coimputato C.A., della subordinazione della sospensione condizionale alla corresponsione della provvisionale alla parte civile - la sentenza con la quale il Tribunale di Genova, in data 12 giugno 2015, aveva condannato B.F., S.L. e A.F. alla pena e alle statuizioni civili ritenute di giustizia in relazione al delitto di lesioni personali colpose con violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro, contestato come commesso in danno del lavoratore I.I. in Genova, il 12 settembre 2009.
Il fatto oggetto del processo si verificò nel corso di lavori presso un cantiere edile, presso il quale lavoravano più ditte (in specie, quelle del B.F. e della A.F.): I.I. stava eseguendo, all'interno di un cavedio, il lavaggio di una persiana smontata con una idropulitrice, mentre contestualmente si svolgevano operazioni di uso di un montacarichi posizionato sulla sommità di un ponteggio metallico eretto all'interno del cavedio ove l'I.I. stava eseguendo la suddetta operazione. Dal montacarichi, durante la fase di salita, si staccò e cadde un trapano miscelatore, non adeguatamente assicurato al montacarichi stesso da parte di un dipendente della ditta del B.F., ossia il sunnominato C.A.; l'attrezzo colpì al capo l'I.I., procurandogli le lesioni di cui in rubrica.
1.1. Il reato é contestato ai sunnominati imputati, in cooperazione colposa fra loro, nelle rispettive qualità di titolare della Edil Tecnica s.r.l. da cui dipendeva il C.A. (il B.F.), di titolare della Future System Innovative e datore di lavoro dell'I.I. (la A.F.) e di coordinatore in fase di esecuzione lavori (il S.L.). Ai primi due é contestato di non avere adottato le misure necessarie a prevenire i rischi a carico dei lavoratori in sosta o in attività sotto carichi sospesi; al terzo si rimprovera di non avere compiuto alcuna delle attività prescritte dall'art. 92 del D.Lgs. 81/2008 e successive modifiche in relazione alle interferenze fra lavoratori delle diverse imprese, in particolare con riguardo alle modalità di accesso e di sosta nel cavedio.
1.2. La Corte di merito ha ritenuto i tre sunnominati imputati corresponsabili dell'accaduto: quanto al S.L., costui avrebbe predisposto un piano di sicurezza e coordinamento che non poteva dirsi aggiornato dal verbale di coordinamento del 17 ottobre 2008, in quanto quest'ultimo non conteneva riferimenti al rischio specifico concretizzatosi in occasione del lavaggio delle persiane (attività, questa, che era iniziata nel 2009) e ai relativi provvedimenti da adottare; quanto alla A.F., si é censurato il fatto che non erano forniti ai dipendenti, e tra questi all'I.I., dispositivi di protezione individuale pur presenti in cantiere, come il casco antinfortunistico, né vi era vigilanza circa il loro effettivo utilizzo; quanto infine al B.F., dal quale dipendeva il C.A. (l'operaio che agganciò malamente l'attrezzo caduto sul capo dell'I.I.), la Corte di merito ha rilevato la violazione, da parte sua, dell'art. 71 D.Lgs. 81/2008, laddove tale disposizione prescrive l'adozione di misure per impedire che i lavoratori si trattengano sotto i carichi sospesi e vieta che i carichi vengano fatti passare sopra i luoghi di lavoro non protetti, abitualmente occupati dai lavoratori; inoltre, é stata esclusa l'abnormità del comportamento del C.A..
2. Avverso la prefata sentenza ricorrono il B.F., il S.L. e la A.F., per il tramite dei rispettivi difensori di fiducia.
3. Iniziando dal ricorso del B.F., esso consta in sostanza di due distinti motivi.
3.1. Con il primo motivo si lamenta violazione di legge (e di fatto anche vizio di motivazione) con riguardo all'interpretazione delle norme del D.Lgs. 81/2008 (in specie, degli artt. 17 lettera A in relazione all'art. 28, e dell'art. 71 comma 6 del decreto) e alla posizione di garanzia per vigilanza genericamente attribuita al B.F. anche nei riguardi della vittima, oltreché del C.A.: sul punto la Corte di merito si limita a un rinvio alle considerazioni svolte dal Tribunale nella sentenza di primo grado. Per contro, l'I.I. dipendeva dalla A.F., mentre il C.A. era in realtà un lavoratore autonomo con propria partita I.V.A..
3.2. Con il secondo motivo di ricorso si lamentano violazione di legge e vizio di motivazione in riferimento al comportamento del C.A. e dell'I.I., che il ricorrente qualifica come abnorme e avente valore interruttivo del nesso di causalità; attribuire al B.F. la responsabilità dell'accaduto, a fronte di siffatto comportamento dei due lavoratori, equivarrebbe a riconoscere in capo al ricorrente una forma di responsabilità oggettiva.
4. Il ricorso del S.L. é articolato di fatto in un unico motivo di lagnanza, cui si é aggiunto un motivo nuovo depositato l'8 novembre 2017.
4.1. Con il primo dei due motivi, l'esponente lamenta violazione di legge e vizio di motivazione della sentenza impugnata in rapporto alla posizione di coordinatore per l'esecuzione lavori a lui attribuita: posizione che, osserva il ricorrente, comporta obblighi di alta vigilanza e di verifica dell'applicazione delle disposizioni contenute nel piano di sicurezza da parte delle imprese esecutrici, nonché dell'idoneità del piano operativo e dell'eventuale necessità di procedere a un aggiornamento del piano stesso. Con riferimento alla vicenda per cui é processo, e all'operato del S.L., l'esponente deduce che il verbale della riunione di coordinamento del 17 ottobre 2008 costituiva una vera e propria integrazione del piano di sicurezza, che all'allegato 1 - diversamente da quanto ritenuto dalla Corte di merito - faceva espresso richiamo del precetto contenuto nell'art. 92 lettera B del D.Lgs. 81/2008 e prendeva espressamente in esame anche le lavorazioni da eseguirsi all'Interno di cortili (e dunque anche del cavedio) come quella ove avvenne l'infortunio: con riguardo a tali luoghi, il S.L. introdusse nel documento il divieto di sovrapposizione di lavorazioni, con la sola eccezione del calo a basso delle persiane, da mantenersi sui ponteggi a cura della Future System e da calarsi a cura della Edil Tecnica: operazione durante la quale, per espressa previsione del verbale, tutte le lavorazioni dovevano essere sospese. Anche il riferimento della Corte di merito al fatto che l'incarico di predisporre il locale per il lavaggio delle persiane sarebbe stato conferito solo nel 2009 - ossia in epoca successiva al verbale del 17 ottobre 2008 - é errato, poiché travisa il contenuto delle dichiarazioni del teste B., il quale riferì che nel gennaio del 2009 venne effettuata l'operazione di stacco dell'acqua: dunque da tale elemento non può desumersi da quale data le lavorazioni delle persiane sarebbero iniziate. Quanto al fatto che il verbale non sarebbe stato reso noto alle maestranze, come sostenuto in sentenza, in realtà detto verbale fu sottoscritto dai rappresentanti delle ditte operanti nel cantiere, e del resto l'opera di alta vigilanza del coordinatore per l'esecuzione lavori é rivolta non già ai lavoratori, ma ai datori di lavoro delle ditte esecutrici. Infine, il ricorrente, a proposito del fatto che l'incidente si verificò di sabato (giorno nel quale le lavorazioni avrebbero dovuto restare sospese) denuncia l'apoditticità con la quale la Corte di merito qualifica come ampiamente prevedibile la circostanza che le lavorazioni degli artigiani (come quella affidata all'I.I.) potessero svolgersi nella giornata di sabato.
4.2. Nel motivo nuovo da ultimo depositato, il S.L. deduce che la condizione cui era subordinata la sospensione della pena (ossia il pagamento di una provvisionale immediatamente esecutiva dell'importo complessivo di 60 mila euro) é maturata, come comprovano le ricevute di versamento allegate all'atto: rileva anzi il deducente che i versamenti sono stati effettuati tutti dall'arch. S.L., anche in relazione alle altrui posizioni.
5. Il ricorso di A.F. consta invece di tre motivi di doglianza.
5.1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione di legge e - di fatto - vizio di motivazione in relazione alla mancata assoluzione dell'imputata: la quale aveva predisposto un articolato piano di sicurezza, ove si delegava al preposto R.M. il compito di verificare costantemente osservanza delle previsioni in tema di prevenzione infortuni da dipendenti della Future System. Sono inoltre documentate, prosegue l'esponente, le attività di formazione della A.F. e la consegna dei dispositivi di protezione individuale ai suoi dipendenti, come da autocertificazione della A.F. in data 27 ottobre 2008 (riscontrata dal teste C.). A fronte di quest'ultima circostanza, la Corte di merito ha però ritenuto degno di fede il solo I.I., il quale ha negato di avere avuto i dispositivi di protezione. Di fatto, quindi, il convincimento di colpevolezza da parte della Corte territoriale é frutto di una valutazione della prova errata e non osservante dei principi generali in materia.
5.2. Con il secondo motivo la ricorrente lamenta violazione di legge in ordine alla mancata concessione delle attenuanti generiche e all'eccessività della pena inflitta, a fronte dell'immediata denuncia dell'infortunio, da parte della A.F., alla propria compagnia assicuratrice, senza attendere che la persona offesa sollecitasse il risarcimento.
5.3. Con il terzo motivo l'esponente denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in riferimento alla decisione di subordinare la sospensione condizionale della pena al pagamento della provvisionale, senza valutare la capacità economica dell'imputata.
 

 

Diritto

 


1. Il ricorso del B.F. é infondato.
Si premette che, come recentemente chiarito dalla giurisprudenza di legittimità (Sez. 4, Sentenza n. 30557 del 07/06/2016, Carfi e altri, Rv. 267687), ai fini dell'operatività degli obblighi di coordinamento e cooperazione connessi all'esistenza di un rischio interferenziale, dettati dall'art. 7 D.Lgs. 19 settembre 1994, n.626 - ora previsti dall'art. 26 D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81- occorre aver riguardo non alla qualificazione civilistica attribuita al rapporto tra le imprese che cooperano tra loro - contratto d'appalto, d'opera o di somministrazione - ma all'effetto che tale rapporto origina, vale a dire alla concreta interferenza tra le organizzazioni che operano sul medesimo luogo di lavoro e che può essere fonte di ulteriori rischi per l'incolumità dei lavoratori delle imprese coinvolte: nella richiamata sentenza la Corte ha precisato che gli obblighi di cooperazione e coordinamento rappresentano per i datori di lavoro di tutte le imprese coinvolte "la cifra" della loro posizione di garanzia e delimitano l'ambito della rispettiva responsabilità.
Si soggiunge che, sempre secondo l'indirizzo seguito dalla Corte regolatrice in subiecta materia, ai fini dell'operatività degli obblighi di coordinamento e cooperazione connessi ai contratti di appalto, dettati dall'art. 26 D.Lgs. 9 2008, n. 81, occorre aver riguardo non alla qualificazione civilistica attribuita al rapporto tra le imprese che cooperano tra loro - vale a dire contratto d'appalto o d'opera o di somministrazione - ma all'effetto che tale rapporto origina, vale a dire alla concreta interferenza tra le organizzazioni ad esse facenti capo, che può essere fonte di ulteriori rischi per l'incolumità dei lavoratori (Sez. 4, Sentenza n. 44792 del 17/06/2015, Mancini e altro, Rv. 264957).
1.1. In tale quadro, non può dirsi fondata la lagnanza del ricorrente con riguardo al fatto che egli non era formalmente investito della qualità di datore dì lavoro dell'I.I., atteso che, in base ai richiamati principi, egli doveva farsi carico dei rischi connessi alla presenza, sul luogo di lavoro, di altre ditte e di lavoratori da queste dipendenti, come appunto l'I.I.. La presenza di tali rischi, poi concretizzatisi in occasione dell'infortunio per cui é processo, é stata correttamente messa in luce dalla Corte di merito, laddove essa fa riferimento alle prescrizioni di cui all'art. 71, D.Lgs. 81/2008, nonché all'obbligo di adottare misure tese a impedire che i lavoratori sostino sotto i carichi sospesi e che i carichi vengano fatti passare al di sopra di luoghi di lavoro non protetti (v. pag. 19 sentenza impugnata).
1.2. Pure con riguardo alla dedotta assenza di un rapporto di lavoro intercorrente fra il C.A. e il B.F. il ricorso di quest'ultimo si appalesa infondato, atteso che - soprattutto nell'ambito di lavorazioni con la concomitante presenza di più ditte e di lavoratori dipendenti da ciascuna di esse - la formale qualificazione del rapporto non rileva ai fini dell'assunzione della posizione di garanzia in relazione al c.d. rischio interferenziale. Sotto il profilo generale, del resto, e sulla scia di un costante orientamento giurisprudenziale é stato recentemente ribadito che la definizione di "lavoratore", di cui all'art. 2, comma primo, lett. a), D.Lgs. n. 81 del 2008, fa leva sullo svolgimento dell'attività lavorativa nell'ambito dell'organizzazione del datore di lavoro indipendentemente dalla tipologia contrattuale, ed é definizione più ampia di quelle previste dalla normativa pregressa, che si riferivano invece al "lavoratore subordinato" (art. 3, d.P.R. n. 547 del 1955) e alla "persona che presta il proprio lavoro alle dipendenze di un datore di lavoro" (art. 2, comma primo, lett. a, D.Lgs. n. 626 del 1994); ne consegue che, ai fini dell'applicazione delle norme incriminatrici previste nel decreto citato, rileva l'oggettivo espletamento di mansioni tipiche dell'impresa (anche eventualmente a titolo di favore) nel luogo deputato e su richiesta dell'imprenditore, a prescindere dal fatto che il "lavoratore" possa o meno essere titolare dì impresa artigiana ovvero lavoratore autonomo (Sez. 3, Sentenza n. 18396 del 15/03/2017, Cojocaru, Rv. 269637).
1.3. Quanto, infine, alla dedotta abnormità e imprevedibilità della condotta del C.A. nell'agganciare malamente lo strumento poi caduto sul capo dell'I.I., é di tutta evidenza che la già esaminata posizione di garante assunta dal B.F. dev'essere collegata al dovere, da parte sua, di governare il rischio connesso alle lavorazioni da lui curate, tra le quali sicuramente rientrava anche quella eseguita dal C.A.. E' qui sufficiente ricordare la sentenza a Sezioni Unite sul caso Thyssenkrupp (Sez.. U, n. 38343 del 24/04/2014, Espenhahn e altri), laddove si precisa che il comportamento del lavoratore assume rilevanza interruttiva del nesso di causalità fra la condotta del garante e l'evento lesivo o mortale «non perché "eccezionale" ma perché eccentrico rispetto al rischio lavorativo che il garante é chiamato a governare». Nozione che, per quanto detto, non può ritenersi configurabile nel caso di specie.
6. Considerazioni affatto diverse vanno svolte con riguardo al ricorso del S.L., che deve ritenersi fondato e meritevole di accoglimento, con particolare riguardo al motivo di ricorso originario.
6.1. Conviene muovere dalla considerazione che, per pacifica giurisprudenza in tema di infortuni sul lavoro, la funzione di alta vigilanza che grava sul coordinatore per l’esecuzione dei lavori ha ad oggetto esclusivamente il rischio c.d. generico, relativo alle fonti di pericolo riconducibili all’ambiente di lavoro, al modo in cui sono organizzate le attività, alle procedure lavorative ed alla convergenza in esso di più imprese; ne consegue che il coordinatore non risponde degli eventi riconducibili al c.d. rischio specifico, proprio dell’attività dell'impresa appaltatrice o del singolo lavoratore autonomo (da ultimo vds. Sez. 4, Sentenza n. 3288 del 27/09/2016, dep. 2017, Bellotti e altro, Rv. 269046); nel solco della richiamata giurisprudenza si é, altresì, recentemente precisato che la funzione di alta vigilanza che grava sul coordinatore per la sicurezza dei lavori ha ad oggetto esclusivamente il rischio per l'ipotesi in cui i lavori contemplino l’opera, anche non in concomitanza, di più imprese o lavoratori autonomi le cui attività siano suscettibili di sovrapposizione od interferenza, e non il sovrintendere, momento per momento, alla corretta applicazione delle prescrizioni e delle metodiche risultanti dal piano operativo di sicurezza (Sez. 4, Sentenza n. 34869 del 12/04/2017, Leone, Rv. 270756).
6.2. Ciò posto, deve riconoscersi che il ricorrente ha correttamente prospettato, nei termini chiariti dalla giurisprudenza della Corte, i termini del suo ambito di responsabilità nella qualità di coordinatore per l'esecuzione lavori; e ha documentato in modo puntuale ed esaustivo che, contrariamente a quanto sostenuto nella sentenza impugnata, il verbale di coordinamento del 17 ottobre 2008, oltre ad avere effettivamente funzione integrativa del piano di sicurezza, escludeva la sovrapposizione di attività lavorative anche con riguardo allo svolgimento di operazioni nella parte di ponteggio dentro il cortile (verosimilmente intendendosi, per tale, il "cavedio" ove avvenne l'incidente), salvo che per le operazioni di calo a basso delle persiane, durante le quali le altre operazioni di lavoro dovevano rimanere sospese. E' poi mal posta, nella sentenza impugnata, la questione della mancata diffusione del verbale suddetto, atteso che i compiti di alta vigilanza affidati al S.L. nella sua qualità implicavano che egli interagisse non già con le maestranze, ma con i titolari delle ditte esecutrici nel vigilare e coordinare l'osservanza, da parte di costoro, delle misure di sicurezza. Infine, é del tutto apodittica e scollegata da elementi oggettivi di prova (anche solo di natura logica) l'asserita prevedibilità - sostenuta dalla Corte di merito - dell'esecuzione della lavorazione nella giornata di sabato, secondo un presunto id quod plerumque accidit che non può assurgere a massima d'esperienza, atteso che per "massime d'esperienza" si intendono le generalizzazioni empiriche indipendenti dal caso concreto, fondate su ripetute esperienze ma autonome e sono tratte, con procedimento induttivo, dall'esperienza comune, conformemente ad orientamenti diffusi nella cultura e nel contesto spazio-temporale in cui matura la decisione, ma che non possono risolversi in semplici illazioni o in criteri meramente intuitivi o addirittura contrastanti con conoscenze o parametri riconosciuti e non controversi (cfr. Sez. 2, Sentenza n. 51818 del 06/12/2013, Brunetti, Rv. 258117).
6.3. Per quanto precede, con riguardo alla posizione del S.L., la sentenza impugnata va annullata senza rinvio, per non avere il suddetto ricorrente commesso il fatto; conseguentemente vanno annullate, altresi, le statuizioni civili emesse nei suoi confronti.
7. E' infine infondato il ricorso della A.F..
7.1. Quanto al primo motivo, la designazione di un preposto nella persona del R.M., sia pure con attribuzione di compiti di costante vigilanza a fini antinfortunistici, non é affatto sufficiente a sollevare il datore di lavoro dalle proprie responsabilità, che ben possono essere concorrenti con quelle del preposto in rapporto alla natura del rischio che ciascuno di essi é chiamato a governare (vds. Sez. 4, Sentenza n. 18826 del 09/02/2012, Pezzo, Rv. 253850). Oltretutto, in alcun modo é desumibile dal ricorso il fatto che al R.M. fosse stata conferita la titolarità dei poteri decisionali e di spesa necessari e idonei a impedire eventi del tipo di quello verificatosi (cfr. Sez. 4, Sentenza n. 12251 del 19/06/2014, De Vecchi e altro, Rv. 263004).
Si soggiunge che, a proposito dell'asserto relativo alla distribuzione dei dispositivi individuali di protezione, la ricorrente propone in primo luogo una valutazione alternativa delle prove acquisite al riguardo e richiamate nella sentenza impugnata (con particolare riguardo alla deposizione del teste C.: v. pag. 15 sentenza) ed inoltre, e soprattutto, trascura di considerare che, come correttamente osservato dalla Corte ligure, in materia di prevenzione degli infortuni, il datore di lavoro, quale responsabile della sicurezza, ha l'obbligo non solo di predisporre le misure antinfortunistiche, ma anche di sorvegliare continuamente sulla loro adozione da parte degli eventuali preposti e dei lavoratori, in quanto, in virtù della generale disposizione di cui all'art. 2087 cod. civ., egli é costituito garante dell'incolumità fisica dei prestatori di lavoro (Sez. U, Sentenza n. 5 del 25/11/1998, dep. 1999, Loparco, Rv. 212577; Sez. 4, Sentenza n. 4361 del 21/10/2014, Ottino, dep. 2015, Rv. 263200).
7.2. Manifestamente infondati sono poi gli ulteriori motivi di ricorso della A.F., sia con riguardo al trattamento sanzionatorio, sia con riguardo alla subordinazione della sospensione condizionale al previo versamento della provvisionale alla persona offesa: su entrambi i punti, il percorso argomentativo seguito dalla Corte di merito si appalesa del tutto congruo e adeguato e si sottrae a censure proponibili in questa sede.
8. A fronte di quanto fin qui osservato, deve constatarsi l'intervenuto decorso del termine di prescrizione del reato. Pertanto, mentre (come detto) la sentenza impugnata va annullata quanto al S.L. per non avere l'imputato commesso il fatto, con riguardo agli imputati B.F. e A.F. la stessa sentenza va annullata agli effetti penali per essere il reato loro ascritto estinto per prescrizione; i ricorsi presentati dal B.F. e dalla A.F. vanno però rigettati agli effetti civili, con conseguente condanna degli stessi alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile costituita per questo giudizio di legittimità, spese che vengono liquidate come da dispositivo.
 

 

P.Q.M.

 


Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di S.L. Stefano per non avere l'imputato commesso il fatto e, per l'effetto, annulla altresì senza rinvio le statuizioni civili nei suoi confronti.
Annulla la sentenza impugnata senza rinvio nei confronti di B.F. e A.F. , per essere il reato loro ascritto estinto per intervenuta prescrizione. Rigetta i ricorsi dagli stessi proposti ai fini civili e li condanna alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile in questo giudizio di legittimità, che liquida in complessivi euro 2.500,00, oltre accessori come per legge.
Così deciso in Roma, il 24novembre 2017