• Lavoro Pubblico

 

Responsabilità per infortunio occorso a dipendente postale precipitato da una scala mentre affiggeva un manifesto di propaganda: in Appello, riformando la sentenza di primo grado che aveva attribuito la vicenda a caso fortuito, si considerò l'infortunio imputabile alla datrice di lavoro poichè  la scala era sprovvista di ganci di trattenuta o appoggi antisdrucciolevoli alle estremità superiori; e inoltre la società non aveva "sorvegliato sull'esatto adempimento delle misure di prevenzione...".

La Corte di Cassazione rigetta il ricorso di Poste Italiane spa ribadendo innanzitutto che la Corte di merito ha ritenuto che il colpo di vento non costituisse caso fortuito, sul rilievo che trattavasi di evento largamente prevedibile, a causa delle cattive condizioni del tempo.
Sul nesso, ha affermato che nonostante il colpo di vento - cui presumibilmente si aggiunsero, quale fattore causale concorrente, i "movimenti improvvisi di uno dei due lavoratori" - la scala non si sarebbe squilibrata, se fosse stata dotata dei congegni di sicurezza alle estremità superiori.

La Corte afferma inoltre che: "Il D.P.R. n. 547 del 1955, art. 18, lett. b), stabilisce che "le scale semplici portabiti (a mano) ... devono essere provviste di ganci di trattenuta o appoggi antisdrucciolevoli alle estremità superiori, quando sia necessario per assicurare la stabilità della scala".
L'art. 19 dello stesso D.P.R., stabilisce che "Quando l'uso delle scale, per la loro altezza o per altre cause, comporti pericolo di sbandamento, esse devono essere adeguatamente assicurate o trattenute al piede da altra persona".
Il testo delle due norme non consente di ritenere che le due prescrizioni - appoggi e presa di altra persona al piede - siano alternative." 

Sussiste.


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. RAVAGNANI Erminio - Presidente -
Dott. BATTIMIELLO Bruno - rel. Consigliere -
Dott. LAMORGESE Antonio - Consigliere -
Dott. DE RENZIS Alessandro - Consigliere -
Dott. CELLERINO Giuseppe - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 29186/2007 proposto da:
POSTE ITALIANE SPA in persona del Dott. P.C., in qualità di Responsabile della Direzione Centrale Risorse Umane ed Organizzazione della Società, in virtù dei poteri conferitigli dal Presidente - legale rappresentante della Società, con procura per atto notaio Antonio Ioli di Roma, in data 14.2.2007, n. rep. 25235, n. racc. 9149, reg. 16.2.2007, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso lo studio dell'avv. FIORILLO Luigi, che la rappresenta e difende, giusta procura speciale ad litem a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro R.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIOSUE' BORSI 4, presso lo studio dell'avvocato BRUNO ALFREDO, rappresentato e difeso dall'avvocato PRESTIA Salvatore, giusta procura speciale a margine del controricorso;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 1660/2006 della CORTE D'APPELLO di CATANZARO del 18.5.06, depositata il 28/11/2006.
E' presente il P.G. in persona del Dott. Carlo DESTRO.

Fatto
 
La Corte d'appello di Catanzaro, con sentenza n. 1660/2006 depositata il 28.11.2006, riformando la sentenza di primo grado, che aveva attribuito l'incidente a caso fortuito, ha ritenuto che l'infortunio occorso al dipendente postale R.F., caduto da una scala nel mentre affiggeva un manifesto di propaganda, sia imputabile alla datrice di lavoro, che aveva "disatteso le norme antinfortunistiche ma anche norme di elementare prudenza".
Infatti la scala era sprovvista di lanci (recte; ganci) di trattenuta o appoggi antisdrucciolevoli alle estremità superiori; e inoltre la società non aveva "sorvegliato sull'esatto adempimento delle misure di prevenzione, anche che il R. non salisse sulla scala in mancanza dell'attività di fermo del V." (che aveva il compito di assicurare la stabilità della scala al piede).
Ha conseguentemente condannato la datrice di lavoro Poste Italiane s.p.a. al risarcimento del danno (differenziale) biologico e morale.
Avverso questa decisione Poste Italiane s.p.a. ricorre per cassazione con tre motivi.
R.F. resiste con controricorso.
A seguito di relazione ex art. 380 bis c.p.c., è stata fissata l'adunanza della Corte per la decisione del ricorso in camera di consiglio.

Diritto


Con il primo e secondo motivo la società ricorrente critica l'impugnata sentenza per non avere spiegato quale nesso vi fosse tra le violazioni addebitate a Poste e la caduta del lavoratore, posto che dalle dichiarazioni rese da costui e dal compagno di lavoro era emerso che la scala era stata sbilanciata da un forte colpo di vento, costituente caso fortuito.
Su questo elemento la sentenza non motiva affatto.
I suddetti motivi sono infondati.
Al riguardo si osserva che la Corte di merito ha ritenuto che il colpo di vento non costituisse caso fortuito, sul rilievo che trattavasi di evento largamente prevedibile, a causa delle cattive condizioni del tempo. Sul nesso, ha affermato che nonostante il colpo di vento - cui presumibilmente si aggiunsero, quale fattore causale concorrente, i "movimenti improvvisi di uno dei due lavoratori" - la scala non si sarebbe squilibrata, se fosse stata dotata dei congegni di sicurezza alle estremità superiori.
Pertanto, secondo la Corte di merito, la presenza di fattori concorrenti non elimina la causa principale del sinistro, quale appunto l'irregolarità della scala.
Con il terzo motivo la società sostiene di avere osservato anche l'ulteriore prescrizione, in quanto essa, in ausilio al R., aveva destinato altro lavoratore con il compito di trattenere la scala al piede.
Ed è del tutto illogico ritenere che il datore di lavoro avrebbe dovuto esercitare un controllo continuo su quest'ultimo.
Anche questo motivo non è fondato.
Al riguardo si osserva che la Corte d'appello ha accertato che effettivamente al R. si accompagnava altro lavoratore, R. V., con il compito di trattenere la scala al piede, e che la caduta del R. fu provocata da un colpo di vento.
Tuttavia - ha aggiunto - che "per far cadere una scala di alluminio con sopra un individuo adulto non basta certo un forte colpo di vento, dovendosi ritenere che a tale elemento si siano aggiunti altri (segnatamente spostamenti della scala per movimenti improvvisi di uno dei due lavoratori)".
La scala cadde "allorchè il V., addetto al mantenimento della scala, ebbe a lasciare la presa per raccogliere un cacciavite caduto di mano all'appellante R.".
Ciò posto, si osserva quanto segue.
Il D.P.R. n. 547 del 1955, art. 18, lett. b), stabilisce che "le scale semplici portabiti (a mano) ... devono essere provviste di ganci di trattenuta o appoggi antisdrucciolevoli alle estremità superiori, quando sia necessario per assicurare la stabilità della scala".
L'art. 19 dello stesso D.P.R., stabilisce che "Quando l'uso delle scale, per la loro altezza o per altre cause, comporti pericolo di sbandamento, esse devono essere adeguatamente assicurate o trattenute al piede da altra persona".
Il testo delle due norme non consente di ritenere che le due prescrizioni - appoggi e presa di altra persona al piede - siano alternative.
Ciò significa che la scala deve comunque possedere le caratteristiche indicate nell'art. 18.
In casi particolari (si pensi a dislivelli del terreno), quando esse non siano sufficienti a garantire la sicurezza dell'operatore, occorre che la scala sia trattenuta al piede da altra persona (o adeguatamente assicurata).
Ora, se può condividersi la critica alla sentenza laddove questa addebita illogicamente alla datrice di lavoro di non aver impedito al R.V. di lasciare la presa della scala per raccogliere un arnese sfuggito di mano al R., tale considerazione non inficia l'intera motivazione della sentenza, che basa il giudizio di colpa sulle deficienti dotazioni della scala, circostanza ritenuta causa efficiente del sinistro, seppure in concorso con altri fattori.
Il ricorso va pertanto rigettato, con le conseguenze di legge in ordine alle spese, da distarsi in favore dell'avv. Salvatore Prestia, dichiaratosi antistatario.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente alle spese, in Euro 30,00 per esborsi e in Euro 1500,00 per onorario, oltre a spese generali, IVA e CPA, da distarsi in favore dell'avv. Salvatore Prestia.
Così deciso in Roma, il 26 gennaio 2009.
Depositato in Cancelleria il 23 marzo 2009