Cassazione Penale, Sez. 4, 17 gennaio 2018, n. 1878 - Caduta mortale da un'apertura non protetta: responsabilità del datore di lavoro dell'impresa affidataria dei lavori


 

 

 

L'art. 89, comma 1, lettera i), d.Lgs.vo 81/2008, definisce "impresa affidataria" l'impresa "titolare del contratto di appalto con il committente" e l'art. 97, stesso decreto, attribuisce al datore di lavoro dell'impresa affidataria tutti gli obblighi previsti dall'art. 26 del d.Lgs 81/2008.
In estrema sintesi, il datore di lavoro della impresa affidataria è tenuto a verificare l'idoneità tecnico professionale delle imprese subappaltatrici e dei lavoratori autonomi, con le modalità di cui all'Allegato XVII del D.Leg.vo 81/2008 e a fornire agli stessi soggetti dettagliate informazioni sui rischi specifici del cantiere e sulle misure di prevenzione e protezione, nonché a coordinare gli interventi di prevenzione e protezione, cooperando alla loro applicazione e verificando le condizioni di sicurezza dei lavori ad essa affidati.


Presidente: ROMIS VINCENZO Relatore: PICCIALLI PATRIZIA Data Udienza: 21/12/2017

 

 

Fatto

 


B.G. ricorre avverso la sentenza di cui in epigrafe che, pur riformando in melius quella di primo grado quanto al trattamento sanzionatorio [la pena è stata ridotta], ne ha confermato il giudizio di responsabilità per il reato di omicidio colposo aggravato dalla violazione delle norme antinfortunistiche [decesso di A.I.].
Il B.G. è stato chiamato a rispondere in quanto amministratore della ditta YES.CO srl affidataria dei lavori nell'ambito di un cantiere in cui erano svolti lavori dalla ditta FA.ST da cui dipendeva il lavoratore deceduto.
Questi, si accertava, durante le operazioni di allocazione di posa in opera e fissaggio di alcune tubazioni, era caduto da un'apertura presente in un soppalco precipitando al suolo da 4 metri circa.
Al B.G., nella qualità sopra indicata, si addebitava ex art. 96 comma 1 lett. g) d.Lvo 81/2008 di non avere effettuato nel POS la valutazione specifica del rischio con riferimento alla lavorazione di posa e fissaggio tubazioni e dell'art. 97 dello stesso decreto, di non avere verificato le condizioni di sicurezza dei lavoratori affidati.
La Corte territoriale ha apprezzato che nel POS non era stata verificata e considerata la specifica condizione di rischio in cui si era trovato il lavoratore nella posa in opera dei tubi e che l'infortunato non aveva posto in essere alcuna manovra esorbitante ed eccezionale.
Nel ridurre la pena, ha ritenuto non applicabile l'ulteriore riduzione ex articolo 114 cod.pen., anche perché i coimputati erano stati in precedenza tutti assolti.
Il ricorrente censura, con il primo motivo, il giudizio di responsabilità.
Lamenta il vizio di motivazione laddove, pur dando atto del comportamento imprudente del lavoratore (senza peraltro specificare se tale imprudenza era riferibile al mancato utilizzo della cintura di sicurezza, il cui obbligo era specificamente previsto dal POS, oppure nell'avere acceduto alla zona prospiciente rimuovendo o scavalcando volontariamente le tavole di legno della barriera) ometteva di spiegare l'asserita irrilevanza del fatto che l'area su cui era collocata l'apertura da cui il lavoratore era caduto non era quella sulla quale doveva lavorare.
Con il secondo motivo lamenta il diniego dell'ipotesi di cui all'articolo 114 cod.pen.
 

 

Diritto

 


Il ricorso è infondato.
La prima censura è di merito tra l'altro dopo doppia conforme statuizione di responsabilità nell'ambito di procedimento svoltosi col rito abbreviato. Pone questioni già risolte satisfattivamente giacché il giudicante ha con chiarezza individuato la causa dell'evento, in relazione alla carenza di prevenzione antinfortunistica che aveva fatto sì che nella zona di lavoro fosse presente l'apertura non protetta dalla quale la vittima era caduta [situazione di pericolo non valutata nel POS], nello svolgimento delle proprie attività lavorative, escludendo poi alcuna manovra azzardata del lavoratore, con il conforto delle dichiarazioni del collega di lavoro.
Il giudice di secondo grado ha sottolineato che in cantiere- rispetto al quale è rimasto accertato che il B.G. era in concreto il legale rappresentante della ditta Yes.Co., affidataria dei lavori - sussisteva una situazione di concreto pericolo per il lavoratore che, nel realizzare la posa ed il fissaggio di tubazioni della struttura metallica soppalcata, al fine di verificare la perfetta verticalità del tubo, si era recato sul soppalco al primo piano dove c'era un'apertura non protetta.
La sentenza ha correttamente ritenuto che il B.G., nella qualità sopra indicata, aveva assunto la posizione di garanzia con riguardo ai rischi di tutti gli operai che per motivi di lavoro accedevano al cantiere, non avendo rilievo la esistenza o meno di uno specifico rapporto tra l'infortunato ed il singolo titolare della suddetta posizione (principio affermato, nella specie, con riguardo alla ritenuta responsabilità del titolare di una ditta individuale il quale, incaricato dell'esecuzione di uno scavo in un cantiere nel quale lavoravano anche altre imprese, non aveva adottato le prescritte norme di sicurezza, per cui si era prodotto il franamento di una parete di detto scavo, con conseguente morte di un operaio che ne era stato investito, v. Sez. 4, n. 16346 del 19/12/2007- dep. 2008-, Caramia, Rv. 239578).
La sentenza è in linea con le disposizioni normative in tema di impresa affidataria dei lavori ( v. art. 89, comma 1, lettera i), d.Lgs.vo 81/2008, che definisce "impresa affidataria" l'impresa "titolare del contratto di appalto con il committente" e art. 97, stesso decreto, che attribuisce al datore di lavoro dell'impresa affidataria tutti previsti dall'art. 26 del d.Lgs 81/2008).
In estrema sintesi, il datore di lavoro della impresa affidataria è tenuto a verificare l'idoneità tecnico professionale delle imprese subappaltatrici e dei lavoratori autonomi, con le modalità di cui all'Allegato XVII del D.Leg.vo 81/2008 e a fornire agli stessi soggetti dettagliate informazioni sui rischi specifici del cantiere e sulle misure di prevenzione e protezione, nonché a coordinare gli interventi di prevenzione e protezione, cooperando alla loro applicazione e verificando le condizioni di sicurezza dei lavori ad essa affidati.
A tali obblighi il B.G. è rimasto inadempiente, come evidenziato dai giudici di merito.
In questa situazione di fatto la previsione nel POS della cintura di sicurezza e l'asserito mancato utilizzo della medesima da parte del lavoratore non fa venire meno i presupposti della responsabilità del ricorrente, il quale aveva l'obbligo di vigilare sull'osservanza delle disposizioni dettate per garantire la sicurezza dei ponteggi mobili anche quando questi venivano utilizzati non solo dai propri dipendenti, ma altresì da lavoratori di altre imprese operanti nel cantiere, atteso che la legge gli impone, nella qualità legale rappresentante della impresa affidataria dei lavori, di curare la cooperazione con quest'ultimi e le interazioni con le attività che avvengono all'interno del cantiere (v. anche, Sez. 4, n. 2904 del 20/06/2007, Di Falco, Rv. 236904).
La seconda censura è pure infondata.
E' noto che, in tema di applicabilità dell'attenuante della minima partecipazione, l'articolo 114 cod.pen. costituisce un'eccezione al principio che ispira il concorso di persone nel reato, per cui esso va interpretato in maniera rigorosa, con la conseguenza che detta norma trova applicazione solo laddove l'apporto causale del correo risulti obiettivamente così lieve da apparire, nell'ambito della relazione di causalità, quasi trascurabile e del tutto marginale, non dovendosi ridurre il relativo giudizio ad una mera comparazione tra le condotte dei vari soggetti concorrenti, occorrendo invece accertare - attraverso una valutazione della tipologia del fatto criminoso perpetrato in concreto con tutte le sue componenti soggettive, oggettive ed ambientali- il grado di efficienza causale, sia materiale, sia psicologica, dei singoli comportamenti rispetto alla produzione dell'evento, configurandosi l'attenuante in questione solo se l'efficienza causale sia stata "minima", cioè tale da poter essere - in via prognostica- avulsa dalla seriazione causale, senza apprezzabili conseguenze pratiche sul risultato complessivo dell'azione criminosa ( Sez. 1, n. 32324, del 15/04/2010, Milotta).
E' allora fin troppo evidente che di tale norma non può farsi applicazione in casi come quello di che trattasi, dove non si pone un tema di concorso o di cooperazione nel reato, essendo risultata la sola responsabilità dell'imputato.
Al rigetto del ricorso consegue ex art. 616 cod. proc. pen. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
 

 

PQM

 


Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso il 21.12.2017