Categoria: Cassazione civile
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  • Malattie Professionali

Responsabilità della Rete Ferroviaria Italiana spa per malattia professionale contratta da dipendente nell'esercizio di mansioni di macchinista - La Corte d'Appello ha condannato la società a pagargli la rendita vitalizia corrispondente alla conseguente percentuale di inabilitazione.

Ricorre in Cassazione la società - La Corte accoglie il ricorso affermando che: "ove venga addotta una malattia professionale non compresa nelle tabelle allegate al D.P.R. n. 1124 del 1965, il lavoratore ha l'onere di fornire la prova sia dell'esistenza della malattia, sia delle caratteristiche morbigene della lavorazione svolta, sia, infine, del rapporto eziologico fra questa e la tecnopatia; detto rapporto di derivazione causale, in particolare, può essere ravvisato anche in presenza di un rilevante grado di probabilità, semprechè... le eventuali conclusioni probabilistiche che siano raggiunte dal consulente tecnico in tema di nesso causale non si fondino solo sulle indicazioni fornite dall'interessato in sede di anamnesi lavorativa, ma restino confermate da elementi oggettivi di riscontro" .

Nel nostro caso,  l'unica deduzione in fatto posta a sostegno della domanda di riconoscimento della natura professionale della malattia denunciata e consistente in una spondilartrosi lombo sacrale (malattia non tabellata ai fini del trattamento indennitario INAIL e pertanto, a seguito della sentenza n. 179 del 1988 della Corte Costituzionale, necessitante della prova della sua dipendenza dalle mansioni lavorative svolte aventi carattere morbigeno) è rappresentata dall'affermazione di prestare "la sua attività lavorativa in mansioni di capotreno".
Manca cioè ogni indicazione della durata e delle condizioni in cui tale attività è stata prestata (con quale cadenza, in quale tipo di treni, in quali situazioni ambientali) e quindi la specificazione di quei connotati modali  che consentano di istituire in maniera ragionevole un nesso di causalità tra l'espletamento delle mansioni e la malattia denunciata.

La Corte dunque cassa con rinvio alla Corte d'Appello.


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ROSELLI Federico - Presidente -
Dott. MONACI Stefano - Consigliere -
Dott. DI NUBILA Vincenzo - Consigliere -
Dott. IANNIELLO Antonio - rel. Consigliere -
Dott. BANDINI Gianfranco - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
RETE FERROVIARIA ITALIANA S.P.A., (già FERROVIE DELLO STATO - SOCIETA' DI TRASPORTI E SERVIZI PER AZIONI), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA UMBERTO TUPINI 113, presso lo studio dell'avvocato CORBO NICOLA, che la rappresenta e difende, giusta mandato a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro L.A.;
- intimato -
sul ricorso n. 10516 - 2006 proposto da:
L.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TARO 25, presso lo studio dell'avvocato MAGARAGGIA DEBORA, rappresentato e difeso dall'avvocato PAPADIA FRANCESCO VINCENZO, giusta mandato in
calce al controricorso;
- controricorrente e ricorrente incidentale -
contro RETE FERROVIARIA ITALIANA S.P.A., (già FERROVIE DELLO STATO - SOCIETA' DI TRASPORTI E SERVIZI PER AZIONI);
- intimata -
avverso la sentenza n. 40/2005 della CORTE D'APPELLO di BARI, depositata il 24/01/2005 R.G.N. 1729/03;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10/02/2009 dal Consigliere Dott. IANNIELLO ANTONIO;
udito l'Avvocato CORBO NICOLA;
udito l'Avvocato PAPADIA FRANCESCO VINCENZO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MATERA MARCELLO, che ha concluso per il rigetto del ricorso principale, accoglimento del ricorso per quanto di ragione dell'incidentale.

Fatto

Con sentenza depositata il 24 gennaio 2005, la Corte d'appello di Bari, in riforma della decisione di primo grado, ha accolto le domande proposte da L.A. nei confronti della propria datrice di lavoro Rete ferroviaria Italiana s.p.a. dirette ad ottenere il riconoscimento della natura professionale della spondilartrosi lombo-sacrale da cui era affetto, in quanto contratta nell'esercizio delle mansioni di macchinista (ritenendo assorbita la domanda subordinata di riconoscimento della causa di servizio della malattia con ogni conseguente beneficio), con la condanna della società a pagargli la rendita vitalizia corrispondente alla conseguente percentuale di inabilitazione.
Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione la società, con un unico articolato motivo.
Resiste alle domande L.A. con proprio rituale controricorso, proponendo altresì contestualmente un ricorso incidentale.

Diritto
 

I due ricorsi, principale ed incidentale vanno riuniti ai sensi dell'art. 335 c.p.c., in quanto investono la medesima sentenza.
Col ricorso principale la società denuncia la violazione e falsa applicazione del D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 1 e ss., e dell'art. 2697 c.c., nonchè l'omessa e insufficiente motivazione della sentenza impugnata.
Ricordando la giurisprudenza di questa Corte in materia di indennizzabilità della malattia professionale non tabellata e degli oneri probatori che vi sono connessi a carico del dipendente, non solo quanto alla esistenza della malattia, ma anche relativamente alla caratteristiche morbigene della lavorazione e al nesso causale tra lavorazione e malattia denunciata, la società censura l'affermazione della Corte barese, la quale, rigettando l'eccezione di mancata prova delle caratteristiche morbigene dell'attività svolta dal L., ha affermato che la società non aveva contestato il contenuto ed i connotati dei compiti svolti dal lavoratore, ma unicamente la dipendenza da essi delle infermità, quindi accertata dal giudice avvalendosi anche di una C.T.U. medico - legale.
Ma poichè le uniche caratteristiche che il ricorrente aveva enunciato nel ricorso quanto ai suoi compiti si riferivano al fatto che egli era conduttore di treni, non sarebbe possibile dedurre dalla non contestazione di tale indicazione le caratteristiche morbigene delle mansioni, che secondo Cass. S.U. 11353/04 e 22748/04, relative al contiguo ambito del riconoscimento della causa di servizio di una infermità, devono essere specificate.
La lacuna così individuata non poteva essere colmata dalla C.T.U. che è stata svolta esclusivamente sulla base delle caratteristiche dichiarate al consulente tecnico dal dipendente.
La società conclude pertanto chiedendo la cassazione della sentenza impugnata.
Col ricorso incidentale, il L. lamenta la violazione e falsa applicazione della L. 13 giugno 1942, n. 7948, art. 24, e D.M. 24 novembre 1990, n. 392, art. 4.
Nel liquidare per la difesa del L. le spese di ambedue i gradi di giudizio, ancorchè in assenza di presentazione della relativa nota, la Corte territoriale avrebbe infatti violato i minimi tariffari relativi agli onorari e ai diritti di cui al D.M. 8 aprile 2004, n. 127.
Per questa ragione il L., che nel controricorso sostiene altresì la inammissibilità e comunque l'infondatezza del ricorso principale, chiede la cassazione della sentenza impugnata.
La deduzione di inammissibilità del ricorso principale per violazione della regola di autosufficienza è manifestamente infondata, in ragione del fatto che il ricorso per cassazione riporta puntualmente tutti i dati processuali necessari per la decisione in ordine allo stesso.

Il ricorso principale è fondato per le ragioni di seguito esposte, con conseguente assorbimento del ricorso incidentale.
 
Questa Corte ha ripetutamente affermato che "ove venga addotta una malattia professionale non compresa nelle tabelle allegate al D.P.R. n. 1124 del 1965, il lavoratore ha l'onere di fornire la prova sia dell'esistenza della malattia, sia delle caratteristiche morbigene della lavorazione svolta, sia, infine, del rapporto eziologico fra questa e la tecnopatia; detto rapporto di derivazione causale, in particolare, può essere ravvisato anche in presenza di un rilevante grado di probabilità, semprechè... le eventuali conclusioni probabilistiche che siano raggiunte dal consulente tecnico in tema di nesso causale non si fondino solo sulle indicazioni fornite dall'interessato in sede di anamnesi lavorativa, ma restino confermate da elementi oggettivi di riscontro (cfr., ad es. Cass. 20 dicembre 2002 n. 18204, riferita specificatamente ad una controversia coinvolgente un macchinista delle FF.SS. e Cass. 21 giugno 2006 n. 14308).
In particolare, quanto alle caratteristiche morbigene della lavorazione svolta, grava sul lavoratore l'onere di dedurle e provarle, senza limitarsi ad enunciare e provare unicamente il tipo di mansioni svolte, ma precisando altresì le variabili modalità di svolgimento delle stesse, in quanto concorrenti nella determinazione dell'infermità.
Ciò premesso, risulta dal contenuto del ricorso ex art. 414 c.p.c., riprodotto nel proprio atto dalla difesa della società, l'unica deduzione in fatto posta a sostegno della domanda di riconoscimento della natura professionale della malattia denunciata e consistente in una spondilartrosi lombo sacrale (malattia non tabellata ai fini del trattamento indennitario INAIL e pertanto, a seguito della sentenza n. 179 del 1988 della Corte Costituzionale, necessitante della prova della sua dipendenza dalle mansioni lavorative svolte aventi carattere morbigeno) è rappresentata dall'affermazione di prestare "la sua attività lavorativa in mansioni di capotreno".
Manca cioè ogni indicazione della durata e delle condizioni in cui tale attività è stata prestata (con quale cadenza, in quale tipo di treni, in quali situazioni ambientali) e quindi la specificazione di quei connotati modali (solo alcuni dei quali intuibilmente legati alla mansione, quale la sottoposizione all'attività sussultoria del treno, che peraltro può essere, a seconda delle circostanze, di intensità notevolmente diversa) che consentano di istituire in maniera ragionevole un nesso di causalità tra l'espletamento delle mansioni e la malattia denunciata, avente, come noto, una eziologia multifattoriale.
Ne consegue che la Corte territoriale ha errato nel ritenere acquisite, in quanto non contestate dalla società, "la natura delle mansioni svolte e il tipo di operazioni che esse comportavano" come morbigene e quindi rilevanti ai fini dell'accertamento del nesso di causalità, mentre l'unico dato non contestato era rappresentato dal fatto che il ricorrente facesse il macchinista di treni e semmai che lo facesse in turni anche notturni, elementi del tutto insufficienti a istituire, tra di essi e la specifica malattia da cui il lavoratore era affetto, il necessario nesso di causalità ed infatti successivamente integrati, come dedotto dalla società, con ulteriori indicazioni fornite dall'interessato al C.T.U. in sede di anamnesi lavorativa.
Concludendo, poichè la mancata contestazione del fatto che il L. svolgesse mansioni di capotreno non poteva essere ritenuta prova delle caratteristiche morbigene di tale lavorazione, la sentenza impugnata va cassata, con rinvio, anche per le spese di questo giudizio, alla Corte d'appello di Lecce.
Resta assorbito l'esame del ricorso incidentale.

P.Q.M.

La Corte riuniti i ricorsi accoglie il ricorso principale, assorbito l'incidentale; cassa la sentenza impugnata con rinvio, anche per le spese, alla Corte d'appello di Lecce.
Così deciso in Roma, il 10 febbraio 2009.
Depositato in Cancelleria il 23 marzo 2009