Categoria: Cassazione penale
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Cassazione Penale, Sez. 4, 07 marzo 2018, n. 10395 - Infortunio mortale di un operaio caduto al suolo da un'altezza di 8 metri. Quando il subappaltatore resta titolare di un'autonoma posizione di garanzia



Presidente Blaiotta – Relatore Pavich

 

 

Fatto
 

 


1. La Corte d’appello di Bologna, in data 2 febbraio 2017, ha confermato la condanna emessa dal Tribunale di Forlì, Sezione distaccata di Cesena, in data 22 aprile 2011, nei confronti di D.M.D. , imputato del reato di omicidio colposo con violazione di norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro, reato contestato come commesso in (omissis) , in danno di I.A. , operaio dipendente da altra ditta presente in cantiere, deceduto mentre stava lavorando su uno dei lucernai ove erano poste a copertura delle lastre di Eternit: una di queste lastre si era rotta sotto il peso dell’operaio, cagionandone la caduta al suolo da un’altezza di otto metri e, quindi, la morte.
Al D.M. viene contestato il reato suddetto nella sua qualità di amministratore unico della società Nuova Eco Edil S.r.l., impresa subappaltatrice di lavori di rimozione e smaltimento delle lastre di Eternit poste a copertura dei lucernai, incaricata altresì dell’effettuazione delle operazioni di pulizia delle parti di amianto presenti sui listelli di legno posizionati sul tetto. In particolare, il reato gli viene addebitato perché, secondo l’accusa, il D.M. avrebbe omesso di adottare, nella redazione del Piano Operativo di Sicurezza, di dettagliare la descrizione di tutte le misure di protezione da adottare per prevenire i rischi di cadute dall’alto per i lavori da eseguire in cantiere; era infatti risultato che il parapetto che cingeva il capannone ove si verificò l’incidente era di altezza inferiore a quella prevista ed inoltre mancavano i montanti ove agganciare le cinture di sicurezza.
Secondo la Corte di merito, la responsabilità dell’imputato va riconosciuta perché alla ditta del D.M. spettava (anche) la predisposizione dei presidi di sicurezza per i lavoratori impegnati nel sito; e non assumeva rilievo esimente l’avvenuto subappalto del lavoro di pulitura a un’altra ditta (quella da cui dipendeva la vittima).
2. Avverso la prefata sentenza ricorre il D.M. , per il tramite del suo difensore di fiducia. Il ricorso consta di tre motivi.
2.1. Con il primo, ampio motivo si lamenta violazione di legge (nonché, di fatto, vizio di motivazione) in riferimento alla responsabilità e alla posizione di garanzia attribuita al D.M. : osserva il ricorrente, che la Nuova Eco Edil aveva in realtà predisposto un POS che era necessariamente destinato in esclusiva ai suoi lavoratori e alle sole operazioni di rimozione delle lastre di Eternit, terminate le quali sarebbe subentrata nel cantiere la ditta da cui dipendeva la vittima, subappaltatrice delle operazioni di ripulitura dei listelli in legno; le ditte impegnate nel cantiere, infatti, non operavano contemporaneamente, ma in successione.
Semmai, osserva il ricorrente, i responsabili per la sicurezza nel cantiere, anche per quanto concerneva il rischio di cadute dall’alto, erano i committenti e la diretta appaltatrice dei lavori, ditta Giorgi S.r.l.. Quanto alla ditta da cui dipendeva la vittima, il titolare B.M. si era recato sul cantiere la mattina del sinistro per un semplice sopralluogo; l’I. era a sua volta salito sul tetto contro la volontà del suo datore di lavoro, che gli aveva detto di attenderlo di sotto. Per cui la ditta del ricorrente non poteva essere responsabile della mancata adozione di accorgimenti di protezione per la sicurezza dell’I. , che in quel momento non ricopriva neppure la posizione di lavoratore ed il cui comportamento inosservante può, in tal senso, definirsi abnorme; tanto più che, per l’esecuzione dei lavori subappaltati alla ditta del B. , la Nuova Eco Edil aveva lasciato libertà di organizzazione a quest’ultima e non aveva interferito sulle relative modalità esecutive.
2.2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione di legge (e, di fatto, anche vizio di motivazione) in riferimento al fatto che la Nuova Eco Edil predispose un dettagliato piano operativo di sicurezza e un dettagliato fascicolo di sicurezza, nel quale erano previsti tutti i rischi, ma ciò con specifico riguardo alle operazioni di rimozione dell’amianto, di cui la Nuova Eco Edil era assuntrice; il POS predisposto dalla ditta dell’odierno ricorrente era stato visionato con esito positivo dall’AUSL, che aveva verificato l’adozione di tutte le misure di sicurezza; a fronte di ciò, secondo quanto dichiarato dal teste D. (funzionario AUSL) il compito di realizzare i parapetti e installare i montanti per le funi di sicurezza era della ditta Giorgi S.r.l., società appaltatrice; la circostanza che gli operai della Nuova Eco Edil fossero sprovvisti delle cinture di sicurezza dipendeva dal fatto che costoro avevano terminato il loro lavoro ed erano già nella cabina di decontaminazione.
2.3. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia violazione di legge in riferimento alla prescrizione del reato: prescrizione che è decorsa, in quanto nella specie, non avendo la vittima ricevuto l’autorizzazione ad accedere al luogo di lavoro, costui non poteva dirsi lavoratore, con la conseguenza che non può parlarsi di reato commesso con violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro, e che non scatta il raddoppio dei termini prescrizionali di cui all’art. 157, comma 6, cod.pen..

 

 

Diritto

 


1. I primi due motivi di ricorso possono essere congiuntamente trattati, in quanto ambedue attinenti, pur con differenti sfumature, alla questione degli obblighi di garanzia in capo al D.M. , quale titolare della Nuova Eco Edil, società che aveva assunto in subappalto, direttamente dall’impresa appaltatrice, i lavori di rimozione e smaltimento dei pannelli di Eternit che ricoprivano i lucernai del tetto del capannone, e che aveva ceduto in sub-subappalto ad altra ditta (quella facente capo al B. , per conto della quale la vittima prestava la sua opera) l’esecuzione dei lavori di pulitura dei listelli presenti sul tetto.
In estrema sintesi, la tesi sostenuta dal ricorrente è che gli obblighi in tema di sicurezza gravanti sul medesimo, nella qualità suddetta (in specie quello di predisporre il POS e quelli connessi all’adozione di dispositivi di protezione), riguardassero esclusivamente la Nuova Eco Edil e i suoi dipendenti; non anche, quindi, i lavoratori di altre ditte, in quanto non vi era, nel cantiere, la contemporanea presenza di più ditte, ma queste si succedevano nel tempo; e, in particolare, le lavorazioni affidate alla Nuova Eco Edil (rimozione di pannelli di amianto) escludevano che potesse esservi la contemporanea presenza di altri soggetti, mentre quelle affidate in subappalto alla ditta del B. (per la quale lavorava l’I. ) erano state assunte da quest’ultima ditta in piena autonomia, e senza alcuna ingerenza da parte della Nuova Eco Edil.
1.1. Nei termini in cui è proposto, l’asserto sostenuto nei motivi in esame è infondato.
Occorre muovere da alcuni dati oggettivi, a cominciare proprio dal fatto che la Nuova Eco Edil aveva sub-subappaltato alla ditta individuale del B. la pulitura dei residui di Eternit dai listelli in legno: un’operazione che era la necessaria prosecuzione e il completamento dell’attività di rimozione dei pannelli di Eternit di cui la Nuova Eco Edil era affidataria, e che si sarebbe dovuta svolgere in quota, ossia sul tetto del capannone, al pari dei lavori direttamente eseguiti dalla ditta dell’odierno ricorrente.
Al riguardo, non rileva che la ditta facente capo ai D.M. operasse non in contemporanea, ma in precedenza rispetto alla ditta individuale da cui dipendeva la vittima: per stabilire il riparto delle responsabilità nell’ambito di lavori assunti da più imprese all’interno di uno stesso cantiere, qualora fra esse intercorra un rapporto di subappalto, non è necessario avere riguardo al fatto che dette imprese operino contemporaneamente, ovvero in successione fra loro. Anche in quest’ultima ipotesi, infatti, gli obblighi di osservanza delle norme antinfortunistiche gravano su tutti coloro che esercitano i lavori e, quindi, anche sul subappaltatore interessato all’esecuzione di un’opera parziale e specialistica, il quale ha l’onere di riscontrare ed accertare la sicurezza dei luoghi di lavoro, sebbene l’organizzazione del cantiere sia direttamente riconducibile all’appaltatore, che non cessa di essere titolare dei poteri direttivi generali (cfr. Sez. 3, Sentenza n. 19505 del 26/03/2013, Bettoni, Rv. 254993).
1.2. Peraltro è appena il caso di osservare che, nella specie, la causa del decesso dell’I. era pacificamente quella della rottura di una delle lastre presenti sul lucernaio, e ciò farebbe ritenere che l’intervento di competenza della Nuova Eco Edil, diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente, non fosse stato ancora ultimato.
Ciò che appare certo, e su cui la sentenza impugnata si sofferma sia pur brevemente, è che per i lavori in corso di svolgimento sul tetto non vi erano i dispositivi di protezione necessari ai lavoratori destinati ad operarvi: non vi erano passerelle, né vi era la possibilità di agganciarsi su apposito ancoraggio con le cinture di sicurezza, né del resto queste ultime risultavano disponibili (ciò vale sia per i dipendenti della Nuova Eco Edil, sia per la ditta del B. ). L’odierno ricorrente si era in realtà attivato in funzione dell’incolumità del personale della ditta sub-subappaltatrice, ma solo predisponendo per il B. una piantina segnaletica con indicazione delle parti mancanti del tetto: un’attività che correttamente la Corte di merito ha indicato come del tutto insufficiente a fini prevenzionistici, specie se si considera che, oltre alle buche sul tetto, vi erano lastroni suscettibili di rompersi sotto il peso dei lavoratori che vi si poggiavano.
1.3. Tanto osservato, è noto che gli obblighi di osservanza delle norme antinfortunistiche, con specifico riferimento all’esecuzione di lavori in subappalto all’interno di un unico cantiere edile predisposto dall’appaltatore, gravano su tutti coloro che esercitano i lavori e, quindi, anche sul subappaltatore interessato all’esecuzione di un’opera parziale e specialistica, il quale ha l’onere di riscontrare ed accertare la sicurezza dei luoghi di lavoro (Sez. 3, Sentenza n. 19505 del 26/03/2013, Bettoni, Rv. 254993). Nel caso in cui vi sia un affidamento parziale dei lavori da parte di ditta appaltatrice o subappaltatrice, e con particolare attenzione ai lavori da eseguirsi in quota e, quindi, al "rischio-caduta", va ricordato anche che, qualora il lavoratore presti la propria attività in esecuzione di un contratto d’appalto (o, come nella specie, nell’ambito di un rapporto di subappalto), il soggetto appaltante o subappaltante è esonerato dagli obblighi in materia antinfortunistica esclusivamente con riguardo alle precauzioni che richiedono una specifica competenza tecnica nelle procedure da adottare in determinate lavorazioni, nell’utilizzazione di speciali tecniche o nell’uso di determinate macchine (si veda al riguardo Sez. 3, Sentenza n. 12228 del 25/02/2015, Cicuto, Rv. 262757, relativa all’obbligo di attivarsi per prevenire il rischio, ritenuto non specifico, di caduta dall’alto di un operaio operante su un lucernaio, nel corso di operazioni di rimozione di pannelli di Eternit da sostituirsi con lastre di alluminio, esattamente come nel caso di specie). Può qui ricordarsi inoltre il consolidato indirizzo giurisprudenziale secondo il quale, qualora lavori ricevuti in subappalto vengano, a loro volta, in parte subappaltati ad altri che operi, con mezzi artigianali, con pochi dipendenti e senza essere dotato di strutture tali da consentire una completa autonomia operativa, mentre è ancora in funzione il cantiere per la realizzazione dell’intera opera subappaltata ed avvalendosi delle attrezzature in questo installate da chi ha ricevuto e dato il subappalto, incombono anche a quest’ultimo, che è responsabile dell’organizzazione del cantiere e del lavoro che ivi si svolge, obblighi di vigilanza in ordine al rispetto delle norme antinfortunistiche e all’osservanza dei comuni precetti di prudenza, perizia e diligenza (principio affermato dalla risalente Sez. 4, Sentenza n. 4248 del 21/02/1995, Galazzo, Rv. 201869, e ribadito in via di principio da Sez. 4, Sentenza n. 2748 del 23/01/1998, Gerbaro e altro, Rv. 210174; Sez. 4, Sentenza n. 21471 del 20/04/2006, Clemente e altro, Rv. 234149; Sez. 4, Sentenza n. 42477 del 16/07/2009, Cornelli, Rv. 245786).
1.4. Nel caso di che trattasi, il D.M. , cui era stato affidato in subappalto il compito di eseguire i lavori di rimozione dei pannelli di eternit sul tetto dell’immobile di via (omissis), aveva assunto la corrispondente posizione di garanzia per i rischi connessi all’esecuzione dei suddetti lavori in quota; e ciò valeva anche per la parte relativa alla pulitura dei listelli in legno dai residui di amianto, che egli aveva affidato in sub-subappalto alla ditta del B. . Il D.M. , del resto, aveva ben chiaro quale fosse il rischio connesso ai suddetti lavori di pulitura dei listelli: tant’è che, sia pure in modo affatto inidoneo, si attivò per segnalare al B. , con un’apposita piantina, i punti del tetto ove vi erano buche; nondimeno, egli omise di mettere la ditta sub-subappaltatrice (quella cioè per la quale lavorava la vittima) nelle condizioni di operare in sicurezza sullo stesso tetto ove era intervenuta la Nuova Eco Edil, provvedendo cioè a mettere a disposizione del B. , e dei lavoratori che da lui dipendevano, i necessari strumenti di protezione e dando a costoro informazioni complete circa i rischi e come affrontarli.
1.5. In tale quadro, risulta privo di fondamento, oltreché caratterizzato da aspecificità, l’assunto secondo cui la ditta del B. avrebbe operato in totale autonomia e al di fuori di ogni ingerenza della Nuova Eco Edil: assunto che al contrario sembrerebbe smentito proprio dal fatto che il D.M. elaborò per il B. una piantina delle parti mancanti del tetto. Ciò vale anche con riguardo all’affermazione secondo la quale, il giorno del sinistro, il B. si sarebbe recato sul tetto solo per un sopralluogo: è appena il caso di osservare che, sul punto, il ricorso non indica specifici elementi a sostegno di tale circostanza fattuale, a fronte del fatto che i giudici di merito hanno ritenuto inattendibili le dichiarazioni del B. , che miravano appunto a sostenere che l’incidente sarebbe avvenuto in occasione di un sopralluogo prima che i lavori assunti dalla sua ditta avessero inizio.
Quanto, poi, al fatto che l’I. sarebbe salito sul tetto senza necessità e contro il parere del suo datore di lavoro (ciò che, secondo il ricorrente, renderebbe il suo comportamento abnorme e tale da interrompere il nesso causale tra la condotta addebitata e l’evento mortale), occorre muovere dalla considerazione che anche tale circostanza è frutto di dichiarazioni rese dal B. , sulla cui valutazione di attendibilità si è già detto.
1.6. Volendo tuttavia prescindere da tale aspetto, va osservato che, perché la condotta colposa del lavoratore possa ritenersi abnorme e idonea ad escludere il nesso di causalità tra la condotta del datore di lavoro e l’evento lesivo, è necessario non tanto che essa sia imprevedibile, quanto, piuttosto, che sia tale da attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia (principio affermato da Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014, Espenhahn e altri, e ripreso da ultimo da Sez. 4, Sentenza n. 15124 del 13/12/2016, dep. 2017, Gerosa e altri, Rv. 269603).
Orbene, si è poc’anzi chiarito che il D.M. , nella sua qualità, era garante del rischio-caduta connesso agli interventi sul tetto sia per la rimozione dei pannelli di Eternit, sia per l’attività di pulitura dei listelli in legno, da lui subappaltata alla ditta da cui dipendeva la vittima: e con riguardo a quest’ultima attività, per quanto finora detto, la posizione di garanzia non era stata dismessa dall’odierno ricorrente con il subappalto alla ditta del B. . Perciò, è evidente che la condotta dell’I. non poteva dirsi eccentrica rispetto all’area di rischio che il D.M. comunque governava e che lo obbligava all’adozione di misure prevenzionistiche che, invece, egli omise di adottare.
2. Per ragioni in larga parte strettamente collegate a quanto appena detto, è manifestamente infondato anche il terzo e ultimo motivo di ricorso. Infatti, non potendosi dire abnorme il comportamento della vittima, deve prendersi atto che l’evento mortale si è verificato in dipendenza della violazione di disposizioni in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro (quelle menzionate in rubrica e volte a prescrivere, in particolare, l’adozione di cautele ed opere provvisionali per prevenire il pericolo di cadute dall’alto). Del resto, a tutto concedere, troverebbe in ogni caso applicazione il principio secondo il quale, in materia di prevenzione degli infortuni nei luoghi di lavoro, appartiene al gestore del rischio connesso all’esistenza di un cantiere anche la prevenzione degli infortuni di soggetti a questo estranei, ancorché gli stessi tengano condotte imprudenti, purché non esorbitanti il tipo di rischio definito dalla norma cautelare violata (per tutte vds. la recente Sez. 4, Sentenza n. 38200 del 12/05/2016, Marano, Rv. 267606).
Perciò, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, scatta nella fattispecie il raddoppio del termine di prescrizione di cui all’art. 157, comma 6, cod.pen.: termine che, per l’effetto, non è ad oggi decorso.
3. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

 

 

P.Q.M.

 



Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.