Categoria: Cassazione civile
Visite: 8878

Cassazione Civile, Sez. Lav., 13 marzo 2018, n. 6048 - Silicosi e cardiopatia: grado di menomazione dell'integrità psicofisica


 

"Il grado di menomazione dell'integrità psicofisica causato da infortunio sul lavoro o malattia professionale, quando risulti aggravato da menomazioni preesistenti concorrenti derivanti da fatti estranei al lavoro o da infortuni o malattie professionali verificatisi o denunciate prima della data di entrata in vigore del decreto ministeriale di cui al comma 3 e non indennizzati in rendita, deve essere rapportato non all'integrità psicofisica completa, ma a quella ridotta per effetto delle preesistenti menomazioni, il rapporto è espresso da una frazione in cui il denominatore indica il grado d'integrità psicofisica preesistente e il numeratore la differenza tra questa ed il grado d'integrità psicofisica residuato dopo l'infortunio o la malattia professionale. Quando per le conseguenze degli infortuni o delle malattie professionali verificatisi o denunciate prima della data di entrata in vigore del decreto ministeriale di cui al comma 3 l'assicurato percepisca una rendita o sia stato liquidato in capitale ai sensi del testo unico, il grado di menomazione conseguente al nuovo infortunio o alla nuova malattia professionale viene valutato senza tenere conto delle preesistenze. In tale caso, l'assicurato continuerà a percepire l'eventuale rendita corrisposta in conseguenza di infortuni o malattie professionali verificatisi o denunciate prima della data sopra indicata. "


Presidente: MAMMONE GIOVANNI Relatore: RIVERSO ROBERTO Data pubblicazione: 13/03/2018

 

 

Fatto

 


La Corte d'Appello di Cagliari con la sentenza n. 252/2012 ha rigettato l'appello proposto dall'Inail nei confronti di A.B. - in qualità di erede di S.R. deceduto in corso di causa - avverso la sentenza del tribunale di Cagliari del 25 maggio 2010, che aveva condannato l'INAIL ad erogare la rendita pari al 50% (di cui 43% per silicosi e 10% per associata cardiopatia). Con la medesima pronuncia la Corte ha altresì rigettato l'appello proposto da A.B., in proprio, avverso la sentenza del tribunale di Cagliari del 18 gennaio 2011 che aveva respinto la sua domanda intesa ad ottenere la rendita ai superstiti.
A fondamento della sentenza, ed in relazione all'appello dell'INAIL, la Corte territoriale rilevava, per quanto ora di interesse, che la c.t.u. disposta in appello avesse sostenuto che la diagnosi di silicosi, con associata cardiopatia, in capo a S.R., deceduto in corso di causa, trovasse conferma nel risultato degli esami radiologici funzionali praticati e che non fosse possibile lo scorporo del preesistente danno da bronco-pneumopatia indennizzato in rendita ex dpr 1124/65 da quello di silicosi, posto che i due danni non sono esattamente uguali, in quanto solo per la silicosi è prevista la valutazione, ai fini del calcolo del danno, anche delle patologie associate dell'apparato respiratorio e cardiocircolatorio. Ciò posto, la Corte d'Appello osservava ancora che, secondo l'articolo 13 del decreto legislativo n. 38 del 2000, in caso di nuova malattia l'assicurato deve percepire due rendite, uno col vecchio sistema e uno col nuovo sistema; che se però il nuovo danno si sovrappone ad un preesistente danno riguardante lo stesso organo o apparato con difficoltà di scindere i diversi danni si rischia un'irragionevole duplice indennizzo; che nel caso di bronco-pneumopatia e sopravvenuta silicosi riguardanti lo stesso apparato respiratorio non è possibile imputare le riscontrate alterazioni respiratorie all'una o all'altra malattia professionale; che in tal caso sarebbe stato ragionevole annullare la precedente rendita ed indennizzare il danno biologico, ma che a ciò osterebbe appunto il disposto dell'articolo 13, comma 6 del decreto legislativo n.38 del 2000; che nel caso in esame peraltro si poteva prescindere da tale problematica generale in quanto il consulente aveva riferito che la diagnosi di silicosi non s'aggiunge sotto il profilo medico alla precedente diagnosi di bronco-pneumopatia, ma la sostituisce, in quanto tale diagnosi era errata essendo l'assicurato affetto da silicosi e non da bronco-pneumopatia, come accertato dalla sentenza della corte di appello di Cagliari pronunciata due mesi prima della domanda amministrativa presentata per sopravvenuta silicosi; che l'Inail per evitare un duplice indennizzo poteva procedere a una rettifica per errore della diagnosi di bronco-pneumopatia per sostituirla con quella di silicosi, risultando invece impercorribile la via dello scorporo.
Quanto all'appello di A.B. in proprio, la Corte sosteneva che gli elementi acquisiti in causa provassero con certezza che il decesso fosse stato causato da cancro gastrico e che pertanto non fosse fondata l'autonoma domanda svolta in giudizio dalla ricorrente allo scopo di conseguire la rendita ai superstiti.
Contro la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l'Inail con due motivi a cui ha resistito A.B. con controricorso contenente ricorso incidentale con un motivo. L'Inail ha rilasciato procura in calce al ricorso incidentale ed ha depositato memoria illustrativa ex art. 378 c.p.c.
 

 

Diritto

 


1. - Con il primo motivo l'INAIL deduce la violazione dell'art.13, del decreto legislativo 38/2000 ex art. 360 numero 3 c.p.c. in quanto la Corte d'appello aveva errato ad effettuare una interpretazione meramente letterale dell'art. 13, comma 6 del d.lgs. 38/2000 con l'affermazione del principio di separazione dei due regimi di liquidazione dei postumi per gli eventi lesivi ricadenti sotto la disciplina dell'articolo 13 cit. rispetto a quelli pregressi, senza contemperarla alla luce del criterio di interpretazione sistematica, dando rilievo all'ulteriore principio secondo cui l'evento lesivo non può essere fonte di lucro per l'assicurato. La Corte aveva perciò errato a modulare il danno accertato come riconducibile alla invocata silicosi senza scorporare dal danno complessivo di apparato, calcolato come danno biologico nel sistema ex d.lgs. 38 del 2000, la quota di danno imputabile alla preesistenza già indennizzata, previa valutazione di ciascuna componente del danno valutato come danno biologico. L'unica strada interpretativa percorribile, secondo l'Inail, nel caso di preesistenze lavorative concorrenti, indennizzate nel vecchio regime, era appunto quella di scorporare il danno dalla preesistenza, già indennizzata in rendita con il vecchio regime del danno della capacità lavorativa, dal danno complessivo, per definire così la quota di danno sopravvenuto da imputare al nuovo evento. Il regime di separazione doveva valere secondo l'Inail solo per i danni meramente coesistenti e non per quelli concorrenti ossia per l'ipotesi di inabilità che riguardino il medesimo organo o complesso organico fisico dell'assicurato dovendosi in tal caso fare luogo alla applicazione della formula Gabrielli; altrimenti con la coesistenza dei due regimi si perverrebbe ad una duplicazione indennitaria, aggiungendo la rendita del danno biologico alla precedente rendita; in quanto la seconda rendita con la liquidazione del danno complessivo farebbe indennizzare due volte il danno preesistente. Sarebbe perciò evidente che nel caso di preesistenze lavorative concorrenti interessanti lo stesso apparato, indennizzate nel vecchio regime, il danno della preesistenza deve necessariamente essere scorporato dal danno complessivo d'apparato, per definire la quota di danno sopravvenuto da imputare al nuovo evento.
1.1. Il motivo è infondato. L'art. 13, comma 6 del d.lgs. 38/2000 prevede che "Il grado di menomazione dell'integrità psicofisica causato da infortunio sul lavoro o malattia professionale, quando risulti aggravato da menomazioni preesistenti concorrenti derivanti da fatti estranei al lavoro o da infortuni o malattie professionali verificatisi o denunciate prima della data di entrata in vigore del decreto ministeriale di cui al comma 3 e non indennizzati in rendita, deve essere rapportato non all'integrità psicofisica completa, ma a quella ridotta per effetto delle preesistenti menomazioni, il rapporto è espresso da una frazione in cui il denominatore indica il grado d'integrità psicofisica preesistente e il numeratore la differenza tra questa ed il grado d'integrità psicofisica residuato dopo l'infortunio o la malattia professionale. Quando per le conseguenze degli infortuni o delle malattie professionali verificatisi o denunciate prima della data di entrata in vigore del decreto ministeriale di cui al comma 3 l'assicurato percepisca una rendita o sia stato liquidato in capitale ai sensi del testo unico, il grado di menomazione conseguente al nuovo infortunio o alla nuova malattia professionale viene valutato senza tenere conto delle preesistenze. In tale caso, l'assicurato continuerà a percepire l'eventuale rendita corrisposta in conseguenza di infortuni o malattie professionali verificatisi o denunciate prima della data sopra indicata. "
1.2. - L'intero comma 6 disciplina fattispecie di infortuni sul lavoro verificatisi o malattie professionali denunciate prima del 25 luglio 2000 (data di entrata in vigore del decreto ministeriale di cui al comma 3), seguite da eventi lesivi sotto il nuovo regime, e distingue due diverse ipotesi, allo scopo di raccordare il precedente ed il nuovo sistema indennitario.
1.3. Il primo periodo riguarda i casi di valutazione delle menomazioni preesistenti extralavorative o professionali non indennizzate in rendita (di cui si sono occupati le pronunce di questa Corte nn. 21452/2007, 12613/2008, 8761/2010, 12629/2015). Tali menomazioni preesistenti assumono rilevanza solo se concorrenti ed aggravanti la menomazione di origine lavorativa e sono prese in considerazione utilizzando la formula Gabrielli di cui all'art. 79 T.U.
1.4. - Il secondo periodo riguarda invece la diversa ipotesi degli infortuni o malattie professionali anteriori indennizzate in rendita o in capitale ai sensi del D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124; in tal caso, l'assicurato continuerà a percepire l'eventuale rendita corrisposta in conseguenza di infortuni o malattie professionali verificatisi o denunciate prima del 12 luglio 2000, e il grado di menomazione conseguente al nuovo infortunio o alla nuova malattia professionale viene valutato senza tenere conto delle preesistenze. Vi è dunque una netta separazione tra i due regimi, con un regime più favorevole al lavoratore rispetto alla unificazione dei postumi invalidanti (previsto dall'art. 80 t.u. e dal D.Lgs. 23 febbraio 2000, n. 38, art.13 comma 4).
1.5. La fattispecie che ne occupa attiene alla seconda parte dell'art.13 comma 6 d.lgs. 38/2000, su cui non constano specifici precedenti di questa Corte.
In base alla norma di legge risulta che,qualora il lavoratore goda di una rendita per una malattia professionale denunciata prima dell'entrata in vigore della disciplina dettata dal decreto legislativo 38/2000 (ovvero prima del 25 luglio del 2000) e successivamente venga colpito da una nuova malattia professionale (non importa se concorrente o coesistente) il grado di menomazione conseguente alla nuova malattia professionale deve essere valutato senza tenere conto delle preesistenti menomazioni; ed il lavoratore percepirà pertanto sia la rendita già liquidata in base al TU 1124/65 , sia la prestazione per la nuova malattia da liquidarsi in base allo stesso art. 13 del decreto legislativo numero 38 del 2000.
1.6. La legge non contempla la distinzione pretesa dalla difesa dell'Inail, che in caso di nuova malattia vorrebbe distinguere l'ipotesi del danno concorrente e quella del danno coesistente; nè enuclea una terza ipotesi di valutazione per il c.d. "danno biologico d'apparato" (rispetto a quelle regolate nel primo e nel secondo periodo dell'art. 13, 6 comma).
1.7. Ora, a prescindere da talune non chiare affermazioni presenti nella motivazione della pronuncia impugnata (la quale afferma nel contempo che secondo la c.t.u. non fosse possibile lo scorporo del preesistente danno da bronco-pneumopatia indennizzato in rendita ex dpr 1124/65 ; che se il nuovo danno si sovrappone a un preesistente danno riguardante io stesso organo o apparato con difficoltà di scindere i diversi danni si rischia una irragionevole duplice indennizzo; che nel caso di broncopneumopatia e sopravvenuta silicosi riguardanti lo stesso apparato respiratorio non è possibile imputare le riscontrate alterazioni respiratorie all'una o all'altra malattia professionale; che l'art. 13 impedisce di evitare la duplicazione della valutazione degli stessi postumi; che nel caso in esame peraltro si poteva prescindere da tale problematica generate in quanto il ctu aveva sostenuto che l'assicurato era stato sempre affetto da silicosi e non da bronco-pneumopatia in contrasto col precedente accertamento giurisdizionale), è comunque evidente che la soluzione presa dalla Corte d'appello cagliaritana con il rigetto della tesi dell'INAIL, di scorporare dal danno biologico per silicosi da quello per broncopneumopatia, sia l'unica rispondente alla regola dettata dalla legge.
1.8. La stessa pretesa dell'Inail di scorporare il "danno biologico d'apparato" contrasta infatti con la lettera dell'art.13 comma 6, secondo e terzo periodo, che non distinguono la malattia nuova (o l'infortunio nuovo) che riguardi lo stesso apparato da quello che non lo riguardi; applicano a tutti i nuovi eventi la stessa soluzione, secondo cui delle preesistenti invalidità "non si tiene conto" al fine di valutare - nell'ambito delle nuove prestazioni - il grado di menomazione ad essi relativi; e prevedono la regola della concorrenza delle prestazioni ("l'assicurato continuerà a percepire l'eventuale rendita corrisposta in conseguenza di infortuni o malattie professionali verificatisi o denunciate prima della data sopra indicata").
1.9. La stessa tesi contrasta con ¡l criterio di interpretazione sistematica interno alla stessa norma, posto che il legislatore quando ha voluto prendere in esame e distinguere le "menomazioni preesistenti concorrenti" lo ha fatto esplicitamente (come appunto al comma 6, prima parte dell'art.13, per quelle extralavorative e non indennizzate in rendita per affermare per essi l'applicazione della formula Gabrielli, già recepita nell'art. 79 t.u. 1124).
1.10. La tesi cozza inoltre con l'impianto della nuova normativa ispirato al principio di non unificazione dei postumi, di separatezza e coesistenza dei regimi e degli indennizzi. Sotto questo aspetto risulta che il preteso scorporo del danno biologico afferente alla pregressa bronco pneumopatia, comporterebbe altresì una applicazione retroattiva della disciplina del d.lgs.38/2000 relativa al danno biologico (sia pure in negativo, ai fini della sua sottrazione) ad una malattia precedente la sua entrata in vigore, in contrasto con la regola fondamentale della materia, volta a regolare ciascun evento secondo le regole in vigore nelfambito del proprio orizzonte temporale di riferimento, e di impedire perciò che postumi conseguenti ad eventi lesivi ricadenti nel precedente regime siano unificati con postumi derivanti da eventi lesivi  ricadenti nel nuovo regime.
1.11. La tesi contrasta, altresì, con la circolare interna Inail n.57/2000, emessa dopo il d.lgs.38/2000, nella quale a proposito della "valutazione delle preesistenze lavorative indennizzate in rendita" (punto 3.4.2.) si evidenza come in tal caso il grado di menomazione conseguente al nuovo infortunio o alla nuova malattia professionale (e cioè ricadenti nel nuovo regime) viene valutato senza tenere conto delle preesistenze e che "in questi casi, pertanto, la valutazione del nuovo danno viene effettuata come se la preesistente integrità psico-fisica fosse completa", ossia senza alcuno tipo di scorporo della preesistente menomazione.
2. Col secondo motivo l'Inail solleva la violazione e falsa applicazione dell'art. 13 decreto legislativo 38 del 2000 e la violazione dell'articolo 137 del testo unico 1124 del 1965 (ex articolo 360 n. 3 c.p.c.): la Corte d'appello aveva errato poiché, nel momento in cui ha fondato la propria decisione sul presupposto che il S.R. fosse sempre stato affetto da silicosi e non da bronco-pneumopatia, avrebbe dovuto fare applicazione dell'articolo 137 del testo unico 1124/1965 in tema di revisione della rendita per intervenuto aggravamento della malattia professionale, riconoscendo un maggior grado di riduzione dell'attitudine al lavoro e non già come realmente effettuato una valutazione, peraltro complessiva, del danno biologico di una patologia impropriamente qualificata come nuova malattia professionale, che invece presentava la stessa noxa, la stessa sintomatologia e la stessa diagnosi di quella denunciata nella vigenza del testo unico 1124/65.
Il motivo è inammissibile e comunque infondato. Anzitutto perché la domanda era stata introdotta allo scopo di ricevere le prestazioni ex art. 13 d.lgs. 38/2000 per sopravvenuta nuova malattia (silicosi) e la Corte d'appello - incorrendo semmai in un vizio di motivazione - afferma nel contempo, sulla base della ctu, per un verso che le due malattie considerate non siano sovrapponibili e per altro verso invece che lo siano in relazione al danno biologico relativo allo stesso apparato respiratorio, o che addirittura S.R. sia stato affetto sempre da silicosi.
In ogni caso il motivo proposto dall'INAIL non può essere accolto perché, come risulta dalla sentenza impugnata, la prima malattia (bronco pneumoconiosi) era stata riconosciuta in base a precedente sentenza della Corte d'appello di Cagliari ed il motivo dell'INAIL si infrange sulla preclusione derivante dal giudicato.
3. - Con l’unico motivo di ricorso incidentale A.B. lamentava la violazione degli articoli 91 e 92 c.p.c. e l'omessa ed insufficiente motivazione ex articolo 360 numero 3 e 5 c.p.c. per avere la Corte d'appello disposto la compensazione delle spese processuali in relazione a distinti procedimenti in cui le controparti dell'Inail erano soggetti giuridicamente diversi.
Il motivo va rigettato in quanto la compensazione era stata disposta in virtù "dell'esito della lite", in relazione al quale non solo la A.B. si era vista rigettare la domanda di rendita proposta in proprio; ma aveva pure vinto la causa, come erede di S.R., con le ricordate (sofferte) argomentazioni adottate dalla Corte d'Appello, che hanno poi influito anche nella regolazione del regime delle spese. Deve pertanto sostenersi che la statuizione impugnata si sottragga alle censure di cui al motivo di ricorso, atteso che il potere giudiziale di disporre la compensazione delle spese nel caso in esame era regolato dall'art. 92 c.p.c. come riscritto dall'articolo 2 della legge n. 263 del 28 dicembre 2005 (ed applicabile ai procedimenti instaurati successivamente al 1 marzo 2006); in quanto il ricorso introduttivo della lite era stato depositato il 6.7.2007; pertanto, anche in mancanza di reciproca soccombenza, il potere di compensare le spese rientrava nelle facoltà del giudice essendo subordinato soltanto all'esistenza di "giusti motivi esplicitamente indicati nella motivazione". Non poteva applicarsi invece né la normativa codicistica precedente, la quale non richiedeva di indicare specificamente i giusti motivi nella motivazione (su cui S.U. n. 20598 del 30 luglio 2008); né la normativa successiva (introdotta dalla legge 69/2009 a decorrere dal 4.7.2009) la quale prevedeva che il medesimo potere fosse subordinato all'esistenza di "gravi ed eccezionali ragioni esplicitamente indicate nella motivazione" (prima della ulteriore modifica intervenuta con d.l. 12.9.2014 n. 132 conv. in 1.10.11.2014 n. 162 secondo cui la compensazione è possibile, in mancanza di reciproca soccombenza, solo "nel caso di assoluta novità delle questioni trattate o mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti" ).
4. - In conclusione, in ragione delle considerazioni che precedono, devono essere rigettati sia il ricorso principale, sia il ricorso incidentale.
5. - L'esito del giudizio e la novità delle questioni trattate giustificano la compensazione delle spese.
 

 

P.Q.M.

 


La Corte rigetta entrambi i ricorsi. Compensa le spese.
Roma, così deciso nella camera di consiglio del 6.12.2017