Cassazione Civile, Sez. Lav., 19 marzo 2018, n. 6774 - Indennizzo in rendita per danno biologico da silicosi con cardiopatia. Malattia nuova


 

 

 

 

 

Presidente: MAMMONE GIOVANNI Relatore: RIVERSO ROBERTO Data pubblicazione: 19/03/2018

 

 

 

Fatto

 


La Corte d'Appello di Cagliari con la sentenza n. 518/2012 ha accolto l'appello proposto dall'Inail avverso la sentenza del tribunale di Cagliari che aveva riconosciuto a M.F. il diritto di percepire l'indennizzo in rendita per danno biologico da silicosi con cardiopatia associata in misura pari al 25%, condannando l'Inail al pagamento del dovuto, oltre accessori.
A fondamento della sentenza la Corte territoriale - premesso che M.F. all'epoca della domanda amministrativa per silicosi del 22 febbraio 2008 già godeva di rendita per danno della capacità lavorativa da bronco- pneumopatia professionale da silicati e calcare (nella misura del 22%, elevata al 32% a decorrere dal gennaio 2010) - concordava con la tesi dell'appellante INAIL secondo cui la previsione del disposto dell'articolo 13, comma 6 del decreto legislativo 38 del 2000 trova ragione in presenza di due danni lavorativi concorrenti in diverso regime di tutela, unicamente per escludere l'applicabilità della formula Gabrielli nella valutazione del secondo, laddove il primo fosse stato già indennizzato: solo così andava intesa l'espressione "senza tenere conto delle preesistenze". Pertanto, in base alla legge, i postumi conseguenti ad eventi ricadenti nel precedente regime non possono essere unificati con postumi derivanti da eventi lesivi ricadenti nel nuovo regime del danno biologico e la valutazione del nuovo danno deve essere effettuata come se fosse conservata la preesistente integrità psicofisica. Tuttavia nel caso di preesistenze lavorative concorrenti interessanti lo stesso apparato, indennizzate nel vecchio regime, il danno della preesistenza doveva essere scorporato dal danno complessivo d'apparato, per definire così la quota di danno sopravvenuto da imputare al nuovo evento e solo l'eventuale maggior danno d'apparato, riconducibile alla invocata nuova tecnopatia può costituire presupposto per valutare il danno biologico oggetto di indennizzo, diversamente si andrebbe ad indennizzare due volte, in regimi diversi, lo stesso danno.
Inoltre nella fattispecie in esame l'unico elemento di novità era rappresentato dalla cardiopatia ipertensiva in trattamento rispetto alla quale, in base alla CTU, era da escludere una correlazione causale tra la presunta silicosi e la patologia cardiaca; e pertanto l'unico danno indennizzabile era quello direttamente riconducibile all'apparato respiratorio, rispetto al quale non emergeva alcun danno sopraggiunto oltre a quello già oggetto di indennizzo con la rendita in godimento, in quanto il CTU non aveva identificato quale fosse il danno indennizzabile rapportato alla nuova malattia, avendo considerato come se la silicosi fosse sopraggiunta su un apparato respiratorio assolutamente sano.
In conclusione, secondo la Corte d'Appello, l'eventuale silicosi non risultava una nuova malattia che si aggiunge alla precedente malattia diagnosticata come bronco-pneumopatia con diritto dell'assicurato di continuare a percepire la rendita in godimento in regime di testo unico numero 1124/65 ed ottenere il nuovo indennizzo ai sensi del decreto legislativo numero 38/2000; ed in definitiva l'appellato non poteva pretendere una irragionevole duplice indennizzo per la stessa malattia a carico dell'apparato respiratorio diagnosticata in passato come bronco- pneumopatia e ora come silicosi; conseguentemente il danno respiratorio ora riscontrato non risultava un danno sopravvenuto a quello preesistente già indennizzato ma coincideva con tale danno.
Contro la sentenza ha proposto ricorso per cassazione M.F. con tre motivi. L'Inail ha resistito con controricorso illustrato da memoria.
 

 

Diritto

 

1. - Col primo motivo il ricorso denuncia la violazione falsa applicazione degli articoli 3,140, 141 e 145 del d.p.r. 30 giugno 1965 numero 1124, dell'articolo 13, comma 11 decreto legislativo 38 del 2000 avendo la corte ritenuto che non spettasse la rendita per silicosi polmonare diagnosticata dal CTU principalmente per la ragione che a suo dire la silicosi denunciata nel vigore del nuovo regime sarebbe la stessa malattia rispetto alla bronco-pneumopatia liquidate in vendita nel vecchio regime; tale decisione era illegittima in quanto, come previsto dall'articolo 13 comma 11 del decreto legislativo 38, per quanto non previsto dalla legge andavano applicate le disposizioni del testo unico che prevedono l'indennizzabilità della silicosi, la quale contrariamente a quanto sostenuto erroneamente nella decisione impugnata è una malattia diversa dalla bronco-pneumopatia in quanto è causata dalla inspirazione di silice libera mentre la bronco-pneumopatia era causata dalla inspirazione di silicati e calcare, in base alle relative tabelle.
2. - Col secondo motivo viene dedotta la violazione falsa applicazione dell'articolo 13, commi 2 due, 3 e 6 del decreto legislativo 38 del 2000, degli articoli 66, 74 del d.p.r. 30 giugno 1965 numero 1124 e dell'articolo 12 delle disposizioni sulla legge in generale avendo la corte affermato che il danno della preesistenza deve essere scorporato dal danno complessivo d'apparato arrivando a configurare una ipotesi diversa che non trova alcun riscontro nell'articolo 13 comma 6, violando il primo generale criterio interpretativo della legge che è quello letterale. Inoltre i due sistemi di indennizzo previsti dalle predette normative sono del tutto differenti ed assolutamente impermeabili attesa la differenza concettuale, medico legale e dei criteri di calcolo posti alla base degli stessi; affermare che in caso di sopraggiunta silicosi, si dovrebbe tener conto delle preesistenze concorrenti, è in aperto contrasto con l'articolo 13 comma 6 del decreto legislativo 38 del 2000.
3. - Col terzo motivo viene sollevato il vizio di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti non avendo la Corte preso in considerazione che anche ipotizzando un raffronto, peraltro non ammesso dalla legge, tra le due malattie, non si sarebbe comunque pervenuti alle ingiusta duplicazione degli indennizzi; ma anzi sarebbe risultato che l'assicurato avrebbe percepito globalmente per entrambe le malattie una somma inferiore a quella che gli sarebbe spettata se la silicosi gli fosse stata indennizzata secondo i parametri e i criteri medico legali utilizzati nella vigenza del testo unico.
4. - I primi due motivi di ricorso, da esaminarsi unitariamente, per la connessione delle rispettive censure, sono fondati.
L'art. 13, comma 6 del d.lgs. 38/2000 prevede che "Il grado di menomazione dell'integrità psicofisica causato da infortunio sul lavoro o malattia professionale, quando risulti aggravato da menomazioni preesistenti concorrenti derivanti da fatti estranei al lavoro o da infortuni o malattie professionali verificatisi o denunciate prima della data di entrata in vigore dei decreto ministeriale di cui al comma 3 e non indennizzati in rendita, deve essere rapportato non all'integrità psicofisica completa, ma a quella ridotta per effetto delle preesistenti menomazioni, il rapporto e' espresso da una frazione in cui il denominatore indica il grado d'integrità' psicofisica preesistente e il numeratore la differenza tra questa ed il grado d'integrità psicofisica residuato dopo l'infortunio o la malattia professionale. Quando per le conseguenze degli infortuni o delle malattie professionali verificatisi o denunciate prima della data di entrata in vigore del decreto ministeriale di cui al comma 3 l'assicurato percepisca una rendita o sia stato liquidato in capitale ai sensi del testo unico, il grado di menomazione conseguente al nuovo infortunio o alla nuova malattia professionale viene valutato senza tenere conto delle preesistenze. In tale caso, l'assicurato continuerà a percepire l'eventuale rendita corrisposta in conseguenza di infortuni o malattie professionali verificatisi o denunciate prima della data sopra indicata. "
5. - L'intero comma 6 disciplina fattispecie di infortuni sul lavoro verificatisi o malattie professionali denunciate prima del 25 luglio 2000 (data di entrata in vigore del decreto ministeriale di cui al comma 3), seguite da eventi lesivi sotto il nuovo regime, e distingue due diverse ipotesi, allo scopo di raccordare il precedente ed il nuovo sistema indennitario.
5.1. Il primo periodo riguarda i casi di valutazione delle menomazioni preesistenti extralavorative o professionali non indennizzate in rendita (di cui si sono occupati le pronunce di questa Corte nn. 21452/2007, 12613/2008, 8761/2010, 12629/2015). Tali menomazioni preesistenti assumono rilevanza solo se concorrenti ed aggravanti la menomazione di origine lavorativa e sono prese in considerazione utilizzando la formula Gabrielli di cui all'art. 79 T.U.
5.2. Il secondo periodo riguarda invece la diversa ipotesi degli infortuni o malattie professionali anteriori indennizzate in rendita o in capitale ai sensi del D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124; in tal caso, l'assicurato continuerà a percepire l'eventuale rendita corrisposta in conseguenza di infortuni o malattie professionali verificatisi o denunciate prima del 12 luglio 2000, e il grado di menomazione conseguente al nuovo infortunio o alla nuova malattia professionale viene valutato senza tenere conto delle preesistenze. Vi è dunque una netta separazione tra i due regimi, con un regime più favorevole al lavoratore rispetto alla unificazione dei postumi invalidanti (previsto dall'art. 80 t.u. e dal D.Lgs. 23 febbraio 2000, n. 38, art.13 comma 4).
6. La fattispecie che ne occupa attiene alla seconda parte dell'art.13 comma 6 d.lgs. 38/2000, su cui non constano specifici precedenti di questa Corte.
In base alla norma di legge risulta che qualora il lavoratore goda di una rendita per una malattia professionale denunciata prima dell'entrata in vigore della disciplina dettata dal decreto legislativo 38/2000 (ovvero prima del 25 luglio del 2000) e successivamente venga colpito da una nuova malattia professionale (non importa se concorrente o coesistente) il grado di menomazione conseguente alla nuova malattia professionale deve essere valutato senza tenere conto delle preesistenti menomazioni; ed il lavoratore percepirà pertanto sia la rendita già liquidata in base al TU 1124/65 , sia la prestazione per la nuova malattia da liquidarsi in base allo stesso art. 13 del decreto legislativo numero 38 del 2000.
7. La legge non contempla la distinzione pretesa dalla difesa dell'Inail ed accolta dalla sentenza impugnata secondo cui in caso di nuova malattia si dovrebbe distinguere l'ipotesi del danno concorrente e quella del danno coesistente; nè consente di enucleare una terza ipotesi di valutazione delle preesistenze per il c.d. "danno biologico d'apparato" (rispetto a quelle regolate nel primo e nel secondo periodo dell'art.13, 6 comma).
E' perciò evidente che la soluzione presa dalla Corte d'appello cagliaritana, di scorporare il danno biologico d'apparato ovvero il danno biologico per bronco pneumopatia da quello per silicosi, sia in contrasto con la regola dettata dalla legge.
8. Essa contrasta infatti con la lettera dell'art.13 comma 6, secondo e terzo periodo, che non distinguono la malattia nuova (o l'infortunio nuovo) che riguardi lo stesso apparato da quello che non lo riguardi; applicano a tutti i nuovi eventi la stessa soluzione, secondo cui delle preesistenti invalidità "non si tiene conto" al fine di valutare - nell'ambito delle nuove prestazioni - il grado di menomazione ad essi relativi; e prevedono la regola della concorrenza delle prestazioni (" l'assicurato continuerà a percepire l'eventuale rendita corrisposta in conseguenza di infortuni o malattie professionali verificatisi o denunciate prima della data sopra indicata"). 
9. La stessa tesi contrasta con il criterio di interpretazione sistematica interno alla stessa norma, posto che il legislatore quando ha voluto prendere in esame e distinguere le "menomazioni preesistenti concorrenti" lo ha fatto esplicitamente (come appunto al comma 6, prima parte dell'art.13, per quelle extralavorative e non indennizzate in rendita ed affermare per essi l'applicazione della formula Gabrielli, già recepita nell'art. 79 t.u. 1124).
10. La tesi cozza inoltre con l'impianto della nuova normativa ispirato al principio di non unificazione dei postumi, di separatezza e coesistenza dei regimi e degli indennizzi. Sotto questo aspetto risulta che il preteso scorporo del danno biologico afferente alla pregressa bronco pneumopatia, comporterebbe altresì una applicazione retroattiva della disciplina del d.lgs.38/2000 relativa al danno biologico (sia pure in negativo, ai fini della sua sottrazione) ad una malattia precedente la sua entrata in vigore, in contrasto con la regola fondamentale della materia volta a regolare ciascun evento secondo le regole in vigore nell'ambito del proprio orizzonte temporale di riferimento.
11. La tesi contrasta altresì con la circolare interna Inail n.57/2000, emessa dopo il d.lgs.38/2000, nella quale a proposito della "valutazione delle preesistenze lavorative indennizzate in rendita" (punto 3.4.2.), si evidenza come in tal caso il grado di menomazione conseguente al nuovo infortunio o alla nuova malattia professionale (e cioè ricadenti nel nuovo regime) viene valutato senza tenere conto delle preesistenze e che "in questi casi, pertanto, la valutazione del nuovo danno viene effettuata come se la preesistente integrità psico-fisica fosse completa"; e pertanto senza alcuno tipo di scorporo della preesistente menomazione.
12. - Alla luce delle premesse, poiché le conclusioni effettuate dalla Corte d'appello sulla natura della silicosi rispetto alla bronco pneumopatia, sono inficiate dalla scorretta interpretazione dell'art.13, comma 6, qui disattesa, e secondo la quale il danno biologico da silicosi intervenuta in regime di d.lgs. 38/2000 debba essere scorporato da quello relativo alla precedente malattia, la sentenza deve essere cassata.
Va quindi disposto il rinvio della causa al nuovo giudice indicato nel dispositivo il quale si atterrà nella decisione ai principi di diritto indicati supra (punti 6 e 7) .
13. Il terzo motivo di ricorso, poiché logicamente subordinato al rigetto dei primi due, resta assorbito.
14. Il giudice del rinvio provvederà altresì alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità. In ragione dell'accoglimento del ricorso non sussistono i presupposti per disporre il raddoppio del contributo unificato ex art.13 comma 1 quater del DPR 115 del 2002.
 

 

P.Q.M.

 


La Corte accoglie i primi due motivi di ricorso assorbito il terzo; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese alla Corte d'Appello di Cagliari in diversa composizione.
Roma, così deciso nella camera di consiglio del 6.12.2017