Categoria: Cassazione penale
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Cassazione Penale, Sez. 4, 05 aprile 2018, n. 15204 - Infortunio occorso ad un saldatore durante il posizionamento delle barre sul cantilever. Mancanza di opportuna valutazione dei rischi e di adeguata formazione


 

 

 

 

 

Presidente: BLAIOTTA ROCCO MARCO Relatore: RANALDI ALESSANDRO Data Udienza: 14/02/2018

 

 

 

Fatto

 

1. Con sentenza del 6.2.2017 la Corte di appello di L'Aquila, in parziale riforma della sentenza di primo grado, previa concessione all'imputato V.DC. delle attenuanti generiche equivalenti alla contestata aggravante, ha rideterminato la pena in € 7.500 di multa, così sostituita ai sensi della legge 689/81 la pena detentiva di mesi uno di reclusione, e per il resto ha confermato la declaratoria di penale responsabilità dell'imputato in relazione alle lesioni colpose cagionate al dipendente A.B.C., in occasione dell'infortunio sul lavoro presso la sede della ditta individuale del V.DC. (fatto del 20.4.2010), avvenuto con le seguenti modalità: il lavoratore, con la qualifica di saldatore, transitando davanti ad un bancale di tubolari di ferro del peso di circa 20 quintali, veniva attinto dalle barre posizionate sullo scaffale, che gli cadevano addosso, cagionandoli le lesioni in atti indicate.
2. Si addebita all'imputato, quale datore di lavoro, una serie di condotte omissive, causalmente riconducibili all'infortunio, quali l'omessa redazione di un documento di valutazione dei rischi, l'omessa designazione di un RSPP, l'omessa informazione ai lavoratori sui rischi per la salute e la sicurezza sul lavoro e di formazione dei medesimi sui rischi riferiti alle mansioni, l'omessa adozione nei locali di lavoro di apposita segnaletica di sicurezza.
Secondo la Corte di appello la mancanza di una formazione in senso formale dei lavoratori e soprattutto la mancanza di formazione e di un DVR riguardo alle procedure esecutive delle operazioni di movimentazione e di stoccaggio, rispetto alle quali regnava grande confusione tra i dipendenti dell'azienda - avendo alcuni (tra i quali il N. e la persona offesa) riferito che non era necessario rilegare le barre prima di riporle sulla scaffalatura, altri invece affermato il contrario -, ha determinato l'evento, nel senso che, a giudizio della Corte territoriale, la rovinosa caduta delle barre - esclusa l'ipotesi difensiva di un intervento attivo del lavoratore - poteva essere stata provocata unicamente da un maldestro riposizionamento delle stesse, avvenuto la sera prima dei fatti, quando le barre erano state rimesse sullo scaffale, dopo essersi ribaltate, così come si trovavano.
3. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l'imputato, a mezzo del proprio difensore, articolando diversi motivi, di seguito sinteticamente illustrati.
I) Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla ricostruzione della dinamica dell'Infortunio e dunque in ordine all'accertamento della condotta omissiva colposa del datore di lavoro e della norma antinfortunistica violata.
Deduce che la Corte territoriale non ha ricostruito la dinamica dell'infortunio in maniera logica e plausibile, in maniera tale da soddisfare il canone di giudizio dell'oltre ogni ragionevole dubbio.
Sostiene che a fronte della pacifica impossibilità, accertata dal giudice di primo grado, che le barre, anche se slegate e riposte non correttamente sul cantilever, potessero cadere da sole, non è stata fornita alcuna ragione tecnica o scientifica che ciò possa essere di contro accaduto. Il tutto senza che la Corte territoriale abbia fornito la dimostrazione della incompletezza o incoerenza delle argomentazioni del giudice di primo grado, secondo cui la caduta delle barre era stata determinata da un'azione maldestra del dipendente, che nello sciogliere il filo di ferro utilizzato per le legature delle barre, aveva tirato il filo stesso verso di sé, dall'alto verso il basso, determinando il rovesciamento delle stesse.
Denuncia il ragionamento apodittico del giudice di appello nella parte in cui ritiene, con riferimento al video prodotto dalla difesa, che la trazione del filo è stata effettuata con una forza muscolare «davvero non indifferente», e che «ci sono voluti poi almeno sette secondi di 'strattonamenti' prima che avvenisse la caduta della prima barra», per cui sarebbe «inverosimile che il A.B.C. possa avere messo in atto una tale operazione: per effettuarla avrebbe infatti dovuto impiegare una forza fisica davvero eccessiva». Né ritiene possibile affermare, come fa la Corte senza un esperimento o una perizia tecnica, che il filo tirato da sotto non avrebbe potuto provocare quello che invece ha provocato una volta tirato da lontano, come dimostrato dal video.
Lamenta che la motivazione è viziata per aver affermato che il lavoratore ha riportato lesioni localizzate nella parte destra del corpo, mentre dai referti emerge chiaramente che tali lesioni sono riportate nella parte sinistra.
Deduce che la ricostruzione sulla dinamica dell'incidente è avvenuta sulla base di un ragionamento per esclusione, ossia escludendo la ricostruzione dei fatti proposta dalla difesa e propugnando invece quella della caduta autonoma delle barre, senza verificare se la stessa sia in natura realmente praticabile ed omettendo una valutazione unitaria degli elementi probatori emersi. Lamenta la carenza motivazionale della sentenza nella parte in cui nulla osserva sul fatto che l'esperimento condotto dal dott. P. (riversato nel video difensivo prodotto) nonché le osservazioni dell'ing. I., con particolare riferimento al momento flettente dell'acciaio ed all'impossibilità di azzeramento dei gradi di pendenza dell'inclinazione del braccio di contenimento della rastrelliera, hanno dimostrato assoluta stabilità, sconfessando l'ipotesi di una caduta improvvisa delle barre dalla rastrelliera, che non avrebbe potuto verificarsi "tecnicamente" a cagione dell'impossibilità di ribaltamento delle stesse in relazione agli accorgimenti approntati dal V.DC.. 
Rileva, in sostanza, che la sentenza di appello, che ha ricostruito l'infortunio in maniera decisamente diversa rispetto alla sentenza del Tribunale, ma con le carenze motivazionali e logiche dianzi accennate, non è dotata di una forza persuasiva superiore, tale da far cadere ogni ragionevole dubbio in ordine alla dinamica del sinistro, avendo basato il proprio convincimento su valutazioni apodittiche e non riscontrate scientificamente.
II) Violazione di legge e vizio di motivazione, sotto il profilo del travisamento della prova, per avere la Corte di appello fondato il proprio convincimento su un risultato di prova, la testimonianza della persona offesa costituitasi parte civile, incontestabilmente diverso da quello reale, non essendo stato accertato che le barre il giorno prima dell'Infortunio fossero state riposte in maniera disordinata sulla rastrelliera, circostanza negata dal teste N.; vizio di motivazione in ordine all'attendibilità delle dichiarazioni rese dalla persona offesa e dal teste L. ed alla ritenuta inattendibilità parziale del teste N..
Deduce che la Corte di merito non ha fornito spiegazione delle ragioni per cui ha ritenuto attendibile e plausibile la testimonianza della persona offesa, nonostante le intrinseche contraddizioni e la smentita di tali affermazioni da parte degli altri lavoratori sentiti, secondo cui le barre cadute erano posizionate correttamente e legate fra loro.
Denuncia l'inadeguata motivazione sul giudizio di inattendibilità del teste N., che non aveva motivo di manifestare ritrosia nel narrare compiutamente l'accaduto, non svolgendo più alcuna attività lavorativa presso l'azienda del V.DC. da ben tre anni e non avendo alcunché da temere dalla sua deposizione, inoltre non avendo fatto alcuna excusatio non petita, limitandosi a rispondere alle sollecitazioni del giudice.
III) Violazione di legge e vizio di motivazione circa l'accertamento della colpevolezza dell'imputato al di là di ogni ragionevole dubbio in ordine alla prova del nesso causale tra la condotta omissiva colposa del datore di lavoro e la lesione riportata dal dipendente.
Deduce che il parametro della formazione-informazione dei lavoratori non deve essere valutato in modo formale ma in modo circoscritto e deve essere posto in relazione precisa con la condotta in concreto realizzata. L'istruttoria dibattimentale ha dimostrato la perfetta conoscenza da parte dei dipendenti delle procedure di stoccaggio, contrariamente a quanto sostenuto in sentenza.
IV) Violazione di legge, per non avere la Corte di appello disposto d'ufficio la rinnovazione della prova dichiarativa del A.B.C., del L. e del N., nonché il confronto tra il A.B.C. ed il N.; mancato rispetto del canone di giudizio "al di là di ogni ragionevole dubbio". 
Deduce che tali prove avrebbero dovuto essere rinnovate sulla scorta del principio enunciato dalla Corte Edu nella nota sentenza del 5.7.2011 nel caso Dan c/Moldavia, atteso che l'obbligo di rinnovare l'istruzione ed escutere nuovamente i dichiaranti, qualora il giudice di appello valuti diversamente la loro attendibilità, rispetto a quanto ritenuto nel giudizio di primo grado, costituisce espressione di un generale principio di immediatezza e oralità, e vincola il giudice dell'impugnazione anche nell'ipotesi in cui vi sia stata condanna in primo grado.
4. Il difensore della parte civile ha depositato memoria con la quale eccepisce che il ricorrente non ha formulato precise conclusioni e comunque ne contesta la ricostruzione dei fatti, precisando che il A.B.C. non ha mai toccato le barre, non ha tirato lacci e non ha mai posto in essere alcuna situazione "abnorme", rilevando che le barre sono cadute perché erano mal riposte. Chiede che il ricorso sia dichiarato nullo e comunque rigettato.
Con ulteriore memoria osserva che l'imputato avrebbe dovuto accertarsi, alla fine del giorno precedente il sinistro, che le barre appena arrivate, come riferito dal teste N., fossero ben riposte e ben salde sul cantilever. Soggiunge che il perito ha ben evidenziato l'assenza di sistemi anticaduta che avrebbero potuto impedire la caduta dall'alto del materiale stoccato.
5. Con memoria depositata il 26.1.2018 il difensore dell'imputato, in relazione alla eccepita nullità del ricorso perché privo delle conclusioni richieste dal protocollo d'intesa siglato dal Presidente della Corte di cassazione e dal Consiglio Nazionale Forense, deduce che tale protocollo non è "normato" e dalla violazione dello stesso non può derivare alcuna nullità. Deduce che le "richieste" (e non conclusioni) ex art. 581 cod. proc. pen. si traggono implicitamente dal contenuto complessivo dell'atto di impugnazione.
Rassegna un motivo nuovo, sotto il profilo del travisamento della prova, per avere la Corte di appello fondato il proprio convincimento circa la responsabilità penale dell'imputato su una prova che non esiste. In particolare osserva che la Corte ha ritenuto che il lavoratore, al momento dell'infortunio, fosse "intento a guardare per terra e probabilmente piegato in avanti alla ricerca dei fili di ferro", ma tale circostanza non è mai emersa dall'Istruttoria dibattimentale, così come non è emerso che il lavoratore avesse toccato o solo sfiorato il carico di barre cadutogli addosso, come ritenuto dal giudice di merito. Rileva, quindi, che la Corte di merito ha espresso una ipotesi "probabilistica" su un punto fondamentale quale quello della dinamica, partendo da dati probatori inesistenti. 
6. Con ulteriore memoria il ricorrente contesta la ricostruzione offerta dalla parte civile, secondo cui il teste N. avrebbe detto che le barre erano state mal posizionate per la fretta richiesta dal datore di lavoro, rilevando che in realtà si tratta di affermazioni dell'imputato e non del teste.
7. Con memoria di replica depositata il 5.2.2018 la parte civile ribadisce la richiesta di nullità del ricorso per mancanza delle richieste di cui alla lett. b) dell'art. 581 cod. proc. pen.
 

 

Diritto

 


1. I motivi di ricorso possono essere trattati congiuntamente, in quanto gli stessi, in definitiva, lamentano, sotto diverse angolazioni, la circostanza che la Corte di appello abbia confermato il giudizio di responsabilità del prevenuto sulla base di un ricostruzione dei fatti diversa da quella accertata dal giudice di primo grado, che il ricorrente ritiene apodittica e congetturale, in quanto non fondata su basi scientifiche e contrastante con le evidenze istruttorie, che avrebbero accertato che le barre non potevano essere cadute autonomamente.
1.1. Al riguardo si deve dare atto che, in effetti, su molti punti la ricostruzione del giudice di appello si fonda su argomentazioni che non spiegano adeguatamente come siano cadute le barre: la tesi è che sarebbero state mal riposte, ma il video difensivo dimostrerebbe (a detta del primo giudice) che ciò non basterebbe a determinare la caduta dei profilati, posto che, secondo quanto processualmente accertato, i bracci della rastrelliera su cui erano riposti, presentando un angolo di 3 gradi, ne avrebbe impedito in ogni caso la caduta.
1.2. Tuttavia, le censure del ricorrente non colgono nel segno, in quanto le modalità di caduta dei profilati, a ben vedere, non rilevano ai fini del giudizio di responsabilità del datore di lavoro, che nel caso attiene a puntuali addebiti di carattere omissivo, che prescindono dalla esatta ricostruzione delle modalità dell'incidente: non avere il datore di lavoro approntato tutta una serie di accorgimenti, previsti dalla normativa antinfortunistica (predisposizione di DVR, informazione e formazione dei lavoratori sui rischi e sulle procedure di stoccaggio ecc.), che ben avrebbero potuto evitare/ridurre il rischio di verificazione dell'evento (caduta delle barre addosso al lavoratore), comunque pacificamente concretizzatosi, secondo modalità certamente non riconducibili ad un comportamento abnorme o eccentrico del soggetto infortunato.
2. In estrema sintesi, entrambe le sentenze di merito hanno correttamente addebitato al prevenuto, sul piano colposo omissivo, i due profili della mancata gestione del rischio e del deficit di formazione dei lavoratori (ivi compreso il lavoratore infortunato), che hanno avuto indubbia rilevanza causale nella determinazione dell'evento.
2.1. Il primo giudice ha correttamente evidenziato la totale assenza nell'impresa dell'imputato di un documento di valutazione dei rischi nella forma autocertificata prevista obbligatoriamente dalla legge, sicché all'epoca dell'infortunio non vi era alcun documento che prevedesse la valutazione del rischio di caduta dall'alto delle barre collocate sul cantilever. Né vi era alcun documento che attestasse una formazione o informazione dei dipendenti su rischi comuni o su rischi specifici connessi a quello di caduta del materiale accatastato sulle rastrelliere. E' stato, insomma, accertato, con valutazione di merito congrua e logica, come tale insindacabile in cassazione, che i lavoratori dell'impresa del V.DC. non erano a conoscenza di disposizioni specifiche che avessero ad oggetto le corrette modalità di esecuzione dei lavori, con riguardo ai rischi connessi al posizionamento delle barre sul cantilever.
In definitiva, secondo il primo giudice, non era stato previsto dal datore di lavoro, nelle forme di legge, un rischio di caduta dall'alto di materiali stoccati, né i lavoratori erano stati formati e informati sulle procedure da utilizzare per minimizzare questo rischio.
2.2. Tale valutazione è sostanzialmente consonante con quella formulata dalla Corte d'appello, secondo cui la mancanza di una formazione - formale e sostanziale - dei lavoratori riguardo alle procedure esecutive delle operazioni di movimentazione e di stoccaggio, nonché l'omessa redazione di un documento di valutazione dei rischi, ha avuto rilievo determinante nella causazione del sinistro e nell'addebito di responsabilità colposa del prevenuto.
2.3. L'indicato duplice tratto colposo della condotta è idoneo a giustificare l'affermazione di responsabilità.
Va, infatti, qui ribadito che la valutazione dei rischi ed il relativo documento costituiscono efficaci strumenti al servizio della sicurezza, consentendo la messa a fuoco delle situazioni pericolose e, conseguentemente, l'adozione delle adeguate misure di sicurezza. Le omissioni o carenze del documento non fanno, tuttavia, venire meno gli ulteriori obblighi datoriali previsti dalla legge (Sez. 4, n. 24452 del 19/03/2015, Fontanin, Rv. 26372601). La constatazione del rischio impone ai garanti medesimi, nell'ambito delle loro rispettive competenze, di adottare le misure appropriate, nel caso totalmente mancate: il rischio non è stato previsto né valutato, quindi non è stato in alcun modo governato dal V.DC., nonostante la sua indubbia esistenza, tanto da non formarne neanche oggetto di informazione-formazione dei lavoratori, come era invece doveroso e obbligatorio per legge.
2.4. Sul piano della causalità omissiva, entrambe le sentenze di merito sono sostanzialmente concordi nell'evidenziare la responsabilità del datore di lavoro, per avere pacificamente omesso di approntare il DVR e di formare i lavoratori sui rischi connessi all'utilizzo delle scaffalature in questione, omissioni ritenute congruamente riconducibili, sul piano controfattuale, all'incidente in disamina, visto che quel rischio - che avrebbe dovuto essere adeguatamente valutato e su cui i lavoratori avrebbero dovuto essere specificamente formati - si è poi concretizzato proprio in ragione di tali mancanze.
2.5. La censura del ricorrente sul tema della formazione dei lavoratori è chiaramente inammissibile, perché sul punto pretende una rivalutazione dei fatti da parte della cassazione in senso difforme da quanto accertato da entrambi i giudici di merito, i quali hanno congruamente e logicamente motivato in ordine alla mancanza di una corretta formazione dei lavoratori da parte dell'imputato, al di là di una mera formazione "sul campo", chiaramente inidonea e comunque insufficiente rispetto a quanto prescritto dalla normativa antinfortunistica.
3. E' priva di pregio la doglianza sulla mancata rinnovazione della prova dichiarativa da parte della Corte territoriale, posto che il principio di necessaria rinnovazione istruttoria in appello della prova dichiarativa decisiva diversamente interpretata, vale solo per il caso di ribaltamento in condanna della decisione assolutoria di primo grado, in ragione del rispetto del canone di giudizio "al di là di ogni ragionevole dubbio", che impone di acquisire la prova dichiarativa con la modalità migliore (assunzione orale) sul piano epistemologico (Sez. U, n. 27620 del 28/04/2016, Dasgupta, Rv. 26748701). Tale problematica non si pone nel caso di specie, in cui ci si trova di fronte a due sentenze che, pur con motivazioni in parte diverse sul piano fattuale, sono concordi nel giudizio di responsabilità penale dell'imputato. Peraltro neanche si pone un problema di prova dichiarativa "decisiva", visto che, come già detto, le dichiarazioni testimoniali sulla ricostruzione del fatto non assumono particolare rilevanza rispetto al thema decidendum della responsabilità omissiva del datore di lavoro rispetto all'evento lesivo.
4. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al rimborso delle spese in favore della parte civile, liquidate come da dispositivo.
 

 

P.Q.M.

 


Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al rimborso delle spese di giudizio in favore della parte civile, liquidate in € 2.500,00 oltre agli accessori di legge.
Così deciso il 14 febbraio 2018