Cassazione Penale, Sez. 4, 18 aprile 2018, n. 17392 - Esplosione di un forno in un laboratorio di pasticceria. Sviluppo argomentativo di merito non sufficiente a sostenere una pronuncia di condanna: annullamento con rinvio


 

Presidente: DI SALVO EMANUELE Relatore: MENICHETTI CARLA Data Udienza: 21/02/2018

 

 

 

Fatto

 


1. La Corte d'Appello di Palermo, con sentenza in data 3 febbraio 2017, confermava, anche relativamente alle statuizioni civili, la pronuncia di condanna resa dal Tribunale cittadino nei confronti di A.G., titolare della ditta "Dolceforno s.r.l.", perché responsabile delle gravi lesioni personali subite dal lavoratore dipendente D.P., conseguenti alla esplosione di un forno rotativo modello "Quasar" a gas gpl installato nel laboratorio di tale ditta.
2. Dalle risultanze istruttorie dibattimentali era emerso che in data 2 dicembre 2010 il D.P., dopo aver infornato una notevole quantità di biscotti tra i cui ingredienti figurava anche il liquore, era stato investito dallo scoppio del forno.
La responsabilità di tale evento - non contestato nelle sua dinamica - era stata attribuita alla A.G., datrice di lavoro, per non aver istruito il dipendente sulle modalità di uso del forno ed, in particolare, per non averlo informato che non vi potessero essere cotti alimenti contenenti sostanze infiammabili.
I giudici di merito avevano ritenuto non sufficiente, sotto il profilo della prevenzione antinfortunistica, la circostanza che sul vetro del forno fosse apposta una targhetta gialla recante la dicitura che era pericoloso introdurre in camera prodotti contenenti soluzioni alcoliche, che evaporando per la temperatura potevano determinare lo scoppio del forno.
Sul punto osservavano infatti che la parte lesa aveva riferito di non averci mai fatto caso ed aveva ribadito che non era mai stato informato che non vi potessero essere cotti alimenti contenenti liquore, né dalla sua datrice di lavoro, né dal responsabile della sicurezza G.V. . Sul punto, nessun rilievo poteva essere attribuito al verbale di formazione-informazione annuale datato 16.11.2010 e sottoscritto dal D.P., in quanto da tale documento non si evincevano le informazioni specifiche che erano state date e soprattutto in relazione a quali macchinari, citati solo genericamente.
Neppure l'assunto difensivo che l'imputata lasciasse i propri dipendenti operare in piena autonomia, ignorando gli ingredienti utilizzati in pasticceria, poteva valere - secondo la Corte di Palermo - ad escludere la sua responsabilità per l'infortunio in oggetto, gravando sul datore di lavoro precisi obblighi di vigilanza e controllo, insiti nella sua posizione di garanzia e non venuti meno per effetto della nomina di un responsabile del servizio di protezione e prevenzione. In ogni caso, secondo espressa normativa, ogni preparato prodotto artigianalmente, compreso quello dolciario che aveva portato all'esplosione, doveva essere etichettato con l'analitica indicazione degli ingredienti, e dunque la A.G. era tenuta a sapere che per la preparazione di quei dolci alle mandorle era utilizzato un impasto a base di liquore distillato, che non poteva essere infornato in quella macchina, di cui invece normalmente il pasticciere si serviva, in spregio di precisa cautela. Alla dirigenza aziendale spettava in ogni caso l'organizzazione del lavoro, posto che vi erano altri idonei forni a disposizione.
3. Ha proposto ricorso l'imputata, tramite il difensore di fiducia, per due distinti motivi.
3.1. Con il primo motivo lamenta contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, travisamento delle risultanze dell'istruttoria dibattimentale e delle difese svolte nei motivi di appello. La Corte territoriale non aveva tenuto in debito conto la targhetta gialla apposta sulla parte frontale del forno, che esordiva con la dicitura "attenzione" e vietava l'introduzione di alimenti contenenti sostanze alcoliche, né la circostanza che il D.P. avesse a disposizione un altro forno, posto accanto a quello esploso, ove era consentito infornare qualunque prodotto senza alcun divieto. Dunque il dipendente, assunto da tre anni, aveva tenuto un comportamento abnorme e la datrice di lavoro non poteva immaginare che egli, esperto pasticciere, non avesse letto quella targhetta così ben visibile. Il D.P. inoltre aveva sottoscritto i moduli per la formazione ed aveva dichiarato all'ispettore della ASL di essere stato formato ed informato su come utilizzare il forno.
Con il secondo motivo deduce violazione dell'art.541 c.p.p., con riferimento alla condanna alle spese in favore della parte civile Inail, di fatto esclusa dal processo e non appellante. Espone la ricorrente che la sentenza di primo grado aveva omesso di provvedere sulla pretesa risarcitoria dell'Inail e che la Corte di Palermo aveva ritenuto tale errore non emendabile, mancando un appello sul punto: ciò nonostante, pur non risultando accolta la pretesa risarcitoria dell'Inail, l'imputata era stata condannata alla rifusione delle spese in favore della detta parte civile.
4. L'Inail ha presentato memoria con cui chiede il rigetto del ricorso, ritenendo ben motivata la sentenza impugnata relativamente all'affermazione di responsabilità dell'imputata. Deduce poi l'infondatezza del motivo di ricorso relativo alle spese disposte in suo favore, avendo l'Inail partecipato al processo e rassegnato le proprie conclusioni.
 

 

Diritto

 


1. Il primo motivo di ricorso è fondato.
2. Questa Corte si è già pronunciata nel senso che il sistema della normativa antinfortunistica si è evoluto, passando da un modello "iperprotettivo", interamente incentrato sulla figura del datore di lavoro, quale soggetto garante investito di un obbligo di vigilanza assoluta sui lavoratori, ad un modello "collaborativo", in cui gli obblighi sono ripartiti tra più soggetti, compresi i lavoratori. Di conseguenza, il datore di lavoro, dopo aver fornito al lavoratore i dispositivi di sicurezza ed avere adempiuto a tutte le obbligazioni proprie della sua posizione di garanzia, non risponde delle lesioni personali derivate da una condotta esorbitante ed imprevedibilmente colposa del lavoratore (Sez.4, n.8883 del 10/2/2016, Rv.266073).
3. Tanto premesso, rileva il Collegio che la Corte di Palermo non si è adeguatamente soffermata, nella motivazione della sentenza impugnata, né sull'adempimento da parte dell'A.G. degli obblighi derivanti dalla sua posizione di datore di lavoro, né sulla condotta imprudente del lavoratore, esperto pasticcere ed assunto da tre anni dalla Dolce Forno S.r.l.
Sotto il primo profilo, risulta acclarato e non contestato che sul vetro esterno del forno in oggetto fosse apposta una ben visibile targhetta gialla che avvisava della pericolosità di introdurre prodotti contenenti soluzioni alcoliche o sostanze volatili con rischi di scoppio e che nel laboratorio di pasticceria vi fosse a disposizione un altro forno, nel quale non vigeva tale divieto e poteva dunque servire alla cottura di alimenti con qualsiasi ingrediente.
La sentenza - rispondendo ai motivi di appello - ha dato particolare risalto alla circostanza che gli ingredienti dei prodotti dovessero essere necessariamente noti alla A.G., stante l'obbligo di analitica etichettatura di quanto contenuto nelle preparazioni dolciarie e la consapevolezza degli acquisti di liquori, ed ha escluso una condotta imprevedibilmente imprudente del lavoratore nel servirsi del forno "Quasar", nonostante la visibile etichetta gialla di allerta e la disponibilità di altro forno, attribuendo a deficienze organizzative aziendali il fatto che quel forno venisse abitualmente utilizzato in contrasto con la normativa di sicurezza.
Nel richiamare poi genericamente la motivazione della sentenza di primo grado, la Corte ha condiviso l'affermazione del Tribunale secondo cui l'apposizione della targhetta in parola non potesse essere invocata per escludere la responsabilità della datrice di lavoro, perché il D.P. non era stato formato ed informato sulle modalità di utilizzo del forno, e neppure fosse significativa la firma apposta sul verbale di informazione annuale datato 16.11.2010, in cui il dipendente aveva sottoscritto di aver ricevuto informazioni sui macchinari in uso: e ciò perché il pasticcere aveva dichiarato di non aver fatto caso alla targhetta situata sulla porta del forno e di aver firmato il verbale senza leggerlo.
Tale sviluppo argomentativo non appare sufficiente a sostenere una pronuncia di condanna, sia laddove si trincera dietro le dichiarazioni superficiali del D.P. quali "non ho visto", "non ho letto", "non ho prestato attenzione a quello che firmavo" sia laddove afferma, senza fornirne obiettivi riscontri, che la A.G., benché avesse assunto un lavoratore esperto a cui aveva messo a disposizione anche un altro forno senza precauzioni per l'utilizzo, fosse a conoscenza che per la cottura dei prodotti contenenti alcolici fosse abitualmente usato il forno "Quasar" ed avesse tollerato per anni questo utilizzo, vietato dalla normativa di sicurezza.
4. Per tali ragioni la sentenza impugnata va annullata, con rinvio per nuovo e più approfondito esame ad altra Sezione della Corte d'Appello di Palermo, che si pronuncerà anche sulla regolamentazione delle spese tra le parti relative a questo giudizio di legittimità.
Resta assorbito il secondo motivo relativo alla posizione dell'Inail.
 

 

P.Q.M.

 


Annulla la sentenza impugnata e rinvia, per nuovo giudizio, ad altra sezione della Corte di Appello di Palermo, cui demanda pure la regolamentazione delle spese tra le parti in relazione al presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma il 21 febbraio 2018