Cassazione Penale, Sez. 4, 30 aprile 2018, n. 18677 - Crollo di un solaio. Ruolo del titolare della società a cui è stata appaltata la realizzazione della pavimentazione del capannone e del preposto di fatto


 

In materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, in base al principio di effettività, assume la posizione di garante colui il quale di fatto si accolla e svolge i poteri del datore di lavoro, del dirigente o del preposto (Sez.4, n. 50037 del 10/10/2017 Ud., Rv. 271327). Su L.A. incombevano, pertanto, gli obblighi il cui mancato adempimento è stato contestato ed ha determinato la presente condanna - in particolare gli obblighi di verificare affinché soltanto i lavoratori che hanno ricevuto adeguate istruzioni accedano alle zone che li espongono ad un rischio grave e specifico e di informare il più presto possibile i lavoratori esposti al rischio di un pericolo grave e immediato circa il rischio stesso e le disposizioni prese o da prendere in materia di protezione (art. 19 lett. b e lett. d, del d.lgs. n. 81 del 2008) e di cooperare all’attuazione delle misure di prevenzione e protezione dai rischi sul lavoro incidenti sull’attività lavorativa oggetto dell’appalto e di coordinare gli interventi di protezione e prevenzione dai rischi cui sono esposti i lavoratori, informandosi reciprocamente anche al fine di eliminare rischi dovuti alle interferenze tra i lavori delle diverse imprese coinvolte nell’esecuzione dell’opera complessiva (26 del d.lgs. n. 81 del 2008).


Presidente: FUMU GIACOMO Relatore: PICARDI FRANCESCA Data Udienza: 05/04/2018

 

 

Fatto

 

 

 

1. La Corte di Appello di Bari, in parziale riforma della sentenza di primo grado del Tribunale di Bari, ha dichiarato M.V., in qualità di titolare della società a cui era stata appaltata la realizzazione della pavimentazione del capannone e conseguentemente datore di lavoro di G.G. e G.D., colpevole del reato di cui agli artt. 589, secondo e terzo comma, e 590, secondo e terzo comma, cod.pen. per avere cagionato, omettendo di accertare la sicurezza dell'ambiente di lavoro, la morte di G.G. e le lesioni gravi di G.D., e lo ha condannato alla pena sospesa di mesi sei e giorni 15 di reclusione, oltre al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio. La Corte di Appello di Bari ha, altresì, confermato la condanna di L.A., quale progettista e direttore di produzione e del montaggio della struttura prefabbricata, per gli stessi reati.
2. In data 2 luglio 2008, G.G. e G.D., dipendenti della società M.V. e impegnati nella realizzazione della soletta collaborante di completamento del solaio prefabbricato del secondo piano di un capannone in costruzione presso la Bridgestone, sono precipitati a causa del cedimento dei T. su cui poggiavano le lastre prefabbricate e del conseguente crollo del solaio del secondo piano su cui si trovavano: il primo è deceduto ed il secondo ha riportato gravi lesioni. I lavori de quibus s'inserivano nell'ambito della realizzazione di un capannone prefabbricato la cui progettazione ed esecuzione era stata commissionata dalla Bridgestone alla Beton Prefabricati, che, a sua volta, ne aveva appaltato il montaggio alla C.S.M., mentre la realizzazione della pavimentazione era stata appaltata dalla Bridgestone alla società M.V.. La soletta collaborante, nel progetto originario e depositato al genio civile, doveva essere continua, mentre era stata realizzata un'apertura per il passaggio di tubi e cavi, "sicuramente su richiesta della Bridgestone", eliminando un tegolo, tagliando l'ala di uno dei due T. che la delimitavano e posizionando delle lastre prefabbricate appoggiate sulle ali dei T.. Il crollo del solaio è stato determinato dal cedimento delle ali dei T. che non avevano sopportato il peso della lastra, delle persone e della gettata di calcestruzzo e che avrebbero dovuto essere previamente messe in sicurezza con operazioni di puntellamento.
3. La Corte di Appello di Bari ha confermato la condanna di L.A., in quanto lo stesso, quale direttore del montaggio delle opere prefabbricate (montaggio che la CSM aveva eseguito per conto della Beton Prefabbricati), avrebbe dovuto seguire l'andamento dei lavori di montaggio della struttura e comunicare sollecitamente la necessità di puntellamento della zona a rischio crollo, diffidando chiunque dall'iniziare i lavori di realizzazione della soletta colloborante, come, peraltro, previsto nel piano operativo di sicurezza della stessa Beton Prefabbricati. Ha, invece, ribaltato la sentenza assolutoria nei confronti di M.V., in quanto, mentre il giudice di primo grado ha escluso rientrasse nei compiti di quest'ultimo, in qualità di datore di lavoro, verificare la solidità strutturale della struttura realizzata da altri, non essendo stato evidenziato il rischio del crollo né della committente Bridgestone né dalle altre imprese, ad avviso del giudice di secondo grado, essendo rilevabile ictu oculi l'instabilità strutturale, secondo quanto emerso dalla deposizione di A.LT., la società M.V. non avrebbe dovuto svolgere i lavori prima del necessario puntellamento.
4. Avverso tale sentenza hanno proposto tempestivamente ricorso per cassazione, a mezzo di difensore, M.V. e L.A..
M.V. ha successivamente depositato memoria difensiva.
5. M.V. ha denunciato l'inosservanza o erronea applicazione o violazione dell'art. 40 cod.pen. in relazione al d.lgs. n. 81 del 2008, nonché la mancanza o manifesta illogicità della motivazione, dovuta ed evidente travisamento di fatti decisivi in relazione alla normativa speciale in tema di salute e sicurezza sul lavoro, atteso che il rischio del cedimento strutturale del solaio non era contemplato nel piano di sicurezza e coordinamento, né avrebbe potuto essere rilevato dal ricorrente, privo delle specifiche competenze, essendo stato determinato l'indebolimento ed il crollo della struttura dalla variante progettuale in corso d'opera, avente ad oggetto l'apertura di un varco sul pavimento per il passaggio di cavi e tubi, e potendo, pertanto, essere nota solo al progettista, che aveva l'obbligo di calcolare gli effetti di detta variante, come confermato, peraltro, dalla circostanza che neppure l'Ispettorato del Lavoro aveva elevato alcuna contestazione al ricorrente; ha lamentato, inoltre, l'erronea applicazione degli artt. 192, , 533, 593, 602, 603 cod.proc.pen. nonché la mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, in quanto, essendo stata fondata la riforma della sentenza assolutoria, sulle dichiarazioni del c.t. prof. T., si sarebbe dovuto procedere alla rinnovazione parziale dell'istruttoria.
3.L.A. ha denunciato con il primo motivo la mancanza di motivazione rispetto ai motivi di appello ed in particolare riguardo alla necessità che i lavori della società di M.V. fossero eseguiti solo dopo il completamento del montaggio delle opere prefabbricate, non ancora avvenuto in assenza di consegna dei lavori; con il secondo motivo la violazione dell'art. 521 cod.proc.pen., in quanto, mentre nel capo di imputazione si è contestata la mancata segnalazione di usare puntelli o altre attrezzature per assicurare la stabilità del solaio durante l'esecuzione del getto della soletta colloborante, nel provvedimento impugnato si è individuata un'altra condotta omissiva a cui si è collegata la penale responsabilità e, cioè, il non aver impedito l'esecuzione di altri lavori, autorizzati dalla committente Bridgestone, prima del completamento della opera della Beton Prefabbricati, condotta inesigibile, non essendo né proprietario del cantiere né responsabile del coordinamento dei lavori.
 

 

Diritto

 


1.Il ricorso di M.V. è fondato e merita accoglimento.
Relativamente al primo motivo di ricorso, occorre sottolineare che la reformatio in peius della sentenza assolutoria di primo grado si fonda su una diversa valutazione del materiale probatorio da parte del giudice di secondo grado rispetto a quello di primo grado. Più precisamente nella sentenza di primo grado a p. 8 si legge "dalle prove raccolte in dibattimento, è emerso che prima di procedere al getto del calcestruzzo, la società M.V. aveva eseguito ben tre sopralluoghi, nel corso dei quali, avendo rilevato solo un rischio di caduta dall'alto dei propri dipendenti per la presenza di aperture, aveva richiesto la predisposizione di parapetti ....Nessun rischio di crollo era emerso durante queste verifiche e né fu mai comunicato nulla a proposito dalla Bridgestone o dalla Beton, le quali non parlarono neppure di eventuale puntellamento"; successivamente a p. 10 è stato precisato che durante il sopralluogo non sono emersi indicatori della precarietà della struttura e che nessun rimprovero può muoversi al M.V. perché il rischio di crollo non era prevedibile al momento del sopralluogo e durante l'esecuzione dei lavori, trattandosi di rischi connessi alla sicurezza intrinseca dell'opera e, pertanto, non immediatamente percepibili. Il giudice di appello, pur concordando con il giudice di primo grado relativamente al mancato rilievo del rischio di crollo della struttura da parte del datore di lavoro, ha, però, ritenuto tale pericolo evidente e rilevabile ictu oculi in base alla deposizione del teste A.LT., dalle cui dichiarazioni, lette in maniera globale, il giudice di primo grado, al contrario, aveva desunto solo la instabilità della struttura e la necessità del puntellamento, ma non la immediata percepibilità del pericolo.
La motivazione del giudice dell'impugnazione relativamente a tale decisiva circostanza (immediata rilevabilità della situazione di pericolo e della conseguenza insicurezza dei luoghi di lavoro), su cui si fonda l'obbligo del datore di lavoro di intervenire e la conseguente rilevanza penale della sua condotta omissiva, risulta tuttavia meramente apparente, riducendosi al mero rinvio alle dichiarazioni del teste, da cui non si evince alcunché circa la visibilità immediata del pericolo, a prescindere dalla necessità di calcoli o operazioni similari e, dunque, dalla titolarità di particolari competenze.
Va, peraltro, ricordato che, in tema di motivazione della sentenza d’appello, per la riforma di una pronuncia assolutoria non basta, in mancanza di elementi sopravvenuti, una mera diversa valutazione del materiale probatorio già acquisito in primo grado, caratterizzata da pari o addirittura minore plausibilità rispetto a quella del primo giudice, ma occorre, invece, una forza persuasiva superiore, tale da far venir meno ogni ragionevole dubbio, anche in caso di impugnazione proposta dalla parte civile per le sole statuizioni civili (v., da ultimo, Sez. 5 n. 54300 del 14/09/2017, Rv. 272082).
A ciò si aggiunga che l’obbligo, per il giudice di appello, di procedere anche d’ufficio alla rinnovazione dibattimentale della prova dichiarativa nel caso di riforma di una sentenza assolutoria di primo grado, emessa all’esito di giudizio abbreviato, sulla base del diverso apprezzamento di una dichiarazione ritenuta decisiva, ricorre anche nel caso in cui non si sia proceduto a valutare diversamente l'attendibilità del dichiarante, quanto, piuttosto, a dare una differente interpretazione del significato delle sue dichiarazioni (Sez. 3, n. 24306 del 2017, Rv. 270630), sicché risulta fondata anche la seconda censura formulata, dovendosi estendere tale principio anche al di là del giudizio abbreviato. Tale conclusione interpretativa è oggi confermata all'esito della L. n. 103 del 2017, che ha introdotto l'art. 603, comma 3-bis, cod.proc.pen., ai sensi del quale nel caso di appello del pubblico ministero contro una sentenza di proscioglimento per motivi attinenti alla valutazione della prova dichiarativa, il giudice dispone la rinnovazione dell'istruzione dibattimentale: la valutazione della prova dichiarativa investe, difatti, non solo il giudizio di attendibilità del teste, ma anche l'interpretazione del significato delle sue dichiarazioni. La disposizione de qua, pur essendo entrata in vigore dopo la conclusione del giudizio di appello e non potendo, dunque, essere applicata dai giudici di secondo grado, necessariamente orienta nella ricostruzione del sistema già vigente.
2. Il ricorso di L.A. è manifestamente infondato e va rigettato.
2.a. Relativamente al primo motivo occorre premettere che lo stesso ricorrente allega che "L.A. era, al momento dell'incidente, direttore del montaggio delle opere prefabbricate e, quindi, responsabile dell'intera esecuzione dei lavori di messa in posa delle strutture prefabbricate", contestando, tuttavia, che l'intervento della società M.V. potesse avere luogo prima della consegna dei lavori ed asserendo che prima di tale momento tale intervento era per lui imprevisto e imprevedibile. I giudici di appello hanno risposto alla censura formulata in appello relativamente a tale aspetto, rilevando che "l'intervento della società del M.V. nella zona pericolosa avvenne mentre i lavori della CSM per conto della Beton Prefabbricati si svolgevano in altra zona del capannone della Bridgestone, dopo aver completato, evidentemente, quella che necessitava del puntellamento ed avvennero, dunque, con il tacito consenso della stessa Beton Prefabbricati che nulla oppose a tale intervento". In definitiva, con motivazione congrua, non manifestamente illogica e priva di contraddizioni, nel provvedimento impugnato si è ritenuta irrilevante l'assenza di una formale consegna dei lavori in quanto la struttura in cui i dipendenti della società M.V. hanno lavorato appariva completata e i lavori proseguivano solo in altre zone della struttura, pur non essendo stato formulato alcun avviso circa la pericolosità dei luoghi.
2.b. Parimenti è manifestamente infondato il secondo motivo di ricorso, atteso che ricorre la violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza se il fatto contestato sia mutato nei suoi elementi essenziali in modo tale da comportare un effettivo pregiudizio ai diritti della difesa (Sez. 3, n. 9916 del 12/11/2009 ud., dep. 11/03/2010, rv. 246226), ipotesi che non ricorre nel caso di specie, in quanto la Corte di Appello si è limitata ad individuare la condotta che l'imputato avrebbe dovuto porre in essere quale sviluppo e proiezione di quella contestata nel capo di imputazione e già accertata in primo grado. In proposito va, difatti, evidenziato che la diffida di ulteriori interventi nelle zone interessate prima del puntellamento necessario alla messa in sicurezza costituisce un comportamento strettamente connesso e conseguenziale a quello di segnalare per iscritto la necessità di utilizzare puntelli o altre attrezzature provvisionali per assicurare la stabilità del solaio durante l'esecuzione del getto della soletta collaborante. Occorre, peraltro, ricordare che, secondo l'orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità, in tema di reati colposi, non sussiste la violazione del principio di correlazione tra l’accusa e la sentenza di condanna se la contestazione concerne globalmente la condotta addebitata come colposa, essendo consentito al giudice di aggiungere agli elementi di fatto contestati altri estremi di comportamento colposo o di specificazione della colpa, emergenti dagli atti processuali e, come tali, non sottratti al concreto esercizio del diritto di difesa o apposto nessun avviso né fornita alcuna indicazione contraria (v., tra le altre, Sez. 4, n. 35943 del 2014, rv. 260161).
2. c. Solo per completezza, deve osservarsi che le due sentenze di merito hanno entrambe riconosciuto a L.A. il ruolo di preposto di fatto in applicazione dell’orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità secondo cui, in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, in base al principio di effettività, assume la posizione di garante colui il quale di fatto si accolla e svolge i poteri del datore di lavoro, del dirigente o del preposto (Sez.4, n. 50037 del 10/10/2017 Ud., Rv. 271327). Su L.A. incombevano, pertanto, gli obblighi il cui mancato adempimento è stato contestato ed ha determinato la presente condanna - in particolare gli obblighi di verificare affinché soltanto i lavoratori che hanno ricevuto adeguate istruzioni accedano alle zone che li espongono ad un rischio grave e specifico e di informare il più presto possibile i lavoratori esposti al rischio di un pericolo grave e immediato circa il rischio stesso e le disposizioni prese o da prendere in materia di protezione (art. 19 lett. b e lett. d, del d.lgs. n. 81 del 2008) e di cooperare all’attuazione delle misure di prevenzione e protezione dai rischi sul lavoro incidenti sull’attività lavorativa oggetto dell’appalto e di coordinare gli interventi di protezione e prevenzione dai rischi cui sono esposti i lavoratori, informandosi reciprocamente anche al fine di eliminare rischi dovuti alle interferenze tra i lavori delle diverse imprese coinvolte nell’esecuzione dell’opera complessiva (26 del d.lgs. n. 81 del 2008).
3. In conclusione, il ricorso di M.V. deve essere accolto e la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio quanto alla sua condanna, mentre il ricorso di L.A. è manifestamente infondato e va dichiarato inammissibile, con conseguente condanna di tale ricorrente al pagamento delle spese processuali e del pagamento di euro 2000,00 a favore della Cassa delle Ammende.

 

 

 

P.Q.M.

 


annulla la sentenza impugnata nei confronti di M.V. con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Bari per nuovo giudizio;
dichiara inammissibile il ricorso di L.A. che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro duemila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso 5 aprile 2018.